N. 231 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 2004

Ordinanza  emessa  il  18  novembre  2004  dal  tribunale di Roma nel
procedimento penale a carico di Romagnoli Luca ed altra

Reati e pene - Reati elettorali - Falsita' nella autenticazione delle
  sottoscrizioni  di  liste  di  elettori  o  di  candidati  o  nella
  formazione  delle  stesse - Ammenda da cinquecento a duemila euro -
  Irragionevolezza  (per  la  disparita'  di  trattamento  rispetto a
  posizioni  di  uguale  oggettivita'  e  disvalore,  per le quali e'
  prevista  la  pena  della  reclusione,  e  per  la  incidenza della
  condotta di falso su «un ambito normativo direttamente investito da
  norme  costituzionali»)  - Violazione del principio della finalita'
  rieducativa della pena.
- Legge  2 marzo  2004,  n. 61,  art. 1,  comma 2,  lett. a), secondo
  capoverso.
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.
(GU n.18 del 4-5-2005 )
    Visti  gli  atti  del  procedimento penale a carico di: Romagnoli
Luca,  nato  il  2 settembre 1961; Pulitini Rosina, nata il 22 aprile
19940; chiamati a rispondere:
        il Romagnoli, del reato di cui agli artt. 110, 81, cpv., 485,
c.p.,  perche',  agendo in concorso con terze persone rimaste ignote,
al  fine  di  procurarsi un vantaggio dalla presentazione della lista
elettorale  del  partito  M.S.I.  -  Fiamma  Tricolore,  di  cui  era
all'epoca vice-segretario nazionale, compilava moduli di accettazione
della  candidatura  alla  carica  di consigliere del IV Municipio del
comune  di  Roma, apponendovi le false firme di accettazione relative
ai  nominativi di Piscitello Riccardo, Cavorso Anna Maria e Pederzini
Diego,  e  adoperava  tali  false  scritture private allegandole alla
documentazione  di  accompagnamento  alla  richiesta di presentazione
della lista (capo A) della rubrica;
        il  Romagnoli,  ancora, del reato di cui agli artt. 110, 479,
c.p.,  perche',  agendo  in  concorso  con persone rimaste ignote, in
qualita'  di presentatore delle liste elettorali del partito M.S.I. -
Fiamma  Tricolore  e di vice segretario del partito medesimo, formava
un   atto  pubblico  ideologicamente  falso  costituito  dalla  falsa
attestazione dell'avvenuta identificazione di Pederzini Diego nonche'
dell'autenticita'  della  firma apposta da quest'ultimo in calce alle
dichiarazioni   di   accettazione  della  candidatura  a  Consigliere
Circoscrizionale  per  il  IV  Municipio  del comune di Roma (capo B)
della rubrica;
        il  Romagnoli e la Pulitini, del reato di cui agli artt. 110,
81,  cpv.,  479,  c.p.,  perche'  agendo  il  primo  in  qualita'  di
presentatore  delle  liste  elettorali  del  partito  M.S.I. - Fiamma
Tricolore    e    la    seconda   di   pubblico   ufficiale   addetto
all'identificazione   e   all'autentica  di  firma  dei  candidati  a
consigliere  circoscrizionale,  in  piu' occasioni concorrevano nella
formazione  di atti pubblici ideologicamente falsi, il primo fornendo
alla  seconda  fotocopie  dei  documenti  d'identita' di terze ignare
persone e la seconda attestando falsamente l'avvenuta identificazione
delle  predette persone nonche' l'autenticita' delle firme apposte in
calce   alle   dichiarazioni  di  accettazione  della  candidatura  a
consigliere,  circoscrizionale  per  il IV Municipio di Roma (capo C)
della rubrica;
        il  Romagnoli,  e  la  Pulitini, ancora, da reato di cui agli
artt. 110,  c.p.,  90, d.P.R. n. 570/1960, perche', ponendo in essere
condotte di cui sopra, formavano falsamente la lista dei candidati al
consiglio  circoscrizionale di Roma IV Municipio del partito M.S.I. -
Fiamma Tricolore (capo D) della rubrica; fatti tutti commessi in data
antecedente e prossima 14 aprile 2001;
    Rilevato  che  all'udienza  di costituzione delle parti la difesa
dell'imputata  Pulitini Rosina chiedeva la declaratoria di estinzione
del  reato,  ex  art. 129,  c.p.p.,  per intervenuta prescrizione dei
reati  alla  stessa  contestati,  alla  luce  della  nuova disciplina
dell'art. 90,  d.P.R.  n. 570/1960, come modificato dalla legge n. 61
del  2 marzo  2004,  e delle nuove previsioni edittali per i reati di
falso afferenti alla materia elettorale, come introdotte dall'art. 1,
comma 2, lettera a), n. 1), della legge citata;
    Nella medesima udienza il difensore della costituita parte civile
sollevava questione di legittimita' costituzionale della norma dianzi
richiamata,   come   vigente,   per  manifesta  irragionevolezza  del
trattamento  sanzionatorio  rispetto  a  quello  normalmente previsto
nella   disciplina   del   codice  penale  afferente  alle  falsita';
depositava memoria scritta a sostegno della sollevata questione;
    Premesso  e  considerato che nel presente procedimento deve darsi
applicazione a quanto previsto nell'art. 1, comma 2, lett. a), n. 1),
secondo   capoverso,  legge  n. 61  del  2004,  laddove,  in  riforma
dell'art. 90, d.P.R. n. 570 del 1960 («Testo unico delle leggi per la
composizione   e  la  elezione  degli  organi  delle  amministrazioni
comunali»), e' stato previsto che: «Chiunque commette uno dei i reati
"previsti  dai  capi  III  e  IV del titolo VII del Libro secondo del
codice    penale"    aventi   ad   oggetto   l'autenticazione   delle
sottoscrizioni  di  liste  di  elettori  o  di candidati ovvero forma
falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati, e'
punito  con  la pena dell'ammenda da Euro 500 a Euro 2.000»; cio' con
riferimento  alla  seconda,  alla  terza  e  alla  quarta imputazione
indicata  in  premessa;  i  fatti  contestati  in tali capi, infatti,
ipotizzano,  articolando diversamente le posizioni, la falsificazione
ideologica  dell'attestazione  di  avvenuta  identificazione di terze
persone  e  di  autenticita'  delle  loro  firme,  nonche'  la  falsa
formazione  della  lista  dei  candidati;  fatti,  tutti, sicuramente
ricompresi  nella  previsione di cui all'art. 1, comma 2, lettera a),
n. 1), secondo capoverso, della legge citata, per i quali, dunque, la
sanzione  prevista e' non piu' quella indicata dalle specifiche norme
del  codice  penale  o  dalla  previgente  formulazione dell'art. 90,
bensi'  quella  della  sola ammenda, prevista nella norma di riforma;
l'applicazione  delle  suddette  innovate  norme  comporta  non  solo
l'eventuale  comminazione di pene diverse nel limite edittale e nella
natura,  rispetto  a quelle originariamente previste nella disciplina
non  piu'  in  vigore  per i fatti quali quelli in esame, ma anche la
declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, in
considerazione  della  data del commesso reato (14 aprile 2001) e del
termine  massimo  prescrizionale  di  anni  tre, previsto per i reati
puniti con la sola ammenda dall'art. 157, comma 1, lettera 6), c.p. e
per  i  reati  previsti specificamente nella legge elettorale (quarta
imputazione) nell'art. 100, d.P.R. n. 570 del 1960;
    Ritenuto  che  la  previsione  della  sola  pena pecuniaria dell'
ammenda  per  i  reati  di  falso  afferenti  l'autenticazione  delle
sottoscrizioni   dei  candidati  in  competizioni  elettorali  appare
manifestamente  irragionevole  rispetto  alle  pene  previste  per  i
corrispondenti  reati di falso nel codice penale, dunque contrastante
con l'art. 3 della Costituzione;
        per   effetto   di   tale   previsione   condotte  del  tutto
sovrapponibili    tra   loro   sono   destinatarie   di   trattamento
sanzionatorio penale differenziato;
        la  condotta  di falsita' nella autenticazione delle firme da
parte  del pubblico ufficiale, infatti, e' in via generale ricondotta
all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 479, c.p. (Cass. Pen.: sez. 5,
sent.  11867  del  18 dicembre 1997; sez. 5, sent. 7867 del 30 giugno
1987; sez. 2, sent. 3362 del 30 gennaio 1979 - 31 marzo 1979; sez. 5,
sent. 7570 del 9 maggio 1979 - 19 settembre 1979), come correttamente
contestato  nel presente procedimento; ne deriva che, ove il pubblico
ufficiale, legittimato ai sensi dell'art. 20, legge n. l5/1968, formi
falsamente un atto di autenticazione non attinente a liste elettorali
di  candidati,  sara'  passibile della pena della reclusione da uno a
sei  anni,  prevista nell'art. 479, c.p; ove, invece, la sua condotta
abbia  ad  oggetto  autenticazioni di sottoscrizioni relative a dette
liste,   sara'   passibile,   per  effetto  della  norma  di  riforma
denunciata, della pena dell'ammenda da Euro 500 a Euro 2.000;
        il  legislatore  sembra  avere  posto  a  base  delle proprie
discrezionali  opzioni schemi valutativi che superano il limite della
ragionevolezza,  perche'  non  riconducibili  entro  i vincoli che le
norme costituzionali impongono;
        ha prefigurato per condotte del tutto sovrapponibili tra loro
un  trattamento  sanzionatorio  penale  differenziato  quanto a tipo,
specie  e  entita'  della  pena; alla pena detentiva della reclusione
prevista  nell'art.  479, c.p., ha sostituito la sola pena pecuniaria
dell'ammenda  di  entita', comunque, sensibilmente inferiore rispetto
alla  previsione  codicistica; cio' appare del tutto in contrasto con
il principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione, in
quanto discrimina irragionevolmente;
        il   trattamento   di   condotte   alle  quali  l'ordinamento
attribuisce  il medesimo disvalore; trattasi, infatti, di fattispecie
che   sotto   il  profilo  oggettivo  presentano  assoluta  identita'
d'elementi: l'autore e' un pubblico ufficiale investito dei poteri di
autenticazione  di firme; la condotta e' la falsa attestazione che la
firma  e'  stata  apposta  in  sua  presenza  da  persona previamente
identificata;  l'evento  e'  dato, appunto, dall'apposizione di detta
attestazione;  differisce  solamente  la  proiezione funzionale della
condotta  e  l'incidenza  della  stessa sulla procedura di formazione
delle  liste elettorali; finalita' che, evidentemente, il legislatore
ha  ritenuto  sufficiente  per  determinare la sensibile modifica del
trattamento  sanzionatorio,  spostando il relativo regime dall'ambito
codicistico a quello della legge speciale;
        tale   innovata   disciplina   piu'   favorevole  appare  non
ragionevole,  oltre  che  per  l'evidente  disparita'  di trattamento
rispetto  a  posizioni  di  uguale oggettivita' e disvalore, anche in
ragione del fatto che la condotta di falso incidente sul procedimento
di  formazione delle liste elettorali interessa e coinvolge un ambito
normativo  direttamente  investito  da  norme  costituzionali,  quale
l'art.  48 della Costituzione e il diritto di voto in essa previsto e
garantito, il cui libero esercizio viene compromesso, se non inibito,
per  effetto della formazione di falsi candidati nei cui confronti il
cittadino  potrebbe  esprimere  il proprio voto, che cosi' diverrebbe
inutilmente  dato; sembra, allora, che la proiezione funzionale della
condotta  avrebbe  dovuto  podare  non  gia' ad un affievolimento del
trattamento  sanzionatorio, ma, al contrario, ad un suo aggravamento,
proporzionale  alla  pregnanza costituzionale degli interessi, seppur
indirettamente, lesi;
        appare  in  tal  senso contraddetto anche il fine rieducativo
della  pena,  imposto anche al legislatore dall'art. 27, comma terzo,
della  Costituzione,  laddove  si prospetta all'autore della condotta
una reazione sanzionatoria diversificata a seconda che essa interessi
o  meno  competizioni elettorali; prevedendo, nel primo caso, un tipo
di sanzione assolutamente non proporzionata al grado di incidenza sui
rapporti  civili  e  politici  della  condotta  illecita prevista nel
precetto;   sicche'   il   condannato  percepirebbe  del  trattamento
sanzionatorio  solo  la portata minima affiittiva, senza essere messo
in  grado di comprendere appieno il reale, rilevante, disvalore della
sua condotta;
    Ritenuto,  ancora,  che  non  puo'  eccepirsi l'irrilevanza della
questione  sull'assunto  che,  venendo  meno  l'attuale  formulazione
dell'art.  90,  cc.  secondo  e terzo, d.P.R. n. 570/l960, rivivrebbe
l'originaria   norma   per   la   quale   era   previsto  un  termine
prescrizionale  breve,  quale  quello  indicato nell'art. 100, d.P.R.
citato,  che  comunque  imporrebbe  la consequenziale declaratoria di
estinzione  dei reati per prescrizione, esito, cioe', uguale a quello
che si verificherebbe in caso di applicazione della nuova disciplina;
        infatti,  la previgente formulazione dell'art. 90 contemplava
unicamente,  per  quel  che  qui  interessa, la condotta di «chiunque
forma  falsamente,  in  tutto  o  in  parte,  liste  di elettori o di
candidati»;   non   contemplava,  invece,  la  condotta  della  falsa
attestazione  di autenticita' delle firme apposte in calce alla lista
dei  candidati;  l'espresso  riferimento a tale condotta e' contenuto
invece   nella   nuova  formulazione  della  norma,  nella  quale  il
legislatore  ha implicitamente confermato la riconducibilita' di tali
condotte  alla  disciplina  del  codice  penale  quanto  a  precetto,
prevedendo tuttavia una diversa disciplina della parte sanzionatoria,
di cui s'e' detto;
        nella  nuova  formulazione, le due serie di condotte appaiono
dunque   alternative   tra   loro,  come  dimostrato  dall'uso  della
disgiuntiva «ovvero», che separa nel testo della norma la condotta di
falso in autenticazione da quella di falso in formazione della lista;
se  cosi'  e',  in  base  al testo vigente la prima condotta non puo'
dunque  dirsi  assorbita  dalla seconda, benche' tra le due vi sia un
indubbio  nesso funzionale di collegamento; ne deriva, ancora, che in
astratto,   le   relative  fattispecie  di  reato  potrebbero  essere
contestate  in  concorso formale tra loro, non essendo configurabile,
sempre   alla  luce  della  vigente  normativa  e  della  tecnica  di
formulazione  della  norma  di  riforma,  il  rapporto di specialita'
previsto nell'art. 15, c.p.;
        nella  riformata  struttura  normativa dei reati di falso nel
procedimento di formazione delle liste elettorali, dunque, sembra che
il  legislatore  abbia  voluto esplicitare quanto gia' implicitamente
contenuto  nella  previgente  struttura;  che,  cioe', le falsita' in
attestazione  di  sottoscrizione,  costituendo  condotta  autonoma  e
diversa da quella di falsita' nella formazione della lista, non vanno
e  non  andavano  ricondotte  nella  fattispecie  speciale  di  reato
contenuta  nella legge elettorale, ma in quelle generali previste dal
codice penale;
        in  conclusione, dunque: il venir meno della norma denunciata
farebbe  rivirere  l'originaria  formulazione  del reato, per effetto
della  quale  solo  la  condotta  di  falsa formazione della lista di
canditati, contestata al capo d) della rubrica, risentirebbe comunque
della  prescrizione  ex  art. 100, d.P.R. n. 570/l960, trattandosi di
reato  previsto  nella medesima legge; non sodirebbe tale effetto per
le  condotte  contestate sub-b) e c) della rubrica, in quanto la loro
disciplina  penale  sarebbe  ricondotta  sub  art. 479, c.p. quanto a
precetto  e  sanzione,  e  dunque  risentirebbe  di  un diverso esito
processuale  per  il  quale,  al  momento,  non  sarebbe  applicabile
l'istituto   della   prescrizione;   la   questione  di  legittimita'
costituzionale,  infatti,  e'  sollevata unicamente in riferimento ai
capi  b)  e  c)  della rubrica e non gia' con riferimento al capo d),
essendo per tale contestazione priva di rilevanza per le ragioni gia'
enunciate;
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1,  legge  9 febbraio 1948, n. 1 e 23, legge 11
marzo 1953, n. 87;
    Solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 1,
comma 2,  lettera  a),  secondo  capoverso, della legge 2 marzo 2004,
n. 61,  nella parte in cui prevede che al testo unico delle leggi per
la  composizione  e  la  elezione  degli organi delle amministrazioni
comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio
1960,  n. 570, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti
modificazioni:  all'art.  90  il  terzo  comma  e'  sostituito con il
seguente:  «Chiunque commette uno dei i reati previsti dai capi III e
IV  del  titolo  VII  del  Libro  secondo del codice penale aventi ad
oggetto  l'autenticazione delle sottoscrizioni di liste di elettori o
di  candidati  ovvero forma falsamente, in tutto o in parte, liste di
elettori  o  di candidati, e' punito con la pena dell'ammenda da Euro
500  a Euro 2.000»,  per  contrasto  con  gli  articoli 3 e 27, comma
terzo, della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Sospende il procedimento;
    Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza, di cui
e' data pubblica lettura in udienza, sia notificata al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e comunicata ai Presidenti delle due Camere
del Parlamento.
        Roma, addi' 17 novembre 2004
                         Il giudice: Iannolo
05C0508