N. 265 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2004

Ordinanza  del 20 maggio 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale il
26  aprile  2005)  emessa  dal Consiglio di Stato sui ricorsi riuniti
proposti da Regione Campania ed altri contro CIPE ed altri
Espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Regione  Campania - Piani
  regolatori delle aree di sviluppo industriale - Vincoli preordinati
  all'espropriazione  -  Proroga  di  validita'  dei piani esistenti,
  anche   se   medio   tempore   scaduti  -  Violazione  del  diritto
  all'indennizzo  in caso di espropriazione - Incidenza sul principio
  di  uguaglianza  e  sui  principi di imparzialita' e buon andamento
  della pubblica amministrazione - Richiamo alle sentenze della Corte
  costituzionale nn. 179/1999 e 411/2001.
- Legge  della  Regione  Campania  13 agosto  1998,  n. 16,  art. 10,
  comma 9;  Legge  della  Regione  Campania,  11 agosto  2001, n. 10,
  art. 77, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 42, comma terzo, e 97.
(GU n.20 del 18-5-2005 )
                        IL CONSIGLIO DI STATO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sui  ricorsi in appello
iscritti   al   NGR   1222,  2105  e  2111  dell'anno  2003  proposti
rispettivamente:
        quanto  al  primo (N.G.R. 1222/2003), dalla Regione Campania,
in   persona   del  presidente  della  giunta  regionale  in  carica,
rappresentato  e  difeso  dall'avvocato Maria D'Elia, con la quale e'
elettivamente domiciliata in
    Roma, via del Tritone n. 61;
    Contro    C.I.P.E.    -   Comitato   Interministeriale   per   la
Programmazione  Economica,  in  persona  del Ministro dell'economia e
delle  finanze in carica, e Presidenza del Consiglio dei ministri, in
persona   del   Presidente   del   Consiglio   in   carica,  entrambi
rappresentanti  e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso
i  cui  uffici  domiciliano  ope  legis  in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12,  e  nei confronti di De Angelis Angelo, rappresentato e difeso
dall'avvocato   Antonio  Lamberti,  con  il  quale  e'  elettivamente
domiciliato  in  Roma,  viale  dei  Parioli  n. 67,  nonche' Impre.Co
Societa'  consortile  S.r.l.,  in pesona del legale rappresentante in
carica,   Conosorzio   ASI   di   Caserta   in   persona  del  legale
rappresentante in carica entrambi non costituiti in giudizio;
        quanto  al  secondo  (N.G.R. 2105/2003), dal Consorzio ASI di
Caserta,   in   persona   del   legale   rappresentante   in  carica,
rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati prof. Fabio Roversi Monaco,
Giovanni  Allodi  e  Arturo  Massimo,  con  i  quali e' elettivamente
domiciliato in Roma, piazza di Spagna, 35;
    Contro  Regione  Campania, in persona del presidente della giunta
regionale  in carica; Impre.Co Societa' consortile S.r.l., in persona
del  legale rappresentante in carica; Comune di Gricignano di Aversa,
in  persona  del  sindaco  in  carica;  De  Angelis Angelo, tutti non
costituiti  in  giudizio;  quanto  al  terzo  (N.R.G.  2111/2003), da
Impre.Co   Societa'   consortile   S.r.l.,   in  persona  del  legale
rappresentante  in  carica,  rappresentata  e difesa dagli avv. prof.
Angelo  Piazza  e  Antonio  Romano,  con  i  quali  e'  elettivamente
domiciliata in Roma, piazza di Spagna n. 35;
    Contro    C.I.P.E.    -   Comitato   Interministeriale   per   la
Programmazione  Economica,  in  persona  del Ministro dell'economia e
delle  finanze in carica, e Presidenza del Consiglio dei ministri, in
persona   del   Presidente   del   Consiglio   in   carica,  entrambi
rappresentanti  e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso
i  cui  uffici  domiciliano  ope  legis  in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12;  nonche'  Regione  Campania,  in  persona del presidente della
giunta  regionale  in  carica;  Comune  di  Gricignano  di Aversa, in
persona  del  sindaco in carica; Consorzio ASI di Caserta, in persona
del  legale  rappresentante  in  carica; De Angelis Angelo, tutti non
costituiti  in  giudizio; tutti per l'annullamento della sentenza del
Tribunale  amministrativo  regionale  della Campania, sez. V, n. 6884
del 5 novembre 2002;
    Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio di De Angelis Angelo,
nel  ricorso  N.R.G. 1222/2003, e del C.I.P.E. e della Presidenza del
Consiglio dei ministri, nei ricorsi N.R.G. 1222/2003 e 2111/2003;
    Viste  le  memorie  prodotte dalle parti a sostegno delle proprie
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore   alla   pubblica   udienza  del  25  novembre  2003  il
consigliere Carlo Saltelli;
    Uditi  gli  avvocati  Piazza,  anche per delega dell'avv. Roversi
Monaco; Romano, Lamberti e Argenzio, su delega dell'avv. D'Elia;
    Visto il dispositivo di sentenza n. 391 del 27 novembre 2003;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. V, con
la  sentenza  n. 6884  del  5  novembre  2002, accogliendo il ricorso
proposto  dal  signor  Angelo  De  Angelis,  proprietario in agro del
Comune  di  Gricignano  di  Aversa  di un fondo ricompresso nel piano
regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta, ha annullato
il  decreto  n. 212  del  13  marzo 2002, con cui il presidente della
giunta  regionale  della  Campania,  surrogando  si  all'inadempiente
sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l'occupazione
d'urgenza,  per  la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla
realizzazione  dell'intervento produttivo «Filiera del sistema moda e
dei  servizi collegati», nell'agglomerato industriale di Aversa Nord,
tra cui anche il fondo del predetto signor Angelo De Angelis, oltre a
tutti gli atti della procedura espropriativa.
    Ad   avviso   del  tribunale,  infatti,  l'impugnato  decreto  di
occupazione  di  urgenza non era supportato da una valida ed efficace
dichiarazione  di  pubblica  utilita',  in quanto il piano regolatore
dell'area di sviluppo industriale di Caserta, su cui asseritamente si
fondava,  approvato  una  prima  volta con decreto del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  del  16  gennaio  1968 e successivamente, a
seguito  di  un'estensione  dell'area interessata, con decreto del 28
luglio  1970,  era irrimediabilmente scaduto fin dal 28 luglio 1980 e
ad   esso   non  potevano  trovare  applicazione  ne'  le  successive
«proroghe»  disposte  con  leggi statali e tanto meno quella prevista
dal  comma  9, dell'articolo 10, della legge regionale della Campania
13  agosto  1998, n. 16, autenticamente interpretato dall'articolo 77
della  successiva legge regionale 11 agosto 2001, n. 10, alla stregua
di un'interpretazione costituzionalmente orientata.
    Avverso  tale  statuizione  hanno  proposto appello, con separati
atti,  la  Regione  Campania,  il  Consorzio  per  l'Area di sviluppo
industriale  di  Caserta  e  l'Impre.Co. S.r.L, i quali, riproponendo
tutti  le analoghe eccezioni svolte in primo grado, hanno rivendicato
la   piena   legittimita'   dell'impugnato   decreto  di  occupazione
d'urgenza,  sollevando tre identici motivi di gravame, lamentando, in
particolare:  a)  la  mancata  declaratoria dell'inammissibilita' per
tardivita'  del  ricorso introduttivo del giudizio di primo grado; b)
la  erronea  declaratoria della sussistenza nella controversia de qua
della giurisdizione amministrativa, laddove, vertendosi in una tipica
situazione  di mero comportamento senza potere posto in essere da una
pubblica amministrazione sussisteva solo la giurisdizione del giudice
ordinario;  c)  l'erronea declaratoria dell'inesistenza di una valida
ed  efficace  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  in ragione della
ritenuta   scadenza   del   piano   regolatore   consortile,   frutto
dell'altrettanto  erronea  interpretazione e falsa applicazione delle
norme  contenute  nelle  leggi  regionali  n. 16 del 1998 e n. 10 del
2001,  concernenti la proroga dell'efficacia dei piani regolatori dei
consorzi  delle aree per lo sviluppo industriale, ivi compresi quelli
gia' scaduti.
    Nel giudizio di appello instaurato dalla Regione Campania si sono
costituiti  l'originario  ricorrente,  nonche' il C.I.P.E. - Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica e la Presidenza del
Consiglio  dei ministri; in quello intentato dal Consorzio per l'Area
di sviluppo industriale di Caserta non si e' costituito nessuno degli
appellati;  infine  nel  giudizio di appello promosso dall'Impre.Co.,
Societa' consortile a r.l., si sono costituiti soltanto il C.I.P.E. -
Comitato  Interministeriale  per  la  Programmazione  Economica  e la
Presidenza del Consiglio dei ministri.
    Pronunciandosi  sulle  singole  istanze  cautelari proposte dagli
appellanti,  con  le  ordinanze rispettivamente n. 2991 (sull'appello
proposto  dalla Regione Campania), n. 2996 (sull'appello proposto dal
Consorzio  per  l'Area  di sviluppo industriale di Caserta) e n. 3002
(sull'appello  proposto  dall'Impre.Co., Societa' consortile a r.l.),
tutte  in  data  8  luglio  2003,  la  sezione ha sospeso l'efficacia
dell'impugnata sentenza.
    I  predetti  appelli  sono  stati  introitati per la decisione di
merito all'udienza pubblica del 25 novembre 2003.

                            D i r i t t o

    I. - La sezione osserva che, con sentenza non definitiva, in pari
data,   sono  stati  gia'  riuniti  gli  appelli  ed  stata  ritenuta
sussistente  nella  controversia  de qua la giurisdizione del giudice
amministrativo;  sono  stati  altresi'  respinti  i motivi di appello
relativi  alla  dedotta  omessa declaratoria di inammissibilita', per
tardivita' dei ricorsi di primo grado.
    Quanto  al  terzo  motivo  di  appello, tuttavia, diversamente da
quanto ritenuto dai primi giudici, la sezione e' dell'avviso che esso
sia  astrattamente  fondato,  non  potendo  ragionevolmente dubitarsi
dell'applicazione   al   piano   regolatore   dell'area  di  sviluppo
industriale  di  Caserta  (approvato  una prima volta con decreto del
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  del  16  gennaio  1968  e
successivamente,  a  seguito  di un'estensione dell'area interessata,
con  decreto  del  28  luglio  1970) delle disposizioni contenute nel
comma  9,  dell'articolo  10, della legge regionale della Campania 13
agosto  1998,  n. 16,  autenticamente  interpretato  dall'articolo 77
della  successiva  legge  regionale  11 agosto 2001, n. 10: su queste
ultime  tuttavia  grava  il  sospetto  di  contrarieta'  ai  principi
costituzionali di cui agli articoli 3, 42, terzo comma, e 97, secondo
quanto appreso indicato.
    II.  -  Come  esposto  sinteticamente  in narrativa, con il terzo
motivo  di  appello, affidato ad identiche argomentazioni, la Regione
Campania,  il Consorzio per l'Area di sviluppo industriale di Caserta
e la societa' consortile a r.l. Impre.Co., hanno rivendicato la piena
legittimita'  del  decreto  n. 212  del  13  marzo  2002,  con cui il
presidente   della   giunta  regionale  della  Campania  ha  disposto
l'occupazione d'urgenza delle aree ricadenti nel Comune di Gricignano
di Aversa, occorrenti per la realizzazione della «Filiera del sistema
moda e servizi collegati» nell'agglomerato industriale di Aversa Nord
(tra  cui  anche  l'area di proprieta' del signor Angelo De Angelis),
osservando che i primi giudici avevano erroneamente ritenuto che esso
non  fosse  sorretto  da  una  valida  ed  efficace  dichiarazione di
pubblica utilita'.
    Infatti,  a  loro  avviso,  la predetta dichiarazione di pubblica
utilita'  era  da  rinvenire  nel  piano  regolatore  consortile  del
Consorzio  per  l'Area  di sviluppo industriale di Caserta, approvato
prima  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri del 16
gennaio  1968  e  poi con un successivo decreto del 28 luglio 1970 (a
seguito  dell'ampliamento  dell'area  interessata), la cui efficacia,
gia'  piu' volte prorogata con leggi statali, sarebbe stata da ultimo
ulteriormente  prorogata per effetto dell'articolo 10, comma 9, della
legge  regionale  della  Campania 13 agosto 1998, n. 16, interpretato
autenticamente  dalla  successiva  legge  regionale  11  agosto 2001,
n. 10:  i  primi  giudici  avrebbero  erroneamente ed immotivatamente
disapplicato  tale  normativa, pervenendo inopinatamente ad affermare
una   sua   l'inesistenza   di  una  valida,  efficace  e  perdurante
dichiarazione di pubblica utilita'.
    Al riguardo la selezione rileva quanto segue.
    II.1. - Com'e' noto, le opere comprese nei piani regolatori delle
aree e dei nuclei di sviluppo industriale previsti dal d.P.R. 6 marzo
1978,  n. 218,  sono  considerate  di  pubblica  utilita', urgenti ed
indifferibili  per effetto dell'art. 53 del citato d.P.R. n. 218, con
la  conseguenza  che,  ai  fini  dell'adozione di un provvedimento di
espropriazione, l'approvazione dei piani implica la valutazione della
preminenza  dell'interesse  pubblico su quello privato (C.d.S., IV, 3
giugno 1996, n. 720).
    I  terreni  compresi nei predetti piani sono, pertanto, vincolati
alla  realizzazione  delle opere ivi previste; tuttavia, come tutti i
vincoli  della  proprieta'  privata,  anche  quelli  in questione non
possono avere durata indeterminata, perche' in questo caso il vincolo
stesso    avrebbe   un   effetto   direttamente   ed   immediatamente
espropriativo:  per  tale  ragione,  con  l'introduzione dell'art. 25
della  legge  3  gennaio  1978,  n. 1, e' stato fissato il termine di
efficacia  decennale  dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di
sviluppo industriale.
    La  scadenza  di  detti  vincoli  non  e'  di  ostacolo alla loro
riadozione  in  ragione  di  motivate esigenze di pubblico interesse,
previo    completo   riesame   dell'assetto   urbanistico   dell'area
industriale,  per  evitare  la  sostanziale elusione dell'intervenuta
scadenza  del  precedente piano (C.d.S., II, 24 ottobre 1990 n. 438),
con  conseguente  vulnus  dei  principi  costituzionali in materia di
rispetto  della  proprieta'  privata;  ben puo' ipotizzarsi anche una
proroga  dell'efficacia  dei  piani in questione, con la precisazione
che  essa,  che  per  sua  stessa  natura  si  configura come un atto
accessorio  rispetto ad un altro atto, principale, valido ed efficace
(C.G.A.,  25  gennaio  1990,  n. 2),  non  puo' legittimamente essere
adottata quando il piano originario sia gia' scaduto.
    II.2. - Nel caso di specie, posto che non e' stato contestato che
l'opera  per  la  cui  realizzazione  e'  stato emanato il contestato
decreto  di  occupazione  di  urgenza  rientra  nell'ambito del piano
regolatore  dell'area  di  sviluppo  industriale  di  Caserta  e  che
quest'ultimo,  originariamente  approvato  con decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  del  16  gennaio 1968, successivamente
integrato,  relativamente all'agglomerato di Aversa Nord e di Caserta
Sud per le zone di San Marco e Marcianise, era stato oggetto di nuova
approvazione  con  il successivo decreto del 28 luglio 1970, non puo'
ragionevolmente  dubitarsi  che  lo  stesso, per effetto dell'art. 25
della  legge 3 gennaio 1978, n. 1 (e dell'art. 52, seconda comma, del
d.P.R.  6  marzo  1978, n. 218) sia effettivamente scaduto in data 28
luglio 1980, come correttamente ritenuto dai primi giudici sulla base
di  un  consolidato  indirizzo  giurisprudenziale  di  questa  stessa
sezione  (decisioni  4723  e  4724  del 7 settembre 2000; 3349 del 21
giugno 2001), dal quale non vi e' motivo per discostarsi.
    La  sezione,  invero,  con le ricordate decisioni ha gia' escluso
che  al piano consortile in esame sia applicabile l'articolo 11 della
legge 31 maggio 1990, n. 128, che ha prorogato al 31 dicembre 1990 il
termine  di  validita' dell'art. 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1,
non potendo ammettersi la prorogabilita' di un provvedimento non piu'
efficace  perche'  scaduto e ritenendo non meritevole di accoglimento
la  tesi  (sostanzialmente riproposta dagli attuali appellanti) circa
l'applicabilita',   al   caso  di  specie,  della  ulteriore  proroga
triennale  di  validita'  dei  piani  consortili prevista dal secondo
comma  dell'articolo  52  del  d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (nel testo
novellato dall'articolo 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1), termine
a  sua  volta  prorogato dal d.l. 13 febbraio 1981, n. 19 (art. 2) di
tre  anni  (15  gennaio  1984),  dal  d.l.  28  febbraio 1986, n.. 48
(art. 1)  per  un  altro anno, dall'art. 1 del d.l. 20 novembre 1987,
n. 474,  fino al 30 giugno 1988, dall'art. 13 della legge 10 febbraio
1989,  n. 48,  fino al 31 dicembre 1989 e dall'art. 11 della legge 31
maggio 1990, n. 128 fino al 31 dicembre 1990.
    Cio'   in   quanto  la  predetta  norma  (id  est  secondo  comma
dell'articolo  52  del  d.P.R.  6  marzo  1978,  n. 218)  deve essere
correttamente   interpretata   alla  luce  del  complessivo  disposto
dell'articolo  52  che:  a)  fissa in linea generale in dieci anni la
durata  dell'efficacia dei piani regolatori consortili (primo comma);
b)  fissa altresi' alla data del 15 gennaio 1981 (triennio successivo
all'entrata  in  vigore della legge 3 gennaio 1978, n. 1) la scadenza
dell'efficacia dei piani approvati da oltre un decennio rispetto alla
data  del  15 gennaio 1978; c) conferma, in linea generale, la durata
decennale  dei  piani  approvati da meno di un decennio rispetto alla
data  del  15 gennaio 1978 (com'e' quello del Consorzio per l'Area di
sviluppo  industriale  di  Caserta),  puntualizzando che detta durata
(decennale) non potra' essere inferiore ad un triennio dalla predetta
data (del 15 gennaio 1978).
    II.3.    -    Deve   essere   quindi   esaminata   la   questione
dell'applicabilita'   al   predetto  piano  regolatore  dell'area  di
sviluppo  industriale  di Caserta della proroga di efficacia disposta
dall'articolo 10, comma 9, della legge regionale 16 marzo 1998, n. 16
(recante «Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale»),
interpretato  autenticamente dal secondo comma dell'articolo 77 della
successiva   legge  regionale  11  agosto  2001,  n. 10  (concernente
«Disposizioni di finanza regionale Anno 2001), cosi' come prospettata
dalle parti appellanti.
    Il predetto articolo 10, rubricato «Piani regolatori delle aree e
dei  nuclei  industriali»,  al  comma  9,  dopo  aver  fissato in via
generale   la  efficacia  dei  piani  dei  Consorzi  in  dieci  anni,
espressamente  afferma «La validita' dei piani esistenti e' prorogata
per  tre  anni  dalla  data  di  entrata in vigore»; il secondo comma
dell'articolo  77  della  legge  regionale n. 10 del 2001, fornendone
l'interpretazione autentica, ha disposto che «la proroga di validita'
ed  efficacia  dei  Piani  regolatori  delle Aree e dei Nuclei di cui
all'articolo 10, comma 9, della l.r. 13 agosto 1998, n. 16, e' intesa
nel  senso  che la stessa si applica a tutti i Piani esistenti, anche
se medio tempore scaduti».
    I  primi  giudici, superando ogni questione circa la legittimita'
costituzionale   della  predetta  normativa,  sollevata  dalla  parte
ricorrente  in primo grado, hanno ritenuto cheche l'espressione medio
tempore  scaduti, non potesse riferirsi indiscriminatamente a tutti i
piani  dei  consorzi  delle  aree  di  sviluppo  industriale comunque
scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma dovesse
riferirsi  esclusivamente, in virtu' di un'interpretazione conforme a
Costituzione,  a quei piani venuti in scadenza tra il 1° gennaio 1991
(data  di  scadenza  dell'ultima  proroga  degli stessi stabilita con
norma  statale  e cioe' con la legge 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25
agosto  1998,  data  di  entrata  in  vigore della legge regionale 13
agosto  1998,  n. 16,  essendo l'intenzione del legislatore regionale
quella di eliminare ogni incertezza in materia, raccordando in questo
modo,  ai  fini  della efficacia dei piani esistenti, la legislazione
statale  a quella regionale: pertanto, poiche' il piano del Consorzio
per  l'Area  di Sviluppo industriale di Caserta, scaduto il 28 luglio
1970  non  rientrava  in  tale  lasso  di  tempo,  ad esso non poteva
applicarsi la citata normativa di proroga.
    La sezione non condivide tale assunto.
    II.3.1.  -  lnvero,  com'e' noto, il canone fondamentale che deve
guidare   l'operatore   giuridico   nella   delicata   operazione  di
interpretazione   di   un  testo  legislativo  e'  quello  letterale,
coordinato    e    completato   dall'indagine   sull'intenzione   del
legislatore: l'articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale
dispone,  infatti, al primo comma che «nell'applicare la legge non si
puo'  ad  essa  attribuire altro senso se non quello fatto palese dal
significato  proprio  delle  parole secondo la connessione di esse, e
dall'intenzione del legislatore».
    L'interprete, dunque, per applicare ad un caso concreto una certa
norma  deve  svolgere  una  duplice  operazione:  con  la  prima deve
accertare  il  contenuto  della disposizione da applicare, secondo il
significato  delle parole che la compongono (elemento oggettivo); con
la seconda, poi, deve appurare l'intenzione del legislatore (elemento
soggettivo),  verificando  cioe'  quale  fosse  la  finalita'  che il
legislatore  si  proponeva  e  se  essa si rinviene nelle espressioni
letterali usate.
    Per  una  corretta  operazione di interpretazione nessuno di tali
elementi    (oggettivo    e   soggettivo)   puo'   mancare,   perche'
l'interpretazione  di  una  norma  fondata  esclusivamente  sul  dato
letterale  renderebbe  incomprensibile  la  ratio della norma stessa,
impedendole  concretamente  di  conseguire  le  finalita' che l'hanno
giustificata;   una   interpretazione  fondata  esclusivamente  sulla
intenzione  del  legislatore,  oltre  a frustare l'affidamento che la
norma  e  capace  di  ingenerare  (e di cui l'interprete non puo' non
farsi  carico),  potrebbe  pregiudicare  i  suoi  stessi fondamentali
caratteri di generalita' ed astrattezza.
    Ad  avviso  della  sezione,  poi,  la necessita' che l'operazione
interpretativa  sia  condotta  in  modo  corretto  e nel rispetto dei
canoni  indicati  dall'articolo  12 delle Disposizioni sulla legge in
generale  e'  tanto  piu'  sentita  quando essa provenga dal giudice,
atteso  che  l'interpretazione  da questi datane, ultra ovvero contra
l'intenzione del legislatore, potrebbe configurare una violazione del
principio  della separazione dei poteri che rappresenta il fondamento
dell'attuale   ordinamento   democratico:   l'ammissibilita'  di  una
interpretazione conforme a Costituzione (tra le varie opzioni che, in
un  caso  concreto,  possono  ricollegarsi  ad  una specifica norma e
quindi  indipendentemente dall'applicazione dello stringente criterio
letterale   ovvero   dall'apparentemente   contraria  intenzione  del
legislativo,   e   cio'  al  fine  di  evitare  la  dichiarazione  di
incostituzionalita' della norma stessa), lungi dal contraddire quanto
fin  qui  osservato, lo conferma in quanto, secondo la giurisprudenza
del  giudice  delle  leggi,  deve ritenersi, in via di principio, che
l'intenzione  del  legislatore  non  possa  essere in contrasto con i
principi  costituzionali (e solo quando sia stato appurato che di una
norma  non  e' possibile fornire alcuna interpretazione conforme alla
Costituzione,  solo  allora si potra' giungere all'annullamento della
stessa).
    Per  completezza,  poi,  deve  ricordarsi che non puo' negarsi al
legislatore  il  potere  di  porre norme retroattive che precisino il
significato  di  norme  preesistenti  ovvero  che impongano una delle
possibili varianti di senso del testo originario, fermo restando che,
in tali casi, poiche' il principio della irretroattivita' della legge
non  ha  fondamento costituzionale, salvo il caso della legge penale,
il problema da risolvere non riguarda la natura interpretativa o meno
della  legge,  quanto piuttosto i limiti dei suoi effetti retroattivi
in  relazione  ai  principi  di  ragionevolezza  o  ad  altri  valori
costituzionalmente   protetti   e   garantiti   (da   ultimo,   Corte
costituzionale 4 agosto 2003, n. 291).
    II.3.2.   -   Alla  luce  di  tali  asservazioni  la  sezione  e'
dell'avviso  che  sulla  base  del  significato  proprio delle parole
contenute  nell'articolo  10,  comma  9,  della legge 13 agosto 1998,
n. 16,  e  dell'effettiva  intenzione del legislatore, autenticamente
interpretato  dal  secondo  comma  dell'articolo  77 della successiva
legge  11  agosto 2001, n. 10, non puo' ragionevolmente dubitarsi che
lo  scopo  delle ricordate disposizioni era proprio quello di rendere
validi  ed  efficaci  i  piani che i Consorzi per le aree di sviluppo
industriale  avevano  gia'  elaborato  anche  da tempo e che, dunque,
fossero suscettibili di immediata attuazione.
    Proprio  tale  ultima circostanza, cioe' l'immediata attuabilita'
delle  previsioni  dei  piani  consortili, per un verso, giustifica e
sorregge  l'espressione  non  tecnica usata dal legislatore che, come
ricordato,  parla  di «piani esistenti» e, per altro verso, impedisce
l'individuazione   di   qualsiasi  lasso  di  tempo  entro  il  quale
individuare  la  eventuale  scadenza  dei piani consortili al fine di
legittimare  la  loro proroga legislativa: in realta' la voluntas del
legislatore   e'  stata  -  evidentemente  -  quella  di  «prorogare»
(impropriamente  ovvero  di far rivivere) tutti i piani approvati, in
qualsiasi  tempo  scaduti:  cio'  del resto ben puo' giustificarsi in
considerazione  del  fatto  che  la  legge  13  agosto  1998,  n. 16,
costituisce  il  primo  intervento normativo regionale nell'ambito di
una materia cosi' delicata qual e' quella dei consorzi per le aree di
sviluppo  industriale (sul punto e' sufficiente richiamare l'articolo
1 della legge stessa).
    E'  appena  il  caso  di  osservare, del resto, che l'ardita tesi
sostenuta dai primi giudici, lungi dall'essere ancorata ad un qualche
dato positivo (non e' stato fatto alcun richiamo neppure ad eventuali
lavori  preparatori),  piuttosto  che  costituire  espressione di una
interpretazione  della  norma  conforme  a  Costituzione,  finisce in
concreto per comportare una disapplicazione della legge in questione,
in   quanto  incostituzionale,  sostituendo  inammissibilmente  nella
regolazione  di  un caso concreto la volonta' del giudicante a quella
del legislatore.
    Il   motivo  di  gravame  in  esame  deve  pertanto  considerarsi
meritevole  di  accoglimento, essendo sicuramente applicabile al caso
di  specie  la normativa contenuta nel comma 9 dell'articolo 10 della
legge   regionale   13   agosto   1998,  n. 16,  come  autenticamente
interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della legge 11 agosto
2001,  n. 10,  con  la conseguenza della piena efficacia ovvero della
rinnovata  vigenza  del piano regolatore consortile del Consorzio per
l'Area  di sviluppo industriale di Caserta, approvato una prima volta
con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri in data 16
gennaio   1978   e  successivamente,  a  seguito  di  un  ampliamento
territoriale dello stesso, con decreto del 28 luglio 1970.
    II.4.  -  Tale  circostanza  impone  alla  sezione  di  delibare,
d'ufficio,   la   questione   di  legittimita'  costituzionale  della
ricordata  normativa  regionale  (timidamente delineata, senza alcuna
specifica  argomentazione  al riguardo, dal ricorrente in primo grado
con  riferimento  agli  articoli  3,  24,  97,  101,  104 e 113 della
Costituzione)  con riferimento agli articoli 3, 42, terzo comma, e 97
della Costituzione in relazione alla ammissibilita' di una cosiffatta
compressione  del  diritto  di  proprieta',  che puo' essere sussunta
nell'ipotesi della reiterazione dei vincoli espropriativi.
    Infatti,  com  e  stato gia' in precedenza rimarcato, poiche' per
effetto  delle  disposizioni  contenute  nel comma 9 dell'articolo 10
della  legge  regionale  13  agosto  1998, n. 16, come autenticamente
interpretato dal secondo comma dell'articolo 77 della legge 11 agosto
2001, n. 10, all'originario piano regolatore del Consorzio per l'area
di  sviluppo  industriale  di  Caserta, approvato originariamente con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968
e  successivamente,  a seguito dell'ampliamento dell'area interessata
con  l'estensione all'agglomerato di Aversa Nord e di Caserta Sud per
le  zone  di San Marco e Marcianise (la cui validita', come accennato
in  precedenza,  era  da  tempo scaduta, e' stata conferita una nuova
ulteriore  vigenza  di un triennio dall'entrata in vigore della legge
13  agosto 1998, n. 16, il diritto di proprieta' del signor Angelo De
Angelis  e'  stato  nuovamente  compresso,  atteso  che l'area di sua
proprieta'   e'   stata   nuovamente   vincolata   e  assoggettata  a
procedimento  espropriativi  per  la  realizzazione,  in particolare,
della «Filiera del sistema moda e servizi collegati».
    II.4.1.  -  Al  riguardo,  premesso  che,  com'e'  noto, ai sensi
dell'articolo  42,  terzo  comma,  della  Costituzione, la proprieta'
privata  puo'  essere,  nei  casi  preveduti  dalla  legge,  e  salvo
indennizzo,  espropriata  per  motivi  di  interesse  generale,  deve
rammentarsi  che  l'articolo  53  del  d.P.R.  6  marzo 1978, n. 218,
stabilisce  che  le  opere comprese nei piani regolatori delle aree e
dei  nuclei  di  sviluppo  industriale  sono  considerate di pubblica
utilita', urgenti ed indifferibili, con la conseguenza, per un verso,
che   l'approvazione   dei  predetti  piani  regolatori  comporta  la
valutazione  di  preminenza dell'interesse pubblico su quello privato
dispone  e, per altro verso, che i terreni compresi in tali strumenti
sono sottoposti ad evidenti vincoli espropriativi.
    Pertanto,  la  questione  che  la  sezione deve delibare consiste
nello stabilire se la normativa regionale, disponendo automaticamente
e  senza  alcun incombente, istruttorio e/o procedimentale in capo ai
consorzi  per  le  aree di sviluppo industriale, la proroga dei piani
regolatori  consortili  esistenti,  anche  se  medio tempore scaduti,
abbia  o  meno  violato  il principio della temporaneita' dei vincoli
espropriativi,  nonche'  l'obbligo della puntuale motivazione in caso
di reiterazione e quello di prevedere il giusto indennizzo.
    La Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999
ha  espressamente  affermato,  al  riguardo,  che la reiterazione dei
vincoli  decaduti  (preordinati  all'espropriazione  o  con carattere
sostanzialmente   espropriativi)   ovvero  la  loro  proroga  in  via
legislativa  non  costituiscono  fenomeni per cio' solo inammissibili
dal  punto  di vista costituzionale, potendo, in concreto sussistere,
ragioni  giustificative, accertate attraverso la opportuna e motivata
valutazione  procedimentale  dell'amministrazione  competente  ovvero
apprezzate  dalla  discrezionalita'  del  legislatore  entro i limiti
della non irragionevolezza e della non arbitrarieta'.
    Sempre   secondo   il   giudice   delle  leggi,  devono,  invece,
considerarsi  inammissibili  dal  punto  di  vista  costituzionale le
reiterazioni dei vincoli espropriativi nei casi di proroga sine die o
all'infinito  (nel senso cioe' della reiterazione di proroghe a tempo
indeterminato  che si aggiungano le une alle altre), ovvero quando il
limite   temporale   di  efficacia  delle  disposte  reiterazioni  e'
indeterminato,  cioe'  non  sia  certo, preciso e sicuro e quindi sia
sostanzialmente  irragionevole,  sempreche'  ovviamente non sia stato
previsto  l'indennizzo  (oltre  il  periodo tollerabile di durata del
vincolo stesso).
    In  altri  termini, il giudice delle leggi ha ammesso che la mera
scadenza  dei vincoli preordinati all'espropriazione contenuti in uno
strumento  di  pianificazione urbanistica non priva l'amministrazione
competente  alla  realizzazione  di progetti o interventi relativi ad
esigenze  generali  (in  funzione  dei  quali  e'  previsto  il piano
regolatore  stesso)  del  potere  di  reiterazione  degli stessi, ove
persistano  (ovvero  sopravvengano anche) situazioni che ne impongano
la realizzazione anche se per finalita' diverse da quelle originarie,
sempreche'   tuttavia   la  predetta  reiterazione  sia  puntualmente
motivata   circa   la  necessita'  e  l'attualita'  di  acquisire  la
proprieta'   privata   (da   valutare  sulla  base  di  una  apposita
istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell'interesse
pubblico   rispetto   a   quello   privato   da  sacrificare)  e  sia
contemporaneamente   previsto  anche  la  corresponsione  del  giusto
indennizzo al cittadino sacrificato.
    Con  successiva  pronuncia  n. 411  del 18 dicembre 2001 la Corte
costituzionale,  proprio  alla  stregua  degli enunciati principi, ha
dichiarato   l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  52  del
d.P.R.  6  marzo  1978,  n. 218,  proprio nella parte in cui consente
all'Amministrazione  di  reiterare  i  vincoli  scaduti,  preordinati
all'espropriazione   o   che   comportino  l'inedificabilita',  senza
previsione di indennizzo.
    II.4.2.  - Cio' precisato, la sezione e' dell'avviso che nel caso
di  specie, i delineati presupposti, idonei a rendere compatibili con
le    previsioni   costituzionali   la   reiterazione   dei   vincoli
espropriativi scaduti, non sussistano.
    Invero,  come  si  e'  gia' avuto modo di evidenziare, il comma 9
dell'articolo 10 della legge regionale della Campania 13 agosto 1998,
n. 16,  nell'ambito  della  regolamentazione dell'efficacia dei piani
dei  consorzi  delle  aree  di  sviluppo  industriale  e  dei  nuclei
industriali,  fissata in via generale in dieci anni, ha stabilito sic
et simpliciter che «la validita' dei piani esistenti e' prorogata per
tre anni dalla data di entrata in vigore».
    Pur  a  volersi  ammettere,  che  con  riferimento a tale singola
disposizione  (autenticamente  interpretata  dall'articolo  77  della
legge  11  agosto  2001,  n. 10, nel senso che la predetta proroga di
validita'  si  applica  a  tutti  i  piani  esistenti, anche se medio
tempore  scaduti, cosi' ricomprendendovi anche quello che costituisce
oggetto  del  gravame  in  esame),  la  legge  in  esame possa essere
considerata  come  una  legge provvedimento (sulla cui compatibilita'
con  la Costituzione, da ultimo anche C.d.S., sez. IV, 11 marzo 2003,
n. 1321),  cio'  non  toglie che in concreto essa manchi di qualsiasi
elemento  volto  a  provare  l'effettivo  svolgimento di una puntuale
procedura  di valutazione degli interessi pubblici e privati in gioco
in  relazione  alla  necessita'  ed  all'attualita'  da  parte  della
pubblica  amministrazione  di  disporre  della proprieta' privata per
realizzare  un  progetto  di  interesse generale, difettando altresi'
della  conseguente  adeguata  motivazione;  manca  inoltre  qualsiasi
previsione di indennizzo per la ulteriore compressione delle facolta'
di godimento del diritto di proprieta'.
    Ne'  i  delineati  presupposti  possono in qualche modo ricavarsi
aliunde  ovvero  dal  contesto  normativo  in cui si collocano le due
disposizioni  in  esame; ne' risultano dai lavori preparatori, di cui
non vi e' traccia.
    Al contrario, la proroga generalizzata di tutti i piani esistenti
porta  ad  escludere  una  valutazione  analitica  delle esigenze che
possano giustificare la proroga dei singoli piani.
    Non  puo'  ragionevolmente  dubitarsi, sotto tale profilo, che la
richiamata    normativa    ha   cosi'   comportato   un'inammissibile
reiterazione   dei   vincoli   espropriativi  scaduti,  assoggettando
ingiustificatamente,  in  palese contrasto delle previsioni contenute
nell'articolo 42, terzo comma, della Costituzione, le aree rientranti
nel  piano  regolatore  dell'area  di sviluppo industriale di Caserta
(tra  cui  quelle  della  originaria ricorrente), approvato una prima
volta  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri del 16
gennaio  1968  e  poi,  a  seguito  di un ampliamento dell'estensione
territoriale dell'area consortile, con decreto del 28 luglio 1970, ad
un ulteriore vincolo espropriativo, senza che siano state accertate e
evidenziate  le  ragioni  di pubblico interesse che giustificavano il
perdurante   sacrificio  della  proprieta'  privata  e  senza  alcuna
previsione di indennizzo.
    Risultano,  altresi',  violati,  ad avviso della sezione, anche i
principi  di  ragionevolezza,  cui  deve attenersi intrinsecamente la
discrezionalita'  del  legislatore, nonche' i principi di legalita' e
di buon andamento, cui deve ispirare, ai sensi dell'articolo 97 della
Costituzione, l'azione amministrativa.
    Invero,  come  si e' gia' avuto modo si evidenziare, la normativa
in  esame  proroga  automaticamente  e  indiscriminatamente qualsiasi
piano regolatore dei consorzi per le aree di sviluppo industriale per
il  fatto  della  sua semplice esistenza, indipendentemente dal fatto
che   essi   siano   eventualmente   gia'   scaduti  e  per  di  piu'
indipendentemente  dal  momento  in  cui  essi  siano  gia'  venuti a
scadenza.
    E'  noto,  al  riguardo,  che  la  proroga  di  un  provvedimento
amministrativo,   quale   provvedimento   di  secondo  grado,  accede
necessariamente  ad un precedente provvedimento esistente e efficace,
incidendo  proprio  sulla  sua  efficacia:  la  previsione  della cui
legittimita'  si  dubita,  appare pertanto evidentemente irrazionale,
rappresentando  una  vera  e  propria  contraddizione  in termini, la
proroga di un provvedimento non piu' efficace.
    In   realta',   utilizzando   in   modo   distorto  lo  strumento
dell'interpretazione   autentica  di  una  propria  precedente  norma
legislativa, il legislatore regionale, con disposizione innovativa (e
non  meramente  interpretativo)  ha  sostanzialmente  «riadottato» un
precedente atto amministrativo, che aveva definitivamente esaurito il
suo periodo di efficacia ed era quindi del tutto incapace di produrre
propri  effetti  giuridici,  conferendogli  una  nuova efficacia (con
effetto    retroattivo)   attraverso   una   ficitio   iuris   (cioe'
l'interpretazione  di  una  norma  giuridica che poteva logicamente e
razionalmente  riguardare  solo i piani validi ed efficaci al momento
della  entrata  in  vigore  della legge 13 agosto 1998, n. 16): tutto
cio'  al  di  fuori  delle norme procedimentali che ne disciplinavano
l'emanazione  e  dunque  in patente violazione dell'articolo 97 della
Costituzione.
    Cio'   senza   contare   che  altrettanto  irragionevolmente,  in
stridente  contrasto  con  il  principio  di  uguaglianza sostanziale
sancito dall'articolo 3, comma 2, della Costituzione, la riadozione o
la  rinnovata  efficacia  attribuita al piano regolatore dell'area di
sviluppo industriale di Caserta e' avvenuta ad oltre venti anni dalla
sua   originaria   scadenza,   senza  che  sia  stata  svolta  alcuna
valutazione  sulla  necessita' dell'intervento pubblico da realizzare
in relazione al sacrificio imposto al privato.
    II.4.3. - Sotto i delineati profili la sezione e' dell'avviso che
la   questione   di  legittimita'  costituzionale  della  piu'  volte
ricordata  normativa,  di cui al comma 9 dell'articolo 10 della legge
regionale  della  Campania  13  agosto  1998,  n. 16,  autenticamente
interpretata  dall'articolo  77  della  successiva legge regionale 11
agosto 2001, n. 10, sia effettivamente non manifestamente infondata.
    Non  puo'  dubitarsi,  poi,  della sua rilevanza atteso che, come
emerge  dall'esposizione  fin  qui  svolta,  la  sua  applicazione e'
decisiva ai fini della decisione della controversia in esame.
    III.  -  Deve essere disposta la rimessione degli atti alla Corte
costituzionale   per   la   decisione  della  predetta  questione  di
legittimita' costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto  l'articolo  23  della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'articolo 10, comma 9, della legge regionale della
Campania  13  agosto  1998, n. 16, e dell'articolo 77, comma 2, della
legge  regionale  della  Campania  11  agosto  2001,  n. 10,  e,  per
l'effetto,  sospende  il giudizio e dispone la immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in giudizio, al Presidente del Consiglio dei
ministri,  ai  Presidenti  del  Senato  e  della  Camera,  nonche' al
presidente  della giunta regionale della Campania e al presidente del
consiglio regionale della Campania.
        Cosi' deciso in Roma, addi' 25 novembre 2003.
                       Il Presidente : Riccio
    L'estensore: Saltelli
05C0576