N. 230 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 febbraio 2005

Ordinanza  emessa  il  4  febbraio 2005 dal tribunale di Cagliari sul
ricorso proposto da Puddu Nella contro Borea Balestre S.r.l.

Societa'  -  Regime  dei  controlli introdotto dal d.lgs. n. 6/2003 -
  Facolta'  del  ricorso al Tribunale, in caso di gravi irregolarita'
  nella  gestione, per attivare la procedura di controllo giudiziario
  ex  art. 2409  cod.  civ.  -  Mancata  attribuzione  ai  soci della
  societa' a responsabilita' limitata - Eccesso di delega - Contrasto
  con   principi  e  criteri  direttivi  della  legge  n. 366/2001  -
  Disparita'  di  trattamento  rispetto  ai  soci  della societa' per
  azioni,    nonche'   rispetto   ai   sindaci   della   societa'   a
  responsabilita'   limitata  in  cui  e'  obbligatorio  il  collegio
  sindacale.
- Codice civile, artt. 2409, 2476, comma terzo, e 2477, comma quarto.
- Costituzione, artt. 3 e 76, in relazione alla legge 3 ottobre 2001,
  n. 366.
(GU n.18 del 4-5-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimeno ex art. 2409
c.c.  iscritto al 1669/04 Reg. Volontaria Giurisdizione e promosso da
Nella  Puddu,  elettivamente domiciliata in Cagliari presso lo studio
dell'avvocato  Gianfelice  Pisano  che  la  rappresenta  e difende in
virtu' di procura speciale a margine del ricorso, ricorrente;
    Contro  Borea  Balestre  societa' a responsabilita' limitata, con
sede in Elmas, non costituita, resistente.

                             Motivazione

    Con  ricorso  depositato  il  18  ottobre 2004 Nella Puddu, socia
titolare  di  una  quota  pari  al  50% del capitale sociale (di euro
10.000)  della Borea Baleste societa' a responsabilita' 1limitata, ha
proposto  ricorso  ex  art. 2409 c.c. denunciando gravi irregolarita'
nella  gestione  della  societa'  e  chiedendo  che  venisse disposta
ispezione giudiziale nei confronti della societa'.
    Con  il  d.lgs.  17  gennaio  2003,  n. 6,  che  ha  riscritto la
disciplina delle societa' di capitali, e' venuta meno la possibilita'
-   prevista  dall'art. 2488,  quarto  comma  c.c.  previgente  -  di
ricorrere  al  procedimento  ex  art.  2409  c.c.  nell'ambito  della
(piccola) societa' a responsabilita' limitata.
    Questo limite applicativo e' pressoche' pacifico:
        a) nella   disciplina   delle   societa'   a  responsabilita'
limitata,  manca  un  richiamo  all'art.  2409 c.c., analogo a quello
previsto  per  le societa' cooperative dall'art. 2545-quinquiesdecies
c.c.;
        b) la  stessa  Relazione Governativa alla novella osserva che
con  il  riconoscimento  del  «potere  di ciascun socio di promuovere
l'azione  sociale  di  responsabilita'  e  di  chiedere  con  essa la
provvisoria  revoca  giudiziale  dell'amministratore in caso di gravi
irregolarita'  (art.  2476, terzo comma) (...) e' sembrato logico che
sulla base di questa soluzione divenisse sostanzialmente superflua ed
in  buona parte contraddittoria con il sistema la previsione di forme
di  intervento  del giudice quali quelle ora previste dall'art. 2409.
Esse infatti sono sostanzialmente assorbite dalla legittimazione alla
proposizione  dell'azione sociale di responsabilita' da parte di ogni
socio  e  dalla possibilita' di ottenere in quella sede provvedimenti
cautelari  come  la revoca degli amministratori. La prospettiva e' in
sostanza  quella  di  fornire  ai  soci  uno  strumento  in  grado di
consentire ad essi di risolvere i conflitti interni alla societa» (v.
Rel. Gov. d.lgs. n. 6/2003, par. 11);
        c) soltanto  con  riferimento alle societa' a responsabilita'
limitata  in  cui  e' obbligatorio il collegio sindacale e' possibile
recuperare, in via interpretativa, il controllo giudiziale attraverso
l'art.  2477, quarto comma, c.c. che, prevedendo l'applicazione delle
disposizioni   in   materia  di  societa'  per  azioni,  consente  di
attribuire anche ai sindaci di societa' a responsabilita' limitata la
legittimazione  alla  richiesta di procedimento ex art. 2409 c.c. (v.
art. 2409,  settimo  comma,  c.c.) (in tal senso, si e' espresso, per
esempio, Trib. Udine, 18 giugno 2004, in Judicium.it).
    A  questa stregua, il ricorso proposto dovrebbe essere dichiarato
inammissibile.   Il   Collegio,   peraltro,   ritiene  d'ufficio  non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
del  d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, nella parte in cui non ha previsto
l'applicabilita'  del  procedimento  ex  art.  2409  c.c.  a tutte le
societa' a responsabilita' limitata.
    Va  preliminarmente  segnalato che lo stesso procedimento ex art.
2409  c.c.  ha  subito  profondi  cambiamenti,  in  senso restrittivo
dell'ambito  di  applicazione,  tra  i  quali  i  piu'  significativi
riguardano  la  limitazione  del  potere  di  iniziativa del pubblico
ministero  alle  sole  societa'  «aperte»,  cioe'  alle  societa' che
facciano   appello   al   mercato  del  capitale  di  rischio,  e  il
restringimento  dell'area delle irregolarita' denunziabili che devono
essere  «potenzialmente  dannose»  per  la societa' o per societa' ad
essa collegate.
    I  primi  commentatori della riforma hanno accolto queste novita'
in  termini  sostanzialmente  negativi,  segnalando  il dato come una
conferma  dell'ammorbidimento  dei controlli esterni realizzato dalla
riforma,  in decisa controtendenza rispetto ai precedenti legislativi
in materia societaria e alla cornice comunitaria.
    Il   discorso  sulla  applicabilita'  dell'art.  2409  c.c.  alle
societa'  a  responsabilita'  limitata confluisce nella piu' generale
disciplina  del  controllo giudiziale secondo la novella che e' stata
ravvisata,  sotto  questo profilo, in contrasto con le intenzioni del
legislatore   delegante,   che   sarebbero   state,  semmai,  per  il
rafforzamento del controllo giudiziario.
    La  legge delega (n. 366/2001) menzionava il controllo giudiziale
soltanto  in due passi, diretti ad estendere l'applicazione dell'art.
2409  c.c. all'art. 4, secondo comma, n. 4, disponeva per le societa'
per azioni operanti sul mercato del capitale di rischio che, nel caso
di    gravi   irregolarita'   nell'adempimento   dei   doveri   degli
amministratori,  dovesse  essere  prevista la denunzia anche da parte
dei  sindaci ovvero da parte degli altri organi di controllo interno;
all'art. 5, secondo comma, lett. g), stabiliva che la riforma dovesse
prevedere  anche  per  le  societa'  cooperative  diverse  da  quelle
costituzionalmente riconosciute il controllo giudiziario ex art. 2409
c.c.
    Il  legislatore  delegante, quindi, non aveva contemplato nessuna
delle modifiche del procedimento introdotte dalla novella. Non solo.
    I  principi ispiratori indicati all'art. 2 della legge delega non
contenevano  alcun riferimento all'esigenza del controllo giudiziario
e  della  materia  non  si e' occupato neppure l'art. 12, relativo ai
profili   procedurali.   Per   le   cooperative   diverse  da  quelle
costituzionalmente  riconosciute,  peraltro,  l'art. 5 si riferiva al
«controllo   giudiziario   disciplinato  dall'art.  2409  del  codice
civile». In mancanza di qualsiasi indicazione nei «principi e criteri
direttivi»  (v.  art. 76 Cost.) sembra ragionevole concludere che non
vi   sia  stata  alcuna  delega,  neppure  implicita,  alla  modifica
dell'istituto  all'art.  2409 c.c. oltre le specifiche indicazioni in
chiave estensiva sopra riportate; e il riferimento all'art. 2409 c.c.
non  rappresenta  un  mero  richiamo formale al controllo giudiziale,
secondo   la   sua  collocazione  codicistica,  ma  rivela  piuttosto
l'intenzione  di  mantenere  sostanzialmente  inalterato il controllo
giudiziario sulle soci eta' di capitali.
    Cio' porta sicuramente ad un giudizio di «eccesso» di delega, non
soltanto  con  riferimento  al profilo specifico dell'esenzione delle
societa'  a  responsabilita'  limitata, ma con riguardo alla generale
riforma  dell'istituto  introdotta  dalla  novella  che,  come  sopra
osservato,   e'   intervenuta  sull'istituto  in  chiave  decisamente
limitativa.
    Del  resto,  e'  compatibile  con  la  volonta' di introdurre una
«riforma  organica»  della disciplina delle societa' dei capitali (v.
art.  1  legge n. 366/2001), e di un intervento generale sul «sistema
delle  societa' di capitali di cui ai capi V, VI, VIII, VIII e IX del
titolo  V  del  codice  civile  e alla normativa connessa» (v. art. 2
legge  cit.),  il  mantenimento  dei  controlli  esterni,  secondo la
previgente  norma  che  rispondono  anche ad interessi ed esigenze di
ordine  generale.  Se  e'  vero  che  la  legge  delega ha consentito
l'accentuazione del carattere di autonomia privatistica della S.r.l.,
e'  altrettanto  indubitabile  che  non  venuto  meno  il rilievo non
strettamente  individuale  di  quel  modello  societario;  una  cosi'
rilevante  modificazione  dei  sistemi dei controlli appare quindi in
contrasto  con  le  esigenze  di salvaguardia dell'interesse generale
espresse dal legislatore delegante del 2001, esigenze alla cui tutela
l'art.   2409  c.c.  e'  sempre  risultato  preordinato  quale  utile
strumento ai fini di una corretta amministrazione della societa'.
    Ne'   puo'  ritenersi,  come  affermato  invece  dalla  Relazione
Governativa  che ha accompagnato la novella, la piena equivalenza dei
poteri  attribuiti  ai soci della societa' a responsabilita' limitata
con la tutela assicurata dall'art. 2409 c.c.
    Da  un  lato,  il  singolo  socio  acquista  incisivi  poteri  di
conoscenza  degli  affari sociali (v. art. 2476 c.c. addirittura piu'
ampio   nella  previsione  dell'ausilio  di  professionisti  rispetto
all'art.  2261 c.c., in materia di societa' di persone), ha il potere
di  esercitare  l'azione di responsabilita' con facolta' di chiedere,
in  caso  di  gravi  irregolarita'  nella gestione della societa', la
revoca cautelare degli amministratori (art. 2476, terzo comma, c.c.);
d'altro  lato,  ciascun socio conserva il diritto al risarcimento del
danno  cagionato  da  atti  dolosi o colposi degli amministratori nel
caso  in  cui  vi sia stata rinunzia all'azione di responsabilita' da
parte  della  societa' o transazione di questa con gli amministratori
(v. art. 2476 c.c.).
    L'area  di  applicazione dell'art. 2409 c.c., pur circoscritta la
legittimazione  del  p.m. e subordinato l'intervento giudiziario alla
ricorrenza  (almeno  potenziale)  di un danno per la societa', appare
ancora  significativamente  piu' ampia di quella occupata dall'azione
di responsabilita' sociale.
    In  primo  luogo,  l'esercizio  del  rimedio risarcitorio, cui e'
legata  la  revoca  cautelare  dell'amministratore, richiede un danno
effettivo,  e  non  soltanto  potenziale,  che il procedimento di cui
all'art. 2409 c.c. tende proprio ad evitare.
    Inoltre,  la  previsione  del  potere  di revoca in via cautelare
dell'amministratore,    collegata    all'esercizio   dell'azione   di
responsabilita',  restringe  notevolmente l'ambito della tutela. Come
osservato  in  dottrina, mentre nel procedimento ex art. 2409 c.c. la
sussistenza  delle gravi irregolarita' legittima di per se' la revoca
di  amministratori e, sindaci, che puo' dimostrarsi utile per la vita
sociale   a  prescindere  dal  fatto  della  successiva  proposizione
dell'azione  di  responsabilita', nel procedimento previsto dall'art.
2476,   terzo  comma,  c.c.  la  revoca  degli  amministratori  sara'
possibile  solo  se c'e' il pericolo che la loro permanenza impedisca
alla societa' di conseguire il risarcimento domandato. In pratica, la
revoca  in  via  cautelare  degli  amministratori  delle  societa'  a
responsabilita'  limitata dovrebbe risultare possibile esclusivamente
quando la loro mancata tempestiva rimozione rischi di aggravare a tal
punto  il danno da rendere aleatoria la possibilita' di un successivo
risarcimento  garantito  dal  patrimonio  degli  amministratori  o da
mettere in pericolo la stessa sopravvivenza della societa'.
    D'altro   canto,   la   previsione   della   sola  revoca,  senza
possibilita'   di   nomina  di  un  amministratore  giudiziale,  puo'
provocare   inconvenienti   nel   funzionamento  della  societa'.  E'
sufficiente   osservare   che  la  nomina  del  nuovo  amministratore
competera'  alla  stessa  maggioranza  della compagine sociale che ha
assistito,    inerte,    alla   cattiva   gestione   del   precedente
amministratore  revocato.  In  caso di insanabile contrasto tra soci,
poi,  si realizza un'ipotesi di impossibilita' di funzionamento della
societa'  e  un  caso  di  scioglimento  ex lege (v. artt. 2484, n. 3
c.c.).
    Infine, i primi commentatori hanno segnalato come quelle previste
dall'art.  2476,  secondo comma c.c., costituiscano indagini di parte
che  nella  maggior parte dei casi dovranno essere affidate a costosi
professionisti,  se  si  vuole  sperare che siano condotte in maniera
efficace  ed  appropriata, i cui esiti rischiano, peraltro, di essere
meno  obiettivi  di  quelli di una ispezione condotta dall'ausiliario
del giudice.
    Non  appare  manifestamente  infondata,  quindi,  la questione di
legittimita'  costituzionale  del d.lgs. n. 6/2003 nella parte in cui
non  ha  previsto  anche  per i soci della societa' a responsabilita'
limitata  la  possibilita'  di  ricorrere  al  procedimento  previsto
dall'art. 2409 c.c. Il dubbio di legittimita' costituzionale riguarda
il  combinato  degli  artt. 2409  c.c.,  art. 2476, terzo comma, c.c.
(laddove  non  contempla  che  in  caso  di gravi irregolarita' degli
amministratori i soci possano ricorrere ai sensi dell'art. 2409 c.c.)
art.  2477,  quarto  comma,  c.c. (che richiamando le disposizioni in
tema  di  societa'  per  azioni  nei  casi di nomina obbligatoria del
collegio  sindacale  consente  soltanto  in questa ipotesi il ricorso
alla  procedura  ex  art.  2409  c.c.).  La questione si pone sia con
riferimento  all'art.  76 della Costituzione, per «eccesso di delega»
avendo il legislatore delegato modificato la disciplina dei controlli
esterni  ed  escluso  l'applicazione  dell'istituto  alla  societa' a
responsabilita' limitata in difetto di esplicita indicazione da parte
del  delegante  che  si  era  limitato  a richiamare l'art. 2409 c.c.
soltanto  per estendere l'ambito dell'intervento giudiziario, sia con
riguardo  all'artt.  3  della  Costituzione,  perche'  la  disciplina
normativa  introdotta realizza una disparita' di trattamento tra soci
della  societa'  a responsabilita' limitata e soci della societa' per
azioni   nonche'   tra   i   primi  e  i  sindaci  delle  societa'  a
responsabilita' limita in cui e' obbligatorio il collegio sindacale.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n. 87 dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale degli artt. 2409 c.c., 2476, terzo comma, c.c. e 2477,
quarto  comma  c.c., nella parte in cui non viene attribuita anche ai
soci  della  societa'  a  responsabilita' limitata la possibilita' di
ricorrere   al   tribunale   ex  art. 2409  c.c.  in  caso  di  gravi
irregolarita'  nella  gestione  della  societa', con riferimento agli
artt. 3 e 76 della Costituzione;
    Per  l'effetto  ordina  la  sospensione  del  giudizio in corso e
dispone    l'immediata    trasmissione    degli   atti   alla   Corte
costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria di notificare la presente ordinanza alle
parti  che  non  hanno  presenziato  all'udienza ed al Presidente del
Consiglio dei ministri nonche' di comunicarla ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
        Cagliari, addi' 20 gennaio 2005
                       Il Presidente: Pisotti
Il giudice estensore: La Rocca  05C0507