N. 243 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 2004

Ordinanza  emessa  il  30  novembre  2004 dal tribunale di Torino nel
procedimento civile tra Altovino Linda contro Olsa S.p.A. ed altra

Lavoro  (rapporto  di)  -  Lavoratore assunto con contratto di lavoro
  temporaneo  -  Mancanza di forma scritta del contratto - Previsione
  della  trasformazione  in contratto a tempo determinato, anziche' a
  tempo  indeterminato  -  Erronea  formulazione  della  disposizione
  censurata  nella  parte  in  cui  prevede  che debba sostituirsi la
  parola  «indeterminato»  con  la  parola  «determinato» nel secondo
  periodo  dell'art. 10,  comma 2, l. n. 196/1997, anziche' nel primo
  periodo  -  Irrazionalita'  - Incidenza sul principio di tutela del
  lavoro  -  Violazione  del principio di soggezione del giudice alla
  legge  nel  senso  dell'imposizione al giudice dell'applicazione di
  una legge assurda.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 117, comma 1, lett. c).
- Costituzione, artt. 3, 35 e 101.
(GU n.19 del 11-5-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Nella  causa  n. R.G.L.  3763/2004  -  Oltovino Linda contro Olsa
S.p.A. e contro Generale Industrielle Italia S.p.A.;
    A seguito della discussione dei difensori;
    Visto l'art. 23, legge n. 87 1953;
    Emette la seguente ordinanza.
    Con ricorso depositato presso la cancelleria della sezione lavoro
del  Tribunale  di Torino il 26 marzo 2004, si costituiva in giudizio
Altovino  Linda,  esponendo  di  aver  sottoscritto  un  contratto di
prestazione  di  lavoro  temporaneo  in  data  10 gennaio 2001 con la
convenuta   Generale   Industrielle  Italia  S.p.A.,  impegnandosi  a
lavorare  presso  la  societa'  utilizzatrice  Olsa S.p.A., anch'essa
citata  in giudizio; affermava la ricorrente che il suo contratto con
la  Generale Industrielle Italia, pur presentandosi come contratto di
lavoro  a  tempo  determinato, non prevedeva in realta' alcun termine
all'attivita'  lavorativa,  violando  quindi l'art. 3, comma 3, lett.
g),   della   legge  n. 196/1997;  chiedeva  quindi  che  il  giudice
dichiarasse   l'esistenza   di   un   rapporto   di  lavoro  a  tempo
indeterminato  nei  confronti  della  Olsa  o,  in  subordine,  della
Generale Industrielle Italia.
    Si  costituivano  entrambe  le  convenute resistendo alla pretesa
attorea.
    All'udienza   del   20   luglio   2004   il   giudice  dichiarava
l'invalidita'  del  contratto  per  prestazioni  di lavoro temporaneo
datato 10 gennaio 2001, per violazione dell'art. 3, comma 3, lett. g)
della legge n. 196/1997, accogliendo la tesi attorea secondo la quale
in  tale  contratto  non  era  previsto  un  termine allo svolgimento
dell'attivita' lavorativa presso l'impresa utilizzatrice.
    Esclusa ratione temporis l'applicabilita' al caso di specie della
legge  n. 368/2001,  il giudice si accingeva quindi a dichiarare che,
stante  la  mancanza  del  termine, il rapporto doveva considerarsi a
tempo indeterminato alle dipendenze dell'impresa fornitrice, ai sensi
dell'art. 10,  della legge 196/1997, cosi' come riportato sul «Codice
del  lavoro»  edito da «Il Sole 24 Ore» (edizione 2002), allorche' si
accorgeva  che  la  norma portava una dizione opposta nel «Codice del
Lavoro» edito da «La Tribuna» (edizione 2003), cosi' come anche nella
banca elettronica della «Legge IPSOA».
    L'art   10   di   cui  trattasi,  infatti,  (gia'  esplicitamente
aggiornato  ai  sensi  dell'art. 117,  comma 1, lett. c). della legge
388/2000)  secondo  il  codice  de «Il sole 24 Ore» recita «... 2) Il
lavoratore   che  presti  la  sua  attivita'  a  favore  dell'impresa
utilizzatrice  si  considera assunto da quest'ultima con contratto di
lavoro a tempo determinato, nel caso di mancanza di forma scritta nel
contratto  di  fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo ai sensi
dell'art. 1  comma  5.  In  caso  di  mancanza  di  forma scritta del
contratto  per  prestazioni  di  lavoro temporaneo di cui all'art. 3,
ovvero degli elementi di cui al citato art. 3, terzo comma, lett. g),
il  contratto  per  prestazioni  di lavoro temporaneo si trasforma in
contratto   a   tempo   indeterminato  alle  dipendenze  dell'impresa
fornitrice».
    Negli altri codici sopra citati, invece, la norma viene riportata
invertendo  le  parole  «determinato»  ed  «indeterminato»,  e quindi
recita  (anch'essa gia' esplicitamente aggiornata ai sensi del citato
art. 117, comma 1, lett. c.): «... 2) il lavoratore che presti la sua
attivita' a favore dell'impresa utilizzatrice si considera assunto da
quest'ultima  con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nel caso
di   mancanza   di  forma  scritta  nel  contratto  di  fornitura  di
prestazioni  di  lavoro  temporaneo  ai sensi dell'art. 1 comma 5. In
caso  di  mancanza  di forma scritta del contratto per prestazioni di
lavoro  temporaneo di cui all'art. 3, ovvero degli elementi di cui al
citato  art. 3,terzo comma, lett. g), il contratto per prestazioni di
lavoro  temporaneo si trasforma in contratto a tempo determinato alle
dipendenze   dell'impresa   fornitrice».  Quest'ultima  redazione  e'
evidentemente  assurda,  poiche',  come accade nel caso prospettato a
questo  giudice,  nel momento in cui viene accertata l'inesistenza di
un   termine  nel  contratto  fra  lavoratore  e  impresa  di  lavoro
interinale,  e'  chiaro  che  la  pronuncia  non puo' per definizione
trasformare  il  contratto  col  lavoratore  in  un contratto a tempo
«determinato»,  proprio  perche' un termine non esiste, ed il giudice
non  saprebbe  come  indicarlo od individuarlo, se non in maniera del
tutto arbitraria o fantasiosa.
    La  discrepanza  lasciava perplessi avvocati e giudice, ed in se'
era risolubile semplicemente andando a leggere la Gazzetta Ufficiale.
Cio'  fatto,  lo  scrivente  crede  di  essere riuscito a ricostruire
quello che e' accaduto. L'iniziale redazione dell'art. 10 della legge
196/1997,  antecedente  alla  modifica  operata  dalla  citata  legge
n. 388/2000,  prevedeva  in  entrambe  le ipotesi di cui sopra che il
contratto   di  lavoro  si  trasformasse  in  un  contratto  a  tempo
indeterminato, e questo sia nel caso di mancanza di forma scritta del
contratto di fornitura (negozio che intercorre fra impresa fornitrice
ed  impresa utilizzatrice), sia nel caso di mancanza di forma scritta
ovvero dell'indicazione del termine, con riferimento al contratto per
prestazioni  di  lavoro  temporaneo  (negozio  che  intercorre tra il
lavoratore  e  l'impresa  fornitrice).  Con  l'art. 117  della  legge
n. 388/2000  il  legislatore  ha  evidentemente (cosi' almeno farebbe
supporre  una  logica elementare) ritenuto di dover confermare, nella
prima  ipotesi,  un  contratto  a  tempo  determinato  che  era stato
regolarmente stipulato dal lavoratore, nel momento in cui la mancanza
di  forma  scritta riguardava in realta' un contratto a lui estraneo,
sanzionando cioe' l'impresa utilizzatrice con l'attribuire ad essa la
titolarita' del rapporto di lavoro, ma conservando la validita' di un
termine  regolarmente  apposto  al contratto di prestazione di lavoro
temporaneo,   termine   della   cui   esistenza   il  lavoratore  era
perfettamente consapevole; nella seconda ipotesi invece l'inesistenza
della  forma  scritta  o  del  termine finale nel contratto di lavoro
stipulato  dal  dipendente  con l'impresa fornitrice, correttamente e
logicamente  viene  ad  implicare  la  «normale»  trasformazione  del
contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato.
    E'  comunque un dato di fatto che nella Gazzetta Ufficiale del 29
gennaio  2000,  n. 219/L  l'esatta  dizione  del  piu'  volte  citato
art. 117  risulta  la  seguente:  «... c) all'art. 10, comma secondo,
secondo  periodo,  le  parole "a tempo indeterminato" sono sostituite
dalle seguenti: "a tempo determinato"».
    Ritiene il giudice che non possano sussistere dubbi sul fatto che
il legislatore o il redattore della Gazzetta Ufficiale abbia commesso
una  sorta di lapsus calami indicando che doveva essere modificato il
secondo  invece del primo periodo. E tale assurdita' e' probabilmente
stata  colta  dal  redattore del «Codice del Lavoro» del Sole 24 Ore,
che  ha in realta' modificato l'aggettivo nel primo e non nel secondo
comma;  ma  non  ritiene  il  giudice di poter a sua volta effettuare
questa  modifica  alla  lettera  della  legge,  per quanto assurdo si
presenti  il  risultato  della  pedissequa  applicazione  del  citato
art. 117.
    Non  resta  quindi  che prospettare la questione a codesta Corte,
perche'  pronunci  l'incostituzionalita'  dell'art. 117  della  legge
n. 388/2000  nella  parte  in  cui  prevede,  al comma 1, lett. c) la
sostituzione della parola «indeterminato» con la parola «determinato»
nel   secondo  periodo  dell'art. 10,  comma  2,  legge  n. 196/1997,
anziche'  nel  primo  periodo,  per  illogicita'  ed assurdita' della
disposizione, e quindi per contrasto con l'art. 3 della Costituzione,
sempre   invocato   nelle  ipotesi  di  irrazionalita'  oggettiva  ed
insuperabile  di  una  norma di legge, art. 35 sotto il profilo della
tutela  del  lavoro,  ma soprattutto dell'art. 101 che si spera possa
essere  letto  come previsione che l'assoggettamento del giudice alla
legge  debba implicare la possibilita' di applicare una norma che non
si  riveli  assurda,  assurdita'  intrinseca  al fatto che, come gia'
chiarito,  se  il  giudice  fosse tenuto a costituire con sentenza un
rapporto  di  lavoro  a  tempo  determinato  fra lavoratore e impresa
fornitrice,  non  saprebbe  quale  termine  apporre a tale contratto,
proprio  perche',  per  definizione,  tale  termine  non esisteva nel
contratto  di  lavoro  stipulato  dal dipendente. Occorre solo ancora
precisare   che   ritiene   il   giudice  piu'  corretto  prospettare
l'incostituzionalita'   dell'art. 117   piuttosto   che   non  quella
dell'art. 10  della legge n. 196/1997 modificato dal citato art. 117,
poiche'  in  tal modo si conserva in maniera piu' precisa la volonta'
del legislatore, che «sembra» aver inteso consentire la validita' del
contratto  di  lavoro  a  tempo  determinato  nell'ipotesi che vi sia
mancanza  di  forma  scritta  nel  contratto  di fornitura, ma non in
quello di «prestazione di lavoro temporaneo».
    La questione e' quindi rilevante e non manifestamente infondata.
    Ove  per  caso,  anche  se  non  e' facile comprendere come possa
accadere,  codesta  Corte non ritenga di dover modificare l'art. 117,
si   spera   che   il  giudice  delle  Leggi  possa  almeno  indicare
all'estensore  dell'ordinanza  quale  termine  finale dovrebbe venire
apposto  al nuovo contratto a tempo determinato col dispositivo della
sentenza definitiva.
                              P. Q. M.
    Ritiene  rilevante  e non manifestamente infondata l'eccezione di
illegittimita'  costituzionale dell'art. 117, della legge n. 388/2000
nella  parte  in  cui  prevede,  al  comma  1,  lett.  c)  che  debba
sostituirsi la parola «indeterminato» con la parola «determinato» nel
secondo  periodo  dell'art. 10,  comma 2, legge n. 196/1997, anziche'
nel  primo  periodo,  per  contrasto  con gli artt. 3, 35 e 101 della
Costituzione.
    Manda  alla  cancelleria di provvedere all'immediata trasmissione
degli  atti alla Corte costituzionale, alla sua notifica alle parti e
alla   Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'  alla  sua
comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Torino, addi' 30 novembre 2004
                         Il giudice: Grassi
05C0526