N. 204 SENTENZA 23 - 26 maggio 2005

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di
  un   deputato,   per   reato  di  diffamazione  a  mezzo  stampa  -
  Deliberazione  di  insindacabilita'  delle  opinioni,  emessa dalla
  Camera  di appartenenza - Ricorso per conflitto di attribuzione del
  Tribunale di Taranto, sezione prima penale - Intervenuta remissione
  della  querela  accettata  dall'imputato  - Sopravvenuta carenza di
  interesse  alla  pronuncia  da  parte  dei  soggetti confliggenti -
  Improcedibilita' del giudizio.
- Deliberazione  della  Camera  dei  deputati  del  13 febbraio  2001
  (documento IV-quater, n. 166).
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.22 del 1-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
13 febbraio   2001   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'articolo 68,  primo  comma,  della  Costituzione, delle opinioni
espresse  dall'onorevole  Giancarlo  Cito  nei  confronti  di Liborio
Domina,  promosso con ricorso del Tribunale di Taranto, prima sezione
penale, notificato il 5 agosto del 2003, depositato in cancelleria il
18 successivo ed iscritto al n. 31 del registro conflitti 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 2005 il giudice relatore
Giovanni Maria Flick;
    Udito l'avvocato Paolo Saitta per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso del 3 luglio 2002, depositato nella cancelleria
della  Corte l'8 ottobre 2002, il Tribunale di Taranto, prima sezione
penale, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei   confronti   della   Camera  dei  deputati,  in  relazione  alla
deliberazione  adottata  dalla Assemblea nella seduta del 13 febbraio
2001,  con  la  quale - approvando la proposta formulata dalla Giunta
per  le autorizzazioni a procedere (documento IV-quater, n. 166) - e'
stato  affermato  che i fatti per i quali pende procedimento penale a
carico  del  deputato Giancarlo Cito concernono opinioni espresse dal
medesimo parlamentare nell'esercizio delle sue funzioni.
    Il  ricorrente premette che - a seguito della querela proposta da
Liborio  Domina  -  il deputato Cito e' stato rinviato a giudizio per
rispondere dell'imputazione di diffamazione aggravata a mezzo stampa,
perche',  nel  corso  di una conferenza stampa trasmessa il 22 agosto
1998  da alcune emittenti televisive, aveva offeso la reputazione del
Domina,  all'epoca consigliere comunale, dichiarando, in particolare,
che il dissenso politico di quest'ultimo nei confronti del sindaco di
Taranto  doveva collegarsi al mancato conferimento di un incarico sia
alla  figlia  (testualmente:  «Domina che ce l'ha con il sindaco e ce
l'ha  con  gli altri. Siccome alla figlia di Domina non e' stato dato
questo  incarico  da  manager, il Domina scende sul piede di guerra»)
che a lui stesso (testualmente: « ... il Domina chiedeva l'incarico -
lui diceva la delega - al personale»).
    Il  Tribunale  osserva  che,  alla  luce  della giurisprudenza di
questa  Corte,  la  guarentigia  dell'insindacabilita'  opera solo in
relazione  a  dichiarazioni riconducibili stricto sensu all'attivita'
parlamentare,  in  quanto sostanzialmente riproduttive delle opinioni
sostenute  in  tale  sede,  rimanendo  escluse,  dalla  sua sfera, le
dichiarazioni  non  teleologicamente collegate agli atti tipici della
funzione. Ad avviso del ricorrente, le opinioni espresse dal deputato
Cito  nel  corso  della conferenza stampa non sarebbero in alcun modo
riconducibili  all'attivita'  parlamentare  svolta  dal  predetto: le
dichiarazioni  asseritamente  diffamatorie  riguarderebbero, infatti,
una  polemica  politica  «attinente  ai  rapporti  tra  il sindaco di
Taranto  e  un  consigliere  comunale e dunque a vicende circoscritte
all'ambito  del  comune di Taranto, che nulla hanno a che fare con la
funzione di parlamentare all'epoca esercitata dal Cito».
    Il  ricorrente  assume  che,  essendo la funzione di parlamentare
dotata  «di rilievo nazionale», non puo' ravvisarsi un nesso fra essa
e  questioni  «attinenti  i  rapporti  tra  esponenti  politici di un
organismo  locale, quale il consiglio comunale», perlomeno in assenza
di specifiche attinenze da dimostrarsi in concreto, che difettano nel
caso  di  specie.  Da  cio'  risulterebbe  l'insussistenza  del nesso
funzionale  tra  le  opinioni  espresse  e  le  funzioni  svolte  dal
parlamentare,  richiesto quale presupposto dall'art. 68, primo comma,
della   Costituzione:   pertanto   -  conclude  il  ricorrente  -  la
deliberazione  di insindacabilita' adottata dalla Camera travalica la
propria    sfera    di    attribuzioni    e   cosi'   menoma   quella
costituzionalmente garantita dell'autorita' giudiziaria.
    2. - Il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con  ordinanza  n. 282  depositata  il  24 luglio  2003,  ritualmente
notificata alla Camera dei deputati, unitamente all'atto introduttivo
del  ricorso, e successivamente depositata, nei termini, con la prova
delle avvenute notificazioni, nella cancelleria di questa Corte.
    3.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituita  la Camera dei deputati,
chiedendo  che  il  conflitto sia dichiarato inammissibile o comunque
infondato.
    In  punto di ammissibilita', la difesa della Camera deduce che il
ricorso   per   conflitto   risulterebbe  «carente  della  necessaria
indicazione  del  petitum»,  in  quanto il giudice ricorrente avrebbe
omesso di rivolgere alla Corte la richiesta di annullamento dell'atto
asseritamente lesivo della sfera di attribuzioni. Un ulteriore motivo
di  inammissibilita'  viene prospettato dalla resistente in relazione
all'entrata   in   vigore   della  legge  n. 140  del  2003,  recante
disposizioni  di  attuazione  dell'art. 68 della Costituzione, la cui
immediata  applicazione  esigerebbe  la  rivalutazione,  da parte del
giudice,  «della effettiva sussistenza, nella specie, dei presupposti
per l'elevazione del conflitto».
    Nel  merito,  la  difesa  della  Camera ritiene, contrariamente a
quanto  prospettato in ricorso, del tutto ingiustificato escludere la
garanzia  della insindacabilita' in relazione al carattere «locale» e
non   gia'   «nazionale»  delle  vicende  cui  fanno  riferimento  le
dichiarazioni oggetto di incriminazione, posto che la ratio di tutela
del  singolo parlamentare e dell'organo nel suo complesso esigono che
l'insindacabilita'  non  sia  subordinata «al grado di ampiezza degli
interessi  potenzialmente  investiti  dalle opinioni medesime». Nella
specie,  secondo la difesa della resistente, le opinioni espresse dal
deputato  Cito  devono  ritenersi  connesse non gia' in via esclusiva
alla  funzione  sindacale,  ma  a quella propriamente parlamentare: a
questo  proposito  verrebbero  in rilievo una serie di atti di natura
ispettiva,  posti in essere dal deputato, attinenti sia alla gestione
amministrativa    del   comune   di   Taranto   (specificamente,   le
interrogazioni  a  risposta  scritta n. 4/07966 del 26 febbraio 1997;
n. 4/08905 del 3 aprile 1997; n. 4/10194 del 21 maggio 1997) che alla
grave  situazione  della  disoccupazione  nella  provincia di Taranto
(interrogazione  a  risposta scritta n. 4/04313 del 16 ottobre 1996).
L'insieme  di  tali atti funzionali varrebbe a documentare - conclude
la   resistente   -  il  «rapporto  di  continuita»  tra  l'attivita'
politico-parlamentare  del  deputato  Cito e le dichiarazioni oggetto
del  giudizio  penale, essendo costante «il motivo, nella prospettiva
critica  fatta  propria  dal dichiarante, della difesa dai tentativi,
per  ragioni  talvolta  inquietanti,  di  screditare  l'attivita'  di
gestione del comune di Taranto»: con conseguente configurabilita' del
nesso  funzionale  tra  le  opinioni  espresse  dal  deputato  Cito e
l'esercizio delle attribuzioni proprie del parlamentare.
    4.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  difesa della Camera ha
presentato   una   memoria   nella   quale   -   pur  insistendo  per
l'inammissibilita'   ed   infondatezza   del  conflitto,  secondo  le
argomentazioni  precedentemente  svolte  -  ha  rappresentato  che il
querelante,  destinatario  delle dichiarazioni incriminate, aveva, in
data   6 novembre   2003,   rimesso   la   querela,  con  contestuale
accettazione  da  parte dell'imputato; e che il Tribunale ricorrente,
cui  i  predetti  atti erano stati versati, aveva provveduto, in data
12 maggio  2004,  a  fissare  udienza  dibattimentale  «ai fini della
declaratoria di improcedibilita' per la detta causa di estinzione del
reato»,  disponendo  anche la formale comunicazione di tale decreto a
questa  Corte  (comunicazione  pervenuta  alla cancelleria in data 1°
giugno 2004).  Nella memoria, la difesa della Camera rappresentava un
ulteriore   profilo   di  inammissibilita'  ed  improcedibilita'  del
conflitto,  atteso  che, in ragione della sopravvenuta estinzione del
reato   conseguente  alla  rimessione  della  querela,  il  Tribunale
ricorrente  «non  e'  piu' chiamato ad esercitare alcuna attribuzione
costituzionale,  ne'  mai  potrebbe esser chiamato ad esercitarne, in
futuro, sulla stessa questione oggetto della delibera impugnata».
    5.  - All'udienza, la difesa della Camera ha prodotto copia della
sentenza  del  Tribunale  di Taranto del 7 luglio 2004, depositata il
22 luglio  2004,  con  la  quale  e'  stato  dichiarato  non  doversi
procedere  nei  confronti  del  deputato  Cito  in ordine al reato di
diffamazione  aggravata  a  mezzo  stampa  ascrittogli  in  danno del
Domina, perche' estinto per intervenuta remissione di querela.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Taranto,  sezione prima penale, solleva
conflitto  di  attribuzioni  fra poteri dello Stato in relazione alla
deliberazione  adottata  dalla  Camera  dei deputati nella seduta del
13 febbraio 2001: deliberazione con la quale l'Assemblea ha approvato
la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere (documento
IV-quater,  n. 166),  di  dichiarare che il fatto, per il quale pende
procedimento penale nei confronti del deputato Giancarlo Cito davanti
al  medesimo  Tribunale,  concerne opinioni espresse da un membro del
Parlamento  nell'esercizio  delle  sue  funzioni;  e  che  tale fatto
ricade, pertanto, nell'ipotesi di cui all'art. 68, primo comma, della
Costituzione.  Il  Tribunale ricorrente ha premesso, in fatto, che al
deputato  Cito  veniva  contestato  di avere offeso, nel corso di una
conferenza  stampa  trasmessa  il  22 agosto 1998 da alcune emittenti
televisive  locali,  la  reputazione del consigliere comunale Liborio
Domina: affermando, tra l'altro, che costui avesse motivi di acredine
contro  il  Sindaco  di Taranto poiche' «alla figlia di Domina non e'
stato  dato  questo incarico da manager» e, in conseguenza, il citato
consigliere   Domina   era  sceso  «sul  piede  di  guerra»;  nonche'
affermando  che  «...  il  Domina chiedeva l'incarico - lui diceva la
delega - al personale». Il Tribunale ricorrente ritiene insussistenti
i  presupposti dell'insindacabilita' di cui all'art. 68, primo comma,
della   Costituzione,  sotto  il  profilo  della  mancanza  di  nesso
funzionale   tra   le   dichiarazioni  asseritamente  diffamatorie  -
attinenti  ai  rapporti  tra  il  sindaco di Taranto e un consigliere
comunale  e  dunque  a  vicende circoscritte all'ambito del comune di
Taranto  -  e  la  funzione  di parlamentare all'epoca esercitata dal
Cito.
    2.  -  Il giudizio avente ad oggetto il conflitto di attribuzione
in questione e' improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
    Nella  sentenza  di non doversi procedere emessa in data 7 luglio
2004  -  prodotta  a questa Corte nella udienza pubblica dalla difesa
della  Camera  dei  deputati,  che  ha  ribadito,  in quella sede, le
proprie  conclusioni  nel  senso della improcedibilita' del conflitto
per  cessazione della materia del contendere - lo stesso Tribunale di
Taranto  ricorrente  afferma che l'intervenuta remissione di querela,
accettata  dall'imputato,  deve  ritenersi  prevalente,  quale  causa
estintiva del reato, sull'interesse al «giudizio ancora eventualmente
in  corso  per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato». Con
tale  affermazione,  l'Autorita'  giudiziaria  ricorrente  ha  dunque
manifestato - in ragione dell'intervenuta causa estintiva del reato -
l'insussistenza  di ogni suo residuo interesse a coltivare il ricorso
proposto  e  ad  ottenere una decisione circa la spettanza o meno del
potere esercitato dalla Camera dei deputati.
    Conseguentemente,   l'esame  del  ricorso  per  conflitto  rimane
precluso,   quanto  al  merito  della  spettanza  delle  attribuzioni
costituzionalmente   garantite   e   quanto  ai  dedotti  profili  di
inammissibilita',   dalla  sopravvenuta  carenza  di  interesse  alla
pronuncia da parte dei soggetti confliggenti.
    Pertanto, il giudizio deve essere dichiarato improcedibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara improcedibile il giudizio avente ad oggetto il conflitto
di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato promosso dal Tribunale di
Taranto  nei  confronti  della  Camera  dei  deputati  con il ricorso
indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 maggio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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