N. 199 SENTENZA 23 - 26 maggio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Trasporto  -  Trasporto  marittimo  - Responsabilita' del vettore per
  perdita  o  avaria  delle  cose  trasportate  -  Limite  legale  di
  risarcibilita'  - Mancata esclusione del limite per i danni causati
  con   dolo   o   colpa  grave  -  Irragionevolezza,  disparita'  di
  trattamento   rispetto   ad   ogni   altro   tipo  di  trasporto  -
  Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Codice della navigazione, art. 423, comma primo.
- Costituzione, art. 3 (art. 41).
(GU n.22 del 1-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 423, comma
primo,   del  regio  decreto  30 marzo  1942,  n. 327  (codice  della
navigazione),  promosso  con ordinanza dell'8 aprile 2003 dalla Corte
di  cassazione  nel  procedimento  civile vertente tra la Cooperativa
Agricola  La  Torre s.r.l. e la Navigazione Tirrenia s.p.a., iscritta
al  n. 664  del  registro  ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Navigazione Tirrenia s.p.a;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8 febbraio  2005  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Udito l'avvocato Enzio Volli per la Navigazione Tirrenia s.p.a.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso di un giudizio civile, la Corte di cassazione -
investita di un ricorso, proposto dalla Cooperativa Agricola La Torre
s.r.l.  nei  confronti  della  Navigazione Tirrenia s.p.a. avverso la
sentenza della Corte di appello di Napoli n. 1788/1999, depositata in
data 14 luglio 1999 - ha sollevato, con ordinanza dell'8 aprile 2003,
questioni   di   legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli
articoli 3  e  41 della Costituzione, dell'art. 423, comma primo, del
codice  della  navigazione  (regio  decreto  30 marzo  1942, n. 327),
«anche  in relazione alla diversa disciplina dettata per il trasporto
aereo  di  cose  dall'art. 952, primo comma», del medesimo codice, a)
nella  parte  in  cui non prevede che il limite della responsabilita'
del  vettore  marittimo  sia  periodicamente  aggiornato,  ovvero sia
comunque fissato in modo da garantire l'effettivita' del risarcimento
dovuto   al   caricatore   per  la  perdita  o  l'avaria  delle  cose
trasportate;  b)  nella  parte  in  cui  non  esclude  il  limite del
risarcimento  dovuto dal vettore marittimo in caso di responsabilita'
determinata  da  dolo  o  colpa  grave  sua  o  dei suoi dipendenti o
preposti;  c) subordinatamente, nella parte in cui non prevede che il
limite della responsabilita' del vettore marittimo sia periodicamente
aggiornato,  ovvero  sia  comunque  fissato  in  modo da garantire la
congruita'  del  risarcimento  dovuto  al caricatore per la perdita o
l'avaria   delle   cose   trasportate   in  caso  di  responsabilita'
determinata  da  dolo  o  colpa  grave  sua  o  dei suoi dipendenti o
preposti.
    1.1.  - In punto di fatto, il giudice a quo premette che, durante
una traversata da Palermo a Napoli della nave «Vomero» della Tirrenia
Navigazione  s.p.a.,  nella  notte  fra il 4 e il 5 febbraio 1992, un
autocarro  della  Cooperativa  Agricola La Torre s.r.l., imbarcato su
detta  nave  con  un  carico  di arance, si ribalto' a causa del mare
mosso  e  del fatto che i dipendenti del vettore lo avevano malamente
bloccato, agganciandolo con un cavo al paraurti anziche' all'apposito
anello.
    Il  Tribunale  di Napoli, adito dalla Cooperativa per ottenere il
risarcimento dei danni conseguenti al danneggiamento dell'autocarro e
alla  perdita  del carico (danni quantificati in lire trentamilioni),
con  sentenza del 21 luglio 1997, riconosciuta la responsabilita' del
vettore, contenne il risarcimento da questo dovuto nel limite di lire
duecentomila stabilito dall'art. 423 cod. nav., cosi' liquidandolo in
lire  duecentocinquantamila  in  moneta attuale, oltre agli interessi
legali.
    La  Corte di appello di Napoli rigetto' il gravame proposto dalla
Cooperativa,    disattendendo,    fra    l'altro,    l'eccezione   di
illegittimita'   costituzionale  dell'art. 423  cod.  nav.  sollevata
dall'appellante.
    Quest'ultima   ha,   quindi,  proposto  ricorso  per  cassazione,
articolando  cinque  motivi  di  impugnazione  e reiterando da ultimo
l'eccezione di incostituzionalita'.
    1.2.  -  In  ordine  alla  rilevanza  delle  questioni,  la Corte
rimettente osserva che il ricorso andrebbe accolto solo se l'art. 423
cod.  nav.  fosse  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  sotto
taluno   dei  profili  prospettati,  essendo  il  danno  notevolmente
superiore  al limite di risarcibilita' stabilito dalla citata norma e
non  apparendo  fondata  alcuna  delle  diverse  censure  mosse  alla
sentenza impugnata.
    1.3. - Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il
giudice a quo, innanzitutto, ricorda che la Corte costituzionale, con
la  sentenza  n. 401  del  1987,  nel  giudicare  non fondata analoga
questione  di  legittimita'  costituzionale  della norma in esame, in
ragione  della  facolta' del caricatore di dichiarare il valore delle
cose  trasportate,  sottraendosi  cosi'  al  limite  del risarcimento
dovuto  dal  vettore,  richiamo'  «l'attenzione  del  legislatore sul
problema  del  "limite"  da imporre all'autonomia privata (art. 1322,
primo comma, cod. civ.), alla quale e' rimessa, in sostanza, [...] la
determinazione  dell'entita' del risarcimento»; rilevo' che era stato
legislativamente sancito il principio del periodico aggiornamento del
debito  risarcitorio  del  vettore  aereo,  «debito per tanti aspetti
omogeneo  a  quello  in esame»; ritenne che «la fattispecie normativa
aeronautica  corrisponde integralmente a quella marittima»; richiamo'
il  progetto  di  legge delega per il nuovo codice della navigazione,
«che  fissa  come  principio  direttivo quello dell'"adeguatezza" del
limite di responsabilita' del vettore marittimo, in modo da garantire
la  congruita' del risarcimento»; ravviso' un «complesso di elementi,
normativi  e giurisprudenziali, concordi nello stabilire l'attualita'
della  linea  evolutiva, diretta a inserire nel nostro ordinamento un
automatico    meccanismo    di    adeguamento,    riferibile    anche
all'obbligazione  risarcitoria del vettore nel trasporto marittimo di
cose».
    Poiche'  l'auspicato adeguamento non v'e' stato, si e' verificata
una   progressiva,   pressoche'   totale  erosione  del  diritto  del
danneggiato  al  risarcimento,  tutte  le  volte  in  cui  manchi  la
dichiarazione  di  valore,  com'e'  tipico  del trasporto occasionale
(qual era quello del caso di specie).
    1.3.1.  -  Sottolineata la omogeneita', negli aspetti riguardanti
la  responsabilita'  del  vettore,  fra  il  trasporto aereo e quello
marittimo,  gia'  riconosciuta  dal  giudice  delle  leggi,  la Corte
rimettente  rileva  che  il  mancato  intervento  del  legislatore ha
esaltato   la  disparita'  di  trattamento  fra  il  danneggiato  nel
trasporto  aereo  di  cose  e il danneggiato nel trasporto marittimo:
infatti, a favore del primo e' previsto - dalla legge 13 maggio 1983,
n. 213 (Modifiche di alcune disposizioni del codice della navigazione
relative  alla  navigazione  aerea)  -  un  sistema  di aggiornamento
periodico   del  limite  di  responsabilita'  del  vettore  stabilito
dall'art. 952  cod.  nav;  il  secondo,  invece,  deve accontentarsi,
sempre  e  comunque,  della  somma  di  lire duecentomila (ora, della
equivalente   somma   in  euro),  costituente  un  valore  pecuniario
nominale, fissato circa mezzo secolo fa - dalla legge 16 aprile 1954,
n. 202  (Modificazioni  ai limiti di somma stabiliti dal Codice della
navigazione   in   materia   di  trasporto  marittimo  ed  aereo,  di
assicurazione e di responsabilita' per danni a terzi sulla superficie
e  per  danni  da  urto  cagionati  dall'aeromobile)  -,  sempre piu'
inadeguato  a  rappresentare  il  metro  di  riferimento di un tipico
debito  di  valore,  qual e' l'obbligazione risarcitoria, che finisce
cosi'  per  non  assolvere  piu'  la  sua funzione reintegratrice del
patrimonio del creditore.
    1.3.2.  -  Constatato,  poi,  che  tale somma risulta oggi spesso
addirittura  inferiore  al  costo del trasporto, osserva che la norma
censurata  e'  in  contrasto con la «linea evolutiva» (indicata dalla
Corte  costituzionale nella sentenza n. 401 del 1987), che postula un
collegamento  fra  l'aumento  delle  tariffe  e  il limite del debito
risarcitorio del vettore. Tanto e' vero che per il trasporto di merci
su  strada il limite di risarcibilita' e' periodicamente adeguato con
decreto  ministeriale alla variazione di valore della moneta, tenendo
conto anche degli aumenti tariffari avvenuti nel periodo considerato,
come  disposto  dall'art. 1,  comma 4,  della  legge  22 agosto 1985,
n. 450  (Norme  relative  al risarcimento dovuto dal vettore stradale
per  perdita  o  avaria  delle  cose  trasportate);  mentre un vero e
proprio  adeguamento  automatico  e'  previsto  per  il  limite della
responsabilita'  dell'albergatore  per le cose portate in albergo dal
cliente,  fissato  dall'art. 1783 del codice civile - come sostituito
dall'art. 3   della   legge   10  giugno 1978,  n. 316  (Ratifica  ed
esecuzione  della  convenzione  europea  sulla  responsabilita' degli
albergatori per le cose portate dai clienti in albergo, con allegato,
firmata  a  Parigi  il 17 dicembre 1962) - nell'«equivalente di cento
volte il prezzo di locazione dell'alloggio per giornata».
    Cio'  rende  evidente  -  sostiene  il  giudice  a  quo - che non
corrisponde  a  criteri  di ragionevolezza ne' l'assenza di qualsiasi
adeguamento  del limite di responsabilita' del vettore marittimo, ne'
la  diversita'  di  disciplina  al  riguardo  del trasporto marittimo
rispetto al trasporto aereo.
    1.3.3. - A conforto dell'assunto, la Corte rimettente richiama la
sentenza  della  Corte  costituzionale n. 420 del 1991, la quale, nel
dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale,  per  violazione  degli
artt. 3  e 41 Cost., dell'art. 1, primo comma, della legge n. 450 del
1985,  nella  parte in cui non prevede un meccanismo di aggiornamento
del  massimale prescritto per l'ammontare del risarcimento dovuto dal
vettore  stradale  per la perdita o avaria delle cose trasportate, ha
ritenuto  che «la prescrizione del periodico aggiornamento del limite
di  responsabilita'  (cui ha provveduto, per esempio, l'art. 19 della
legge  13 maggio  1983, n. 213, in tema di responsabilita' civile del
vettore   aereo)   rientra   tra   le  garanzie  di  adeguatezza  del
risarcimento,  che devono essere predisposte dalla legge affinche' il
limite  sia  ragionevolmente  contemperato  con  gli  interessi degli
utenti».
    Agli  stessi  criteri - rileva ancora il giudice a quo - la Corte
costituzionale si e' ispirata nelle sentenze n. 497 del 1988 e n. 560
del 1987, in tema, rispettivamente, di indennita' di disoccupazione e
di  risarcimento  alle  vittime  della  strada,  nelle  quali  si  e'
affermata la necessita' di un adeguamento monetario, quale componente
essenziale  della  tutela  risarcitoria;  come  pure  nelle  sentenze
(numeri  303 e 1104 del 1988, n. 74 del 1992, n. 463 del 1997, n. 254
del   2002),  con  le  quali  e'  stata  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale  degli artt. 6, 28, 48 e 93 del d.P.R. 29 maggio 1973,
n. 156   (Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  in  materia
postale,  di  bancoposta  e di telecomunicazioni), nelle parti in cui
prevedevano  esclusioni  o limitazioni di responsabilita' nei servizi
postali e telefonici.
    1.3.4.  - Sotto altro profilo, la Corte rimettente osserva che la
disparita' di trattamento fra caricatore marittimo e caricatore aereo
e'  aggravata  dalla mancata previsione nell'art. 423 cod. nav. della
esclusione  del  limite del risarcimento dovuto dal vettore marittimo
in  caso  di responsabilita' «determinata da dolo o colpa grave sua o
dei  suoi  dipendenti  o  preposti», com'e', invece, stabilito per il
trasporto  aereo  dall'art. 952, primo comma, cod. nav. (oltre che da
numerose disposizioni omologhe, fra le quali l'art. 1, comma 3, della
legge  n. 450  del 1985, in materia di trasporto stradale). Il limite
di   sole   lire   duecentomila   vale,  dunque,  anche  in  caso  di
«macroscopiche   violazioni  di  elementari  regole  di  diligenza  e
prudenza,  ovvero  in  caso di dolo contrattuale»; il che alimenta il
dubbio  di  costituzionalita' anche sotto il profilo della violazione
del canone della ragionevolezza.
    A  tal  proposito,  il  giudice a quo richiama ancora la sentenza
della  Corte costituzionale n. 420 del 1991, la quale, nel dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale,  per  violazione degli artt. 3 e 41
Cost.,  dell'art. 1,  primo comma, della legge n. 450 del 1985, anche
nella   parte   in   cui   non   eccettua   dalla  limitazione  della
responsabilita' del vettore stradale per i danni derivanti da perdita
o  avaria  delle  cose  trasportate il caso di dolo o colpa grave, ha
fatto riferimento al parametro dell'art. 3 Cost. «sotto l'aspetto del
principio  di  ragionevolezza  e  della  connessa  esigenza  di  equo
contemperamento    dell'interesse    degli    autotrasportatori   con
l'interesse   delle  imprese  utenti  tutelato  dall'art. 41  Cost.»,
affermando   che   «il   limite   di   responsabilita'  del  vettore,
specialmente   quando   e'   configurato   come   invalicabile  anche
nell'ipotesi  di dolo o colpa grave, deve essere compensato da idonee
garanzie  di  adeguatezza del risarcimento del danno». E ha osservato
che,  se  e'  vero «che la limitazione di responsabilita' del vettore
(la  quale trasforma il rischio delle imprese di autotrasporto per la
perdita  o  avaria  delle  merci  in  costi assicurativi) comporta un
contenimento  dei  prezzi  del  servizio,  con  benefica ricaduta sui
prezzi  di  mercato  delle  merci trasportate e quindi sull'interesse
generale,  e'  vero altresi' che, ove la somma-limite non rappresenti
un  risarcimento adeguato (seppure non integrale), il detto vantaggio
e'  annullato  dal  costo  supplementare  che  l'impresa  utente deve
accollarsi  per  assicurare  per proprio conto il carico almeno nella
misura  occorrente  per  garantirsi  un congruo indennizzo in caso di
perdita o di avaria delle merci. Questo costo assicurativo, aggravato
dall'estensione del limite di responsabilita' del vettore all'ipotesi
di  dolo  o  colpa grave, incide sulla programmazione dei costi delle
imprese  utenti  e sulla correlativa politica dei prezzi, comprimendo
la  liberta'  di  organizzazione  e  di gestione dell'impresa secondo
criteri  di  economicita',  la quale e' un elemento della liberta' di
iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. Ne risultano in pari
tempo  compromessi  gli  scopi  di  utilita'  sociale che la legge si
propone  in  termini di contenimento dei prezzi di mercato attraverso
il calmieramento dei costi di trasporto delle merci».
    1.3.5.  -  La  Corte  rimettente,  poi,  ribadisce che il tertium
comparationis e' costituito dall'art. 952 cod. nav. e non anche dalla
normativa  del  trasporto  marittimo  internazionale  di merci, come,
invece,  nel  caso  della questione di costituzionalita' dello stesso
art. 423  cod.  nav.  dichiarata infondata dalla Corte costituzionale
con la sentenza n. 71 del 2003.
    Con  tale  pronuncia  il  giudice  delle leggi ha ritenuto che la
norma censurata non viola l'art. 3 Cost., «in quanto al caricatore e'
data  la  possibilita'  di  non  sottostare al limite, usufruendo del
diritto  potestativo  di  rendere  la  dichiarazione del valore della
merce  affidata  al vettore, senza che quest'ultimo - se il titolo in
base  al  quale  esercita  la  sua attivita' lo obbliga a contrarre -
possa rifiutare di prendere atto della dichiarazione stessa».
    Il  giudice  a  quo osserva che la questione da esso sollevata e'
diversa  da  quella  decisa dalla or citata sentenza, giacche' pone a
raffronto  la  disciplina  del trasporto marittimo nazionale non gia'
con  quella del trasporto marittimo internazionale, bensi' con quella
del  trasporto aereo nazionale, la quale pure prevede la possibilita'
della  dichiarazione  di  valore  delle cose trasportate e, tuttavia,
stabilisce    il    periodico    aggiornamento   del   limite   della
responsabilita' del vettore aereo.
    1.3.6.  -  La medesima Corte rimettente precisa che non sfugge ad
essa «la differenza tra il trasporto marittimo e quello aereo (di cui
si  assume  peraltro  l'omogeneita'  con  il primo sulla scorta delle
osservazioni della stessa Corte costituzionale) e la possibilita' che
la fissazione di limiti molto bassi della responsabilita' del vettore
marittimo  sia  in funzione di scelte politiche volte al contenimento
delle  tariffe  del  trasporto  per  mare»; rileva, pero', «come tale
scopo sia perfettamente perseguibile con un adeguamento periodico (la
cui  entita' sarebbe ovviamente determinata in funzione delle diverse
opzioni  che solo al legislatore competono)». Invece, il mantenimento
di  un limite fisso e immutabile, qual e' quello previsto dalla norma
denunciata, ha il solo effetto di «spostare dal vettore al caricatore
le  conseguenze  economiche della perdita o dell'avaria delle merci»,
senza  che  ne  derivi un effettivo vantaggio sociale: il minor costo
del   trasporto,   infatti,   verrebbe  economicamente  neutralizzato
dall'esigenza  del  caricatore  di  assicurare  per  proprio conto il
carico,   con  conseguente  aumento  del  costo  finale  delle  merci
trasportate.
    Cio'  dimostra  -  conclude il giudice a quo - l'irragionevolezza
della  scelta  sottesa  alla  norma  denunciata,  che  e'  ancor piu'
evidente  in  relazione ai casi di dolo o colpa grave e che determina
una  compressione  della  liberta'  di  organizzazione  e di gestione
dell'impresa  secondo  criteri di economicita', quale «elemento della
liberta'  di  iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost.», come
gia'  osservava  la Corte costituzionale nella citata sentenza n. 420
del 1991.
    2.  - La Navigazione Tirrenia s.p.a. si e' ritualmente costituita
in giudizio, deducendo l'infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale.
    2.1.  -  Essa  obietta, innanzitutto, che ai prospettati dubbi di
costituzionalita'  dell'art. 423  cod.  nav.  ha gia' dato esauriente
risposta  la  recente  sentenza  della Corte costituzionale n. 71 del
2003,  che  ha  dichiarato  infondata analoga questione, sollevata in
riferimento all'art. 3 Cost.
    2.2.  -  Si  sofferma,  poi,  sulla  limitazione del risarcimento
dovuto  dal vettore marittimo, disciplinata per i trasporti nazionali
dall'art. 423  cod.  nav. e per quelli internazionali dalla normativa
uniforme  dettata  dalla  Convenzione internazionale di Bruxelles del
1924, concernente «l'unificazione di alcune regole in tema di polizza
di  carico»,  come  modificata  dai Protocolli di Visby del 1968 e di
Bruxelles del 1979.
    Osserva  che  i  limiti  de  quibus, fissati sia nell'ordinamento
interno  che  in  quello  internazionale,  hanno  una giustificazione
prettamente  economica:  essi  mirano  a  mantenere un equilibrio nel
mercato  dei  noli  marittimi, contemperando i contrapposti interessi
dei  vettori  e  dei  «mercanti»,  e, cosi', a realizzare l'interesse
generale a tenere bassi tali noli al fine di contenere i prezzi delle
merci trasportate.
    Il  regime  limitativo  del  debito  del  vettore  -  prosegue la
deducente  -  trova  nel  sistema due contemperamenti: da un lato, la
facolta',   prevista   dallo   stesso  art. 423  cod.  nav.,  per  il
caricatore,   di   fare   la   dichiarazione  di  valore  delle  cose
trasportate,  con  l'effetto  di  rendere  inoperante  il  limite  di
risarcibilita';   dall'altro,  la  possibilita',  per  il  caricatore
medesimo,  di  stipulare  una  polizza  assicurativa, a copertura dei
danni  per  la perdita o avaria della merce. Con tali contemperamenti
la  disciplina  in  esame  e'  del  tutto  ragionevole  e conforme ai
precetti costituzionali.
    2.3.  - Quanto alla norma assunta quale tertium comparationis, la
deducente  osserva  che  la legge n. 213 del 1983 non ha direttamente
modificato  l'art. 952  cod. nav., ne' vi ha introdotto un meccanismo
di  periodico aggiornamento del limite di responsabilita' del vettore
aereo.   Infatti,   l'art. 19   della  citata  legge  stabilisce  che
«all'aggiornamento dei limiti di responsabilita' attualmente previsti
dal  codice  della navigazione si provvede con decreto del Presidente
della  Repubblica,  su  proposta  del  Ministro dei trasporti, previa
deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri,  sentito  il parere del
Consiglio  di Stato, tenuto conto delle convenzioni internazionali in
materia, dell'indice generale dei prezzi di mercato e di quello delle
retribuzioni  desunti  dalle  rilevazioni  dell'Istituto  centrale di
statistica, nonche' dei livelli assicurativi praticati nei vari Stati
in materia di aviazione civile».
    Sostiene   la   deducente   che  tale  disposizione,  cosi'  come
formulata,  riguarda  tutti  i limiti di responsabilita' previsti dal
codice  della  navigazione, quindi non solo quello del vettore aereo,
benche'   il  titolo  della  legge  citata  si  riferisca  alle  sole
«disposizioni  del codice della navigazione relative alla navigazione
aerea».
    Dando  seguito  alla  previsione  legislativa,  il d.P.R. 7 marzo
1987,  n. 201  (Aggiornamento  degli  importi  di taluni articoli del
codice  della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942,
n. 327, in materia di limiti di responsabilita' nel trasporto aereo),
ha  elevato  il  limite  del  debito  risarcitorio del vettore aereo,
previsto dall'art. 952, primo comma, cod. nav., a «lire trentatremila
per chilogrammo di merce caricata».
    Ma   ben   avrebbe  potuto  l'esecutivo  adeguare  il  limite  di
risarcibilita'  anche per il trasporto marittimo. Non intervenendo al
riguardo, esso ha fatto una precisa scelta politica sulla base di una
valutazione  dei  meccanismi di formazione dei noli marittimi e della
loro incidenza sull'economia nazionale.
    La   deducente,   percio',  critica  l'affermazione  del  giudice
rimettente,  secondo  cui  la  scelta  politica volta al contenimento
delle  tariffe  del  trasporto  per  mare sarebbe perseguibile con un
adeguamento  periodico  del  limite di risarcibilita' da determinarsi
«in   funzione   delle   diverse  opzioni  che  solo  al  legislatore
competono»:  tale  affermazione  appare  contraddittoria,  poiche' il
mancato   adeguamento   non  e'  ascrivibile  ad  una  «inerzia»  del
legislatore  (o  dell'esecutivo,  da  esso  delegato), bensi' proprio
all'esercizio  di un'opzione riservata al legislatore medesimo (o, su
sua delega, all'esecutivo).
    2.4.  -  La  deducente  passa,  poi,  a  confutare  la  affermata
omogeneita' delle fattispecie esaminate nell'ordinanza di rimessione,
relative l'una alla responsabilita' del vettore marittimo e l'altra a
quella del vettore aereo.
    Premesso  che  la  disciplina  della  responsabilita' del vettore
marittimo  proviene  da  una  lunga  gestazione e dal consolidarsi di
antiche   consuetudini   marittime,   mentre   la   disciplina  della
responsabilita'   del   vettore   aereo   non   ha  avuto  precedenti
consuetudinari, osserva che il legislatore del 1942, ispirandosi alle
convenzioni  internazionali  all'epoca  vigenti  (la  Convenzione  di
Bruxelles  del  1924  per  il  trasporto marittimo, la Convenzione di
Varsavia del 1929 per il trasporto aereo), ha dettato regole diverse,
in considerazione delle diversita' di ambiente commerciale, economico
e giuridico.
    In  particolare, rileva che, ai sensi dell'art. 951 cod. nav., il
vettore  aereo  e'  responsabile  «a meno che provi che egli e i suoi
dipendenti  e  preposti  hanno  preso  tutte  le  misure necessarie e
possibili  secondo  la  normale  diligenza per evitare la perdita, le
avarie  o  il  ritardo»;  comunque, non ha responsabilita' in caso di
«colpa  lieve  di  pilotaggio,  di condotta o di navigazione» (id est
«colpa nautica»); invece, a norma dell'art. 422 cod. nav., il vettore
marittimo  e'  responsabile  del danno «anche per colpa lieve, ma non
quando  non  ne sia stata causa la colpa nautica dei suoi dipendenti,
con  onere  della prova, in questo caso, a suo carico; mentre l'onere
della   prova,   nella  ipotesi  dei  «pericoli  eccettuati»  di  cui
all'art. 422  cod.  nav.  capoverso, incombe sull'avente diritto alla
merce».  E  prosegue,  sottolineando  che «la disciplina sostanziale,
quindi,  mentre  eleva  a rilevanza nel caso di trasporto aereo quale
esimente l'adozione della "normale diligenza", e' ben piu' severa nel
trasporto  marittimo  dove la responsabilita' paradigmatica e' quella
dettata   dal   primo   capoverso,   ossia   una  normale  e  propria
responsabilita'  ex  recepto,  incombendo  sul  vettore l'onere della
prova   dei  fatti  esonerativi  e  solo  in  determinate  situazioni
(ancorche'  frequenti  nel  trasporto  marittimo) l'onere della prova
sull'eziologia  del  danno ricade sull'avente diritto alla merce». Ne
consegue  che  i  danni  da  causa ignota «in caso di trasporto aereo
ricadono  sul  vettore,  mentre  nel  trasporto  marittimo, ma solo a
fronte  di  una situazione di pericolo eccettuato, incombono, invece,
sul caricatore, altrimenti sul vettore».
    Rileva,  inoltre,  che  nel trasporto aereo, a differenza che nel
trasporto  marittimo, il limite di risarcibilita' e' derogabile anche
a favore del vettore (art. 953 cod. nav.).
    Concludendo  sul  punto,  afferma  che  alla  diversa  disciplina
sostanziale  della responsabilita' del vettore, nell'uno e nell'altro
tipo   di   trasporto,  «corrisponde,  non  irragionevolmente  e  non
irrazionalmente,  una diversa considerazione da parte del legislatore
del limite del debito risarcitorio».
    2.5. - La deducente osserva, ancora, che l'adeguamento del limite
del  debito  risarcitorio  del vettore solo nel trasporto aereo (come
previsto  dalla  legge  n. 213  del  1983)  e non anche nel trasporto
marittimo  si  giustifica,  oltre  che  per ragioni di tradizione, di
svolgimento  storico  e  di disciplina giuridica dell'istituto, per i
differenti  presupposti economici e quantitativi: infatti, essendo le
merci  trasportate  per  aria  in quantita' di gran lunga inferiore e
solitamente  di  valore  superiore  a  quelle  trasportate  per mare,
l'aumento  dei  noli aerei incide in misura del tutto irrilevante sui
mercati rispetto all'aumento dei noli marittimi.
    2.6. - Contesta, poi, la fondatezza dell'argomentazione contenuta
nell'ordinanza  di  rimessione,  per  la quale il vantaggio del minor
costo  del  trasporto marittimo (connesso al limite di risarcibilita'
da  parte  del  vettore)  verrebbe economicamente assorbito dai costi
assicurativi, sussistendo per il caricatore (a fronte di quel limite)
l'esigenza  di  procurarsi  congrua copertura dai rischi di perdita o
avaria del carico.
    Osserva,   infatti,   che   i   premi   assicurativi,   calcolati
statisticamente  su  tutta  la  quantita'  delle  merci  trasportate,
sarebbero  sempre  di  gran lunga inferiori all'aumento dei noli e si
ripercuoterebbero, quindi, in misura minore sui prezzi delle merci.
    2.7.  - Ne' e' esatta - a suo avviso - l'affermazione del giudice
a quo, secondo cui il limite del debito del vettore marittimo avrebbe
il solo effetto di «spostare dal vettore al caricatore le conseguenze
economiche  della  perdita  o  dell'avaria  delle merci». Infatti, il
vettore  marittimo  non  e'  responsabile  non solo in caso di «colpa
nautica»,  ma  anche  nei  casi  dei cosiddetti «pericoli eccettuati»
(art. 422  cod.  nav.), a differenza del vettore aereo (art. 951 cod.
nav.),  sicche'  nel  trasporto marittimo il «danno da causa ignota»,
ricorrendo  un  «pericolo  eccettuato», ricade sul caricatore. Il che
comporta che le imprese utenti, se diligenti, non possono fare a meno
di assicurarsi per tutte quelle situazioni nelle quali il vettore non
e'  comunque  responsabile.  Ove  dette imprese a cio' provvedano, il
maggior  costo  tariffario  di una piu' estesa copertura assicurativa
(«all risks») sarebbe poco significativo.
    2.8.  -  Quanto  alla  rilevanza del dolo e della colpa grave, la
deducente  osserva  che nella normativa uniforme della Convenzione di
Bruxelles,  come  modificata  dal  Protocollo  di  Visby del 1968, e'
prevista,  all'art. 4,  comma 5,  lettera e), la non operativita' del
limite  di risarcibilita' nella ipotesi in cui «il danno e' risultato
da  un atto o da una omissione del vettore che ha avuto luogo sia con
l'intenzione  di  provocare  un  danno  sia  temerariamente  e con la
consapevolezza  che  un  danno  probabilmente  ne sarebbe risultato»,
ossia  in  caso  di dolo o di «colpa con previsione». Orbene, volendo
applicare  simile  regola  anche  al  trasporto interno, risulterebbe
nella  concreta  fattispecie  in  esame un difetto di rilevanza della
questione  di  costituzionalita',  posto che in corso di causa non e'
mai  stato  provato,  ne'  e'  stato  chiesto di provare che il danno
lamentato fosse stato causato da un comportamento connotato da dolo o
«colpa   con  previsione»;  che  la  sentenza  di  primo  grado,  pur
qualificando colposo il comportamento dei dipendenti del vettore, non
ha  precisato il grado della colpa, e che tale omissione non e' stata
censurata col ricorso per cassazione.
    2.9. - Infine, la deducente osserva che non ha valore il richiamo
alla  legge  n. 450  del  1995,  relativa  al  trasporto  su  strada,
considerato  che  tale  trasporto e' stato «di diritto monopolizzato,
consentendo  solo ad una determinata categoria di operatori economici
di  attuarlo»,  sicche'  non poteva giustificarsi per detti operatori
una  limitazione  di  responsabilita'  anche  in caso di dolo o colpa
grave,  anche perche' la disciplina dettata da tale legge non prevede
la   possibilita'   della   dichiarazione   di   valore  delle  merci
trasportate.

                       Considerato in diritto

    1.   -   La   Corte   di  cassazione  dubita  della  legittimita'
costituzionale,   in   riferimento   agli   articoli 3   e  41  della
Costituzione,   dell'art. 423,   comma   primo,   del   codice  della
navigazione  (regio  decreto  30 marzo  1942,  n. 327) - a tenore del
quale  «il  risarcimento  dovuto  dal  vettore non puo', per ciascuna
unita' di carico, essere superiore a lire duecentomila o alla maggior
cifra    corrispondente   al   valore   dichiarato   dal   caricatore
anteriormente  all'imbarco»  -, a) nella parte in cui non prevede che
il   limite   della   responsabilita'   del   vettore  marittimo  sia
periodicamente  aggiornato,  ovvero  sia  comunque fissato in modo da
garantire l'effettivita' del risarcimento dovuto al caricatore per la
perdita  o l'avaria delle cose trasportate; b) nella parte in cui non
esclude  il  limite  del risarcimento dovuto dal vettore marittimo in
caso  di  responsabilita' determinata da dolo o colpa grave sua o dei
suoi  dipendenti  o preposti; c) subordinatamente, nella parte in cui
non prevede che il limite della responsabilita' del vettore marittimo
sia periodicamente aggiornato, ovvero sia comunque fissato in modo da
garantire  la congruita' del risarcimento dovuto al caricatore per la
perdita  o l'avaria delle cose trasportate in caso di responsabilita'
determinata  da  dolo  o  colpa  grave  sua  o  dei suoi dipendenti o
preposti.
    2. - La questione e' fondata nei limiti di seguito precisati.
    3.  -  Va  premesso  che la Corte rimettente indica quale tertium
comparationis   la   disciplina  non  gia'  del  trasporto  marittimo
internazionale,  bensi'  del  trasporto  aereo  interno,  e  cioe' un
parametro  che, rispetto alla comunanza dello strumento per mezzo del
quale  e'  effettuato il trasporto, privilegia il carattere nazionale
della disciplina del trasporto stesso.
    Non  solo  questa  Corte  fin  dalla  sentenza n. 401 del 1987 ha
rilevato   la   sostanziale  «omogeneita»  -  quanto  al  tema  della
responsabilita'  del  vettore  -  dei  problemi relativi al trasporto
interno  quale  che  sia  il  mezzo usato (cfr. anche, a proposito di
quello   su  strada,  la  sentenza  n. 64  del  1993),  ma  ha  anche
sottolineato (sentenza n. 71 del 2003) «l'evidente diversita' - anche
quanto  alla  fonte della disciplina - delle due situazioni» relative
al trasporto internazionale marittimo e a quello interno.
    E'  appena  il caso di rilevare, infatti, che nel disciplinare la
responsabilita'   del   vettore,   il   legislatore   nazionale  deve
affrontare,   quale   che   sia   il  mezzo  di  trasporto,  problemi
sostanzialmente omogenei di politica economica (contemperamento della
tutela   degli  utenti  con  il  costo  del  trasporto),  laddove  la
disciplina  convenzionale internazionale risente nella sua genesi del
peso   politico   ed  economico  dei  vari  Stati  e,  quindi,  della
necessita',  una  volta raggiunto un equilibrio tra le esigenze e gli
interessi  dei  quali  i  vari Stati sono portatori, che la ricezione
della disciplina pattizia sia integrale.
    L'adozione da parte della Corte rimettente, pertanto, del tertium
comparationis  costituito  dal  trasporto aereo interno e' conforme a
quanto  questa Corte ha gia' avuto modo di statuire - con riguardo al
problema  del  limite  del  risarcimento  -  con  le  sentenze appena
ricordate.
    4.  -  Questa Corte e' stata ripetutamente investita dei problemi
che,   in  relazione  alla  Costituzione,  pone  la  limitazione  del
risarcimento  dovuto dal vettore nel trasporto marittimo, ferroviario
e su strada.
    4.1.1.  -  In particolare, la sentenza n. 401 del 1987 ha escluso
che l'art. 423 cod. nav. contrasti con gli artt. 3 e 42 Cost. a causa
dell'esiguita'  del  risarcimento  fissato (nel 1954) dalla legge, in
quanto  tale rigido limite e' «equilibrato» dalla facolta', accordata
al  caricatore, di dichiarare prima dell'imbarco il valore delle cose
da  trasportare;  la  norma  sul  limite  del risarcimento dovuto dal
vettore marittimo - «per tanti aspetti omogenea» a quella, in tema di
responsabilita'  del  vettore  aereo, di cui all'art. 952 cod. nav. -
alla  pari  di  quest'ultima  «prevede  la facolta' del caricatore di
ovviare all'applicazione del limite legale del debito del vettore con
la dichiarazione di valore, anteriormente alla caricazione».
    Sotto   questo  profilo,  questa  Corte  ritenne  che  «la  norma
attribuisce  un efficace strumento di tutela al soggetto del rapporto
considerato  piu'  debole  (caricatore)»  perche' «l'operativita' del
limite e' in funzione di un atto di autonomia di uno dei soggetti del
rapporto  (caricatore),  libero  di  scegliere  tra  risarcimento non
limitato  (con  maggiorazione del nolo) e risarcimento indicato nella
prima  parte del primo comma dell'art. 423 cod. nav. (con conseguente
minor  incidenza del corrispettivo)»; e, pur auspicando un intervento
legislativo   (analogo   a   quello  che  era  stato  appena  operato
sull'art. 952 cod. nav.) volto ad adeguare il limite del risarcimento
invariato  (all'epoca)  da  oltre  trent'anni, la Corte concluse che,
poiche'   «l'entita'  del  risarcimento  e'  in  funzione  del  costo
dell'operazione  di trasporto», il limite del risarcimento non era in
se' costituzionalmente illegittimo.
    4.1.2.  -  Con  ordinanza  n. 8  del 1991, questa Corte dichiaro'
manifestamente   inammissibile,  per  carenza  di  motivazione  sulla
rilevanza   nel   giudizio   a  quo,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 423  cod.  nav.  sollevata,  in riferimento
all'art. 3  Cost.,  con  riguardo alla particolare difficolta' per un
utente  privato  occasionale  di  evitare  l'applicazione  del limite
legale  mediante  la dichiarazione di valore e, inoltre, con riguardo
al  trattamento  deteriore  riservato all'utente dalla disciplina del
trasporto  interno  rispetto  a  quello della normativa convenzionale
uniforme  di  cui  alla  Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924,
come  modificata  dai  Protocolli  di Visby del 23 febbraio 1968 e di
Bruxelles del 21 dicembre 1979.
    4.1.3. - Investita della questione di legittimita' costituzionale
sollevata,   in   riferimento  all'art. 3  Cost.,  per  il  deteriore
trattamento  riservato  all'utente  privato occasionale dall'art. 423
cod.  nav.  rispetto  a quanto previsto dalla normativa convenzionale
uniforme  in  punto  di irrilevanza della colpa grave, di entita' del
risarcimento  e  di  suo  mancato aggiornamento, questa Corte, con la
sentenza n. 71 del 2003, l'ha dichiarata non fondata.
    Esclusa  la  omogeneita',  per  la  diversita'  della fonte della
disciplina,  del  trasporto  marittimo  interno ed internazionale, la
Corte  ha,  altresi', escluso che la colpa rilevante per la normativa
internazionale  uniforme corrisponda alla colpa grave, la cui assenza
nella    previsione    dell'art. 423    cod.    nav.   determinerebbe
l'incostituzionalita' della norma medesima.
    Quanto   alla   legittimita'   in   se'   del  limite  legale  di
risarcibilita',   la   Corte,   pur   auspicando   ancora  una  volta
l'intervento   «adeguatore»   del  legislatore,  ha  ribadito  quanto
statuito  nella sentenza n. 401 del 1987, e cioe' che, «prevedendo la
legge  la  facolta'  dell'utente  di dichiarare il valore della merce
trasportata,  l'operativita'  del  limite  e'  rimessa  a  una scelta
unilaterale   dell'utente   stesso   alla   quale   il  vettore  deve
conformarsi»,   senza  che  sia  rilevante  «la  circostanza  che  il
caricatore sia un utente occasionale».
    4.2.  -  In  relazione  alla disciplina del trasporto di cose per
ferrovia,  questa Corte, con la sentenza n. 90 del 1982, ha rigettato
la  questione di legittimita' costituzionale delle norme - artt. 50 e
52  del  d.P.R. 30 marzo 1961, n. 197 (Revisione delle condizioni per
il  trasporto  delle  cose  sulle  ferrovie dello Stato) - che, da un
lato,  fissano  un  limite  per  il risarcimento della perdita, anche
parziale,  delle cose trasportate e che, dall'altro lato, raddoppiano
l'importo  nel  caso di dolo o colpa grave del vettore, argomentando,
in  relazione  alla  dedotta  difformita'  con  il regime dei servizi
pubblici  di  linea,  dalla  specialita'  del complesso normativo che
disciplina il trasporto per ferrovia.
    4.3.  -  Relativamente  al  trasporto  su strada, questa Corte ha
affrontato le questioni di legittimita' costituzionale concernenti la
legge  22 agosto  1985, n. 450 (Norme relative al risarcimento dovuto
dal  vettore  stradale  per perdita o avaria delle cose trasportate),
sia  nella  parte  (art. 1,  primo  comma)  in  cui  stabiliva, per i
trasporti soggetti al sistema di tariffe a forcella, che «l'ammontare
del   risarcimento  [...]  non  puo'  superare  il  massimo  previsto
dall'art. 13,  n. 4»  della  legge 6 giugno 1974, n. 298 (Istituzione
dell'albo  nazionale  degli  autotrasportatori  di  cose per conto di
terzi,  disciplina  degli  autotrasporti  di cose e istituzione di un
sistema  di  tariffe  a forcella per i trasporti di merci su strada),
sia  nella  parte  (art. 1,  secondo  comma)  in cui, per i trasporti
esenti   dall'obbligo   delle   tariffe  a  forcella,  stabiliva  che
«l'ammontare  del  risarcimento  non  puo'  essere  superiore,  salvo
diverso  patto  scritto  antecedente  alla  consegna  delle  merci al
vettore,  a  lire  12.000  per  chilogrammo  di  peso lordo perduto o
avariato».
    4.3.1.  -  Con  la  sentenza  n. 420  del  1991  questa  Corte ha
dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  della  prima  norma, in
quanto,   da   un   lato,   «non  eccettua  dalla  limitazione  della
responsabilita'  del  vettore [...] il caso di dolo o colpa grave» e,
dall'altro  lato,  «non  prevede  un  meccanismo di aggiornamento del
massimale».
    Premesso   che   nell'ordinamento  e'  rinvenibile  il  principio
(espresso,  come  vincolo per l'autonomia privata, dall'art. 1229 del
codice  civile) per cui il debitore non puo' avvalersi di limiti alla
sua responsabilita', quando questa scaturisca da un suo comportamento
connotato da dolo o colpa grave, la Corte ritenne incostituzionale la
deroga  a tale principio recata dal citato art. 1, primo comma, della
legge n. 450 del 1985, osservando che «il parametro dell'art. 3 Cost.
viene   in   considerazione   sotto   l'aspetto   del   principio  di
ragionevolezza  e  della  connessa  esigenza  di equo contemperamento
dell'interesse  degli autotrasportatori con l'interesse delle imprese
utenti  tutelato  dall'art. 41  Cost.»  e  che,  «se  e'  vero che la
limitazione   di   responsabilita'  del  vettore  [...]  comporta  un
contenimento  dei  prezzi  del  servizio,  con  benefica ricaduta sui
prezzi  di  mercato  delle  merci trasportate e quindi sull'interesse
generale,  e'  vero altresi' che, ove la somma-limite non rappresenti
un  risarcimento adeguato (seppure non integrale), il detto vantaggio
e'  annullato  dal  costo  supplementare  che  l'impresa  utente deve
accollarsi  per  assicurare  per proprio conto il carico almeno nella
misura  occorrente  per  garantirsi  un congruo indennizzo in caso di
perdita  o  di  avaria  delle  merci»; con la conseguenza che, ove il
risarcimento   non   sia   adeguato,  «ne  risultano  in  pari  tempo
compromessi  gli scopi di utilita' sociale che la legge si propone in
termini   di   contenimento  dei  prezzi  di  mercato  attraverso  il
calmieramento dei costi di trasporto delle merci».
    Del  pari contraria agli artt. 3 e 41 Cost. fu ritenuta l'assenza
di un meccanismo - analogo a quello previsto, per il trasporto aereo,
dall'art. 19  della legge 19 maggio 1983, n. 213 (Modifiche di alcune
disposizioni  del  codice della navigazione relative alla navigazione
aerea)  -  di aggiornamento del massimale, in quanto «la prescrizione
del  periodico  aggiornamento  del  limite  di  responsabilita' [...]
rientra  tra  le garanzie di adeguatezza del risarcimento, che devono
essere    predisposte   dalla   legge   affinche'   il   limite   sia
ragionevolmente  contemperato con gli interessi degli utenti» (ancora
sentenza n. 420 del 1991).
    4.3.2.  -  Con  la  sentenza  n. 64  del  1993  questa  Corte  ha
dichiarato  infondata  la  questione  di  legittimita' costituzionale
sollevata  nei  confronti  dell'art. 1,  secondo  comma,  della legge
n. 450  del  1985  (trasporti  esenti  dall'obbligo  delle  tariffe a
forcella),   «nella  parte  in  cui  non  prevede  un  meccanismo  di
aggiornamento   del   massimale   prescritto   per   l'ammontare  del
risarcimento».
    La  norma  censurata,  infatti, divergeva profondamente da quella
oggetto  della  pronuncia  di  incostituzionalita' (n. 420 del 1991),
perche'  il  limite  legale  «e' derogabile dalle parti in senso piu'
favorevole all'utente»; «la natura dispositiva del limite avvicina la
norma  denunciata  al modello dell'art. 423 cod. nav.», gia' ritenuto
non confliggente con la Costituzione dalla sentenza n. 401 del 1987.
    Quanto  al meccanismo in se' di aggiornamento periodico, la Corte
ne  ha  ribadito - sulle orme della sentenza n. 401 del 1987, seguita
successivamente  dall'ordinanza n. 272 del 1993 - l'opportunita' e la
conformita' ad una linea evolutiva dell'ordinamento, ma ha negato che
esso  possa  costituire «una condizione sine qua non di legittimita',
rispetto  all'art. 3  Cost.,  del  limite  legale  di responsabilita'
risarcitoria  del vettore. Il mancato intervento del legislatore, che
comunque  comporterebbe  un  congruo aumento del prezzo del servizio,
puo'  sempre essere supplito dall'autonomia privata mediante patti di
deroga al massimale legale».
    5. - Dalla giurisprudenza di questa Corte appena ricordata emerge
chiaramente  l'infondatezza  della  censura  con  la quale il giudice
rimettente  si  duole  del  mancato  adeguamento ovvero della mancata
previsione  di  un  meccanismo  di adeguamento, automatico o non, del
massimale.
    L'esigenza   costituzionale  di  un  tale  meccanismo  e'  stata,
infatti,  affermata  (sentenza  n. 420  del  1991)  nel solo caso del
trasporto  su  strada  governato  dalla necessaria applicazione delle
tariffe  a  forcella,  e  cioe'  in  un'ipotesi in cui la norma - poi
integralmente  sostituita:  art. 7  del  decreto-legge 29 marzo 1993,
n. 82  (Misure  urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per
conto di terzi), come modificato dalla legge di conversione 27 maggio
1993,   n. 162  -  non  solo  prevedeva  un  rigido  ed  invalicabile
massimale,   senza   contemplare   alcuna   possibilita'   di  deroga
contrattuale   ad   esso,   ma   inequivocabilmente   escludeva  tale
possibilita',  essendo  il  carattere  obbligatorio  delle  tariffe a
forcella   incompatibile  con  l'aumento  del  prezzo  del  trasporto
conseguente  alla  deroga stessa. In sintesi, la norma de qua rendeva
il  limite  del  massimale  invalicabile  non  soltanto  perche'  non
prevedeva  uno spazio all'autonomia privata per derogarvi, ma perche'
era    incompatibile    con   qualunque   possibilita'   di   deroga:
l'obbligatorieta'  delle tariffe rendeva inconcepibile la pattuizione
di  una  deroga  che, per sua natura, avrebbe comportato una modifica
delle tariffe stesse.
    Al  di  fuori  di  tale peculiare ipotesi, questa Corte ha sempre
affermato  (sentenze n. 401 del 1987, n. 64 del 1993, n. 71 del 2003)
che  l'adeguamento  del  limite  legale di risarcimento e' certamente
auspicabile,    ma    ha   costantemente   escluso   che   esso   sia
costituzionalmente necessario quando la norma espressamente prevede -
come  nel  caso  dell'art. 423  cod.  nav.  -  che  le  parti possano
derogarvi.
    Quando  l'operativita'  del  limite  legale  di responsabilita' -
quale  che  sia  l'entita'  del limite stesso - «e' in funzione di un
atto   di   autonomia   rimesso  al  libero  gioco  della  domanda  e
dell'offerta  del servizio» e «il mittente e' libero di scegliere tra
risarcimento   svincolato   dal  limite  legale  (con  corrispondente
maggiorazione  del prezzo del trasporto) e risarcimento contenuto nel
limite (con corrispondente contenimento del corrispettivo)» (cosi' la
sentenza  n. 64  del  1993),  deve  escludersi  che  l'assenza  di un
meccanismo  di  adeguamento  contrasti con precetti costituzionali, e
cio' anche quando il caricatore sia un utente occasionale.
    La  circostanza che, per il trasporto aereo, il legislatore abbia
previsto un meccanismo di adeguamento del limite - col d.P.R. 7 marzo
1987,  n. 201  (Aggiornamento  degli  importi  di taluni articoli del
codice  della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942,
n. 327,  in materia di limiti di responsabilita' nel trasporto aereo)
-,  e  cosi' pure per il trasporto su strada, anche non soggetto alle
obbligatorie  tariffe a forcella (art. 7 del d.l. n. 82 del 1993), e'
indice  dell'opportunita'  -  gia' sottolineata dalla sentenza n. 401
del  1987 - che a tanto il legislatore provveda anche a proposito del
trasporto  marittimo,  ma  non  e'  tale  da  rendere  manifestamente
irragionevole  la  diversa disciplina tuttora riservata dall'art. 423
cod.   nav.   al   trasporto  marittimo;  come  si  e'  ripetutamente
sottolineato,  «l'entita'  del  risarcimento e' in funzione del costo
dell'operazione  di  trasporto»  e ben puo' il legislatore, nella sua
discrezionalita',  perseguire  in  un  dato  settore  l'obiettivo  di
privilegiare  il  contenimento  dei  costi  del  trasporto rispetto a
quello  della  tutela  dell'utente  in caso di perdita o avaria delle
cose  trasportate,  purche'  -  come  questa  Corte  ha ripetutamente
statuito (sentenze n. 401 del 1987, n. 64 del 1993, n. 71 del 2003) -
«al  caricatore sia data la possibilita' di non sottostare al limite,
usufruendo  del  diritto  potestativo di rendere la dichiarazione del
valore  della  merce affidata al vettore, senza che quest'ultimo - se
il  titolo  in  base  al quale esercita la sua attivita' lo obbliga a
contrarre  -  possa  rifiutare  di  prendere atto della dichiarazione
stessa».
    Ne',  ai fini dell'effettivita' della tutela garantita all'utente
occasionale  dal  diritto  potestativo  di  cui  si  e'  detto,  puo'
trascurarsi  la  circostanza  (sottolineata  dalla sentenza n. 71 del
2003)   che   l'art. 1469-quater   cod.   civ.  impone  una  adeguata
informazione   (la   «fair   opportunity»,   che   la  giurisprudenza
nord-americana  costruisce  come  presupposto di efficacia del limite
legale)  dell'utente  in  ordine a tutte le clausole «vessatorie» del
contratto,  anche  se  tali  clausole  sono meramente riproduttive di
norme di legge.
    6.  - L'infondatezza della questione appena esaminata comporta di
per se' l'infondatezza della questione - prospettata come subordinata
dalla  Corte rimettente - sollevata con riguardo alla non congruita',
in  se'  ovvero  per  l'assenza  di un meccanismo di adeguamento, del
limite  di  risarcimento  nel  particolare  caso  in cui la perdita o
l'avaria delle cose trasportate sia stata determinata da dolo o colpa
grave del vettore o dei suoi dipendenti o preposti.
    7.  -  La  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 423
cod.  nav., nella parte in cui non esclude il limite del risarcimento
dovuto  dal  vettore marittimo in caso di responsabilita' determinata
da  dolo  o  colpa  grave  sua  o  dei suoi dipendenti o preposti, e'
fondata.
    7.1.  -  Preliminarmente,  va  osservato  che  - contrariamente a
quanto   sostiene  la  parte  privata  intervenuta  nel  giudizio  di
legittimita'  costituzionale - la questione e' rilevante nel giudizio
a  quo:  la  descrizione  della fattispecie che vi ha dato origine e'
piu'  che  sufficiente  per constatare che l'esito del giudizio a quo
dipende,  come osserva la Corte rimettente, dalla decisione di quello
di  legittimita'  costituzionale,  essendo  del tutto evidente che il
comportamento  imputato  ai dipendenti del vettore (errato ancoraggio
dell'autocarro  trasportato)  e'  tale da integrare gli estremi della
imperizia  o  della negligenza e che la radicale esclusione - sancita
dall'art. 423  cod.  nav.  -  di  ogni  rilevanza  del grado di colpa
rendeva  inutile, nel giudizio a quo, ogni determinazione riguardo al
carattere grave o non della colpa medesima.
    In  sintesi, la norma censurata preclude al giudice ogni indagine
sulla  colpa,  e  solo  la  auspicata dichiarazione di illegittimita'
costituzionale   puo'  consentire  alla  Corte  di  cassazione  -  in
accoglimento,  riferisce  l'ordinanza  di  rimessione, di un apposito
motivo,  con  il  quale,  tra  l'altro, la parte ricorrente ripropone
l'eccezione  (gia' avanzata in sede di merito) di incostituzionalita'
dell'art. 423  cod.  nav. - di investire di tale indagine o se stessa
(ex  art. 384, comma primo, del codice di procedura civile) ovvero il
giudice  di rinvio, dopo che, nei precedenti gradi di merito, ad essa
non si e' proceduto perche' preclusa dalla norma.
    7.2.  -  La  Corte  rimettente  solleva  la questione in esame in
riferimento  all'art. 3  Cost.,  sia  perche' la disciplina censurata
sarebbe    manifestamente    irragionevole,    sia    perche'    essa
discriminerebbe  irragionevolmente il caricatore marittimo rispetto a
quello aereo.
    7.2.1.   -   Sotto  tale  ultimo  profilo,  deve  osservarsi  che
l'art. 952  cod.  nav.  esclude  l'operativita' del limite in caso di
dolo  o  colpa  grave  e  che  la vigente disciplina del trasporto su
strada  (radicalmente  modificata  dopo le sentenze n. 420 del 1991 e
n. 64  del  1993)  espressamente  prevede  che  «in caso di perdita o
avaria delle cose trasportate derivanti da un atto o da una omissione
del  vettore,  dei suoi dipendenti o dei suoi ausiliari, commessi con
dolo o colpa grave, anche nell'ipotesi di affidamento del servizio ad
altro  vettore,  i  limiti  di  risarcibilita' di cui ai commi 1 e 2»
(relativi,  rispettivamente,  al  trasporto  soggetto ovvero non alle
tariffe  obbligatorie  a  forcella) «non si applicano»; mentre, si e'
visto, l'art. 52, primo comma, del d.P.R. n. 197 del 1961 stabilisce,
per il trasporto per ferrovia, che il massimale e' raddoppiato.
    Da  quanto  appena esposto emerge che, con la sola esclusione del
trasporto marittimo, per ogni tipo di trasporto oggetto di disciplina
speciale  (rispetto  a  quella  codicistica)  il  legislatore  -  nel
derogare,  con la previsione del limite del risarcimento del vettore,
alla regola, di cui all'art. 1693 cod. civ., della responsabilita' ex
recepto  -  ha sempre fatto oggetto di espressa e distinta disciplina
l'ipotesi in cui la perdita o l'avaria delle cose trasportate dipenda
da  dolo  o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti o preposti:
ipotesi considerata ora per escludere tout court l'applicabilita' del
limite  (trasporto  aereo e trasporto su strada), ora per raddoppiare
l'importo di quel limite (trasporto per ferrovia).
    Quest'ultima  modalita' (raddoppio del massimale) - va rilevato -
era stata scelta (art. 7, comma 3, del d.l. n. 82 del 1993) anche per
disciplinare  il  trasporto  su strada unitamente ad un meccanismo di
periodico  adeguamento del limite di responsabilita', il quale faceva
si'   che   anche   il   massimale   del  risarcimento  previsto  per
comportamenti dolosi o gravemente colposi fosse di riflesso adeguato,
laddove in sede di legge di conversione (n. 162 del 1993) fu scelta -
fermo il meccanismo di adeguamento - la soluzione della esclusione in
tale ipotesi del limite del risarcimento.
    Attualmente, dunque, la tecnica dell'incremento del massimale del
risarcimento  in  caso di dolo o colpa grave risulta adottata - senza
la  previsione  di  alcun  meccanismo  di  adeguamento del limite del
risarcimento  -  soltanto  per  il  trasporto  per ferrovia; al quale
proposito  deve osservarsi che, se e' vero che, con la sentenza n. 90
del  1982,  questa  Corte  ha  ritenuto  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  di  tale  disciplina, e' anche vero che
quella  pronuncia si e' basata, in aderenza alla questione sollevata,
esclusivamente  sulla  circostanza  che  «il regime del trasporto per
ferrovia  (...)  forma  un  corpo normativo che costituisce, ai sensi
dell'art. 1689 del codice civile, una legge speciale».
    Cio'  merita  di  essere ricordato perche' successivamente questa
Corte  - pur riconoscendo che tale disciplina «si dimostra sensibile,
in  una  certa  misura  che qui non occorre valutare, all'esigenza di
ragionevole   bilanciamento   degli   interessi   in   gioco»   -  ha
sottolineato,   in   termini   generali,   che   «il   limite   della
responsabilita'  del  vettore,  specialmente  quando  e'  considerato
invalicabile  anche  nell'ipotesi  di dolo o colpa grave, deve essere
compensato  da  idonee  garanzie  di adeguatezza del risarcimento del
danno» (sentenza n. 420 del 1991).
    7.2.2.  -  Dalle  numerose pronunce dedicate da questa Corte alla
disciplina  del  limite  di  risarcimento  del  vettore per perdita o
avaria  delle  cose  trasportate  in  relazione all'ipotesi di dolo o
colpa  grave,  si  desume,  da  un lato, che il legislatore ben puo',
nella   sua  discrezionalita',  optare  o  per  l'esclusione  sic  et
simpliciter  dell'operativita'  del  limite  stesso  ovvero  per  una
congrua elevazione del massimale e, dall'altro lato, che tale seconda
soluzione presuppone «idonee garanzie di adeguatezza del risarcimento
del danno», quali puo' fornire, sempre che l'importo-base sia fissato
in   misura   congrua   dalla   legge,  un  meccanismo  di  periodico
adeguamento.
    7.2.3.  -  La  disciplina  di cui all'art. 423, comma primo, cod.
nav.,  pertanto, confligge con l'art. 3 Cost., nella parte in cui - a
differenza  di  quanto  previsto  per  ogni altro tipo di trasporto -
irragionevolmente  omette  di considerare, assoggettando anch'essa al
limite  di  risarcimento,  l'ipotesi  di  perdita o avaria delle cose
trasportate  dovuta  a  dolo o colpa grave del vettore marittimo o di
suoi dipendenti o preposti.
    A   confutazione  dell'irragionevolezza  di  tale  disparita'  di
trattamento  non puo' invocarsi, come tenta di fare la parte privata,
il  carattere  risalente  e  peculiare  della  disciplina interna del
trasporto   marittimo   in   quanto   mutuata   da   quella  pattizia
internazionale,  dal  momento  che,  se e' vero che l'art. 423, comma
primo,   cod.   nav.   rispecchia  quanto  (nel  1942)  prevedeva  la
Convenzione  di Bruxelles del 1924, e' anche vero che successivamente
(con  il Protocollo di Visby del 1968) pure la disciplina pattizia si
e'  evoluta nel senso di escludere l'operativita' del limite nel caso
di  dolo  o  di  colpa  con  previsione;  il  che, fermo quanto si e'
osservato  (n. 3)  circa  la disomogeneita' - in virtu' proprio della
fonte   della   disciplina   -  del  trasporto  marittimo  interno  e
internazionale, rende vieppiu' manifesta l'irragionevolezza, sotto il
profilo  qui  considerato, dell'esclusione della rilevanza del dolo e
della  colpa  grave  sul  limite  del risarcimento nel solo trasporto
marittimo interno.
    Ne'  la  disciplina  della  responsabilita' del vettore marittimo
puo'   dirsi  talmente  peculiare,  e  gravosa  per  il  vettore,  da
giustificare  per  se'  l'assoggettamento  al  limite di risarcimento
anche dell'ipotesi di dolo o colpa grave: non occorre occuparsi della
fondatezza  o  non  di  tale assunto (argomentando, ad esempio, dalle
numerose   ipotesi   di  cosiddetti  «pericoli  eccettuati»,  di  cui
all'art. 422,  comma  secondo,  cod.  nav., nelle quali l'onere della
prova  grava  sull'utente),  essendo  sufficiente  constatare come il
profilo  de  quo  sia estraneo alla questione qui in esame, attenendo
questa al quantum, laddove quel profilo attiene all'an debeatur.
    Superfluo  rilevare, da ultimo, che la possibilita' di ovviare al
limite  attraverso  la  dichiarazione del valore ovvero attraverso la
stipula  di  una  assicurazione  e' inconferente: non solo sussistono
tali  possibilita'  anche  nelle  altre  ipotesi  di trasporto per le
quali,  tuttavia,  in  caso  di dolo o colpa grave si e' visto essere
esclusa  l'operativita'  del  limite  ovvero  essere  prevista la sua
maggiorazione,  ma  va  osservato  che  la  questione di legittimita'
costituzionale  ora  in  esame  non  investe la previsione in se' del
limite  del risarcimento, ma la sua operativita' - proprio in assenza
della  dichiarazione  del  valore - quando si tratti di comportamenti
dolosi o gravemente colposi.
    7.2.4.  -  Constatata,  in linea di principio, l'irragionevolezza
della norma censurata nella parte in cui disciplina come irrilevante,
ai  fini del limite del risarcimento, l'ipotesi di dolo o colpa grave
del vettore o dei suoi dipendenti o preposti, a cio' potrebbe in tesi
ovviarsi  (come  si  e'  rilevato  sub  7.2.2)  sia  esentando sic et
simpliciter tale ipotesi dal limite sia prevedendo un congruo aumento
del limite stesso.
    La  circostanza,  peraltro,  che  il  limite  fissato  (nel 1954)
dall'art. 423,  comma  primo, cod. nav. sia (divenuto) manifestamente
inadeguato  (come  questa  Corte  ha  sottolineato fin dalla sentenza
n. 401  del  1987)  comporta  che,  in assenza di «idonee garanzie di
adeguatezza  del  risarcimento»  (cfr.  sentenza n. 420 del 1991), la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  deve  consistere - cosi' come
previsto   dall'art. 952,   comma  primo,  cod.  nav.  (correttamente
indicato  dalla Corte rimettente quale tertium comparationis) e dalla
disciplina    del    trasporto    su    strada    -   nell'esclusione
dell'operativita'   del   limite   del   risarcimento   in   caso  di
responsabilita'  determinata  da dolo o colpa grave del vettore o dei
suoi dipendenti o preposti.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 423,  comma
primo,  del  codice  della  navigazione (regio decreto 30 marzo 1942,
n. 327),  nella  parte  in cui non esclude il limite del risarcimento
dovuto  dal  vettore marittimo in caso di responsabilita' determinata
da dolo o colpa grave sua o dei suoi dipendenti o preposti.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.
                        Il Presidente: Contri
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 maggio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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