N. 203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2004

Ordinanza  emessa  il  28  ottobre  2004  dal tribunale di Rovigo nel
procedimento civile vertente R.C. contro R.S. ed altra

Filiazione  -  Filiazione  legittima  -  Azione di disconoscimento di
  paternita'   del   figlio   concepito   durante   il  matrimonio  -
  Possibilita'  di  provare  che  il  figlio presenta caratteristiche
  genetiche  o  del  gruppo  sanguigno  incompatibili  con quelle del
  presunto  padre  - Previsione subordinata alla prova dell'adulterio
  della  moglie  nel  periodo  del  concepimento  -  Compressione del
  diritto  di difesa - Contrasto con il principio di ragionevolezza -
  Accresciuta  difficolta' della prova dell'adulterio ove (come nella
  specie)  l'azione  sia  esercitata  da  parte  del  figlio  che  ha
  raggiunto la maggiore eta'.
- Cod. civ., art. 235, comma 1, n. 3.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.16 del 20-4-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    1.  -  Con  atto di citazione notificato il 14 novembre 2003 C.R.
proponeva  azione  di  disconoscimento  della  paternita'  convenendo
davanti a questo tribunale i genitori legittimi S.R. e A.P. La causa,
svoltasi  in  contumacia  dei  convenuti, era istruita mediante prove
testimoniali   sull'adulterio   della   madre  e  consulenza  tecnica
ematologica e genetica. All'udienza del 14 luglio 2004 era rimessa al
collegio  per  la decisione sulle concordi conclusioni dell'attrice e
del pubblico ministero di accoglimento della domanda.
    2.  -  L'esito  della  prova  testimoniale  sull'adulterio appare
quanto  meno  dubbio,  essendosi  i  testi limitati a riferire quanto
affermato   dalla  madre  dell'attrice,  le  cui  dichiarazione,  per
espressa  disposizione  di  legge  (art. 235,  comma  23  c.c.),  non
escludono  la  paternita'.  Certo  e'  invece  l'esito delle indagini
genetiche,  le  quali, secondo il consulente d'ufficio, escludono che
S.R. sia il padre biologico di C.R.
    Tale  prova  certa  non  consente pero' di per se' l'accoglimento
della  domanda  perche',  secondo la ormai consolidata giurisprudenza
della Corte di cassazione (Cass. 17 agosto 1998, n. 8087; 20 febbraio
1992,  n. 2113;  22 ottobre 2002, n. 14887; 23 aprile 2004, n. 7747),
l'adulterio  deve  essere  preliminarmente  ed  autonomamente provato
quale   condizione   per   dare   ingresso  alle  prove  genetiche  o
ematologiche,    le    quali,    pertanto,    anche    se   espletate
contemporaneamente   alla   prova   dell'adulterio,   possono  essere
esaminate  solo  subordinatamente  al  raggiungimento  della prova di
questo.   Ne   consegue   che,  dovendo  l'adulterio  essere  provato
autonomamente,  le  indagini  genetiche non possono essere utilizzate
neppure    per    provarlo    indirettamente   in   via   presuntiva.
Interpretazione  questa che, secondo la Suprema Corte, trova conferma
nei  lavori  parlamentari  per la riforma del diritto di famiglia del
1975,  ove  non venne accolto un emendamento (presentato dal senatore
Carrara),  diretto  ad  introdurre un'autonoma previsione della prova
ematologica da inserire in un punto 4 dell'art. 235, comma primo c.c.
    E,  sempre  secondo  la  Corte, tale interpretazione non potrebbe
essere  ritenuta  in  contrasto  con la Costituzione in quanto, pur a
fronte  di un accentuato favore per una conformita' dello status alla
realta'  della  procreazione,  il  favor veritatis non costituisce un
valore  di  rilevanza costituzionale assoluta da affermarsi comunque,
atteso  che  l'art. 30  della  Cost.,  non  ha  attribuito  un valore
indefettibilmente preminente alla verita' biologica rispetto a quella
legale,  ma, nel disporre al comma 4 che «la legge detta le norme e i
limiti  per  la ricerca della paternita», ha demandato al legislatore
ordinario  il potere di privilegiare, nel rispetto degli altri valori
di  rango  costituzionale,  la  paternita'  legale  rispetto a quella
naturale,  nonche'  di  fissare,  le  condizioni di modalita' per far
valere  quest'ultima,  cosi' affidandogli anche la valutazione in via
generale   della   soluzione   piu'   idonea   per  la  realizzazione
nell'interesse del minore.
    3. - E' convinzione del tribunale che l'art. 235 n. 3 c.c., cosi'
interpretato,  si  pone  in contrasto con gli articoli 3 e 24 secondo
comma della Cost, con riferimento al principio di ragionevolezza e al
diritto  di  difesa.  Il  che  e' stato di recente riconosciuto dalla
stessa Corte di cassazione, la quale con ordinanza 19 aprile n. 10742
(Guida  al  diritto 2004, numero 26, pag. 38) ha sollevato sotto tale
profilo  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 235
comma primo n. 3 c.c., nella parte in cui ammette il marito a provare
che  il  figlio  presenta  caratteristiche  genetiche  o  del  gruppo
sanguigno  incompatibili  con  quelle del presunto padre, solo se nel
periodo di concepimento la moglie ha commesso adulterio.
    Argomenta la Corte che:
        la   prova   dell'adulterio  della  moglie  nel  periodo  del
concepimento  puo'  essere  per  il marito impossibile o estremamente
difficile  nell'attuale  realta'  sociale,  in  cui la diffusione del
lavoro  femminile  ha  fatto  uscire la donna dai confini di una vita
prevalentemente  svolta  nell'ambito della casa familiare o di luoghi
comunque  ad  essa  collegati e e' divenuto costume piuttosto diffuso
per gli stessi coniugi trascorrere separatamente parte del loro tempo
libero;
        e'  dubbio  che  possa  considerarsi  ancora  ragionevole una
previsione   legislativa  che,  ai  fini  del  disconoscimento  della
paternita',  richiede  la  previa  prova dell'adulterio della moglie,
quando   ormai   il   progresso   scientifico  consente  di  ottenere
direttamente  (e  quindi  senza  previa dimostrazione dell'adulterio)
attraverso  esami  ematologici e genetici una sicura esclusione della
paternita', obiettivo finale dell'azione in questione.
    A  tali argomentazioni il tribunale ha ben poco di aggiungere per
motivare   il   proprio  convincimento.  Rileva  solo  che  la  prova
dell'adulterio,  se  e'  divenuta quasi impossibile per il marito, e'
ancor  piu' difficoltosa per il figlio, pure legittimato a promuovere
l'azione  di  disconoscimento  (art. 235,  ultimo  comma c. c.c.), il
quale,   come   nella   specie,   viene  per  lo  piu'  a  conoscenza
dell'adulterio  della madre a distanza di anni, quando ormai la prova
testimoniale,  affidata alla labile memoria di persone che potrebbero
anche  non  essere piu' in vita e non legate al suo ambiente sociale,
gli sarebbe pressoche' impossibile.
    4.  -  La  questione e' ovviamente rilevante ai fini del presente
giudizio  in  quanto,  se  la  prova  dell'adulterio  dovesse  essere
ritenuta non raggiunta attraverso i testi, perderebbe valore anche la
prova certa conseguita con gli esami genetici.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 235  primo  comma  n. 3 c.c.,
nella parte in cui ammette il marito a provare che il figlio presenta
caratteristiche  genetiche  o  del gruppo sanguigno incompatibili con
quelle  del  presunto  padre,  solo se nel periodo di concepimento la
moglie  ha  commesso adulterio, per contrasto con gli articoli 3 e 24
della Costituzione;
    Sospende il giudizio;
    Manda la cancelleria per l'immediata trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale e la notificazione della presente ordinanza alle
parti,  al  pubblico  ministero  e  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei
deputati e del Senato.
    Cosi' deciso in Rovigo, il 22 ottobre 2004.
                        Il Presidente: Bordon
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