N. 329 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 aprile 2005

Ordinanza  emessa  l'11  aprile  2005  dal  tribunale di Cagliari nel
procedimento penale a carico di Gaye Obibou

Straniero  - Espulsione amministrativa - Delitto di trattenimento nel
  territorio  dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento
  impartito   dal   questore   -   Arresto   e  contestuale  giudizio
  direttissimo  -  Previsione di obbligo per il giudice di rilasciare
  il  nulla  osta  all'espulsione  all'atto di convalida dell'arresto
  anziche'   all'esito   del   giudizio  -  In  alternativa:  mancata
  previsione  della  possibilita'  per  il giudice di negare il nulla
  osta  per  assicurare  all'imputato  l'effettivo  esercizio del suo
  diritto  di difesa - Lesione del diritto di difesa - Violazione del
  principio del giusto processo.
- D.Lgs.   25 luglio   1998,   n. 286,   art. 13,  comma 3-bis,  come
  modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 24, comma secondo, e 111, comma terzo.
(GU n.27 del 6-7-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti gli atti del procedimento penale n. 1822/05 R.G. trib., nei
confronti di Obibou Gaye;
    Sentite  le  parti  in  merito  alla  concessione  del nulla osta
all'espulsione  amministrativa del Gaye dal territorio dello Stato ai
sensi dell'art. 13, comma 3-bis, c.p.p.,

                            O s s e r v a

    In  data  2  marzo 2005 Obibou Gaye e' stato tratto in arresto da
ufficiali ed agenti di Polizia giudiziaria della stazione Carabinieri
di  Santa  Margherita  di Pula nella flagranza del delitto previsto e
punito dall'art. 14, comma 5-ter, in relazione al comma 5-bis, d.lgs.
n. 286/1998  (come  modificato  dalla legge n. 471/2004), per essersi
trattenuto   nel  territorio  dello  Stato,  quale  straniero,  senza
giustificato  motivo, in violazione del provvedimento del Questore di
Cagliari  in data 28 maggio 2003, impartito per ingresso illegale nel
territorio  nazionale,  che  gli  intimava  di lasciare il territorio
dello Stato entro cinque giorni da quella data.
    Il  Gaye  e'  stato  quindi  condotto  davanti  al  Tribunale  di
Cagliari,  in composizione monocratica, per la convalida dell'arresto
ed  il  contestuale  giudizio  direttissimo;  all'udienza del 3 marzo
2005, e' stato convalidato l'arresto e, poiche' il pubblico ministero
non  ha  chiesto  l'applicazione  di  misure coercitive personali, e'
stata  ordinata  l'immediata liberazione del Gaye se non detenuto per
altra  causa.  E'  stato  quindi disposto il giudizio direttissimo, e
l'imputato ha chiesto la concessione di un termine per predisporre la
propria difesa, ai sensi dell'art. 558, settimo comma, c.p.p.
    All'atto  della convalida, secondo quanto stabilito dall'art. 13,
comma  3-bis,  d.lgs.  286/1998  (come  modificato dall'art. 12 legge
189/2002),  il  giudice  deve rilasciare il nulla osta all'espulsione
amministrativa.
    Si  deve prospettare al riguardo una questione non manifestamente
infondata di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3-bis,
d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (come modificato dall'art. 12, legge 30
luglio  2002,  n. 189),  in riferimento al diritto di difesa tutelato
dall'art. 24, secondo comma, Cost., e a quello del giusto processo di
cui  all'art. 111,  terzo  comma.  Cost. (come modificato dalla legge
costituzionale  23  novembre  1999, n. 2), nella parte in cui prevede
che  il  giudice  debba  accordare il nulla osta all'espulsione dello
straniero  all'atto  della convalida dell'arresto, anziche' all'esito
del  giudizio,  o nella parte in cui non prevede che il giudice possa
negare   il   nulla  osta  per  assicurare  all'imputato  l'effettivo
esercizio  del suo diritto di difesa nel suo nucleo essenziale, ed in
particolare il diritto alla partecipazione al processo.
    I  profili  della  questione  di illegittimita' costituzionale in
merito  alle  citate norme della Carta fondamentale sono strettamente
intrecciati  tra  loro e si correlano alla struttura del procedimento
penale  per  i  reati  previsti dall'art. 14, commi 5-ter e 5-quater,
d.lgs. 286/1998 e successive modificazioni.
    Al  riguardo, si deve rilevare innanzitutto che l'art. 13, d.lgs.
286/1998,  norma  che  disciplina  l'espulsione in via amministrativa
dello straniero che si trovi illegalmente nel territorio dello Stato,
prevede   che   nel  caso  in  cui  lo  straniero  sia  sottoposto  a
procedimento penale l'azione dell'autorita' amministrativa competente
(questore)   debba   essere   coordinata  con  quella  dell'autorita'
giudiziaria, alla quale deve essere richiesto il nulla osta.
    La  legge  disciplina  poi  i  presupposti per la concessione del
nulla  osta  e  disegna  l'ambito  di discrezionalita' dell'autorita'
giudiziaria,  attraverso  due  norme  che  si  pongono in rapporto di
genere a specie.
    La  norma  generale  e' quella del terzo comma dell'art. 13 legge
citata, che prevede che l'autorita' giudiziaria possa negare il nulla
osta  «solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate
in  relazione  all'accertamento  della  responsabilita'  di eventuali
concorrenti  nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi,
e  all'interesse della persona offesa», in tal caso, l'esecuzione del
provvedimento  di  espulsione  e'  sospesa  fino a quando l'autorita'
giudiziaria  comunichi  la  cessazione delle esigenze processuali che
hanno comportato il diniego.
    La  norma speciale, riferita ai casi di arresto in flagranza o di
fermo,  e'  quella  del  comma 3-bis dello stesso art. 13, in base al
quale  il giudice, all'atto della convalida, rilascia il nulla osta a
meno  che  applichi  la misura coercitiva personale della custodia in
carcere  ovvero  ricorrano  le ragioni che giustificano il diniego ai
sensi del comma precedente.
    Dalla  lettura  coordinata  di  tali norme emerge dunque che, nel
caso  qui  in  esame  (convalida dell'arresto in flagranza), il nulla
osta all'espulsione amministrativa puo' essere negato soltanto quando
ricorrano  particolari motivi di tutela sociale (tali da giustificare
la  misura  della  custodia  in  carcere)  oppure  peculiari esigenze
investigative (accertamento della responsabilita' di altre persone) o
legate all'interesse della persona offesa.
    Si  deve  poi  aggiungere  che, ai sensi del comma 3-sexies dello
stesso  art.  13,  il  nulla  osta non puo' essere concesso quando si
proceda  per  i  reati  di cui all'art. 407, secondo comma, lett. a),
c.p.p., ovvero all'art. 12 del d.lgs. n. 286/1998.
    Non  viene dunque in alcun modo considerato, ai fini del rilascio
o   meno   del  nulla  osta  all'espulsione,  il  diritto  di  difesa
dell'imputato,  ed in particolare il diritto, previsto dall'art. 111,
terzo  comma,  Cost.,  di  disporre  del  tempo  e  delle  condizioni
necessari  per  preparare  la  sua difesa, di poter interrogare o far
interrogare  le  persone  che  rendono dichiarazioni a suo carico, di
ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a sua difesa e
l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore.
    La  ragione  di  tale  mancata considerazione e' da ricercare nel
successivo  comma  3-quater  che  prevede  che,  acquisita  la  prova
dell'avvenuta espulsione, il giudice - se non sia stato ancora emesso
il  decreto  che  dispone il giudizio - debba pronunciare sentenza di
non luogo a procedere.
    Tali disposizioni, pero', risentono del mancato coordinamento con
quelle,  successive, introdotte dalla c.d. legge Bossi/Fini (legge 30
luglio   2002,  n. 189),  che  ha  introdotto  il  comma  5-quinquies
dell'art. 14,  d.lgs.  n. 286/1998,  norma  in  base alla quale per i
reati  previsti  dai  commi  5-ter  e 5-quater, d.lgs. n. 286/1998 e'
obbligatorio   l'arresto   in   flagranza   e  si  procede  con  rito
direttissimo  (tale norma e' stata poi ribadita dal d.l. 14 settembre
2004, n. 241, convertito dalla legge 12 novembre 2004, n. 271).
    Infatti,  l'obbligatorieta'  dell'arresto in flagranza e del rito
direttissimo  fa  si'  non possa mai verificarsi, in relazione a tale
categoria  di  reati,  la  condizione  (mancato esercizio dell'azione
penale)  di  cui  all'art. 13,  comma  3-quater; conseguentemente, lo
straniero espulso non potra' essere prosciolto prima del giudizio.
    La  salvaguardia  del diritto di difesa e' dunque affidata in via
esclusiva  alla disposizione (intitolata infatti «diritto di difesa»)
dell'art. 17,  d.lgs.  n. 286/1998,  che  prevede  che  lo  straniero
sottoposto  a  procedimento  penale  sia  autorizzato  a rientrare in
Italia  per  il  tempo  strettamente  necessario  per l'esercizio del
diritto  di  difesa,  «al  solo  fine di partecipare al giudizio o al
compimento  di  atti  per  i  quali  e' necessaria la sua presenza» e
disciplina  il  relativo procedimento amministrativo, che si articola
in  una  documentata  istanza  presentata  dall'imputato  o  dal  suo
difensore  e  in un'autorizzazione rilasciata dal questore, anche per
il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare.
    Tale  procedimento amministrativo, pero', e' incompatibile con la
struttura  del giudizio direttissimo, in particolare nei procedimenti
davanti  al  Tribunale  in  composizione  monocratica, come disegnata
dall'art. 558 c.p.p.
    Infatti,  secondo  quanto  stabilito  dal sesto comma della norma
citata,  se  l'arresto  e'  convalidato  si procede immediatamente al
giudizio, nelle forme ordinarie o in quelle del giudizio abbreviato o
dell'applicazione  della  pena  su  richiesta,  e  salva  la facolta'
dell'imputato  di  chiedere  un  termine  per preparare la difesa non
superiore   a   cinque   giorni  (facolta'  che  rientra  nei  limiti
incomprimibili  del  diritto  di difesa, atteso che l'art. 111, terzo
comma,  Cost.,  prevede  che  l'imputato  debba disporre «del tempo e
delle condizioni necessari per preparare la sua difesa»).
    Il procedimento previsto dall'art. 17, in tale contesto, assume i
caratteri  di  una  garanzia  puramente  formale,  in contrasto con i
principi  affermati, in motivazione, dalla Corte costituzionale nella
sentenza   15  luglio  2004,  n. 222  (relativa  al  procedimento  di
convalida):  «non  e'  certo  in  discussione la discrezionalita' del
legislatore  nel configurare uno schema procedimentale caratterizzato
da  celerita'  (...)  Vengono  qui,  d'altronde, in considerazione la
sicurezza  e  l'ordine  pubblico suscettibili di esser compromessi da
flussi  migratori  incontrollati.  Tuttavia,  quale che sia lo schema
prescelto,  in  esso  devono  realizzarsi  i  principi  della  tutela
giurisdizionale;  non  puo',  quindi,  essere  eliminato  l'effettivo
controllo  sul  provvedimento  de  libertate, ne' puo' essere privato
l'interessato di ogni garanzia difensiva».
    Infatti, poiche' il questore esegue l'espulsione immediatamente e
-  al  di  fuori  dell'ipotesi  di  mancato  rinnovo  del permesso di
soggiorno  scaduto  mediante  accompagnamento  da  parte  della forza
pubblica,  si  deve  ritenere  che  il procedimento di espulsione non
garantisca  in  modo  sufficiente neppure il diritto dell'imputato di
partecipare  al  processo  nei suoi confronti, e tanto meno quello di
poter  concretamente  esercitare  -  nel  rapporto  dialettico con il
proprio  difensore  che  ne  costituisce il presupposto di fatto - le
facolta' previste dall'art. 111, terzo comma, Cost.
    In  particolare,  nel  caso in cui il giudizio non si concludesse
nella  stessa udienza, oppure nel caso in cui l'imputato chiedesse il
termine  di  legge  previsto per preparare la propria difesa (come e'
avvenuto  nel  caso specifico), il procedimento previsto dall'art. 17
non   sarebbe   sufficiente   a  tutelare  i  diritti  costituzionali
richiamati, essendo da escludere che nello spazio di cinque giorni lo
straniero  espulso  abbia la reale possibilita' di presentare istanza
di autorizzazione per il rientro in Italia per partecipare al proprio
processo,  ottenere  l'autorizzazione  del  questore,  raggiungere il
territorio nazionale e porsi nelle condizioni di poter effettivamente
predisporre la propria difesa.
    L'effettivo   esercizio   del   diritto  di  difesa  puo'  essere
assicurato   solamente   consentendo  all'imputato  di  rimanere  nel
territorio  nazionale,  mantenendo dunque una effettiva relazione con
il  proprio  difensore, prima e durante il processo (tenuto conto del
fatto  che,  come  si  e'  detto,  il  processo si svolge con cadenze
particolarmente rapide).
    Si   deve   dunque  ritenere  che  si  ponga  una  questione  non
manifestamente  infondata  di legittimita' dell'art. 13, comma 3-bis,
nella  parte  in  cui  prevede che il nulla osta all'espulsione debba
essere  rilasciato all'atto della convalida dell'arresto o del fermo,
anziche' all'esito del giudizio, o quanto meno nella parte in cui non
prevede  che  il giudice possa negare il nulla osta, oltre che per le
ragioni enunciate dalla norma, per garantire all'imputato l'esercizio
effettivo del diritto di difesa.
    La  questione  qui  sollevata,  infine, e' rilevante nel presente
giudizio.
    Il  Gaye,  infatti,  e' stato arrestato in flagranza e condotto a
giudizio   direttissimo,   ed   e'   stata   disposta   la  convalida
dell'arresto;   il   nulla   osta   deve   dunque  essere  rilasciato
immediatamente, non sussistendo alcune delle ipotesi che ai sensi dei
commi  3,  3-bis  e  3-sexies dell'art. 13 ne giustificano il diniego
(l'imputato,  infatti,  e'  a  piede  libero,  non  vi  sono  ragioni
processuali  o  di tutela della persona offesa, e il reato contestato
non  rientra  tra  quelli che escludono la possibilita' di espulsione
amministrativa).
    Inoltre, poiche' l'imputato ha chiesto ed ottenuto la concessione
di  un  termine  per  preparare la sua difesa, l'immediata esecuzione
dell'espulsione   -   da   eseguire   mediante  accompagnamento  alla
frontiera,  in  quanto  il  Gaye  non  ha mai ottenuto il permesso di
soggiorno   -  imporrebbe  all'imputato,  per  poter  partecipare  al
giudizio,  di  attivare  il procedimento previsto dall'art. 17, i cui
tempi  sono  ragionevolmente  incompatibili  con  quelli del presente
giudizio cosi' come disciplinato dal legislatore.
                              P. Q. M.
    1)   Dichiara   non  manifestamente  infondata  la  questione  di
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 13,  comma  3-bis d.lgs. 25
luglio  1998,  n. 286  (come  modificato dall'art. 12 legge 30 luglio
2002,  n. 189),  in  riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111,
terzo  comma,  Cost.  (come  modificato dalla legge costituzionale 23
novembre 1999, n. 2), nella parte in cui prevede che il giudice debba
accordare il nulla osta all'espulsione dello straniero all'atto della
convalida  dell'arresto,  anziche'  all'esito  del  giudizio, o nella
parte  in  cui  non prevede che il giudice possa negare il nulla osta
per  assicurare all'imputato l'effettivo esercizio del suo diritto di
difesa nel suo nucleo essenziale;
    2)  Per  l'effetto, dispone la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e dispone la sospensione del procedimento.
    Manda  alla  cancelleria  per gli adempimenti di cui all'art. 23,
ultimo comma, legge 11 marzo 1953, n. 57.
        Cagliari, addi' 11 aprile 2005
                         Il giudice: Altieri
05C0713