N. 234 SENTENZA 8 - 16 giugno 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Lavoro  e  occupazione  -  Lavoro irregolare - Procedura di emersione
  progressiva  -  Comitati  per  il lavoro e l'emersione del sommerso
  (CLES) - Istituzione e attivita' - Ricorsi della Provincia autonoma
  di  Bolzano  e  della  Provincia  autonoma  di  Trento - Denunciata
  violazione  delle  competenze  legislative  e  amministrative delle
  Province,  e del principio di leale collaborazione - Non fondatezza
  della questione.
- Legge   18 ottobre   2001,   n. 383,  art. 1-bis,  come  sostituito
  dall'art. 1,   comma 2,   del   d.l.   25 settembre  2002,  n. 210,
  convertito con modificazioni dalla legge 22 novembre 2002, n. 266.
- Statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige, art. 8, numeri 1, 5,
  6, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 21, art. 9, numeri 4, 5, 9 e 10, art. 10
  e  art. 16;  d.P.R.  22 marzo  1974,  n. 280; d.P.R. 28 marzo 1975,
  n. 474,  art. 1,  comma 2;  d.P.R.  26 gennaio 1980, n. 197; d.P.R.
  19 novembre  1987,  n. 526, art. 15, comma 2; d.lgs. 16 marzo 1992,
  n. 266,  artt. 2 e 4; Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto,
  in  relazione  all'art. 10  della  legge  costituzionale 18 ottobre
  2001, n. 3; d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, art. 2.
(GU n.25 del 22-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1-bis della
legge  18 ottobre  2001,  n. 383  (Primi  interventi  per il rilancio
dell'economia),    come    sostituito   dall'art. 1,   comma 2,   del
decreto-legge  25 settembre  2002,  n. 210  (Disposizioni  urgenti in
materia  di  emersione  del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a
tempo   parziale),   convertito,   con   modificazioni,  dalla  legge
22 novembre   2002,  n. 266,  promossi  con  ricorsi  delle  Province
autonome  di  Bolzano  e  di  Trento,  notificati il 22 gennaio 2003,
depositati  in  cancelleria  il 27 ed il 30 successivi ed iscritti ai
numeri 7 e 9 del registro ricorsi 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22 febbraio  2005  il giudice
relatore Franco Gallo;
    Uditi  gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma
di  Trento e Alberto Romano e Roland Riz per la Provincia autonoma di
Bolzano e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il  22 gennaio  2003  e  depositato  il 27 gennaio 2003, la
Provincia  autonoma  di Bolzano ha proposto questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 1-bis  della  legge 18 ottobre 2001, n. 383
(Primi  interventi  per  il  rilancio dell'economia), come sostituito
dall'art. 1,  comma 2,  del  decreto-legge  25 settembre 2002, n. 210
(Disposizioni  urgenti  in materia di emersione del lavoro sommerso e
di   rapporti   di   lavoro   a   tempo  parziale),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge 22 novembre 2002, n. 266, per violazione
delle  competenze  provinciali  di  cui agli articoli 8, numero 1, 9,
numeri  4  e  5,  10 e 16 del decreto del Presidente della Repubblica
31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige),  agli  articoli 2  e  3  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  22 marzo  1974, n. 280 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per la regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina
delle  commissioni  comunali  e  provinciali  per  il collocamento al
lavoro),  agli  articoli 3  e  4  del  decreto  del  Presidente della
Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige concernenti integrazioni alle
norme  di  attuazione  in  materia  di igiene e sanita' approvate con
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  28 marzo  1975, n. 474),
nonche'  all'art. 117  della  Costituzione,  in relazione all'art. 10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V  della  parte  seconda  della  Costituzione),  e per violazione del
principio di leale collaborazione.
    1.1.  -  La  Provincia, richiamata preliminarmente la connessione
fra  la materia del ricorso e quella di altro ricorso gia' depositato
di fronte alla Corte costituzionale (n. 94 del 2002), sostiene che la
normativa  impugnata,  applicabile  su tutto il territorio nazionale,
detta  una disciplina in materia di emersione progressiva del «lavoro
sommerso».
    Espone la ricorrente che l'art. 1-bis della legge n. 383 del 2001
prevede:  a) l'istituzione presso le direzioni provinciali del lavoro
di  «Comitati per il lavoro e l'emersione del sommerso» (CLES) (comma
1);  b)  la  presentazione  ai  CLES  da parte degli imprenditori dei
«piani   individuali   di  emersione»  (comma  2);  c)  la  verifica,
valutazione  ed  eventuale  approvazione o reiezione di tali piani da
parte  dei  CLES,  nell'ambito delle linee generali definite dal CIPE
(commi  da  5  a 9); d) le attivita' dell'amministrazione conseguenti
all'approvazione  dei  piani  (comma  10);  e)  la  sospensione,  nei
confronti  degli  imprenditori  che abbiano presentato i piani, delle
ispezioni  e  verifiche  degli organi di vigilanza, per le violazioni
oggetto della procedura di regolarizzazione (comma 15).
    Osserva  in  particolare  la  Provincia  autonoma che, in base al
disposto  del  citato  comma 1,  i  CLES  sono composti da 16 membri,
nominati  dal  prefetto  (di  cui  8  designati  dalle organizzazioni
sindacali,   uno   dal   Ministero  del  lavoro,  uno  dal  Ministero
dell'ambiente,  uno dall'INPS, uno dall'INAIL, uno dalla ASL, uno dal
comune,  uno dalla regione, uno dalla Prefettura-Ufficio territoriale
del  Governo) e presieduti dal componente designato dal Ministero del
lavoro.
    Ad  avviso  della  ricorrente,  i  CLES  devono  pertanto  essere
considerati  organi  statali  la  cui  disciplina, nella parte in cui
attribuisce  alle  Prefetture  (le cui funzioni sono esercitate nella
Provincia  dal  Commissario  del  Governo,  in base all'art. 87 dello
statuto  speciale) il potere di nomina di tutti i componenti, lede le
competenze legislative ed amministrative provinciali.
    1.2.  -  La  ricorrente  delinea, quindi, il quadro delle proprie
competenze  legislative nel periodo anteriore alla riforma del titolo
V  della  parte  seconda  della  Costituzione, richiamando lo statuto
speciale,  che  le riconosce una competenza concorrente in materia di
«apprendistato,  libretti  di  lavoro,  categorie  e  qualifiche  dei
lavoratori»  (art. 9,  numero  4)  e  in  materia  di «costituzione e
funzionamento  di commissioni comunali e provinciali di controllo sul
collocamento»  (art. 9,  numero  5)  e riconosce anche una competenza
legislativa  integrativa  in materia di «collocamento e avviamento al
lavoro, con facolta' di avvalersi - fino alla costituzione dei propri
uffici  -  degli  uffici  periferici  del  Ministero  del  lavoro per
l'esercizio  dei  poteri  amministrativi  connessi  con  le  potesta'
legislative  spettanti  alle  Province  stesse  in materia di lavoro»
(art. 10).  A  tali  competenze  legislative  si  aggiungerebbero  le
corrispondenti  competenze  amministrative - in base al principio del
parallelismo  espresso  dall'art. 16  dello  stesso  statuto  -  e le
ulteriori competenze amministrative delegate dallo Stato.
    Sempre  con  riferimento  al  periodo precedente alla riforma del
titolo  V,  la  Provincia  ricorrente richiama le norme di attuazione
dello statuto relativamente alle competenze provinciali in materia di
collocamento  (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280), alla delega di funzioni
amministrative  statali  in  materia di vigilanza e tutela del lavoro
(d.P.R.  26 gennaio  1980,  n. 197,  art. 3,  primo  comma,  e d.P.R.
28 marzo 1975, n. 474, recante «Norme di attuazione dello statuto per
la  regione  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  igiene e sanita»,
art. 3,   numero   12),  al  trasferimento  alla  Provincia  autonoma
dell'ispettorato  provinciale  del  lavoro  (d.P.R.  26 gennaio 1980,
n. 197, art. 4).
    La  stessa  ricorrente  menziona, inoltre, le norme istitutive di
uffici  per  l'esercizio delle competenze amministrative di cui sopra
(art. 9  ed  allegato  A, punto 19, della legge provinciale 23 aprile
1992,   n. 10,  recante  norme  sul  «Riordinamento  della  struttura
dirigenziale  della  Provincia  autonoma  di Bolzano», ed allegato 1,
punto  19,  del  decreto  del  Presidente della Giunta provinciale 25
giugno 1996, n. 21).
    1.3.  -  Il  ricorso  delinea  poi il quadro delle competenze con
riferimento  al  periodo  successivo  alla riforma del titolo V della
parte  seconda  della  Costituzione,  richiamando  l'art. 117,  terzo
comma, Cost., che attribuisce alla competenza legislativa concorrente
la  materia  della  tutela e sicurezza del lavoro, da intendersi come
comprensiva  dei servizi per l'impiego e l'inserimento dei lavoratori
nelle aziende.
    Sostiene  la  ricorrente che la competenza attribuita dalle norme
denunciate   non   puo'   essere   fatta   rientrare   nella  materia
dell'ordinamento  civile,  di  competenza  esclusiva dello Stato, ne'
nelle altre materie attribuite alla Provincia dallo statuto e, per la
parte  non  compresa  nella  «tutela  e  sicurezza  del lavoro», deve
ritenersi  riconducibile alla competenza residuale generale di cui al
quarto  comma  dell'art. 117  Cost.,  in forza dell'art. 10, comma 3,
della legge costituzionale n. 3 del 2001.
    Le   competenze   relative   all'emersione  del  lavoro  sommerso
rientrano, ad avviso della ricorrente, nel complesso delle competenze
legislative  e  amministrative  provinciali, precedentemente in parte
delegate  alla Provincia, ma ormai divenute interamente proprie della
stessa,   a   seguito   della  citata  riforma  del  titolo  V.  Tale
ricostruzione sarebbe confermata dall'assetto normativo delineato dal
comma 1  della  legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa
in   materia   di   immigrazione  e  di  asilo),  che  ha  introdotto
nell'art. 22  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero)  il comma 16, il quale
farebbe  salve  le  competenze  spettanti  alla Provincia autonoma in
materia  di  instaurazione  dei  rapporti  di  lavoro  dei lavoratori
stranieri.  La  ricorrente  sostiene  che, proprio per l'esistenza di
tali  competenze  provinciali,  i  contratti  di soggiorno per lavoro
subordinato  di cui agli articoli 5-bis e 22 del citato d.lgs. n. 286
del  1998  sono  sempre  stati sottoscritti non presso gli uffici del
Commissario del Governo, ma presso gli uffici della Provincia.
    Secondo  la  Provincia, tale assetto di competenze amministrative
e'   stato   illegittimamente   modificato  dalla  normativa  statale
denunciata,  che  le  ha  sottratto  le  funzioni  relative  ai piani
individuali di emersione del lavoro sommerso.
    Nella  parte  finale  del ricorso, si osserva, con riferimento al
denunciato  comma 1,  che  «la  legge statale (se competente) avrebbe
quanto  meno dovuto [...] prevedere [...] che tali piani, finalizzati
alla successiva e progressiva regolarizzazione dei rapporti di lavoro
[...]    fossero    presentati    presso    il   competente   ufficio
dell'amministrazione  della  Provincia  [...]  e  successivamente  da
questa valutati ed eventualmente approvati».
    La   ricorrente   afferma,   inoltre,  che  «anche  la  eventuale
istituzione di un apposito nuovo ufficio o comitato provinciale [...]
non potrebbe che essere di competenza della Provincia medesima, sulla
base  della  sua competenza legislativa in materia di ordinamento dei
propri uffici», in base all'art. 8, n. 1, dello statuto speciale.
    «In  subordine» la Provincia autonoma richiama quale parametro di
costituzionalita'  il principio di leale collaborazione, in forza del
quale  la  normativa impugnata avrebbe dovuto almeno prevedere che il
potere di nomina dei componenti del CLES non spettasse esclusivamente
ad  un  organo  statale,  ma  venisse  invece esercitato a seguito di
un'intesa con la stessa Provincia.
    La  ricorrente  conclude affermando che l'incostituzionalita' dei
commi 1 e 2 dell'art. 1-bis citato comporta l'incostituzionalita' dei
commi   da   5  a  9,  10  e  15  dello  stesso  articolo  e  segnala
l'opportunita'   che   la  Corte  fissi  la  stessa  udienza  per  la
discussione del ricorso e di altro ricorso gia' depositato (n. 94 del
2002).
    2.  -  Con  atto depositato il 10 febbraio 2003, si e' costituita
l'Avvocatura  generale  dello  Stato, per il Presidente del Consiglio
dei ministri, chiedendo il rigetto del ricorso.
    L'Avvocatura  rileva preliminarmente l'assenza di connessione fra
il ricorso n. 7 del 2003 e il precedente ricorso n. 94 del 2002.
    Sostiene  l'Avvocatura che la disciplina denunciata «si riconduce
palesemente  [...]  agli  artt. 4.1,  35  e 37.3, che alla Repubblica
(nella  quale  si  compendia  l'unita'  nazionale: art. 5) demanda di
promuovere  le  condizioni  capaci di rendere effettivo il diritto al
lavoro  e  di tutelare ogni forma di prestazione lavorativa» e che la
stessa  rientra  in  ogni caso nelle materie, di potesta' legislativa
esclusiva  statale,  dell'ordinamento  civile  e  della  tutela della
concorrenza,  poiche'  ha  come  scopo  la  salvaguardia  della  pari
condizione  degli  operatori  economici  e  la tutela dei diritti dei
lavoratori.
    Afferma  inoltre  l'Avvocatura  che  la  disciplina  in questione
rientra   in   ogni   caso   fra   gli  interventi  per  il  rilancio
dell'economia,  estranei al riparto di competenze delineato dal nuovo
art. 117  Cost.,  perche'  riconducibili  all'ambito  della  politica
generale del Governo ex art. 95 Cost.
    Sempre  secondo  la  difesa  erariale, l'attribuzione di funzioni
relative  all'emersione  del  lavoro  sommerso  ai  CLES  risponde ad
esigenze  di esercizio unitario delle competenze amministrative ed e'
pertanto coerente con il disposto dell'art. 118 Cost.
    Quanto   alla   denunciata  violazione  del  principio  di  leale
cooperazione,  l'Avvocatura  evidenzia  la tardivita' della doglianza
formulata dalla Provincia, la quale non ha mai chiesto di partecipare
al   procedimento  legislativo  statale,  ne'  ha  mai  rappresentato
l'esigenza di intese per la nomina dei componenti dei CLES.
    3.  -  Con  successiva  memoria depositata il 9 febbraio 2005, la
Provincia  autonoma  contesta  la sussistenza di una competenza dello
Stato  fondata su norme costituzionali che attribuiscano compiti alla
«Repubblica».   In   base  all'art. 114  della  stessa  Costituzione,
infatti,  la Repubblica e' costituita non dal solo Stato, ma da tutti
i diversi livelli territoriali di governo.
    La  Provincia  osserva  poi  che le esigenze di uniformita' della
disciplina  prospettate  dallo  Stato  avrebbero  ben  potuto  essere
soddisfatte con la sola fissazione dei principi fondamentali da parte
della  legge  statale, senza che la legge stessa demandasse ad organi
statali le competenze amministrative per la propria attuazione.
    Prosegue  la  ricorrente  escludendo  la  riconducibilita'  della
materia  disciplinata  dalle  norme  censurate  sia alla tutela della
concorrenza,  sia  all'ordinamento  civile, anche in base al criterio
della  prevalenza. Quanto al primo ambito di materia, la normativa in
questione  non  investirebbe il complesso dei rapporti concorrenziali
sul  mercato,  essendo  diretta  a  conseguire l'emersione del lavoro
sommerso  ed  avendo  anzi  -  con  specifico  riferimento alle norme
denunciate - una valenza soprattutto organizzativa. Quanto al secondo
ambito   di   materia,   la   disciplina   oggetto  del  ricorso  non
riguarderebbe  il rapporto di lavoro, ma interventi pubblicistici - e
piu'  in particolare organizzativi - sul lavoro e sui lavoratori, che
esulano dall'ambito del diritto privato.
    4.  -  Con  ricorso  notificato  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  il  22 gennaio  2003  (ric.  n. 9 del 2003) e depositato il
30 gennaio   2003,  la  Provincia  autonoma  di  Trento  ha  proposto
questione  di  legittimita' costituzionale della stessa norma oggetto
del  ricorso n. 7 del 2003, evocando a parametri: 1) l'art. 8, numeri
1,  5,  6, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 21, l'art. 9, numeri 4, 5, 9 e 10,
nonche'  l'art. 16  dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
(d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670); 2) il d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280;
3)  l'art. 1,  comma 2,  del  d.P.R.  28 marzo 1975, n. 474 (Norme di
attuazione  dello  statuto  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige in
materia di igiene e sanita); 4) il d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197; 5)
l'art. 15,  comma 2,  del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione
alla  regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento
e  Bolzano  delle  disposizioni  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616); 6) gli articoli 2 e 4 del decreto
legislativo  16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti
legislativi  statali  e  leggi  regionali  e  provinciali, nonche' la
potesta'  statale di indirizzo e coordinamento); 7) l'art. 117, commi
terzo  e  quarto,  della  Costituzione,  in connessione con l'art. 10
della  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; 8) il principio di
leale  collaborazione  e  l'art. 2  del decreto legislativo 28 agosto
1997,  n. 281  (Definizione  ed  ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed  i  compiti di interesse comune delle regioni delle province e dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali).
    La  ricorrente  sostiene,  infatti,  che  la normativa denunciata
interferisce:  a)  con  materie di competenza legislativa provinciale
primaria  o concorrente (art. 8, numeri 5, 6, 11, 13, 14, 15, 16, 17,
21,  e  art. 9,  numeri  4,  5, 9 e 10, dello statuto speciale per il
Trentino-Alto  Adige),  quali  l'urbanistica,  l'ambiente, l'igiene e
sanita';  b) con la materia della sicurezza sul lavoro, di competenza
provinciale ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.P.R. n. 474 del 1975
(Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige
in  materia  di  igiene e sanita) e, dopo la riforma del titolo V, ai
sensi  dell'art. 117,  comma  terzo, Cost. e dell'art. 10 della legge
costituzionale  n. 3  del  2001;  c) con la materia dell'impresa, che
ricade  nella previsione residuale dell'art. 117, quarto comma, della
Costituzione;  d)  con le competenze delegate alla Provincia autonoma
dall'art. 9-bis   del   d.P.R.   n. 280   del  1974,  precedentemente
attribuite agli uffici del lavoro.
    Poiche'  le  norme  censurate non fanno espresso riferimento alle
Province autonome, potrebbe essere configurabile, tuttavia, ad avviso
della  ricorrente,  un'interpretazione  adeguatrice delle stesse, nel
senso  di escluderne l'applicabilita' nel territorio provinciale: una
tale   interpretazione,  se  condivisa  dalla  Corte  costituzionale,
farebbe venire meno i motivi di doglianza esposti nel ricorso.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  la
ricorrente  deduce,  in  primo  luogo, la violazione delle competenze
legislative  provinciali.  La normativa censurata introduce, infatti,
una  procedura  di  regolarizzazione  che  rientrerebbe nella materia
«tutela  del  lavoro», attribuendo ad un organo quale il CLES - salvo
il  parere  dei  comuni  sulle  questioni  ambientali  o urbanistiche
connesse   -   la   decisione   sull'avvenuto  adeguamento  da  parte
dell'imprenditore  agli  obblighi fissati dalla legge per l'emersione
del  lavoro  sommerso.  Secondo  la  ricorrente, se tale organo e' da
considerare   statale,   allora   cio'   comporta  l'invasione  delle
competenze  legislative e amministrative della Provincia autonoma; se
tale  organo  e'  invece  da  considerare  provinciale,  allora  cio'
comporta  una  violazione  della  potesta'  legislativa in materia di
organizzazione  provinciale. L'organo in questione, inoltre, esautora
le  autorita'  competenti,  le quali, dopo l'approvazione del piano -
che  produce  l'estinzione  dei  reati e di tutte le sanzioni -, sono
tenute  a  rilasciare  le  relative  autorizzazioni.  Poiche' l'unico
principio  fondamentale  desumibile dalla normativa statale e' quello
dell'emersione   del   lavoro   sommerso  attraverso  il  progressivo
adeguamento   a  determinati  obblighi,  la  normativa  in  questione
contiene  per  il  resto  una  disciplina  di  dettaglio  preclusa al
legislatore    statale.    Un'ulteriore   violazione   dell'autonomia
provinciale   consisterebbe   nel   carattere  autoapplicativo  della
disciplina,  in  relazione  al  particolare meccanismo di adeguamento
previsto dall'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
    In   secondo   luogo,   la  ricorrente  lamenta  l'illegittimita'
costituzionale  della norma censurata per violazione delle competenze
amministrative   provinciali.   Essa   infatti  attribuisce  al  CLES
competenze amministrative provinciali o che comunque interferirebbero
con  le  funzioni  di  organi  provinciali,  e percio' violerebbe, in
particolare, l'art. 4, comma 1, del citato decreto legislativo n. 266
del 1992.
    In  terzo  luogo,  e'  denunciata  la violazione della competenza
provinciale in materia di funzioni comunali, in quanto l'attribuzione
di   competenze  consultive  ai  comuni,  da  parte  del  comma 5-bis
dell'articolo  censurato, viola l'art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 526
del  1987,  che  riserva  alla  legge provinciale il trasferimento ai
comuni  di  funzioni  amministrative  che  rientrino nella competenza
provinciale.
    Come  quarto  motivo  di censura, la Provincia autonoma deduce la
violazione  del  principio  di  leale  collaborazione, per il mancato
coinvolgimento    delle    autonomie   regionali   nel   procedimento
legislativo,  in  materie  che  sarebbero  di  competenza  regionale.
Risulterebbe pertanto violato, in particolare, l'art. 2, comma 3, del
d.lgs.  n. 281  del 1997, che prevede che la Conferenza Stato-Regioni
sia  obbligatoriamente  sentita  sugli schemi di disegni di legge, di
decreto  legislativo  o  di  regolamento  statali,  nelle  materie di
competenza  delle regioni o Province autonome e prevede al successivo
comma 5,  per  i  casi  di urgenza, la consultazione successiva della
stessa Conferenza.
    L'ultima  censura  proposta riguarda l'illegittimita' della norma
denunciata  per  il  caso  che essa venga riferita a materia delegata
alla  Provincia autonoma. Secondo la ricorrente, poiche' l'art. 9-bis
del  d.P.R.  n. 280  del  1974  ha  delegato  alle  Province autonome
funzioni amministrative in materia di lavoro, si potrebbe ipotizzare,
in  via  di  estremo subordine, che le norme impugnate interferiscano
proprio   con   tali  materie  delegate.  Una  tale  interferenza  si
tradurrebbe,  comunque,  in  una  violazione dello stesso art. 9-bis,
comma  terzo,  che riserva alla legge provinciale la disciplina delle
funzioni delegate.
    5.  -  Con  atto depositato il 10 febbraio 2003, si e' costituita
l'Avvocatura  generale  dello  Stato, per il Presidente del Consiglio
dei   ministri,   chiedendo   il  rigetto  del  ricorso  e  svolgendo
argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle riportate sub 2.
    6.  -  Con  successiva  memoria depositata il 9 febbraio 2005, la
Provincia   autonoma   di  Trento  contesta  la  sussistenza  di  una
competenza  esclusiva  dello Stato per l'attuazione della parte prima
della Costituzione. Prosegue poi escludendo la riconducibilita' della
materia   disciplinata   dalle  norme  censurate  alla  tutela  della
concorrenza  ed osserva, infine, che le esigenze di uniformita' della
disciplina prospettate dallo Stato non giustificano l'attribuzione ad
organi statali periferici di competenze amministrative.

                       Considerato in diritto

    1.  - Con separati ricorsi, la Provincia autonoma di Bolzano e la
Provincia autonoma di Trento hanno proposto questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 1-bis  della  legge 18 ottobre 2001, n. 383
(Primi  interventi  per  il  rilancio dell'economia), come sostituito
dall'art. 1,  comma 2,  del  decreto-legge  25 settembre 2002, n. 210
(Disposizioni  urgenti  in materia di emersione del lavoro sommerso e
di   rapporti   di   lavoro   a   tempo  parziale),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  22 novembre  2002, n. 266, deducendo la
violazione:  1)  dell'art. 8,  numero 1,  dell'art. 9,  numeri 4 e 5,
dell'art. 10   e  dell'art. 16  del  d.P.R.  31 agosto  1972,  n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige), che attribuiscono,
rispettivamente,  alla  Province  autonome  la competenza legislativa
esclusiva  in  materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del
personale   ad  essi  addetto»  (art. 8,  numero  1);  la  competenza
legislativa  concorrente  in  materia  di  apprendistato, libretti di
lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori (art. 9, numero 4) e di
costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali di
controllo   sul   collocamento  (art. 9,  numero  5);  le  competenze
amministrative   corrispondenti   a   tali   competenze   legislative
(art. 16);  2)  degli articoli 2 e 3 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280
(Norme   di   attuazione   dello  statuto  speciale  per  la  regione
Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  disciplina  delle  commissioni
comunali   e   provinciali   per  il  collocamento  al  lavoro),  che
attribuiscono  alle  Province  autonome  la  competenza a fissare con
legge  la  disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il
collocamento al lavoro; 3) degli articoli 3 e 4 del d.P.R. 26 gennaio
1980,  n. 197  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione
in  materia  di igiene e sanita' approvate con decreto del Presidente
della  Repubblica  28 marzo  1975,  n. 474),  che  attribuiscono alle
Province  autonome  funzioni amministrative in materia di vigilanza e
tutela  del  lavoro  e trasferiscono dallo Stato alle Province stesse
gli  ispettorati  provinciali  del  lavoro;  4)  dell'art. 117  della
Costituzione,  in  relazione  all'art. 10  della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  titolo V della parte seconda
della Costituzione), per cui le Province autonome sono titolari della
potesta'  legislativa  concorrente  nella  materia del lavoro e della
potesta'  legislativa  residuale nelle altre materie, come l'impresa,
nelle  quali  la  disciplina  impugnata  incide;  5)  del  riparto di
competenze  amministrative  fra  Stato  e  Province  autonome; 6) del
principio  di  leale  collaborazione  in  relazione  alla  nomina dei
componenti  dei  Comitati  per  il  lavoro e l'emersione del sommerso
(CLES).
    Oltre  a  tali  parametri, indicati da entrambe le ricorrenti, la
Provincia  autonoma  di  Bolzano  ha  evocato  anche  l'art. 10 dello
statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige, nella parte in cui le
attribuisce  una  potesta'  legislativa  integrativa  in  materia  di
«collocamento  e  avviamento  al  lavoro, con facolta' di avvalersi -
fino  alla  costituzione  dei propri uffici - degli uffici periferici
del  Ministero  del  lavoro per l'esercizio dei poteri amministrativi
connessi  con  le potesta' legislative spettanti alle Province stesse
in materia di lavoro».
    La  Provincia autonoma di Trento ha invece dedotto la violazione:
1)  dell'art. 8,  numeri  5,  6,  11,  13,  14,  15,  16,  17,  21, e
dell'art. 9, numeri 9 e 10, dello statuto speciale, che attribuiscono
alla  Provincia  autonoma  competenze legislative in materie connesse
con  la  tutela  dell'ambiente;  2)  del  d.P.R.  n. 280 del 1974; 3)
dell'art. 1,  comma 2,  del  d.P.R.  28 marzo  1975, n. 474 (Norme di
attuazione  dello  statuto  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige in
materia  di  igiene e sanita), che attribuisce alle Province autonome
funzioni  amministrative  in  materia di sicurezza sul lavoro; 4) del
d.P.R.   n. 197  del  1980;  5)  dell'art. 15,  comma 2,  del  d.P.R.
19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige
ed  alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del
decreto  del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), che
attribuisce  alla  Provincia  autonoma  la  competenza legislativa in
materia  di  trasferimento  ai  comuni di funzioni amministrative che
rientrino  nella  competenza provinciale; 6) degli articoli 2 e 4 del
d.lgs.  16 marzo  1992,  n. 266  (Norme  di  attuazione dello statuto
speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti
legislativi  statali  e  leggi  regionali  e  provinciali, nonche' la
potesta'  statale  di indirizzo e coordinamento); 7) del principio di
leale collaborazione nel procedimento legislativo, anche in relazione
all'art. 2   del   d.lgs.  28 agosto  1997,  n. 281  (Definizione  ed
ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza  permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
Bolzano  ed  unificazione,  per  le materie ed i compiti di interesse
comune  delle  regioni delle province e dei comuni, con la Conferenza
Stato-citta'  ed autonomie locali), che prevede in particolare che la
Conferenza  Stato-Regioni  sia obbligatoriamente sentita sugli schemi
di atti normativi.
    1.1.  -  La Provincia autonoma di Trento ipotizza preliminarmente
una  «possibile  interpretazione  adeguatrice» delle norme censurate,
nel  senso  di  escluderne  la  diretta applicabilita' nel territorio
provinciale,  cosi'  che  «verrebbero  meno  le  ragioni di doglianza
esposte  [...]  nel  ricorso». A sostegno di tale interpretazione, la
ricorrente richiama l'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, in forza del
quale   la   disciplina   censurata  potrebbe  essere  ritenuta  «non
immediatamente applicabile» nella Provincia, perche' si limiterebbe a
far   sorgere  «meri  obblighi  di  adeguamento»  della  legislazione
provinciale.
    1.2.  -  Quanto all'oggetto dei ricorsi, in particolare, entrambe
le   ricorrenti  censurano:  a)  l'istituzione  presso  le  direzioni
provinciali  del  lavoro di «Comitati per il lavoro e l'emersione del
sommerso»  (CLES), i cui componenti sono nominati dal prefetto (comma
1);  b)  la  presentazione  ai  CLES  da parte degli imprenditori dei
«piani   individuali   di  emersione»  (comma  2);  c)  la  verifica,
valutazione  ed  eventuale  approvazione o reiezione di tali piani da
parte  dei  CLES,  nell'ambito delle linee generali definite dal CIPE
(commi  da  5  a 9); d) le attivita' dell'amministrazione conseguenti
all'approvazione  dei  piani  (comma  10);  e)  la  sospensione,  nei
confronti  degli  imprenditori  che abbiano presentato i piani, delle
ispezioni  e  verifiche  degli organi di vigilanza, per le violazioni
oggetto della procedura di regolarizzazione (comma 15).
    1.3.  -  Quanto  ai  motivi dei ricorsi, le due Province autonome
deducono,  con una prima censura, l'illegittimita' costituzionale del
denunciato   articolo   per  la  violazione  delle  sopra  menzionate
competenze  legislative  provinciali  loro riconosciute dallo statuto
speciale,  perpetrata  anche  attraverso la violazione dell'autonomia
provinciale,  lesa  dal  carattere  autoapplicativo  della disciplina
denunciata, contrastante con il particolare meccanismo di adeguamento
previsto dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.
    In  secondo  luogo,  le  ricorrenti  lamentano  la  lesione della
competenza  legislativa concorrente in materia di tutela del lavoro e
della    competenza    legislativa    residuale    loro   attribuita,
rispettivamente, dal terzo e dal quarto comma dell'art. 117 Cost., in
virtu'  della  «clausola  di  maggior favore» introdotta dall'art. 10
della  legge  costituzionale n. 3 del 2001. La disposizione censurata
configurerebbe, infatti, una procedura di regolarizzazione rientrante
nella materia «tutela del lavoro» ed attribuirebbe ad un organo quale
il  CLES  -  salvo  il parere dei comuni sulle questioni ambientali o
urbanistiche  connesse  - la valutazione circa l'adeguamento da parte
dell'imprenditore  agli  obblighi fissati dalla legge per l'emersione
del  lavoro sommerso. Il denunciato art. 1-bis della legge n. 383 del
2001 non si limiterebbe, percio', a fissare il principio fondamentale
della gradualita' dell'emersione del lavoro sommerso, ma stabilirebbe
una  disciplina  di  dettaglio, preclusa al legislatore statale nelle
materie  di  potesta' legislativa concorrente. Sussisterebbe, in ogni
caso,   una   violazione   della  competenza  legislativa  residuale,
attribuita  in via generale alle Regioni dall'art. 117, quarto comma,
Cost.,  in  relazione  a  quella parte della disciplina impugnata non
rientrante nella materia della tutela del lavoro.
    In   terzo   luogo,   in   entrambi  i  ricorsi  viene  lamentata
l'illegittimita'  costituzionale della norma censurata per violazione
delle competenze amministrative provinciali. L'art. 1-bis della legge
n. 383   del   2001,   infatti,   attribuirebbe  ai  CLES  competenze
amministrative   proprie  delle  Province  autonome  o  che  comunque
interferirebbero  con  le  funzioni  di organi provinciali, e percio'
violerebbe,  in  particolare,  l'art. 4,  comma 1,  del citato d.lgs.
n. 266 del 1992.
    1.4.  -  La  Provincia  autonoma  di Bolzano evoca, in subordine,
quale   parametro   di   costituzionalita',  il  principio  di  leale
collaborazione,  in  forza  del  quale la normativa impugnata avrebbe
dovuto  almeno  prevedere  che il potere di nomina dei componenti del
CLES  non  spettasse  esclusivamente ad un organo statale, ma venisse
invece esercitato a seguito di un'intesa con la stessa Provincia.
    1.5.  -  La  Provincia  autonoma  di Trento denuncia, inoltre, la
violazione  della  competenza provinciale: a) in materia di sicurezza
sul  lavoro,  attribuitale  dall'art. 1, comma 2, del d.P.R. 28 marzo
1975,  n. 474  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanita) e, dopo la riforma
del  titolo  V,  dal combinato disposto degli artt. 117, comma terzo,
Cost. e 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001; b) in materia di
impresa,   che   ricadrebbe   nella   previsione   residuale  di  cui
all'art. 117,  quarto  comma, della Costituzione e sarebbe invocabile
in forza del citato art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
c)  in  materia  di  funzioni  comunali,  in quanto l'attribuzione di
competenze   consultive   ai   comuni,   da   parte  del  comma 5-bis
dell'articolo  censurato,  violerebbe  l'art. 15, comma 2, del d.P.R.
n. 526  del 1987, che riserva alla legge provinciale il trasferimento
ai  comuni  di funzioni amministrative che rientrino nella competenza
provinciale.
    Con  un ulteriore motivo di censura, la stessa Provincia autonoma
deduce  la  violazione  del principio di leale collaborazione, per il
mancato  coinvolgimento  delle  autonomie  regionali nel procedimento
legislativo,  in  materie  che  sarebbero  di  competenza  regionale.
Risulterebbe pertanto violato, in particolare, l'art. 2, comma 3, del
d.lgs.  n. 281  del 1997, che prevede che la Conferenza Stato-Regioni
sia  obbligatoriamente  sentita  sugli schemi di disegni di legge, di
decreto  legislativo  o  di  regolamento  statali,  nelle  materie di
competenza  delle Regioni o Province autonome e prevede al successivo
comma 5,  per  i  casi  di urgenza, la consultazione successiva della
stessa Conferenza.
    L'ultima  censura,  proposta  in  via  subordinata dalla medesima
ricorrente,  riguarda l'illegittimita' della norma denunciata, per il
caso  che essa venga riferita alle funzioni amministrative in materia
di  lavoro  delegate  dallo  Stato  alla  Provincia autonoma ai sensi
dell'art. 9-bis  del d.P.R. n. 280 del 1974. In tal caso, si potrebbe
ipotizzare,  ad  avviso  della  Provincia, che le norme impugnate non
interferiscano con materie di competenza propria, ma con tali materie
delegate.  Una  tale  interferenza  si  tradurrebbe, comunque, in una
violazione  dello  stesso  art. 9-bis,  comma terzo, che riserva alla
legge provinciale la disciplina delle funzioni delegate.
    2.  -  I  ricorsi hanno lo stesso oggetto e, pertanto, i relativi
giudizi vanno riuniti per essere congiuntamente decisi.
    3.  -  Occorre  premettere che non vale ad escludere la rilevanza
delle  sollevate  questioni  l'osservazione  avanzata dalla Provincia
autonoma di Trento, da questa definita «interpretazione adeguatrice»,
secondo  cui  la  disciplina  censurata potrebbe essere ritenuta «non
immediatamente  applicabile  nella  Provincia», perche' non preceduta
dalla  specifica  procedura  di  adeguamento normativo ad opera della
stessa  Provincia,  prevista  dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992.
Per  la  rilevanza  delle  questioni e' sufficiente l'applicabilita',
anche  se  «non  immediata»,  della  norma  denunciata alla Provincia
autonoma.   L'invocato   art. 2   si  limita,  infatti,  a  differire
l'efficacia  delle  leggi statali nella suddetta Provincia attraverso
l'attivazione  di  un  meccanismo  di  adeguamento della legislazione
provinciale   alla  legislazione  statale,  proprio  sul  presupposto
dell'astratta  applicabilita'  alla  Provincia  della legge statale e
dell'interferenza tra fonti statali e provinciali.
    4. - Le questioni prospettate non sono fondate.
    4.1.   -   Le  censure  proposte,  pur  se  riguardanti  l'intero
art. 1-bis della legge n. 383 del 2001, investono, nella sostanza, le
norme  relative  all'istituzione e all'attivita' dei «Comitati per il
lavoro  e  l'emersione del sommerso» (CLES) con i correlativi effetti
e,  quindi,  solo la prima delle due fasi che compongono la procedura
di  emersione progressiva del lavoro irregolare disciplinata da detto
articolo.
    Tali  norme riguardano il progressivo adeguamento, da parte degli
imprenditori,  agli  obblighi di legge relativi a «materie diverse da
quella fiscale e contributiva» e agli obblighi previsti dai contratti
collettivi   di   lavoro   in   materia   di  trattamento  economico.
L'adeguamento  si realizza previa presentazione, entro il 28 febbraio
2003,  di  «piani  individuali  di  emersione»,  contenenti  proposte
dirette   alla   graduale  regolarizzazione  di  detti  obblighi,  da
approvarsi   dai   CLES   e   da  realizzarsi  nel  termine  indicato
dall'art. 1-bis, comma 2, lettera a).
    Questa  prima  fase, dopo l'approvazione dei piani individuali di
emersione,  sfocia  necessariamente  nella  seconda  fase, introdotta
dall'obbligatoria  presentazione, sempre da parte degli imprenditori,
di  apposite  «dichiarazioni  di  emersione» degli inadempimenti agli
obblighi  stabiliti  dalla  normativa  vigente  «in materia fiscale e
previdenziale»  (comma  2,  lettera d, dell'art. 1-bis). Ai sensi del
comma 11   dell'art. 1-bis,   dette  dichiarazioni  hanno  le  stesse
finalita'   e   producono   gli   stessi   effetti   delle   analoghe
«dichiarazioni  di  emersione»  richieste dall'art. 1 quale titolo di
accesso  al  particolare  regime di incentivo fiscale e previdenziale
previsto,  nell'ambito  dei  generali  piani o programmi di emersione
approvati  dal  CIPE,  a  favore dei dichiaranti e dei lavoratori. E'
evidente  che  per  questa  seconda  fase  della procedura - regolata
dall'art. 1   attraverso  il  richiamo  operato  dalla  stessa  norma
censurata  -  non  si  pone  alcun problema di riparto di competenze,
perche' essa attiene alle violazioni di obblighi di legge in «materia
fiscale  e  previdenziale»  (art. 1,  comma 1) e prevede una serie di
provvidenze  ed  agevolazioni  nelle  stesse  materie.  Deve  essere,
percio',   considerata   espressione   della  competenza  legislativa
esclusiva  dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e)
(«sistema   tributario   dello   Stato»)  e  lettera o)  («previdenza
sociale»),  Cost.,  senza  che  sussista  alcuna  interferenza con le
competenze  statutarie  di  potesta' legislativa concorrente indicate
dalle ricorrenti.
    4.2.  -  Da  quanto sopra consegue che le questioni sollevate con
riferimento   all'intero   art. 1-bis   restano   circoscritte   alla
determinazione  delle  sole materie cui ricondurre le funzioni svolte
dai  CLES  in ordine ai piani individuali di emersione progressiva e,
quindi,    all'individuazione    delle    corrispondenti   competenze
legislative e amministrative dello Stato o delle Province autonome.
    Ritiene  al  riguardo  questa  Corte  che anche le norme relative
all'attivita'  dei  CLES  - al pari di quelle disciplinanti il regime
agevolato  fiscale  e  previdenziale  dell'emersione  - devono essere
ricondotte  alla competenza legislativa esclusiva dello Stato e vanno
in   particolare  ricomprese,  in  applicazione  del  criterio  della
prevalenza,   nella   materia   dell'«ordinamento   civile»   di  cui
all'art. 117,  secondo  comma, lettera l), della Costituzione. A tale
conclusione inducono sia la ratio e l'inquadramento sistematico della
normativa  denunciata,  sia  la connessione funzionale tra la fase di
emersione  progressiva  basata  sui  piani  individuali,  oggetto  di
censura, e quella fondata sulla dichiarazione di emersione, di cui al
citato art. 1.
    4.2.1.  -  Quanto  alla  ratio, va osservato che essa puo' essere
convenientemente  apprezzata  solo se riferita all'obiettivo generale
del  rilancio  dell'economia, desumibile anche dal titolo della legge
(«Primi interventi per il rilancio dell'economia»).
    L'intento  del  legislatore  e'  di  raggiungere  tale  obiettivo
favorendo   «l'emersione   dall'economia  sommersa»,  attraverso  una
disciplina  transitoria  che  mantenga  inalterata  la  funzionalita'
economica  delle  imprese  emergenti. Gli strumenti predisposti a tal
fine  dalla  legge  n. 383  del 2001 sono, da un lato, un appropriato
regime  di incentivo fiscale e previdenziale (art. 1, commi da 2 a 5)
e,  dall'altro,  l'attribuzione  agli  imprenditori della facolta' di
ritardare l'adeguamento agli obblighi rimasti inadempiuti, secondo le
modalita'  previste  da  piani  individuali  di emersione (art. 1-bis
denunciato).
    In  questo  contesto,  i CLES, ai sensi dei censurati commi 5 e 8
dell'art. 1-bis,   svolgono   l'importante   funzione   di   modulare
l'intervento   pubblico  nella  delicata  materia  della  progressiva
regolarizzazione  dei  rapporti  irregolari  di  lavoro,  al  fine di
realizzare  gradualmente  l'uniforme adempimento degli obblighi degli
imprenditori.   I   CLES,   infatti:  a)  valutano  le  «proposte  di
progressivo  adeguamento  agli  obblighi  di  legge diversi da quelli
fiscali  e  previdenziali»;  b)  formulano,  di  propria  iniziativa,
«eventuali  proposte di modifica» dei piani individuali di emersione;
c)  valutano  la  fattibilita' tecnica di detti piani; d) definiscono
temporanee   modalita'   di   adeguamento  per  ciascuna  materia  da
regolarizzare;  e)  verificano  la  conformita'  dei  piani ai minimi
contrattuali; f) approvano i piani medesimi.
    4.2.2.  -  Da tale elencazione risulta che l'attivita' svolta dai
CLES   a   livello  decentrato  -  e,  segnatamente,  l'attivita'  di
approvazione  dei  piani  e  di formulazione di eventuali proposte di
modifica  - si inserisce in modo determinante in una procedura idonea
ad  integrare il contratto individuale di lavoro secondo il contenuto
dei  piani  individuali di emersione approvati e, quindi, ad incidere
sui  tempi  e  sulle modalita' di adempimento degli obblighi previsti
dalla legge e dalla contrattazione collettiva, nonche' specificamente
sul  trattamento  economico  pattuito con il contratto individuale di
lavoro.  In  virtu'  della  procedura  gestita  dai CLES, i contratti
individuali  di  lavoro,  originariamente  irregolari, si trasformano
gradualmente   in   contratti   conformi   ai   suddetti  obblighi  e
prescrizioni  (commi 2 e 5 dell'articolo denunciato), generando nuovi
impegni  degli imprenditori, che valgono, da un lato, a modificare la
precedente  regolamentazione convenzionale e, dall'altro, a garantire
ulteriormente  l'adempimento  degli  obblighi  di  legge  in  materie
diverse da quella fiscale e previdenziale.
    L'assunzione  di  tali  impegni,  potendo incidere sull'autonomia
negoziale  in  funzione  della  regolarizzazione del lavoro, soddisfa
pertanto    l'esigenza   -   strettamente   connessa   al   principio
costituzionale  di  eguaglianza  -  di assicurare, decorso il periodo
transitorio  previsto dalla citata legge n. 383 del 2001 (art. 1-bis,
comma 2,  lettera a),  l'applicazione  uniforme di quelle regole e di
quei principi generali disciplinanti i rapporti individuali di lavoro
fra privati, che gli imprenditori avevano omesso di applicare.
    In materia di trattamento economico, tale intento uniformatore e'
reso  ancora  piu'  evidente  dall'estensione - disposta dal comma 13
dell'art. 1-bis   -   del   regime   di  emersione  progressiva  agli
imprenditori   che   avevano   gia'   fatto  ricorso  allo  strumento
agevolativo  dei  contratti  di  riallineamento retributivo di cui al
decreto-legge   1° ottobre  1996,  n. 510  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  lavori  socialmente  utili, di interventi a sostegno del
reddito  e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni,
dalla  legge  28 novembre  1996,  n. 608,  e che non erano riusciti a
rispettare  gli  obblighi  assunti  in  forza  di  tali contratti. La
possibilita'  di  accedere  ai  programmi  di  emersione  progressiva
offerta   a   tali   imprenditori  e'  giustificata,  infatti,  dalla
fungibilita'  dei  due  regimi,  in  ragione  della finalita' ad essi
comune   di   garantire  ai  lavoratori  un  trattamento  retributivo
uniforme.
    4.2.3. - La speciale disciplina contenuta nelle norme denunciate,
essendo  idonea  a  modificare  a  fini  di  uniformita' l'originario
regolamento  contrattuale, attiene dunque - in modo caratterizzante -
all'esercizio dell'autonomia negoziale in tema di contratti di lavoro
e  deve percio' essere ricondotta, secondo un criterio di prevalenza,
alla  materia  dell'«ordinamento  civile»,  ai  sensi  dell'art. 117,
secondo  comma,  lettera l),  Cost. e, quindi, all'esclusiva sfera di
competenza legislativa dello Stato.
    Le norme oggetto di censura vanno, percio', annoverate tra quelle
che, per costante orientamento di questa Corte, pongono alla potesta'
legislativa  regionale  «il  limite  cosiddetto  del diritto privato,
fondato   sull'esigenza,  connessa  al  principio  costituzionale  di
eguaglianza,  di  garantire  l'uniformita'  nel  territorio nazionale
delle  regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra
privati»  (v.,  fra  le molte decisioni, sia anteriori che posteriori
alla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, le
sentenze n. 50 del 2005, n. 282 del 2004, n. 352 del 2001 e n. 82 del
1998).
    4.2.4.  -  Se  poi  si  considera  che, nell'ambito dell'organico
progetto  di «emersione dall'economia sommersa», la fase di emersione
progressiva  oggetto  di  censura culmina in quella gia' descritta di
regolarizzazione  fiscale  e previdenziale disciplinata dall'art. 1 e
che  quest'ultima - come gia' rilevato - e' sicuramente riconducibile
alla   competenza   legislativa   esclusiva   dello  Stato  ai  sensi
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettere e) ed o) della Costituzione,
appare  vieppiu'  coerente  al  disegno  complessivo  del legislatore
ritenere che la prima fase si coordini con la finalita' di «incentivo
fiscale  e  previdenziale»  e  che,  di  conseguenza,  anch'essa  sia
riconducibile,  seppure a titolo diverso, alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato.
    4.3.  -  La  riconduzione,  secondo il criterio della prevalenza,
della  norma censurata alla materia dell'«ordinamento civile» assorbe
ogni altro profilo attinente a diverse materie ed in particolare alla
«tutela  dell'ambiente», di competenza legislativa esclusiva statale,
e  alla  «tutela  e  sicurezza del lavoro», riservata dal terzo comma
dell'art. 117 Cost. alla potesta' legislativa concorrente.
    5.   -   La  disciplina  dell'emersione  progressiva  del  lavoro
irregolare,  rientrante  nella  materia dell'«ordinamento civile», e'
del  tutto  diversa  per  oggetto  e funzioni dagli ambiti settoriali
invocati  dalle  Province  autonome di Trento e Bolzano («ordinamento
degli  uffici  provinciali  e  del personale ad essi addetto», di cui
all'art. 8,  numero  1,  dello  statuto;  «apprendistato, libretti di
lavoro,  categorie  e  qualifiche dei lavoratori», di cui all'art. 9,
numero 4, dello statuto; «costituzione e funzionamento di commissioni
comunali  e  provinciali  di  controllo  sul  collocamento»,  di  cui
all'art. 9,  numero  5,  dello statuto ed agli artt. 2 e 3 del d.P.R.
n. 280  del  1974;  «collocamento  e  avviamento  al  lavoro», di cui
all'art. 10 dello statuto; «igiene e sanita», di cui al d.P.R. n. 474
del  1975; «ispezione del lavoro», di cui agli artt. 3 e 4 del d.P.R.
n. 197  del  1980).  Cio'  e'  sufficiente per escludere la lamentata
lesione di competenze statutarie.
    6.  - Neppure sussiste la competenza legislativa residuale di cui
all'art. 117,  quarto  comma, Cost., invocata dalle Province autonome
ricorrenti  in  forza  della «clausola di maggior favore» prevista in
via  transitoria  dall'art. 10  della  legge  costituzionale n. 3 del
2001,  anche  con riferimento alla asserita esistenza di una «materia
dell'impresa»,   per   la  parte  di  disciplina  non  inclusa  nella
competenza relativa alla «tutela e sicurezza del lavoro». Il criterio
di  prevalenza  che  ha  portato  ad accertare l'esclusiva competenza
legislativa  dello  Stato  in  materia  di  «ordinamento  civile» non
consente  ne'  di  far rientrare le norme denunciate nella competenza
residuale  ne',  comunque, di effettuare la comparazione tra le forme
di   autonomia  garantite  dalla  Costituzione  e  quelle  statutarie
richiesta dal citato art. 10.
    7.  -  Va,  inoltre,  esclusa  la  denunciata interferenza tra la
disciplina censurata e le competenze amministrative riconosciute alle
Province  ricorrenti dall'art. 16 dello statuto speciale. Tale norma,
che  pone  un  necessario  parallelismo  fra competenze legislative e
competenze  amministrative,  non  e' infatti operante per la rilevata
mancanza di competenze legislative statutarie delle Province autonome
nella materia dell'emersione progressiva del lavoro irregolare.
    8.  -  Per  la  stessa  ragione, non sussistono ne' la violazione
dell'art. 15,  comma 2,  del d.P.R. n. 526 del 1987, che riserva alla
legge   provinciale   il   trasferimento   ai   comuni   di  funzioni
amministrative  che  rientrino  nella  competenza provinciale, ne' la
violazione  dell'art. 9-bis  del  d.P.R. n. 280 del 1974, che riserva
alla legge provinciale la disciplina delle funzioni amministrative in
materia di lavoro delegate dallo Stato alla Provincia autonoma.
    9.   -  L'applicazione  del  criterio  della  prevalenza  per  la
risoluzione  dell'interferenza tra la norma censurata e le competenze
legislative  provinciali, in presenza dell'accertata appartenenza del
nucleo   essenziale   della   disciplina   denunciata   alla  materia
dell'ordinamento   civile,   esclude,   infine,   l'operativita'  del
principio di leale collaborazione, invocato dalle ricorrenti sotto il
profilo sia legislativo che amministrativo (v. sentenze n. 50 e n. 51
del  2005).  Non  trova,  pertanto,  applicazione  neanche  l'art. 2,
comma 3,  del  d.lgs.  n. 281 del 1997, che prevede che la Conferenza
Stato-Regioni  sia  sentita  sugli  schemi  di atti normativi statali
nelle materie di competenza delle Regioni.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1-bis della legge 18 ottobre 2001, n. 383 (Primi interventi
per il rilancio dell'economia), come sostituito dall'art. 1, comma 2,
del  decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210 (Disposizioni urgenti in
materia  di  emersione  del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a
tempo parziale), convertito con modificazioni dalla legge 22 novembre
2002,  n. 266,  sollevata - in riferimento agli articoli 8, numeri 1,
5, 6, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 21; 9, numeri 4, 5, 9 e 10; 10 e 16 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  31 agosto  1972,  n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige); al decreto del
Presidente   della   Repubblica   22 marzo  1974,  n. 280  (Norme  di
attuazione  dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige
in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per
il  collocamento al lavoro); all'art. 1, comma 2, del d.P.R. 28 marzo
1975,  n. 474  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  per la regione
Trentino-Alto  Adige  in  materia di igiene e sanita); al decreto del
Presidente   della  Repubblica  26 gennaio  1980,  n. 197  (Norme  di
attuazione   dello   statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige
concernenti  integrazioni  alle  norme  di  attuazione  in materia di
igiene   e   sanita'  approvate  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  28 marzo  1975, n. 474); all'art. 15, comma 2, del d.P.R.
19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige
ed  alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616); agli
articoli 2  e  4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme
di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il Trentino-Alto Adige
concernenti   il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e  leggi
regionali  e  provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e
coordinamento);   all'art. 117,   commi   terzo   e   quarto,   della
Costituzione,  in  relazione  all'art. 10  della legge costituzionale
18 ottobre  2001,  n. 3  (Modifiche  al  titolo V della parte seconda
della   Costituzione);   al   principio  di  leale  collaborazione  e
all'art. 2   del   decreto   legislativo   28 agosto   1997,   n. 281
(Definizione  ed  ampliamento  delle  attribuzioni  della  Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome  di  Trento  e  Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti  di  interesse  comune  delle  regioni  delle  province e dei
comuni,  con  la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali) - dalla
Provincia  autonoma  di  Trento e dalla Provincia autonoma di Bolzano
con i ricorsi in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2005.
                        Il Presidente: Contri
                         Il redattore: Gallo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 giugno 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C0683