N. 223 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2005
Ordinanza emessa il 31 gennaio 2005 dal tribunale di Roma nei precedenti civili Bonanni Maurizio ed altra contro E.N.P.A.F. Enti pubblici - Enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509/1994 - Obbligo di dismissione del patrimonio immobiliare - Esclusione, ancorche' la trasformazione in persona giuridica privata sia intervenuta successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 104/1996 - Previsione retroattiva recata da norma di interpretazione autentica - Incidenza sulla funzione di interpretazione e applicazione delle leggi riservata ai giudici - Esorbitanza dai limiti all'adozione di leggi interpretative - Violazione del principio di irretroattivita' della legge - Lesione della parita' di trattamento fra i cittadini e della certezza del diritto - Disparita' di trattamento fra conduttori degli immobili in dismissione - Contrasto con i principi di correttezza e buon andamento della P.A. - Legge 23 agosto 2004, n. 243, art. 38 [recte: art. 1, comma 38], recante interpretazione autentica dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. 16 febbraio 1996, n. 104. - Costituzione, art. 3, 24, 73, 97 e 101; disposizioni preliminari al codice civile, art. 12.(GU n.17 del 27-4-2005 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nei procedimenti n. 99683/03 e n. 99684/03 promossi rispettivamente da Bonanni Maurizio e Bianchi Carla contro E.N.P.A.F. sulla questione di legittimita' costituzionale sollevata nell'interesse dei ricorrenti dagli avv. prof. Giovanni Giacobbe e Arturo Giallombardo contro E.N.P.A.F. rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Leopardi. In fatto Con comparsa depositata il 13 ottobre 2003 i ricorrenti che agiscono in giudizio innanzi al Tribunale di Roma per esercitare il diritto di prelazione sugli immobili siti in via Mario Pani 109 in Roma di proprieta' della Fondazione E.N.P.A.F. dei quali sono conduttori sollevano questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma 38 della legge 23 agosto 2004/243 per contrarieta' a norme costituzionali di cui agli artticoli 101, 102, 73, 3 e 97. Si oppone la resistente confutando in diritto l'eccezione sollevata e dichiarandosi non soggetta al piano di dismissioni del proprio patrimonio immobiliare. A scioglimento della riserva il giudice istruttore osserva: In diritto «La legge n. 243/1004 prevede all'art. 38 che l'art. 1 comma 1 del d.lgs. n. 04/1996 si interpreta nel senso che la disciplina afferente alla gestione dei beni, alle forme dei trasferimenti della proprieta' degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari contenuto nel medesimo decreto legislativo non si applica agli enti privatizzati ai sensi del d.lsl. n. 509/1994 ancorche' la trasformazione in persona giuridica di diritto privato sia intervenuta successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo d.lgs. n. 104/1996». Per la comprensione della natura e finalita' della legge in questione occorre richiamarsi ai precedenti, ricordando che il legislatore si e' trovato alle prese con il problema della sistemazione dei conti pubblici reso impellente da un forte indebitamento degli istituti previdenziali e dalla prospettiva di un ingresso improcrastinabile dei paesi nella moneta unica europea. Sono stati emanati tre distinti testi normativi, ossia il decreto legislativo n. 104/1996, il decreto-legge n. 79/1997 convertito nella legge n. 140/1997 e la legge n. 410/2001. I primi due testi hanno previsto due programmi di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, l'uno dettato dal decreto legislativo definito ordinario, l'altro dettato dal decreto-legge convertito, definito straordinario. Il decreto legislativo n. 104/1996 in particolare ha disposto l'alienazione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici previdenziali, esclusi dal novero soltanto quelli cosiddetti strumentali e quelli da porre a copertura delle riserve tecniche. Poiche' la dismissione minacciava di aggravare il problema delle case nella gestione del quale gli immobili degli enti costituivano importante strumento di manovra, il legislatore ha disposto che il prezzo di vendita degli immobili con destinazione abitativa (esclusi quelli appartenenti alla categoria catastale A1) fosse calcolato in maniera conveniente per la maggioranza degli inquilini ritenuta non abbiente e ha stabilito in loro favore e a certe condizioni un diritto di prelazione all'acquisto (art. 6, comma 5, decreto legislativo n. 104/1996). Allo scopo di fronteggiare una resistenza degli enti costretti a disfarsi del proprio patrimonio immobiliare a pressi inferiori a quelli di mercato il legislatore con il decreto-legge 28 marzo 79/1997 ha previsto un ulteriore programma di dismissioni definito straordinario con caratteristiche tali da accelerare i tempi del programma ordinario. Il decreto legislativo n. 509/1994 recante «attuazione della delega conferita dall'art. 1 comma 32 della legge n. 537/1993 in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza» sono trasformati a decorrere dal primo gennaio 1995 in associazioni private o in fondazioni con deliberazione dei competenti organi di ciascuno di essi (art. 1 comma 1). I menzionati enti, una volta trasformati continuano a sussistere come enti senza scopo di lucro e assumono la personalita' giuridica di diritto privato ai sensi degli artt. 12 e seguenti del codice civile e secondo le disposizioni del presente decreto, rimanendo titolari di tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni (art. 1 comma 2). Tra questi enti da privatizzare era l'ENPAV che, unica ha sostenuto a differenza di altri enti medio tempore privatizzati, di non essere assoggettabile alle procedure di dismissione per essersi privatizzata in forza di una legge antecedente ad essa. La legge n. 410/2001 dello stesso indirizzo, ha disciplinato le nuove modalita' di dismissione con esclusivo riferimento agli enti aventi ancora la qualita' di enti previdenziali pubblici senza incidere sul regime giuridico dei beni appartenenti agli enti medio tempore privatizzati che pertanto devono ritenersi vincolati alla dismissione per effetto del decreto-legge n. 79/1997, a nulla quindi rilevando l'epoca della loro trasformazione. Questa interpretazione e' data dal Consiglio di Stato quale organo consultivo con parere della seconda sezione in adunanza plenaria n. 3217/2002, e quale organo giurisdizionale con la sentenza n. 3217/2002. Afferma il Consiglio di Stato in sede consultiva che «in capo agli enti assistenziali non sussiste una mera facolta' di dismettere, ma un vero e proprio obbligo a farlo ed anzi, se nel quinquennio concesso dal decreto legislativo n. 104/1996 l'ente previdenziale non abbia esercitato il proprio potere discrezionale di scegliere forme di dismissioni diverse dalla vendita diretta, sussiste un vero e proprio obbligo di vendere, rispettando il diritto degli inquilini alla prelazione. Afferma ancora il Consiglio di Stato in sentenza a proposito dell'ENPAF che i decreti 16 marzo e 27 settembre 2000, che hanno individuato gli immobili degli enti previdenziali pubblici da dismettere ai sensi dell'art. 7 della legge n. 140/1997 sono stati emessi prima della trasformazione dell'ENPAF in fondazione privata. L'iter di trasformazione infatti di e' concluso solo con il decreto interministeriale di approvazione recante la data del 7 novembre 2000 e in base a questo ultimo atto deve ritenersi operante ex nunc la modificazione della natura giuridica dell'ente da pubblico a privato. Nella giurisprudenza ordinaria vi e' dicotomia. Alcuni giudici ritengono che dall'obbligo di dismissione nascano diritti per i conduttori, perche' la proposta di vendita, da ritenersi irrevocabile ex art. 1329 del Codice civile, e' contenuta nella legge stessa per cui i conduttori, alla scadenza del quinquennio, possono esercitare il diritto di prelazione loro riconosciuto, altri ritengono che quei diritti nascano non dall'obbligo di dismissione, bensi' dall'inserimento degli immobili in un piano di vendita. Tuttavia tutti sono concordi nel ritenere che la disciplina delle dismissioni si applica anche all'ENPAF. Alla stregua di questo quadro normativo e interpretativo la norma dell'art. 38 della legg n. 243/2004 con l'impiego del verbo «si interpreta» assume indiscutibilmente significato di norma di interpretazione autentica, la quale, per il suo carattere di retroattivita' rispetto alla norma interpretanda stabilisce che l'art. 1 del decreto legislativo n. 104/1996, ossia la norma da cui promana tutta la disciplina della dismissione non si applica ab origine agli enti previdenziali privatizzati e tra essi e' sicuramente l'ENPAF, cosi' vanificando il problema generale dell'assetto normativo e delle ripetute interpretazioni della giurisprudenza amministrativa e ordinaria in favore di un ente al quale verrebbero riservate condizioni di privilegio. Ritiene questo giudice, condividendo le osservazioni della parte ricorrente, che aspetti di incostituzionalita' possono ragionevolmente evidenziarsi nella formulazione del citato art. 1, comma 38 o quanto meno puo' sostenersi che la questione di incostituzionalita' non sia manifestamente infondata, tanto da cosiderarsi opportuno che sia rimessa al vaglio del giudice delle leggi. Ed invero il giudice costituzionale ha per decenni riconosciuto la legittimita' delle leggi interpretative le quali attribuiscono a norma anteriore un significato obbligatorio per tutti. Ma il loro ambito di applicazione e' circoscritto. L'interpretazione costituisce un evento eccezionale giustificato solo in presenza di serie incertezze interpretative e oscillazioni applicative dovute alla oscurita' della norma. In assenza di tale presupposto anche una legge che si presenta per l'uso della terminologia e per la stessa intitolazione come legge interpretativa autentica e' sostanzialmente una legge modificativa e innovativa e/o abrogativa e soprattutto retroattiva incidendo non sulla interpretazione ma sull'intero assetto normativo previgente. Orbene, seppure le leggi interpretative in quanto tali non possano considerarsi costituzionalmente illegittime, ancorche' producano l'effetto giuridico di obbligare l'interprete ad attribuire alla legge il significato voluto dal legislatore (Corte costituzionale 79/1977, 167/1986) va osservato che il legislatore non fa buon uso del suo potere quando emani norme dichiarate autentiche allo scopo di sostituirsi al potere cui e' affidato il compito istituzionale dell'interpretazione della legge, dichiarando l'autentico significato di una precedente con valore obbligatorio e vincolante per il giudice se non ricorra l'esigenza di dirimere dubbi sorti in sede di interpretazione della legge anteriore, che abbia rivelato gravi e insuperabili anfibologie» (Corte costituzionale n. 187/1981). Appare evidente che una legge siffatta puo' confliggere con l'art. 101 della costituzione che rende i giudici soggetti alla legge nel senso che ad essi soli e' riservata la interpretazione e la applicazione delle leggi, con l'art. 73 della costituzione e dell'art. 12 delle preleggi di grande rilievo costituzionale che affermano il principio della irretroattivita' della legge e della sua efficacia per l'avvenire, dell'art. 3 della costituzione che assicura i principi della parita' del trattamento dei cittadini di fronte alla legge e della certezza del diritto. Invero non si puo' ignorare il timore che escludere dalla dismissione del patrimonio immobiliare un ente senza che se ne ravvisi una valida motivazione determina una disparita' di trattamento tra gli inquilini che, avendone fatto richiesta prima, hanno acquistato le rispettive unita' immobiliari e gli inquilini che, pur avendone fatto richiesta, si sono visti precluso codesto effetto giuridico in conseguenza della norma pretesamene interpretativa e ancora tra gli inquilini che hanno avuto il riconoscimento del diritto con una sentenza passata in cosa giudicata e coloro che ne hanno ottenuta una gravata di appello che imporrebbe al giudice, pur nella identita' delle situazioni quale conseguenza dell'applicazione di una legge interpretativa la restituzione dell'immobile. Infine non puo' ignorarsi come ulteriormente evidenzia la difesa dei ricorrenti che il mancato rispetto delle aspettative e dei rapporti giuridici cosi' formatisi contrasta anche con i principi costituzionali di correttezza e buon andamento della pubblica amministrazione indicati all'art. 97 della costituzione che si aggiungono a quelli gia' esaminati.
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, solleva questione di incostituzionalita', per contrasto con gli articoli 97, 101, 3, 24 della costituzione e 12 delle preleggi, della legge n. 243 del 23 agosto 2004, art. 38 quale legge interpretativa dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104. Sospende i giudizi in corso e manda alla cancelleria per l'immediata trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale e per la notifica della medesima alle parti ricorrente e resistente, al cancelliere del Tribunale civile di Roma al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione al Presidente delle due camere del Parlamento. Roma, addi' 29 gennaio 2005 Il Presidente: Casavola 05C0487