N. 254 ORDINANZA 20 giugno - 1 luglio 2005
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Misure di sicurezza - Imputato prosciolto per infermita' psichica - Pericolosita' sociale - Ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario - Applicabilita' di diversa misura idonea ai fini della cura e del contenimento della pericolosita' - Mancata previsione - Denunciata lesione del diritto alla salute e dei diritti dell'imputato - Richiesta di intervento che comporta scelte discrezionali di esclusiva competenza del legislatore e carenza di motivazione - Manifesta inammissibilita' della questione. - Cod. pen., artt. 205, secondo comma, numero 2, e 222, primo comma. - Costituzione, artt. 2, 3 e 32.(GU n.27 del 6-7-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Fernanda CONTRI; Giudici: Guido NEPPI MODONA, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 205, secondo comma, numero 2, e 222, primo comma, del codice penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dalla Corte di assise di Torino con ordinanza del 6 maggio 2004, iscritta al n. 693 del registro ordinanze del 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Udito nella camera di consiglio del 4 maggio 2005 il giudice relatore Guido Neppi Modona. Ritenuto che la Corte di assise di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 205, secondo comma, numero 2, e 222, primo comma, del codice penale, nella parte in cui impongono al giudice di disporre, ove persista la pericolosita' sociale, la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario nei confronti dell'imputato prosciolto per infermita' psichica, «anche nei casi in cui tale pericolosita' risulti fronteggiabile con l'inserimento dell'imputato in una comunita' terapeutica psichiatrica di tipo B), prevista dall'attuale ordinamento socio-sanitario ed in concreto funzionante»; che la Corte rimettente premette di procedere nei confronti di un soggetto sottoposto agli arresti domiciliari presso una struttura sanitaria e che le parti, all'esito del dibattimento, hanno concordemente richiesto il proscioglimento dell'imputato per totale incapacita' di intendere e di volere; che il pubblico ministero ha chiesto l'applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ai sensi dell'art. 222, secondo comma, cod. pen., per un periodo non inferiore ad anni cinque, mentre la difesa ha chiesto che l'imputato, «fermo il suo stato di custodia cautelare domiciliare», venga inserito in una comunita' terapeutica psichiatrica; che, con particolare riferimento alle condizioni di salute e alla pericolosita' sociale dell'imputato, la Corte rimettente rileva che il perito d'ufficio ha ribadito la diagnosi di «perdurante schizofrenia paranoide», attualmente in fase di parziale regressione solo grazie ai trattamenti farmacologici, psicoterapeutici e socio-riabilitativi attivati fin dal momento in cui la misura cautelare detentiva e' stata sostituita con gli arresti domiciliari, ed ha precisato che l'imputato puo' essere considerato socialmente non pericoloso solo ove ne venga disposto l'«inserimento in struttura residenziale che garantisca la prosecuzione dei vari trattamenti sopra richiamati con presenza educativa e sanitaria sulle intere 24 ore»; che per tali motivi la misura di sicurezza dell'ospedale psichiatrico giudiziario, richiesta dal pubblico ministero, non e' stata applicata, in via provvisoria, onde evitare una regressione nel percorso riabilitativo del soggetto e la sicura «interruzione del complesso trattamento terapeutico da tempo avviato, con prospettive di ulteriore sviluppo, nei confronti dell'imputato, con conseguente serio pregiudizio della sua salute»; che, alla luce di tali considerazioni, il rimettente ritiene le disposizioni censurate in contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 Cost., sia perche' l'imputato, «affetto da infermita' psichica suscettibile di fondare un giudizio di pericolosita», puo' essere ricoverato presso adeguata struttura terapeutica psichiatrica di tipo contenitivo solo nella fase anteriore al proscioglimento, sia perche' il vigente sistema delle misure di sicurezza non consentirebbe all'imputato di fruire dei trattamenti terapeutici piu' adeguati sotto il profilo psichiatrico; che, infine, il giudice a quo ritiene che, proprio alla luce del quadro psicopatologico dell'imputato, «misure di sicurezza quali la liberta' vigilata o anche la assegnazione a una casa di cura e custodia sarebbero inadeguate» e comunque insufficienti per assicurare le esigenze di natura specialpreventiva che hanno trovato sin qui adeguata risposta solo grazie all'intenso trattamento terapeutico al quale l'imputato e' stato sottoposto dal momento in cui l'originaria misura cautelare detentiva e' stata sostituita con gli arresti domiciliari. Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt. 205, secondo comma, numero 2, e 222, primo comma, del codice penale, nella parte in cui impongono al giudice di disporre nei confronti dell'imputato socialmente pericoloso prosciolto per totale infermita' di mente la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, privilegiando le esigenze di controllo della pericolosita' rispetto a quelle di cura e di riabilitazione anche nel caso in cui la pericolosita' potrebbe esser fronteggiata mediante il ricovero in una adeguata struttura terapeutica psichiatrica di tipo contenitivo; che il giudice a quo da' atto che con la sentenza n. 253 del 2003 questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 222 cod. pen., nella parte in cui non consente di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare cure adeguate all'infermo di mente e a fronteggiare la sua pericolosita' sociale, quale la liberta' vigilata, accompagnata, a norma dell'art. 228, secondo comma, cod. pen., dalle prescrizioni necessarie ad evitare la occasione di nuovi reati; che il rimettente ritiene pero', sulla base delle valutazioni espresse dal perito d'ufficio circa i positivi effetti, ai fini della cura e del contenimento della pericolosita' sociale, dei trattamenti farmacologici, psicoterapeutici e socio-riabilitativi cui e' stato sottoposto l'imputato agli arresti domiciliari presso una struttura psichiatrica residenziale, che misure di sicurezza quali la liberta' vigilata o l'assegnazione ad una casa di cura e di custodia sarebbero inadeguate e comunque insufficienti; che, in sostanza, il giudice a quo chiede alla Corte di creare e di disciplinare una nuova misura di sicurezza destinata a soggetti prosciolti per infermita' psichica e socialmente pericolosi, individuata nel ricovero in una struttura terapeutica psichiatrica di tipo contenitivo, non riconducibile ad alcuna delle misure di sicurezza previste dal Capo I del Titolo VIII del Libro I del codice penale; che questa Corte deve ribadire quanto ha gia' avuto occasione di affermare in relazione ad altre questioni volte ad ampliare la tipologia delle misure di sicurezza applicabili all'imputato prosciolto per infermita' psichica, e cioe' che esulano dalla sfera dei propri poteri interventi di carattere normativo, in quanto comportano scelte discrezionali che rientrano nella esclusiva competenza del legislatore (v. ordinanza n. 88 del 2001, sentenza n. 228 del 1999, ordinanze numeri 396 e 333 del 1994, n. 24 del 1985); che inoltre il rimettente, pur richiamando la sentenza n. 253 del 2003, con la quale questa Corte ha consentito al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza idonea a contemperare le esigenze di cura con quelle di controllo della pericolosita' sociale, non espone le ragioni per cui nel caso di specie la misura della casa di cura e di custodia non sarebbe adeguata e non chiarisce i motivi per i quali la liberta' vigilata sarebbe in concreto insufficiente; che tale carenza appare tanto piu' significativa ove si consideri la recente giurisprudenza, anche di legittimita', secondo cui la liberta' vigilata, accompagnata da opportune prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati, puo' essere eseguita anche in una struttura psichiatrica protetta; che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 205, secondo comma, numero 2, e 222, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, dalla Corte di assise di Torino con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2005. Il Presidente: Contri Il redattore: Neppi Modona Il cancelliere:Fruscella Depositata in cancelleria il 1° luglio 2004. Il cancelliere:Fruscella 05C0728