N. 244 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 2004

Ordinanza  emessa  il  26  ottobre  2004  dal  tribunale  di Roma nel
procedimento civile tra Giardini Mario ed altri contro Regione Lazio

Imposte  e  tasse  -  Tasse  sulle concessioni regionali - Variazioni
  della  tariffa  da  parte della Regione Lazio - Raddoppio, disposto
  dalle  leggi  regionali nn. 9 e 10/1995, degli importi in vigore al
  31 dicembre  1994,  previsti  nella  tariffa  allegata  alla  legge
  regionale  n. 30/1980  e  successive  modifiche  -  Superamento del
  limite  di  aumento  annuale  (venti  per  cento)  consentito dalla
  legislazione statale - Lesione della potesta' legislativa esclusiva
  dello  Stato  in  materia  di  tributi erariali - Esorbitanza dalle
  competenze  spettanti  alle Regioni in base al nuovo Titolo V della
  Costituzione  - Questione riproposta a seguito di restituzione atti
  disposta dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 73/2002.
- Legge  della Regione Lazio 20 marzo 1995, n. 9, art. 1; legge della
  Regione Lazio 20 marzo 1995, n. 10, art. 1.
- Costituzione,  artt. 117  e  119, in relazione all'art. 4, comma 5,
  della  legge  14 giugno 1990, n. 158 [rectius: all'art. 3, comma 5,
  della  legge  16 maggio  1970, n. 281, come sostituito dall'art. 4,
  comma 1, della legge 14 giugno 1990, n. 158].
(GU n.19 del 11-5-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Nella  causa civile di primo grado iscritta al n. 36180 del ruolo
generale  per  gli  affari  contenziosi dell'anno 1997 e vertente tra
Giardini   Mario  (La  Rustica),  Cervi  Lorenzo  (Monteleone  Sabino
Oliveto),   Pozzi   Piero   (Accumoli),  Pozzi  Piero  (Vallecupola),
Pasqualini   Nellusco   (Valle   Luterana),  Flati  Renato  (Vejano),
Corradini  Giorgio  (Orvinio),  Torlonia  Alessandro  -  amm.  A.  A.
Musignano (Musignano), Cimini Antonio (Maentina), Odescalchi Ladislao
(La  Castagneta),  Iazzoni  Tullio  (Montelibretti),  Cartoni  Enrico
(Filissano),  Orsini  Rolando  (Bassano  Romano), Grispignini Filippi
Rosa (Menicozzo), Massimo Lancellotti Ascanio (Poggio Oriolo), Tecchi
Cristofari  Celiani  (Carbonara),  Pascucci  Antonio  (Grotta Nuova),
Saperdi   Romano   (Castelluzzo),   Savioli  Franca  ved.  Turriziani
(Nerola),  Sovrano  Militare  Ordine di Malta - legale rappresentante
(Sugarella),   Il  Gallo  S.r.l.  -  legale  rappresentante  (Gallo),
Guglielmi  Giacinto (Sant'Agostino), Gallo Luciano (Settevene), Pieri
Gio  Piero  (Canino),  Brucchietti  Franco  (Farnese), Toschi Silvana
(Borbona),  Giuliani  Santino  (Gallicella), Camilli Piero (Mezzano),
Chiarini   Giuseppe   Ferdinando   (Fondaccio),   Lovello  Giuseppina
(Pozzaglia  Sabino), Fischietti Ignazio (Nepi), Pandolfi Vincenzo (Il
Centrone),  Mascetti  Sbardella Maria Teresa (Tonecchia Nuova), Biuso
Giorgio  (Medio Tevere), Fondi Aldo (Castei di Salce), Bernabei Anton
Giuseppe  quale  erede  del  padre Tito (Monti di Castro), Ciaramella
Igino  (Rocchigiana),  Mele  Amedeo  (Castel Bagnolo), Chiri Leonardo
(Casal  di  Galeria),  Chiri Leonardo (La Vacchereggia di Civitella),
Patrizi  Montoro  Innocenzo  (Castel Giuliano Sasso), Ianneli Saverio
(Torricella  Sabina),  Di  Muzio Giovanni (Casalone), Brandizzi Carlo
(Lazzaria),  Iacoponi  Guglielmo  (San Francesco), Agnelli Maria Sole
(Catel Lombardo), Lazzari Valerio Maria (Vaccareggia), Rossini Adolfo
(Filippo  Sbardella),  Pietroni  Maria  Luisa  vedova  De  Santis (La
Marcigliana),  Di Stefano Alfredo (Vicarello), Vella Riccardo (Greppo
Marino),   Pierdomenico   Ezio  Francesco  (Pantalla),  Profili  Aldo
(Borghetto),  Carloni  Tarcisio  (Barbarano  Romano),  Cimini Antonio
(Torrecchia   Vecchia),   Borgia   Enrico  (Scandriglia  Ponticelli),
Giardini  Mario  quale presidente E.P.S. Lazio il quale interviene ad
adiuvandum; tutti elettivamente domiciliati in Roma via Ennio Quirino
Visconti   n. 85,   presso   l'avvocato  Francesco  D'Audino  che  li
rappresenta e difende per procura in calce alla citazione, attori;
    E  Regione  Lazio,  in  persona  del presidente pro tempore della
giunta  regionale  domiciliato  in  Roma,  via  dei Portoghesi n. 12,
presso l'Avvocatura generale dello Stato che lo rappresenta e difende
ex lege, convenuto.

                            O s s e r v a

    Con  citazione  notificata  il  7 agosto  1997, gli attori, tutti
titolari  di aziende faunistico-venatorie site nel Lazio e soggette a
tassa  di  concessione  regionale, convenivano in giudizio la Regione
Lazio esponendo:
        di   aver  corrisposto  dal  1992  la  tassa  di  concessione
regionale  nella  misura  di  lire  6.050  per  ettaro fissata con la
tariffa  approvata  con decreto legislativo n. 230/1991 e rettificata
in aumentato con il decreto legislativo n.31/1992;
        di  aver  corrisposto  anche  una sovrattassa di 100 lire per
ogni  cento  lire  di  tassa  per ettaro in base ad una nota inserita
nella tabella approvata; che nel frattempo entrava in vigore la nuova
legge  sulla  caccia  (n.  157/1992)  che all'art. 16 disciplinava le
nuove  aziende  faunistico  venatorie disponendo che erano soggette a
tassa di concessione regionale, ma escludendo altri oneri tributari e
soprattutto la famosa ed inesistente soprattassa;
        che  la  soprattassa  veniva  richiamata in vita dall'art. 41
n. 8 della legge regionale del Lazio n. 17/1995;
        che   le  leggi  regionali  nn. 9  e  10  del  23 marzo  1995
disponevano   l'aumento   del  100%  delle  tasse  sulle  concessioni
regionali e altre tasse e sovrattasse;
        che  il  20 dicembre 1995 veniva pubblicata l'ultima edizione
della  legge  regionale  del  Lazio n. 30/1980 con la quale l'importo
della  tassa  veniva  portato  a  lire  12.130 ribadendosi nella nota
l'esistenza   di   una   soprattassa   di  pari  importo  da  versare
contestualmente;
        che  le note alle tariffe approvate con i decreti legislativi
nn. 230/1991 e 31/1992 non avevano le caratteristiche di disposizione
legislativa  in  contrasto  con  legge delega n. 158/1990 ed erano da
considerarsi  apocrifi atti amministrativi disapplicabili dal giudice
ordinario ex artt. 4 e 5 legge n. 2248/865 allegato E;
        che,  nel  caso in cui fosse ravvisabile forza di legge nella
nota predetta, era evidente la sua incostituzionalita' per violazione
degli artt. 3, 23, 53 della Costituzione;
        che,  in  ogni  caso  dal  1992  al  1995, gli attori avevano
corrisposto,  oltre  alla  tassa  pari a lire 6.065 per ettaro, anche
l'illegittima soprattassa di pari importo;
        che,  viziata  da illegittimita' costituzionale nei confronti
degli  artt. 117  e  118  della Costituzione era l'art. 41 n. 8 della
legge  regionale  del  Lazio  n. 17/1995  che  aveva legislativamente
stabilito per le a.f.v. l'obbligo del pagamento della sovrattassa;
        che alla stessa censura non sfuggivano le leggi regionali del
Lazio  nn.  9  e  10 del 1995 che, al di fuori di ogni potere avevano
apportato un aumento del 100% degli importi in vigore;
        che  da  disapplicare  era  anche  la  riedizione della legge
n. 30/1980  e  che,  nel  caso  in  cui fosse riconoscibile carattere
legislativo  alla  riedizione  predetta la stessa non poteva sfuggire
alla  sanzione d'incostituzionalita' per violazione degli artt. 117 e
118 in relazione agli artt. 3, 23, e 53 della Costituzione;
        che  anche  dal  1995  la  somma da corrispondere era di lire
6.015  e  le  somme pagate in eccesso per raddoppio dei tributi e per
sovrattassa erano da restituire.
    Cio'    premesso   gli   attori,   previa   disapplicazione   dei
provvedimenti indicati e, se necessario, previa rimessione alla Corte
costituzionale   delle   questioni   di  legittimita'  costituzionale
sollevate,  chiedevano  fosse pronunciata la condanna della convenuta
alla restituzione delle somme pagate in eccesso.
    Con  comparsa  depositata  il  26 marzo  1998  si  costituiva  in
giudizio la convenuta affermando l'infondatezza della domanda e delle
sollevate questioni di legittimita' costituzionale.
    Esaurita  la  trattazione  la  causa  veniva trattenuta una prima
volta in decisione.
    Con  ordinanza  in data 12 aprile 2001 il tribunale rigettava per
manifesta  infondatezza  le  questioni di legittimita' costituzionale
sollevate  dagli  attori  nei  confronti  del  decreto legislativo 22
giugno 1991,  n. 230 e del decreto legislativo 23 gennaio 1992, n. 31
con riferimento agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, nonche' nei
confronti dell'art. 41, comma ottavo, della legge regionale del Lazio
2 maggio  1995,  n. 17  con  riferimento  agli  artt. 117 e 118 della
Costituzione.
    Con  lo  stesso provvedimento era invece disposta la trasmissione
degli  atti  alla  Corte  costituzionale,  accertata la non manifesta
infondatezza   e   la   rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata dagli attori nei confronti dell'art. 1 della
legge  regionale  del  Lazio  10 marzo 1995, n. 9 e dell'art. 1 della
legge  regionale  del Lazio 10 marzo 1995, n. 10 con riferimento agli
artt. 117   e  119  della  Costituzione  per  violazione  dei  limiti
derivanti  dall'art.  4,  quinto  comma  della  legge 14 giugno 1990,
n. 158 nella parte in cui le disposizioni di legge predette prevedono
l'aumento  degli  importi  delle  tasse  e  delle  sovrattasse  sulle
concessioni  regionali  previsti  nella  tariffa  allegata alla legge
regionale del Lazio 2 maggio 1980, n. 30 e successive modificazioni e
integrazioni  previste  dalla  legge  statale  e  regionale in misura
superiore al 20% dell'importo in vigore al 31 dicembre 1994.
    Osservava  in particolare il tribunale «Le leggi regionali n. 9 e
10  del 1995 che hanno raddoppiato gli importi previsti dalla tariffa
sembrano,  al contrario, in contrasto con i limiti fissati dal quinto
comma  dell'art.  4  della  legge  statale n. 158/1990. Prevede detta
disposizione:  «Con legge regionale possono essere disposti, entro il
31 ottobre  di  ciascun  anno,  aumenti  della tariffa anche solo con
riferimento  ad  alcune  voci,  con  effetto dal 1° gennaio dell'anno
successivo,  in misura non superiore al 20% degli importi determinati
per il periodo precedente, ovvero in misura non eccedente la maggiore
percentuale  d'incremento  disposta  dallo  Stato  per le tasse sulle
concessioni  governative».  Detta  disposizione  appare  limitare  la
potesta'  legislativa  regionale  nel  senso  che  i provvedimenti di
aumento  delle  tasse  sulle  concessioni  regionali  debbano  essere
emanati  entro  il 31 ottobre di ciascun anno e che, nel quantificare
gli  aumenti,  i  provvedimenti in questione debbano far riferimento,
nel  caso  in  cui  si voglia superare la soglia del 20%, all'aumento
disposto  dallo  Stato per le concessioni governative con riferimento
agli   importi   dovuti   per  le  medesime  concessioni  per  l'anno
precedente.  Decorso il termine del 31 ottobre di ogni anno senza che
sia  stato  disposto aumento corrispondente agli aumenti previsti per
le  concessioni  statali,  sembra  che  le regioni, consumato il loro
potere  senza  avvalersi  della  facolta' predetta, non possano negli
anni  successivi  disporre  un  aumento  se  non  nei  limiti del 20%
ordinariamente  previsto.  Deve quindi ritenersi che la Regione Lazio
potesse  disporre  dal  1995 a 1996 aumenti superiori al 20% solo nel
caso  in  cui  lo  Stato avesse aumentato in misura superiore a detta
percentuale le tasse sulle concessioni governative con riferimento ai
medesimi  periodi.  Nel  caso  concreto  il  legislatore regionale ha
omesso  di  disporre  per  il  1993 entro il 31 ottobre 1992, aumenti
corrispondenti  agli  aumenti disposti per le tasse sulle concessioni
governative  dall'art.  10 della legge 11 luglio 1992, n. 333, in tal
modo  esaurendo  il  proprio  potere.  L'aumento  del 100%, in misura
eccedente  il  20%,  degli  importi  delle  tasse  sulle  concessioni
regionali  disposto  con  gli artt. 1 delle leggi regionali del Lazio
20 marzo 1995, nn. 9 e 10 parrebbe quindi in contrasto con l'art. 119
della  Costituzione  con  riferimento  ai limiti imposti dall'art. 4,
quinto  comma  della  legge  n. 158/1992.  E'  principio consolidato,
infatti, che in materia tributaria le regioni possano legiferare solo
nei  limiti  previsti  dalle  leggi  della  Repubblica con competenza
meramente  attuativa.  La  questione  oltre  che  non  manifestamente
infondata,  appare  rilevante  ai  fini del decidere. Gli attori, sul
presupposto  dell'arbitrarieta'  dell'aumento  del  100%  di  tasse e
sovrattasse,   chiedono   la   condanna   della  Regione  Lazio  alla
restituzione  delle  somme  indebitamente  pagate  dopo  il  1995. La
dichiarazione   d'illegittimita'   costituzionale   delle   norme  in
questione  comporterebbe l'accoglimento delle domande di ripetizione,
che  appaiono azionate entro il termine di decadenza triennale, delle
somme  pagate  oltre  il  limite  di  aumento  consentito dalla legge
statale».
    La  Corte  costituzionale, con ordinanza n. 73/2002, rilevato che
successivamente all'ordinanza di rimessione, era entrata in vigore la
legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 i cui artt. 3 e 5 avevano
sostituito  l'intero  testo degli artt. 117 e 119 della Costituzione,
disponeva  la  restituzione  degli  atti al giudice remittente per un
nuovo esame della questione.
    Con  l'atto di riassunzione gli attori hanno nuovamente sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale nei confronti dei decreti
legislativi  nn.  230/1991  e 32/1992 e dell'art. 41 n. 8 della legge
della  Regione  Lazio  n. 17/1995.  Si tratta di questioni che devono
essere  dichiarate  inammissibili  ex  art.  24  legge costituzionale
n. 87/1953   in   quanto   nessun  nuovo  profilo  di  illegittimita'
costituzionale  viene  evidenziato  essendosi  limitati  gli attori a
citare  gli  artt. 117,  118 e 119 della Costituzione. Questo giudice
ritiene  invece che la questione di legittimita' costituzionale, gia'
oggetto  di  rimessione  alla  Corte  costituzionale, sia tuttora non
manifestamente  infondata  e  rilevante  anche  alla luce della legge
costituzionale n. 3/2001.
    Dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (Sentenze nn. 241
e  37  del 2004) emerge che in materia tributaria permane la potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia di tributi erariali
(art. 117, secondo  comma,  lettera  e) tra i quali rientrano anche i
tributi il cui gettito sia destinato in tutto o in parte alle regioni
e   agli   altri  enti  locali.  La  potesta'  legislativa  residuale
attribuita  alle  regioni (art. 117, quarto comma) da esercitarsi nei
limiti  dei  principi  di  coordinamento della finanza pubblica e del
sistema  tributario, riguarda solo i «tributi propri» delle regioni e
degli  altri enti locali, cioe' i tributi dalle medesime istituiti in
base   alle   competenze   legislative   di  cui  all'art. 119  della
Costituzione.   E'  anche  principio  ripetutamente  affermato  dalla
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale (sentenze nn. 296, 297 e
311  del  2003)  che  i tributi interamente disciplinati dallo Stato,
salvo  un  limitato potere di variazione attribuito alle regioni, non
possono essere considerati «tributi propri» delle regioni ai fini del
novellato  art.  119 della Costituzione. Il tributo di cui si discute
e'  oggi  interamente  disciplinato  dall'art.  4 della legge statale
n. 158/1990  e  dai decreti legislativi nn. 230/1991 e 31/1992 con la
limitata  possibilita'  per  le  regioni di aumento della tariffa nei
limiti  di cui al quinto comma del citato art. 4. Anche il tributo di
cui  ci  si  occupa  non  puo' quindi essere definito «proprio» della
regione.  Le norme di legge regionale in questione appaiono quindi in
contrasto  anche  con i novellati artt. 117 e 119 della Costituzione.
In  ordine  alla  rilevanza si richiamano le osservazioni fatte nella
precedente  ordinanza  di cui si e' riportato il contenuto. Si impone
quindi  una nuova rimessione degli atti alla Corte costituzionale per
la decisione sulle questioni indicate.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 23 e 24 della legge costituzionale 11 marzo 1953,
n. 87,   dichiara   inammissibili   le   questioni   di  legittimita'
costituzionale  sollevate  dagli  attori  nei  confronti  del decreto
legislativo  22  giugno 1991,  n. 230,  del  decreto  legislativo  23
gennaio  1992,  n. 31  e  dell'art.  41,  ottavo  comma,  della legge
regionale del Lazio 2 maggio 1995, n. 17;
    Accertata  la  non  manifesta  infondatezza  e la rilevanza della
questione  di  legittimita' costituzionale sollevata dagli attori nei
confronti  dell'art. 1 della legge regionale del Lazio 20 marzo 1995,
n. 9  e  dell'art.  1  della legge regionale del Lazio 20 marzo 1995,
n. 10  con  riferimento  agli  artt. 117 e 119 della Costituzione per
violazione dei limiti derivanti dall'art. 4, quinto comma della legge
14  giugno 1990,  n. 158  nella parte in cui le disposizioni di legge
predette  prevedono  l'aumento  degli  importi  delle  tasse  e delle
sovrattasse   sulle  concessioni  regionali  previsti  nella  tariffa
allegata  alla  legge  regionale  2 maggio  1980,  n. 30 e successive
modificazioni   ed   integrazioni  previste  dalla  legge  statale  e
regionale  in  misura  superiore  al 20% dell'importo in vigore al 31
dicembre 1994;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa e al presidente della giunta regionale
del Lazio;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia comunicata al presidente
del consiglio regionale del Lazio;
        Roma, addi' 20 ottobre 2004
                       Il giudice: Bochicchio
05C0527