N. 147 SENTENZA 4 - 12 aprile 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione  Piemonte  - Sanita' pubblica - Medici veterinari - Attivita'
  libero-professionale  al  di  fuori  delle  strutture  pubbliche  -
  Limitazioni  introdotte  dal  legislatore  regionale  -  Denunciata
  lesione  del  diritto  al lavoro, irragionevolezza, indebito limite
  spaziale  allo svolgimento dell'attivita' professionale, violazione
  dei  principi fondamentali della legislazione statale nella materia
  -   Assoluta   carenza  di  motivazione  -  Inammissibilita'  delle
  questioni.
- Legge Regione Piemonte, 3 gennaio 1997, n. 4, artt. 1, comma 2, 3 e
  4.
- Costituzione, artt. 3, 4, 35, 117 e 120.
Regione  Piemonte  - Sanita' pubblica - Medici veterinari - Attivita'
  libero-professionale  al  di  fuori  delle  strutture  pubbliche  -
  Limitazioni  introdotte  dal  legislatore  regionale  -  Denunciata
  lesione  del  diritto  al lavoro, irragionevolezza, indebito limite
  spaziale  allo svolgimento dell'attivita' professionale, violazione
  dei  principi fondamentali della legislazione statale nella materia
  - Non fondatezza delle questioni.
- Legge Regione Piemonte, 3 gennaio 1997, n. 4, art. 2.
- Costituzione, artt. 3, 4, 35, 117 e 120.
(GU n.16 del 20-4-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 2,
2,  3  e  4  della  legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4
(Regolamentazione  dell'esercizio dell'attivita' libero professionale
dei  medici  veterinari dipendenti dal Servizio sanitario nazionale),
promossi   con  n. 2  ordinanze  del  23 aprile  2002  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  del Piemonte sui ricorsi proposti da Zucca
Giuseppe  conto  ASL n. 8 di Chieri ed altra e da Bisio Luca ed altri
contro  ASL n. 16 di Mondovi-Ceva ed altra, iscritte ai nn. 358 e 359
del  registro  ordinanze  2002  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 34, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli atti di costituzione di Zucca Giuseppe e Bisio Luca ed
altri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8 febbraio  2005  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Udito  l'avvocato  Sebastiano Zuccarello per Zucca Giuseppe e per
Bisio Luca ed altri.

                          Ritenuto in fatto

    1.1  -  Il  Tribunale  amministrativo regionale del Piemonte, con
ordinanza  del  23 aprile  2002  (r.o. n. 358 del 2002), ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2  della legge
della   Regione   Piemonte  3 gennaio  1997,  n. 4  (Regolamentazione
dell'esercizio   dell'attivita'   libero   professionale  dei  medici
veterinari dipendenti dal Servizio sanitario nazionale), in relazione
agli articoli 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione.
    1.2   -   Il  rimettente  premette  che  un  medico  veterinario,
dipendente  della  USL  n. 8  di  Chieri, ha proposto ricorso avverso
l'Azienda  e  contro  la Regione Piemonte, per l'annullamento, previa
sospensione, dell'atto emanato in data 7 aprile 1997 con cui la detta
USL   aveva   intimato   al   ricorrente  di  chiudere  la  struttura
ambulatoriale  di  cui  egli  era  titolare,  ubicata  nel territorio
dell'azienda   sanitaria,  in  conformita'  dell'art. 2  della  legge
regionale  n. 4  del  1997,  il quale vieta l'attivita' professionale
nell'ambito  territoriale  dell'azienda  sanitaria  di appartenenza e
impedisce al veterinario di essere titolare di uno studio privato.
    Il  ricorrente,  impugnando  l'atto  suddetto,  aveva eccepito la
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 1, 2, 3 e 4
della legge regionale in questione, in quanto essa avrebbe introdotto
limitazioni  all'attivita'  professionale dei veterinari titolari del
rapporto   di  pubblico  impiego  tali  da  precluderne  in  concreto
l'esercizio, in violazione degli artt. 3, 4, 35, 117 e 120 Cost.
    Sia  la  Regione  Piemonte,  sia la Azienda regionale USL n. 8 si
erano   costituite   in  giudizio  opponendosi  all'accoglimento  del
ricorso.
    Il  Tribunale  amministrativo regionale, con ordinanza n. 518 del
16 giugno  1997,  dichiarava rilevante e non manifestamente infondata
la  questione  di  legittimita'  costituzionale del solo art. 2 della
legge  regionale  n. 4  del  1997  e  sollevava la relativa questione
avanti  a questa Corte, sospendendo contestualmente l'atto impugnato,
fino   alla   camera  di  consiglio  immediatamente  successiva  alla
comunicazione dell'esito del giudizio di costituzionalita'.
    1.3  -  Questa Corte, con ordinanza n. 231 del 1998, disponeva la
restituzione   degli  atti  al  Tribunale  amministrativo  regionale,
invitandolo  a  riesaminare  la  rilevanza  della questione alla luce
delle norme sopravvenute in materia.
    1.4  -  Con  successiva  ordinanza  n. 537 del 25 luglio 1998, il
Tribunale   deferiva   nuovamente   la   questione  alla  Corte,  con
contestuale  sospensione  dell'atto impugnato, avendo ritenuto che le
sopravvenienze  legislative non avessero mutato il quadro legislativo
rilevante.
    1.5  -  Con  ordinanza  n. 84  del  2000,  questa Corte disponeva
nuovamente la restituzione degli atti al rimettente in considerazione
di ulteriori modifiche normative nel frattempo intervenute.
    1.6  -  Ancora  il Tribunale amministrativo regionale, sentite le
parti,   con   ordinanza  n. 3  del  26 maggio  2000,  ritenendo  non
significative  le  ulteriori  sopravvenienze  legislative,  sollevava
nuovamente  questione  di legittimita' costituzionale della normativa
regionale.
    1.7  -  Con  ordinanza  n. 80  del  2002, questa Corte restituiva
nuovamente  gli atti al rimettente, in conseguenza della sopravvenuta
modifica  di  due  delle  disposizioni  costituzionali  assunte  come
parametro dal rimettente.
    1.8  -  All'esito  di un nuovo esame, il Tribunale amministrativo
regionale  ha  ritenuto  di  riproporre  la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 2  della  legge  regionale  piemontese,  in
considerazione del fatto che essa continuerebbe ad essere rilevante e
non manifestamente infondata.
    Quanto   al   primo   profilo,  il  rimettente  osserva  come  il
provvedimento   impugnato   sarebbe   stato   adottato   in   diretta
applicazione    della    legge   regionale,   cosicche'   l'eventuale
dichiarazione   di   incostituzionalita'  della  norma  comporterebbe
l'accoglimento del ricorso.
    Quanto  alla  non manifesta infondatezza, il Tribunale rileva che
dal  quadro  normativo di riferimento - costituito dall'art. 47 della
legge  23 dicembre  1978,  n. 833 (Istituzione del servizio sanitario
nazionale),  dall'art. 36,  comma 1,  del  d.P.R.  20 dicembre  1979,
n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali),
e   dall'art. 4,   comma 7,  della  legge  30 dicembre  1991,  n. 412
(Disposizioni  in  materia  di  finanza pubblica) - emergerebbe per i
medici  dipendenti  del  servizio  sanitario  pubblico  un  indirizzo
favorevole  all'esercizio  di  attivita'  libero-professionali  al di
fuori  dell'orario  di lavoro. E cio' a differenza di quanto previsto
in  generale  per il rapporto di pubblico impiego, caratterizzato dal
principio di esclusivita'.
    Secondo  il  Tribunale  amministrativo  regionale  rimettente, il
diritto  all'esercizio  della  libera  professione  «in quanto voluto
espressamente dall'ordinamento come uno dei contenuti del rapporto di
impiego  del  personale medico», sarebbe «riconducibile al diritto al
lavoro  costituzionalmente protetto (artt. 4 e 35 Cost.)», di talche'
ogni  limitazione  si  giustificherebbe «solo per la tutela di valori
costituzionali  concorrenti».  Conseguentemente,  il  divieto - posto
dalla  norma  censurata - di svolgere attivita' professionale per gli
«animali  d'affezione»  nel territorio dell'USL di pertinenza, con il
contestuale divieto di essere titolare di una struttura ambulatoriale
privata,  determinerebbe  la  lesione di tale diritto, senza che cio'
sia giustificato da specifiche esigenze del servizio pubblico.
    I  limiti  a  tale  diritto dovrebbero essere individuati in base
all'esigenza di evitare concrete situazioni di conflitto e dovrebbero
quindi   essere   selezionate   situazioni   pregiudizievoli  per  il
conseguimento   dei   fini   istituzionali   del  servizio  sanitario
nazionale; conseguentemente il criterio territoriale utilizzato dalla
norma censurata non sarebbe idoneo a soddisfare tali esigenze.
    Neppure  decisivo  sarebbe il richiamo alle competenze in materia
di  controllo  e vigilanza che fanno capo ai servizi veterinari delle
USL,  al  fine  di  evitare  il rischio che i medici veterinari siano
controllori  di  se  stessi.  Tale  possibilita' infatti non potrebbe
determinare     la     totale     inammissibilita'     dell'attivita'
libero-professionale, ma soltanto l'individuazione di misure utili ad
evitare la sovrapposizione di ruoli nella medesima persona.
    L'art. 2  della  legge regionale n. 4 del 1997 violerebbe inoltre
l'art. 3  Cost.,  sotto  il profilo della irragionevolezza, in quanto
prima   ammetterebbe   i   veterinari   all'esercizio  dell'attivita'
libero-professionale   (art. 1,   comma 1),   e   poi  restringerebbe
«contraddittoriamente  le  possibilita'  di esplicazione del diritto,
fino a vanificarlo».
    Non  manifestamente  infondata  sarebbe, inoltre, la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 2  in relazione all'art. 120,
terzo  comma,  Cost.  (l'ordinanza, in questo passaggio, si riferisce
evidentemente  al testo precedentemente vigente dell'art. 120, mentre
la disciplina vigente e' contenuta nel primo comma dell'art. 120), in
quanto   la   norma   impugnata  determinerebbe  un  indebito  limite
territoriale allo svolgimento di un'attivita' professionale.
    Infine,  la  norma censurata contrasterebbe con l'art. 117 Cost.,
in quanto la disciplina da essa dettata si discosterebbe dai principi
fondamentali  della  materia  desumibili  dalla  normativa statale, i
quali  consentono  l'esercizio  della  libera professione, salvo solo
regolamentarne  le  modalita'  onde  evitare  un  pregiudizio  per il
servizio pubblico.
    Le  modifiche  apportate  all'art. 117  della  Costituzione dalla
legge   costituzionale   n. 3  del  2001,  ad  avviso  del  Tribunale
amministrativo  regionale  rimettente, non modificherebbero il merito
delle  censure  sollevate.  Infatti la disposizione regionale sarebbe
riconducibile  alla materia della tutela della salute o, «quanto meno
-   in   via  subordinata  -  alla  materia  delle  professioni»  che
l'art. 117,  terzo  comma,  inquadra  nella legislazione concorrente.
Pertanto,  spetterebbe  allo  Stato  la  determinazione  dei principi
fondamentali  e  dovrebbero  ritenersi  tuttora rilevanti quelli gia'
fissati nella legislazione statale previgente.
    Non  verrebbe  meno,  infine, neppure il contrasto con l'art. 120
Cost.,  il  quale,  al  primo  comma,  nel precludere alle regioni la
possibilita'  di  limitare l'esercizio del diritto al lavoro, sarebbe
riferito   a   qualsiasi   attivita'   lavorativa,   compresa  quella
libero-professionale.
    2.  -  E'  intervenuta la parte privata ricorrente nel giudizio a
quo,  la  quale  ha  chiesto  che la Corte costituzionale dichiari la
illegittimita'  «degli  artt. 1,  2,  3 e 4 della legge della Regione
Piemonte  n. 4 del 1997 per violazione degli articoli 3, 4, 35, 117 e
120 della Costituzione».
    3.1.  -  Con  altra ordinanza del 23 aprile 2002 (r.o. n. 359 del
2002)  il medesimo Tribunale amministrativo regionale del Piemonte ha
sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,
comma 2,  nonche'  degli  artt. 2,  3  e  4 della legge della Regione
Piemonte  n. 4  del 1997, in relazione agli artt. 3, 4, 35, 117 e 120
della Costituzione.
    3.2.  -  Premette  il  tribunale che quattro medici veterinari in
servizio  presso la Azienda regionale USL n. 16 di Mondovi-Ceva hanno
impugnato  il provvedimento con cui la USL, in dichiarato adempimento
dell'art. 1, comma 2, della legge regionale n. 4 del 1997, invitava i
medici  veterinari  dipendenti a segnalare, nel termine di 15 giorni,
se  intendessero esercitare attivita' libero-professionale e, in caso
positivo,  quali  fossero  «i  programmi  ed  i  tempi di massima del
proprio  impegno  al  fine  di  accertare e valutare le condizioni di
incompatibilita».  I  ricorrenti,  impugnando  tale  provvedimento  e
chiedendone  la  sospensione, eccepivano la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 2,  nonche'  degli artt. 2, 3 e 4
della legge della Regione Piemonte n. 4 del 1997.
    La   Regione   Piemonte,   costituitasi   in  giudizio,  eccepiva
l'inammissibilita'  del  ricorso,  in  quanto  l'atto  impugnato,  di
carattere    endoprocedimentale,    non   avrebbe   avuto   carattere
immediatamente  lesivo.  Nel  merito,  la  resistente  contestava  la
fondatezza dell'impugnazione.
    Il  Tribunale amministrativo regionale preliminarmente respingeva
l'eccezione  di  inammissibilita',  ritenendo  che  l'atto impugnato,
ponendo  a  carico  dei  ricorrenti  l'obbligo di comunicazione posto
direttamente  dalla  legge  regionale,  renderebbe  attuali i vincoli
posti  dalla  legge  alla  libera  professione dei veterinari, sia in
relazione  al  dovere  di  comunicazione,  sia al connesso divieto di
svolgere l'attivita' professionale oltre i limiti fissati dalla legge
(dal  che  discenderebbe  la  diretta  lesivita'  dello  stesso, e la
sussistenza dell'interesse a ricorrere nel giudizio a quo).
    Nel  merito, il Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza
n. 517  del 16 giugno 1997, dichiarava rilevante e non manifestamente
infondata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 2,  nonche'  degli  artt. 2,  3  e  4 della legge regionale del
Piemonte  n. 4  del 1997, in relazione agli artt. 3, 4, 35, 117 e 120
della  Costituzione e sollevava la relativa questione avanti a questa
Corte, sospendendo contestualmente l'atto impugnato, fino alla camera
di  consiglio immediatamente successiva alla comunicazione dell'esito
del giudizio di costituzionalita'.
    3.3.  -  La  Corte  costituzionale, con ordinanza n. 231 del 1998
disponeva  la  restituzione  degli  atti  al Tribunale amministrativo
regionale,  invitandolo  a  riesaminare  la rilevanza della questione
alla luce delle norme sopravvenute in materia.
    3.4.  -  Con  successiva  ordinanza n. 536 del 25 luglio 1998, il
tribunale  deferiva  nuovamente  la  questione  a  questa  Corte, con
contestuale  sospensione  dell'atto impugnato, avendo ritenuto che le
sopravvenienze legislative non avessero mutato il quadro legislativo.
    3.5.   -  Con  ordinanza  n. 84  del  2000,  la  Corte  disponeva
nuovamente   la   restituzione   degli   atti   al   rimettente,   in
considerazione  di  ulteriori  sopravvenienze normative nel frattempo
intervenute.
    3.6.  -  Ancora il Tribunale amministrativo regionale, sentite le
parti,   con   ordinanza   n. 2  del  26 maggio  2000,  riteneva  non
significative  le  ulteriori  sopravvenienze  legislative e sollevava
questione di legittimita' costituzionale della normativa regionale.
    3.7.   -  Con  ordinanza  n. 80  del  2002  la  Corte  restituiva
nuovamente  gli  atti al rimettente in conseguenza della sopravvenuta
modifica  di  due  delle  disposizioni  costituzionali  assunte  come
parametro dal rimettente.
    3.8.  -  All'esito di un nuovo esame, il Tribunale amministrativo
regionale   ha   ritenuto   di   riproporre   -   con  argomentazioni
sostanzialmente  identiche  a quelle svolte nell'ordinanza n. 358 del
2002  - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge  della  Regione  Piemonte, in considerazione del fatto che essa
continuerebbe ad essere rilevante e non manifestamente infondata.
    4.  -  Sono intervenuti tre dei quattro ricorrenti nel giudizio a
quo, chiedendo che la Corte costituzionale dichiari la illegittimita'
«degli  artt. 1, 2, 3 e 4 della legge della Regione Piemonte n. 4 del
1997  per  violazione  degli  articoli 3,  4,  35,  117  e  120 della
Costituzione».
    5.   -   In   prossimita'   della  pubblica  udienza  i  medesimi
intervenienti hanno presentato memorie, ribadendo le loro richieste.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale del Piemonte, con
ordinanza  iscritta  al  n. 358  del  registro ordinanze del 2002, ha
sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge  della  Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione
dell'esercizio   dell'attivita'   libero   professionale  dei  medici
veterinari dipendenti dal Servizio sanitario nazionale), in relazione
agli  artt. 3,  4,  35,  117  e  120  della Costituzione. Il medesimo
tribunale,  con  ordinanza  iscritta al n. 359 del registro ordinanze
del 2002 e sulla base di argomentazioni sostanzialmente identiche, ha
altresi'   sollevato   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 1,  comma 2,  nonche'  degli  artt. 2, 3 e 4 della medesima
legge regionale in relazione agli stessi parametri.
    La disciplina legislativa censurata violerebbe, innanzitutto, gli
artt. 4    e    35    della    Costituzione,    in   quanto   sarebbe
ingiustificatamente   preclusiva   delle   concrete  possibilita'  di
esercizio della libera professione da parte dei veterinari dipendenti
pubblici e quindi lesiva del diritto al lavoro.
    L'art. 3   Cost.   sarebbe   violato   sotto   il  profilo  della
ragionevolezza, in quanto la normativa regionale prima ammetterebbe i
veterinari all'esercizio dell'attivita' libero-professionale (art. 1,
comma 1),   ma   poi   restringerebbe  in  modo  contraddittorio  «le
possibilita' di esplicazione del diritto fino a vanificarlo».
    Le   disposizioni   regionali,   inoltre,   contrasterebbero  con
l'art. 120  della Costituzione in quanto determinerebbero un indebito
limite spaziale allo svolgimento dell'attivita' professionale.
    Infine,  risulterebbe  violato  l'art. 117  Cost.,  in  quanto la
disciplina regionale si discosterebbe dai principi fondamentali della
materia  desumibili  dalla normativa statale, i quali consentirebbero
ai  medici  dipendenti pubblici l'esercizio della libera professione,
facendo  salva  la  possibilita' di regolamentarne le modalita', onde
evitare un concreto pregiudizio per il servizio pubblico.
    2.  -  I  giudizi  hanno  ad  oggetto  le  medesime  questioni di
costituzionalita'  e vanno quindi riuniti per essere decisi con unica
sentenza.
    3.  -  Preliminarmente, devono essere dichiarate inammissibili le
questioni  di legittimita' costituzionale prospettate con l'ordinanza
23 aprile  2002 (r.o. n. 359 del 2002) aventi ad oggetto gli artt. 1,
comma 2, 3 e 4 della legge regionale n. 4 del 1997.
    Infatti, il Tribunale amministrativo regionale rimettente, mentre
nel  dispositivo  dell'ordinanza  dichiara  di sollevare questione di
costituzionalita'  degli  artt. 1,  comma 2,  2,  3  e  4 della legge
regionale  in  questione,  nella  parte  motiva  sviluppa  le proprie
censure  esclusivamente  con riguardo all'art. 2 di tale legge, senza
svolgere  alcuna argomentazione in relazione alle altre disposizioni,
non  apparendo  peraltro  implausibile  la  motivazione  fornita  dal
rimettente  circa l'applicabilita' nel giudizio a quo della normativa
censurata.
    Il  presente giudizio deve essere pertanto circoscritto all'esame
delle  questioni  concernenti l'art. 2 della legge regionale n. 4 del
1997, quali prospettate con entrambe le ordinanze richiamate.
    4. - Le questioni non sono fondate.
    5.  - La legge regionale della cui legittimita' costituzionale si
dubita  opera in una materia - la tutela della salute - di competenza
legislativa concorrente, sia considerando il precedente che l'attuale
contenuto  del  Titolo V  della  seconda  parte della Costituzione, e
quindi  sicuramente  spetta  al legislatore statale la determinazione
dei principi fondamentali in materia.
    Questi  principi  sono  tuttora  deducibili  dalla  specifica  ed
analitica  disposizione  contenuta  nell'art. 36, comma 1, del d.P.R.
20 dicembre  1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita'
sanitarie  locali),  secondo la quale «il personale veterinario ha la
facolta'  di  esercitare  l'attivita' libero-professionale, fuori dei
servizi  e delle strutture dell'unita' sanitaria locale, purche' tale
attivita'  non  sia  prestata con rapporto di lavoro subordinato, non
sia   in   contrasto  con  gli  interessi  ed  i  fini  istituzionali
dell'unita'  sanitaria locale stessa, ne' incompatibile con gli orari
di   lavoro,   secondo   modalita'  e  limiti  previsti  dalla  legge
regionale».  D'altra  parte,  questo potere della legge regionale era
esplicitamente   previsto   anche   nella   disposizione   di  delega
legislativa, di cui il decreto n. 761 del 1979 e' attuazione, e cioe'
nell'art. 47, comma 3, numero 4, della legge 23 dicembre 1978, n. 833
(Istituzione del servizio sanitario nazionale).
    Come  riconosciuto anche dal giudice rimettente, le modificazioni
successive  al  d.P.R.  n. 761 del 1979 relativamente allo status dei
medici  veterinari  dipendenti  dal  Servizio sanitario nazionale non
sono  andate  oltre  la  generica  affermazione  della compatibilita'
dell'attivita'  libero-professionale  «col rapporto unico di impiego,
purche'  espletato  fuori  dell'orario  di  lavoro  all'interno delle
strutture  sanitarie  o  all'esterno  delle stesse» (art. 4, comma 7,
della  legge  30 dicembre  1991,  n. 412,  recante  «Disposizioni  in
materia di finanza pubblica») e quindi e' da ritenere tuttora vigente
per  il  personale  veterinario l'art. 36, comma 1, del d.P.R. n. 761
del 1979.
    La  legge  della  Regione  Piemonte  n. 4  del 1997 da' esplicita
attuazione  a  quanto  previsto  da  tale  norma  in  termini che non
appaiono  irragionevoli  o  confliggenti  con specifiche disposizioni
costituzionali,  ne'  eccedenti  la  discrezionalita'  attribuita  al
legislatore  regionale,  diversamente  da  quanto asserisce (peraltro
apoditticamente) il giudice rimettente.
    In  particolare,  la  previsione  della legge statale, secondo la
quale  l'attivita'  professionale del veterinario non debba porsi «in
contrasto  con  gli  interessi  ed  i  fini istituzionali dell'unita'
sanitaria  locale»,  titolare  nel  proprio  territorio di importanti
poteri   pubblici   di  assistenza  e  di  vigilanza  zooiatrica  che
potrebbero entrare in varia misura in conflitto con un indiscriminato
esercizio   di   attivita'   professionali,   e'   all'origine  delle
limitazioni poste dalla legge regionale in questione allo svolgimento
dell'attivita'  libero-professionale  dei  veterinari, nonche' di una
differenziata   disciplina   nei   diversi   settori   di   attivita'
libero-professionale.
    Peraltro,  tali  limitazioni  non  determinano alcuna illegittima
preclusione   allo   svolgimento   dell'attivita'   lavorativa,   con
conseguente  violazione  degli  artt. 4  e 35 della Costituzione, dal
momento  che - come questa Corte ha gia' piu' volte affermato proprio
in   relazione  alla  disciplina  del  pubblico  impiego  nell'ambito
dell'organizzazione   sanitaria   pubblica   -   «dal  riconoscimento
dell'importanza costituzionale del lavoro non deriva l'impossibilita'
di  prevedere  condizioni  e  limiti  per  l'esercizio  del  relativo
diritto,   purche'  essi  siano  preordinati  alla  tutela  di  altri
interessi  e  di altre esigenze sociali parimenti fatti oggetto, come
nella fattispecie, di protezione costituzionale» (sentenza n. 330 del
1999; si veda, altresi', sentenza n. 457 del 1993). Con riguardo alla
norma in questione, le limitazioni all'attivita' libero-professionale
dei  veterinari,  oltre  a non essere assolute, perche' operanti solo
nel  territorio  della  USL  presso la quale il veterinario svolge il
proprio  servizio come pubblico dipendente e, inoltre, percheriferite
alle  sole  strutture ambulatoriali private per la cura degli animali
d'affezione,  appaiono  connesse  all'esigenza  di  garantire che non
siano  compromesse  le  finalita'  istituzionali  nel  settore  della
assistenza e della vigilanza zooiatrica che la USL svolge nell'ambito
del  territorio  di  propria  competenza.  A tale ente, infatti, sono
affidati,  tra  l'altro,  compiti  di  sanita'  pubblica veterinaria,
comprensivi  della  sorveglianza epidemiologica degli animali e della
profilassi  delle  malattie infettive e parassitarie, nonche' compiti
di  polizia  veterinaria  e  in generale di sanita' animale (art. 14,
comma 3,  lettera p,  della  legge  n. 833  del  1978 e artt. 7-ter e
7-quater del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, recante «Riordino della
disciplina  in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23 ottobre 1992, n. 421»).
    Non  e'  dunque  affatto  contraddittorio  -  come ipotizzato dal
giudice   rimettente   in   relazione  all'art. 3  Cost.  -  rispetto
all'affermazione   della  generale  liberta'  dei  medici  veterinari
dipendenti  dal  Servizio  sanitario  nazionale di svolgere attivita'
libero-professionale  al  di  fuori  delle strutture pubbliche, al di
fuori  dell'orario di servizio, al di fuori del «plus orario» e al di
fuori   del   lavoro  straordinario  (art. 1,  comma 1,  della  legge
regionale  censurata), che il legislatore regionale abbia ritenuto di
porre  limitazioni  allo svolgimento di tale attivita' a tutela delle
esigenze  delle finalita' istituzionali delle strutture pubbliche, in
misura  tale  da  non  svuotare  del tutto il contenuto del diritto e
proprio   in   ossequio   ai   principi  fondamentali  stabiliti  dal
legislatore statale.
    6.  -  Del  pari  infondata  e'  la  censura  mossa  con riguardo
all'art. 120 della Costituzione.
    Il  limite  territoriale posto dall'art. 2 della legge piemontese
con  riguardo  all'attivita'  sugli  animali d'affezione si riferisce
unicamente  al «territorio di competenza della A.S.R. presso la quale
il   medico  veterinario  svolge  il  proprio  servizio  di  pubblico
dipendente».
    Il  divieto  posto  dall'art. 120,  primo  comma,  Cost. e' stato
sempre  interpretato  come  riferito esclusivamente al divieto per la
legge  regionale di porre limiti alla possibilita' per i cittadini di
svolgere  attivita'  di  lavoro  nel  territorio  della Regione (cfr.
sentenze  n. 207 del 2001, n. 168 del 1987, n. 13 del 1961 e n. 6 del
1956)  e  non  invece  di individuare limitazioni all'interno di esso
sulla base di specifiche esigenze.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara    inammissibili    le    questioni    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1, comma 2, e degli artt. 3 e 4 della legge
della   Regione   Piemonte  3 gennaio  1997,  n. 4  (Regolamentazione
dell'esercizio   dell'attivita'   libero   professionale  dei  medici
veterinari dipendenti dal Servizio sanitario nazionale) sollevate dal
Tribunale  amministrativo  regionale  del Piemonte, in relazione agli
artt. 3,  4,  35,  117  e  120  della  Costituzione,  con l'ordinanza
iscritta al n. 359 del 2002 indicata in epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2  della  predetta  legge  della Regione Piemonte 3 gennaio
1997,  n. 4  sollevate  dal  Tribunale  amministrativo  regionale del
Piemonte,  in  relazione  agli  artt. 3,  4,  35,  117  e  120  della
Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.
                        Il Presidente: Contri
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 aprile 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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