N. 251 ORDINANZA 20 giugno - 1 luglio 2005
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Patrocinio a spese dello Stato - Indagato, imputato o condannato per reati di evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto - Esclusione dal beneficio - Denunciata lesione del diritto di difesa dei non abbienti, del principio di presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, irragionevolezza, disparita' di trattamento nei confronti di indagati o imputati di altri reati - Motivazione insufficiente - Manifesta inammissibilita' delle questioni. - D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 91, comma 1, lettera a). - Costituzione, artt. 3, 24 e 27, secondo comma.(GU n.27 del 6-7-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI; Giudici: Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Annibale MARINI, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 91, comma 1, lettera a) del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promossi con ordinanze del 13 maggio 2004 dalla Corte d'appello di Torino e del 6 maggio 2004 dal giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Venezia nei procedimenti penali a carico di F. B. e di D. F. F. ed altri iscritte ai nn. 723 e 934 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 38 e 48, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 6 aprile 2005 il giudice relatore Alfio Finocchiaro. Ritenuto che, con ordinanza del 13 maggio 2004 la Corte d'appello di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 24, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 91, comma 1, lettera a), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), secondo cui l'ammissione al gratuito patrocinio e' esclusa per l'indagato, l'imputato o il condannato di reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; che, rileva il rimettente, B. F. aveva presentato ricorso contro il provvedimento di altra sezione della Corte d'appello che aveva rigettato la sua istanza di ammissione al gratuito patrocinio; che il ricorrente era stato condannato per i reati di cui agli artt. 8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la repressione delle violazioni delle norme finanziarie), 110 cod. pen. e 4 lettera d), del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429 (Norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 1982, n. 516, per avere emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti di diverse societa' negli anni 1995 e 1996 e aveva documentato i requisiti reddituali richiesti dal d.P.R. n. 115 del 2002 per ottenere il gratuito patrocinio; che, pertanto, la decisione della questione di costituzionalita' e', ad avviso del rimettente, rilevante nel giudizio a quo; che, quanto alla non manifesta infondatezza, la Corte d'appello rileva che il legislatore costituzionale ha previsto, come unico requisito per l'ammissione al gratuito patrocinio, lo stato di non abbienza, con esclusione di ulteriori limitazioni (art. 24, terzo comma, della Costituzione), mentre con la norma impugnata il legislatore ordinario ha apportato una deroga al principio sancito dalla norma costituzionale; che con ordinanza del 6 maggio 2004 il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della stessa norma impugnata con l'ordinanza di cui sopra, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27, secondo comma, della Costituzione; che, secondo il rimettente, F. D. F., imputato del reato di cui all'art. 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto), per aver emesso, al fine di consentire a terzi l'evasione fiscale, delle fatture relative ad operazioni inesistenti, aveva chiesto di essere ammesso al gratuito patrocinio, e che la questione di legittimita' costituzionale aveva decisiva rilevanza nel processo, riguardando il fondamentale diritto di difesa dell'imputato; che la norma costituzionale garantirebbe il diritto di difesa dei non abbienti, senza alcuna limitazione, per cui non sarebbe consentito al legislatore escludere coloro che siano in possesso dei requisiti reddituali previsti solo perche' e' stato loro ascritto un particolare tipo di reato; che la disposizione impugnata porrebbe, invece, una presunzione assoluta per cui chi e' indagato ovvero imputato di un reato finanziario non possa essere in condizioni economiche disagiate o, comunque, non sia meritevole della tutela a spese dello Stato, in contrasto con altra disposizione costituzionale per cui la persona non puo' essere considerata colpevole fino alla condanna definitiva (art. 27, secondo comma, della Costituzione), ed in violazione, altresi', di un semplice criterio di ragionevolezza, giacche' e' evidente che taluno possa essere incriminato erroneamente e venire poi assolto; che la limitazione introdotta dal legislatore creerebbe inoltre, a giudizio del rimettente, un'ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti degli indagati o imputati di altre violazioni penali, in violazione del principio di cui all'art. 3 Costituzione; che, nel caso di specie, peraltro, sarebbe stata contestata non gia' una condotta di vera e propria evasione fiscale bensi', sostanzialmente, una condotta di favoreggiamento dell'evasione di altri; che il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, nel giudizio introdotto con l'ordinanza del Tribunale di Venezia, ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata. Considerato che i due giudizi, avendo ad oggetto la medesima questione, vanno riuniti per essere decisi con unico provvedimento; che i provvedimenti di rimessione omettono di fornire qualsiasi descrizione in ordine alle fattispecie concrete sottoposte all'esame dei giudici a quibus, dal momento che, in particolare, l'ordinanza del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia non accenna alla sussistenza dei presupposti reddituali previsti per la concessione del beneficio, mentre quella della Corte d'appello di Torino si limita ad affermare che il Fabbri «ha documentato i requisiti reddituali richiesti dal d.P.R. n. 115/2002», senza tenere presente l'insufficienza della sola documentazione al predetto fine, ove non avvalorata dal riferimento al tenore di vita, alle condizioni personali e familiari e alle attivita' economiche eventualmente svolte (art. 96, secondo comma, del d.P.R. n. 115 del 2002), dal momento che, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimita', la norma impugnata, nell'escludere il beneficio del patrocinio dello Stato limitatamente ad una particolare categoria di reati, presume, non irragionevolmente, l'impossibilita' di verifica delle condizioni economiche dell'autore sulla sola base documentale (Cass. n. 31177 del 2004 e n. 2023 del 2000); che, per costante giurisprudenza di questa Corte, il giudice deve rendere esplicite le ragioni che lo inducono a sollevare la questione di costituzionalita' con una motivazione autosufficiente, tale da permettere la verifica della valutazione sulla rilevanza, cio' che, per le evidenziate lacune, non risulta possibile nei casi di specie; che tale insufficienza della motivazione, non consentendo alla Corte il controllo sulla rilevanza della questione nei giudizi a quibus, determina la manifesta inammissibilita' della questione sollevata (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 365, n. 309 e n. 257 del 2004). Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, Dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 91, comma 1, lettera a), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevate, in riferimento all'articolo 24, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Torino, e, in riferimento agli articoli 3, 24 e 27, secondo comma, della Costituzione, dal giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia, con le ordinanze in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2005. Il Presidente: Capotosti Il redattore: Finocchiaro Il cancelliere:Fruscella Depositata in cancelleria il 1° luglio 2005. Il cancelliere:Fruscella 05C0725