N. 144 SENTENZA 4 - 12 aprile 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giudice  a  quo - Giurisdizione - Difetto non rilevabile ictu oculi -
  Argomentazione non implausibile - Legittimazione.
Lavoro - Impiego di lavoratore irregolare - Sanzione amministrativa -
  Importo  calcolato con riferimento al periodo compreso tra l'inizio
  dell'anno  e  la  constatazione  della  violazione  - Irragionevole
  equiparazione  di  situazioni  diseguali, mancata valutazione della
  effettiva  durata della condotta antigiuridica, lesione del diritto
  di difesa - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- D.L. 22 febbraio 2002, n. 12 (convertito in legge dall'art. 1 della
  legge 23 aprile 2002, n. 73), art. 3, comma 3.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.16 del 20-4-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  22 febbraio  2002,  n. 12 (Disposizioni urgenti per il
completamento  delle  operazioni  di  emersione di attivita' detenute
all'estero  e  di  lavoro  irregolare), convertito in legge 23 aprile
2002,  n. 73  (Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del d.l.
22 febbraio   2002,   n. 12,  recante  disposizioni  urgenti  per  il
completamento  delle  operazioni  di  emersione di attivita' detenute
all'estero  e  di  lavoro  irregolare),  promossi  con  ordinanze del
25 marzo  2004  dalla  Commissione tributaria provinciale di Perugia,
del  14 aprile  2004  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Bologna,   del  25 marzo  e  del  18 maggio  2004  dalla  Commissione
tributaria   provinciale  di  Perugia,  rispettivamente  iscritte  ai
nn. 506,  650,  676  e  694  del registro ordinanze 2004 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica nn. 23, 32, 33 e 35, 1ª
serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 9 febbraio 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  due  ordinanze  pronunciate entrambe in data 25 marzo
2004,  la Commissione tributaria provinciale di Perugia ha sollevato,
in  relazione  agli  articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge
22 febbraio  2002,  n. 12  (Disposizioni urgenti per il completamento
delle  operazioni  di emersione di attivita' detenute all'estero e di
lavoro   irregolare),   convertito   in   legge,  con  modificazioni,
dall'art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73.
    In  punto  di  fatto,  il  rimettente  premette  di  essere stato
investito  del  ricorso  avverso l'atto della Agenzia delle Entrate -
Ufficio  di  Foligno, con cui era stata irrogata la sanzione prevista
dall'art. 3,  comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 nei confronti
del titolare di una ditta, per l'utilizzo di lavoratori irregolari. A
seguito  degli  accessi ispettivi, effettuati rispettivamente in data
18 ottobre  2002  (r.o. n. 506 del 2004) e 11 marzo 2003 (r.o. n. 676
del   2004)   da  parte  dell'INPS,  l'Agenzia  delle  entrate  aveva
determinato   il   costo  del  lavoro  per  ciascun  lavoratore,  con
riferimento  al  periodo  decorrente  dal  1° gennaio  alla  data  di
contestazione   della   violazione   e,   ai  sensi  dell'art. 3  del
decreto-legge  n. 12 del 2002, aveva fissato la sanzione nella misura
minima pari al 200% del costo del lavoro come prima calcolato.
    Con  motivazioni di contenuto pressoche' identico, la Commissione
tributaria dubita della legittimita' costituzionale di tale norma, la
quale punisce l'utilizzo di lavoratori non risultanti dalle scritture
o da altra documentazione obbligatorie con la sanzione amministrativa
dal  200%  al 400% dell'importo per ciascun lavoratore irregolare del
costo   del   lavoro  calcolato  sulla  base  dei  vigenti  contratti
collettivi nazionali per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e
la  data di constatazione della violazione. Il giudice a quo ritiene,
infatti,  che  l'art. 3,  comma 3,  del  decreto-legge n. 12 del 2002
contrasti  con  l'art. 3  Cost.,  in  quanto,  nel  fare  riferimento
all'inizio   dell'anno   per   la   determinazione   della  sanzione,
equiparerebbe  irragionevolmente situazioni tra loro diverse, come ad
esempio  nel  caso  in cui un accertamento sia effettuato in un tempo
vicino  all'inizio  dell'anno, rispetto ad altro che intervenga verso
la  fine  dell'anno,  malgrado  che  il periodo lavorativo irregolare
potrebbe  essere  di  fatto  della  stessa  durata. In queste diverse
circostanze,  infatti,  l'entita'  delle  sanzioni sarebbe differente
nonostante la medesima gravita' delle violazioni cui si riferiscono.
    La  disposizione  censurata  violerebbe  altresi'  il  diritto di
difesa   garantito   dall'art. 24   Cost.,  in  quanto  porrebbe  una
presunzione assoluta «nel senso che l'irregolarita' del rapporto deve
farsi  necessariamente risalire all'inizio dell'anno», mentre sarebbe
esclusa  la  possibilita'  di  provare  che  il rapporto di lavoro e'
insorto in data diversa.
    Quanto  alla rilevanza della questione, il rimettente afferma che
il   ricorrente   avrebbe  allegato  e  prodotto  documentazione  per
dimostrare  che  il  rapporto  di  lavoro era stato instaurato non il
1° gennaio dell'anno in cui e' stata constatata la violazione, bensi'
nel mese di agosto del 2002.
    2.  - Anche la Commissione tributaria provinciale di Bologna, con
ordinanza   in   data  14 aprile  2004,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge
n. 12 del 2002, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost.
    Riferisce  il  giudice a quo di essere chiamato a giudicare su di
un ricorso promosso avverso l'atto con cui l'Agenzia delle Entrate di
Bologna  ha  irrogato  la sanzione di cui al citato art. 3, a seguito
dell'accertamento  -  eseguito  in  data 26 novembre 2002 - presso la
societa'  ricorrente, dell'impiego di un lavoratore che non risultava
iscritto  nei libri obbligatori. La societa' ricorrente, nel chiedere
l'annullamento  dell'atto, contestava l'illegittimita' della sanzione
irrogatale  in  quanto  sarebbe  stata  inflitta  in violazione degli
artt. 6  e  7  del  d.lgs.  18 dicembre  1997,  n. 472  (Disposizioni
generali  in  materia di sanzioni amministrative per le violazioni di
norme   tributarie,  a  norma  dell'art. 3,  comma 133,  della  legge
23 dicembre  1996,  n. 662),  in  relazione  all'art. 10  della legge
27 luglio  2000,  n. 212  (Disposizioni  in  materia  di  statuto dei
diritti   del   contribuente),   dal  momento  che  l'amministrazione
finanziaria  non  avrebbe  tenuto  conto delle peculiari cause di non
punibilita' ivi previste e della manifesta sproporzione tra l'entita'
della  imposizione  cui  la  sanzione  si  riferisce  e  la  sanzione
inflitta.    Inoltre,    eccepiva   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 3,   comma 3,   del   decreto-legge  n. 12  del  2002,  per
disparita'  di  trattamento sanzionatorio di situazioni identiche tra
loro.  Nel  giudizio  a quo si era costituita l'Agenzia delle Entrate
deducendo  che  la  societa' non aveva proposto difesa in merito alla
sanzione, la quale, peraltro, era stata irrogata dopo la scadenza del
termine fissato per la eventuale regolarizzazione della irregolarita'
accertata.
    Cio'    premesso,   la   Commissione   tributaria   ritiene   non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3,  comma 3,  del decreto-legge n. 12 del 2002 in relazione
all'art. 3  Cost.  Ad  avviso  della  rimettente,  infatti,  la norma
censurata  creerebbe  una  evidente  e  ingiustificata  disparita' di
trattamento   a   seconda   della   data   in  cui  venga  effettuato
l'accertamento  della  violazione, ossia all'inizio, ovvero alla fine
dell'anno, prescindendosi del tutto dalla effettiva durata del lavoro
irregolare,   cioe'   della  condotta  antigiuridica.  In  tal  modo,
l'ammontare  della sanzione verrebbe a dipendere non gia' da un fatto
di  carattere  oggettivo e verificabile, bensi' dalla data di accesso
dell'organo   ispettivo   e   dunque   da   un   fatto  volontario  e
discrezionale.
    La   disposizione   censurata   contrasterebbe  altresi'  con  il
principio di proporzionalita' tra la sanzione e la entita' e gravita'
della violazione commessa, nonche' con l'art. 24 Cost., in quanto non
ammetterebbe la prova della effettiva durata del lavoro irregolare.
    Da cio' conseguirebbe anche la «irrazionalita' e l'ingiustizia di
una  sanzione»  che non terrebbe in alcun conto delle circostanze del
caso concreto.
    In  ordine  alla rilevanza della questione, il rimettente osserva
che  nel  giudizio  a  quo la societa' ricorrente avrebbe dedotto che
l'impiego  del  lavoratore  irregolare  sarebbe  iniziato  proprio lo
stesso  giorno  dell'accertamento  e  che  la  prestazione lavorativa
avrebbe  dovuto  avere  la  durata  di  una  sola  ora  al giorno per
complessive cinque ore settimanali.
    3.  -  Con  ordinanza  in  data  18 maggio  2004,  la Commissione
tributaria   provinciale   di   Perugia  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  lettera c), numero 4, del
d.lgs. n. 12 del 2002 (recte: dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge
n. 12  del 2002), convertito nella legge n. 73 del 2002, in relazione
agli artt. 3 e 24 Cost.
    Il  rimettente  riferisce  di  essere  chiamato  a decidere su un
ricorso  avverso  il provvedimento con cui l'Agenzia delle Entrate di
Perugia  ha  irrogato  la sanzione prevista dall'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  n. 12  del  2002  in  relazione  alla utilizzazione di
quattro    lavoratori    effettuata    omettendo   le   comunicazioni
obbligatorie,  accertata  a  seguito di accesso ispettivo eseguito in
data 17 ottobre 2002.
    Su  conforme  eccezione  del ricorrente, il giudice a quo ritiene
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale di tale norma.
    In  via  preliminare,  osserva  che la sanzione amministrativa in
parola,    «sebbene    non   correlata   al   mancato   pagamento   o
all'inosservanza  di  un  obbligo  tributario, si aggiunge al sistema
sanzionatorio  contenuto  nei  decreti  legislativi 18 dicembre 1997,
n. 471  e  473».  In  relazione  a  tale  sanzione  sussisterebbe  la
giurisdizione delle commissioni tributarie, dal momento che, ai sensi
dell'art. 3,   comma 4,   del   decreto-legge   n. 12  summenzionato,
competente  ad  irrogare  la  sanzione  e'  l'Agenzia  delle Entrate.
Infatti,  ad  avviso  del rimettente, l'art. 12, comma 2, della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale   e  pluriennale  dello  Stato  -  legge  finanziaria  2002),
individuerebbe  l'oggetto  della  giurisdizione  tributaria,  in  via
principale,  nei tributi di ogni genere e nelle correlative sanzioni,
e  «in via residuale in ordine all'organo (Agenzia delle Entrate) che
irroga  una  sanzione amministrativa in ordine ad infrazioni commesse
in  violazione  di  norme di svariato contenuto e non necessariamente
attinenti  a  tributi». Il richiamo contenuto nel comma 5 dell'art. 3
del  decreto-legge  n. 12  del  2002 ai principi contenuti nel d.lgs.
n. 472  del  1997  in  materia  di sanzioni amministrative tributarie
sarebbe  necessario,  posto  che  le fattispecie introdotte «non sono
caratterizzate  dalla  commissione di un fatto in violazione di norme
tributarie».
    Nel   merito,   la   Commissione   tributaria   sostiene  che  la
disposizione censurata contrasterebbe con il principio di uguaglianza
in  quanto  farebbe dipendere l'entita' della sanzione non gia' dalla
gravita'  della  violazione,  bensi'  dal  momento  in  cui  e' stata
accertata,  «con l'assurda conseguenza di comminare la minima pena al
fatto   accertato   all'inizio   dell'anno   anche   se   piu'  grave
oggettivamente di altro».
    Sarebbe  inoltre  violato  l'art. 24  Cost.  dal  momento  che la
presunzione  assoluta  contenuta nella norma comprimerebbe il diritto
di difesa in ordine alla consistenza dell'illecito.
    4.  -  In  tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  la quale ha concluso per «l'inammissibilita'
e/o la manifesta infondatezza delle questioni» prospettate.
    5.  -  Nelle  memorie  depositate  in prossimita' della camera di
consiglio,   l'Avvocatura   sostiene   che   la  norma  censurata  si
inserirebbe nel quadro delle misure introdotte dalla legge 18 ottobre
2001,  n. 383  (Primi  interventi per il rilancio dell'economia), per
favorire  l'emersione  del lavoro irregolare, un fenomeno di notevole
gravita'  che  turba  lo  svolgimento  della  libera  concorrenza tra
imprese e la libera iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost.,
contrastando  altresi'  con  le  esigenze di tutela della sicurezza e
della  salute  sul  lavoro,  nonche'  dell'assistenza  sociale.  Tale
fenomeno   avrebbe   percio'   effetti  pregiudizievoli  sui  diritti
individuali  costituzionalmente garantiti dagli art. 35 e 36 Cost. e,
attraverso l'evasione fiscale e contributiva che il lavoro irregolare
comporta,   determinerebbe   «l'indebolimento   del   meccanismo   di
finanziamento  ed  erogazione  dei  servizi  pubblici e di assistenza
sociale».
    La modalita' di computo della sanzione contro cui si appuntano le
critiche  dei rimettenti avrebbe lo scopo di garantire l'effettivita'
dell'irrogazione  della  sanzione,  senza  necessita'  di individuare
l'esatta  durata  del  rapporto  lavorativo,  al  fine di evitare «un
complesso e defatigante contenzioso».
    Essa  non  sarebbe  palesemente irrazionale in quanto libererebbe
l'amministrazione   finanziaria  dall'onere  di  provare  l'effettiva
durata del rapporto. Peraltro la possibilita' di graduare la sanzione
tra  il  200  e  il  400  per  cento  consentirebbe di adeguarla alle
eventuali risultanze probatorie.
    Tali considerazioni troverebbero conferma in numerose pronunce di
questa   Corte,   la   quale  avrebbe  sempre  riconosciuto  un'ampia
discrezionalita' al legislatore nella quantificazione delle sanzioni,
salvo   il   limite   della   ragionevolezza;   e  la  giurisprudenza
costituzionale avrebbe effettuato tale valutazione anche con riguardo
a  sanzioni  ancorate a parametri «formali» piuttosto che al concreto
disvalore della fattispecie, nonche' a sanzioni determinate in misura
fissa.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Perugia e la
Commissione  tributaria  provinciale di Bologna, con quattro distinte
ordinanze,  dubitano  della legittimita' costituzionale, in relazione
agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  dell'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  22 febbraio  2002,  n. 12 (Disposizioni urgenti per il
completamento  delle  operazioni  di  emersione di attivita' detenute
all'estero  e  di lavoro irregolare), convertito in legge dall'art. 1
della  legge  23 aprile  2002,  n. 73,  il quale punisce l'impiego di
lavoratori   dipendenti   non  risultanti  dalle  scritture  o  altra
documentazione  obbligatorie, con la sanzione amministrativa dal 200%
al  400% dell'importo per ciascun lavoratore irregolare del costo del
lavoro,   calcolato  sulla  base  dei  vigenti  contratti  collettivi
nazionali per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di
constatazione della violazione.
    2.  - Con rilievi sostanzialmente analoghi i rimettenti ritengono
anzitutto  che  tale  disposizione violerebbe, sotto diversi profili,
l'art. 3   della   Costituzione.   La   norma   censurata,   infatti,
equiparerebbe  irragionevolmente  situazioni  tra  loro assolutamente
diverse  a  causa  del  riferimento  generalizzato  al  primo gennaio
dell'anno   in   cui   e'   stata  accertata  la  violazione  per  la
determinazione   della  sanzione,  indipendentemente  dalla  concreta
gravita' della violazione.
    Inoltre,  essa creerebbe una evidente e ingiustificata disparita'
di   trattamento  a  seconda  della  data  in  cui  venga  effettuato
l'accertamento   della   violazione,  prescindendosi,  invece,  dalla
effettiva   durata   del  lavoro  irregolare,  cioe'  della  condotta
antigiuridica.
    L'art. 3,   comma 3,   ancora,   violerebbe   il   principio   di
proporzionalita'  tra  la  sanzione  e  la  entita'  e gravita' della
violazione commessa.
    Contrasterebbe, inoltre, con il principio di uguaglianza, facendo
dipendere  l'entita'  della  sanzione  non  gia' dalla gravita' della
violazione, bensi' dal momento in cui e' stata accertata.
    L'art. 3  del  decreto-legge n. 12 del 2002 violerebbe, altresi',
il  diritto  di  difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione, in
quanto  porrebbe  una  presunzione  assoluta  in  ordine alla data di
inizio  del rapporto di lavoro irregolare, escludendo la possibilita'
di provare che esso e' insorto in data diversa.
    3.  - In considerazione dell'identita' della materia, nonche' dei
profili  di  illegittimita'  costituzionale  fatti  valere, i giudizi
possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia.
    4.  -  Preliminarmente  si  deve  osservare  che  la  Commissione
tributaria di Perugia, nell'ordinanza iscritta al n. 694 del registro
ordinanze  del  2004,  affronta  espressamente, risolvendola in senso
positivo,  la  questione  della  sussistenza  della giurisdizione del
giudice   tributario  in  ordine  alle  controversie  concernenti  la
sanzione prevista dalla norma censurata.
    Pur  in  presenza  di  orientamenti difformi di altre Commissioni
tributarie,  l'argomentazione  svolta  dal  rimettente in ordine alla
sussistenza  della  giurisdizione tributaria non appare implausibile.
Cio'  e'  sufficiente,  in  questa  sede, a far ritenere le questioni
ammissibili.  Infatti,  secondo  il  costante  orientamento di questa
Corte,   la   carenza   di  giurisdizione  del  rimettente  determina
l'inammissibilita'  della  questione  di  legittimita' costituzionale
esclusivamente quando essa sia manifesta, cioe' tale da non ammettere
discussione,  o  perche'  risulta  chiaramente  dalla  legge,  ovvero
perche'  corrisponde  ad un inequivoco orientamento giurisprudenziale
(si  vedano  in tal senso sentenze n. 291 del 2001 e n. 179 del 1999;
ordinanza  n. 167  del  1997).  Nessuna di queste circostanze ricorre
nella fattispecie in esame, dal momento che dal dettato normativo non
emerge  ictu  oculi  il  difetto  di  giurisdizione delle commissioni
tributarie  con riferimento alle controversie concernenti la sanzione
prevista  dalla  disposizione censurata, ne', d'altra parte, vi e' un
indirizzo giurisprudenziale univoco in tal senso.
    5. - Nel merito, le questioni prospettate sono fondate nei limiti
di seguito specificati.
    6.  -  Il  decreto-legge  n. 12  del 2002 si inserisce nel quadro
degli  interventi  normativi  volti  ad  incentivare  l'emersione del
lavoro   irregolare  attraverso  la  previsione  di  agevolazioni  di
carattere  fiscale e previdenziale. In particolare, il decreto, oltre
ad  apportare  modifiche  ed integrazioni alla legge 18 ottobre 2001,
n. 383  (Primi  interventi  per il rilancio dell'economia), introduce
una   sanzione  ulteriore,  rispetto  a  quelle  gia'  previste,  per
l'utilizzo di lavoratori irregolari.
    L'art. 3,  comma 3,  introdotto  dalla legge di conversione n. 73
del   2002,  stabilisce  che  «ferma  restando  l'applicazione  delle
sanzioni  previste, l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti
dalle  scritture  o  altra  documentazione  obbligatorie, e' altresi'
punito  con  la  sanzione  amministrativa  dal  200  al 400 per cento
dell'importo, per ciascun lavoratore irregolare, del costo del lavoro
calcolato  sulla base dei vigenti contratti collettivi nazionali, per
il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data di constatazione
della violazione».
    Il  trattamento  sanzionatorio per l'impiego di lavoro irregolare
viene  cosi'  determinato  con  riferimento all'entita' del costo del
lavoro  per  ciascun  lavoratore,  computato in relazione al lasso di
tempo  intercorrente  tra  il primo gennaio dell'anno in cui e' stata
constatata  la  violazione  e  la  data di tale accertamento. Su tale
base,  poi,  l'Agenzia  delle  Entrate  -  competente  ad irrogare la
sanzione,  ai sensi dell'art. 3, comma 4, del decreto-legge n. 12 del
2002  - applica un aumento dal 200% al 400%, tenuto conto dei criteri
indicati    dall'art. 7   del   d.lgs.   18 dicembre   1997,   n. 472
(Disposizioni  generali  in materia di sanzioni amministrative per le
violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, della
legge  23 dicembre  1996,  n. 662), al quale lo stesso art. 3, ultimo
comma, rinvia.
    Dunque,  la  base su cui viene quantificata la sanzione prescinde
dalla  durata effettiva del rapporto di lavoro per essere ancorata ad
un meccanismo di tipo presuntivo.
    Attraverso tale previsione il legislatore ha evidentemente inteso
determinare  un  ulteriore inasprimento del trattamento sanzionatorio
per  coloro  che  continuino  ad impiegare lavoratori irregolarmente,
nonostante  che  siano stati introdotti meccanismi agevolati di varia
natura per incentivare l'emersione del lavoro sommerso.
    Non  c'e' dubbio che - come ha osservato l'Avvocatura dello Stato
-  la disposizione censurata sia funzionale all'esigenza di garantire
l'effettivita'   della   sanzione   senza   porre   a   carico  della
amministrazione  l'onere  di  fornire  tutte  le volte la prova della
reale  durata del rapporto irregolare. Ed e' altrettanto indubbio che
rientri  nella discrezionalita' del legislatore sia la individuazione
delle  condotte  punibili,  sia  anche la scelta e la quantificazione
delle  sanzioni,  tanto penali che amministrative (cfr., ex plurimis,
sentenze  n. 243, n. 234 e n. 172 del 2003), con il limite, tuttavia,
della  non  manifesta  irragionevolezza  (cfr.  ordinanza  n. 297 del
1998).
    L'art. 3,  comma 3,  del  decreto-legge  n. 12  del  2002 prevede
peraltro  un meccanismo tale da non consentire al datore di lavoro di
fornire la prova che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio
in  una  data diversa da quella del primo gennaio dell'anno in cui e'
stata  accertata  la  violazione,  e che, dunque, ha avuto una durata
inferiore  rispetto  a  quella presunta dalla legge. Tale presunzione
assoluta  determina  la  lesione  del  diritto  di  difesa  garantito
dall'art. 24   della   Costituzione,   dal   momento   che   preclude
all'interessato   ogni   possibilita'   di  provare  circostanze  che
attengono  alla  propria  effettiva  condotta  e che pertanto sono in
grado  di  incidere  sulla entita' della sanzione che dovra' essergli
irrogata (sulla rilevanza del potere di fornire la prova contraria ai
fini di escludere la lesione del diritto di difesa, cfr. le ordinanze
n. 140  del  2003  e  n. 260 del 2000, nonche' le sentenze n. 444 del
1995, n. 358 del 1994 e n. 283 del 1987).
    Cio' determina, altresi', la irragionevole equiparazione, ai fini
del  trattamento  sanzionatorio,  di  situazioni  tra loro diseguali,
quali  quelle  che  fanno  capo a  soggetti che utilizzano lavoratori
irregolari  da  momenti  diversi e per i quali la constatazione della
violazione sia in ipotesi avvenuta nella medesima data.
    L'art. 3,  comma 3,  del decreto-legge n. 12 del 2002 e' pertanto
costituzionalmente  illegittimo  nella  parte  in cui non consente al
datore  di  lavoro di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha
avuto  inizio  successivamente  al  primo gennaio dell'anno in cui e'
stata constatata la violazione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 3,
del  decreto-legge  22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per
il  completamento delle operazioni di emersione di attivita' detenute
all'estero  e  di lavoro irregolare), convertito in legge dall'art. 1
della  legge 23 aprile 2002, n. 73, nella parte in cui non ammette la
possibilita' di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto
inizio  successivamente  al  primo gennaio  dell'anno in cui e' stata
constatata la violazione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.
                        Il Presidente: Contri
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 aprile 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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