N. 350 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 marzo 2005

Ordinanza  emessa  il  14  marzo 2005 dal giudice di pace di Roma nel
procedimento penale a carico di De Rosa Giuseppe

Processo   penale  -  Procedimento  davanti  al  giudice  di  pace  -
  Possibilita'  per  il  giudice  di  ordinare,  in  caso  di  parere
  contrario  o  in  assenza  di  richieste del pubblico ministero, la
  imputazione  coattiva  -  Mancata  previsione  Mancata  previsione,
  altresi',   della   trascrizione   dell'imputazione  formulata  dal
  pubblico ministero - Disparita' di trattamento tra imputati.
- Decreto  legislativo  28 agosto  2000,  n. 274,  art. 27, comma 1 e
  comma 2 (recte: comma 3), lett. d).
- Costituzione, art. 3.
In subordine:  Processo  penale  - Procedimento davanti al giudice di
  pace - Convocazione delle parti davanti a giudice diverso da quello
  che  ha  emesso  il  decreto di convocazione - Mancata previsione -
  Disparita'  di trattamento - Lesione del principio di imparzialita'
  del giudice.
- Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 27, comma 1.
- Costituzione, artt. 3 e 111, primo e secondo comma.
Processo  penale  - Procedimento davanti al giudice di pace - Decreto
  di  convocazione  delle  parti  - Termine di comparazione di giorni
  venti  -  Disparita'  di  trattamento  tra  imputati  - Lesione del
  diritto di difesa - Violazione dei principi del giusto processo.
- Decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, art. 27, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111, primo e terzo comma.
(GU n.29 del 20-7-2005 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale  n. 7/05  R.G.  GDP e
n. 697/05   R.G.PM   scaturito   dal  ricorso  immediato  al  giudice
depositato il 5 febbraio 2005 da Scissione Romano nei confronti di De
Rosa Giuseppe;
    Visto   il   parere   contrario   all'emissione  del  decreto  di
convocazione  delle  parti  espresso  dal P.M. ai sensi dell'art. 25,
comma  2,  lett.  g),  d.lgs.  n. 274/2000, poiche' l'atto depositato
presso  il  suo  ufficio  non  «contiene i documenti di cui si chiede
l'acquisizione»  (ex  artt. 21,  comma  2,  lett.  g),  e  24  d.lgs.
n. 274/2000);
    Posto  che  il  giudice  qualora  non ritenga di condividere tale
parere,  ne' di provvedere ai sensi dell'art. 27, d.lgs. n. 274/2000,
deve  necessariamente  convocare  davanti  a  se' le parti in udienza
emettendo  decreto ai sensi dell'art. 27, comma 1, e che tale decreto
deve   essere  notificato  alle  parti  almeno  «venti  giorni  prima
dell'udienza», art. 27, comma 4, d.lgs. n. 274/2000;
    Si  impone  di  sollevare  d'ufficio  questione  di  legittimita'
costituzionale per i seguenti motivi:
        1) contrasto con l'art. 3 Costituzione dell'art. 27, comma 1,
d.lgs.  n. 274/2000  nella  parte  in  cui non prevede che in caso di
parere  contrario  o  in assenza di richieste del p.m. il giudice non
possa  ordinare l'imputazione coattiva cosi' come previsto in caso di
mancato  accoglimento  della richiesta di archiviazione dall'art. 17,
comma 4,  nonche'  nella  parte in cui lo stesso art. 27, al conima 2
lett. d), non preveda la trascrizione dell'imputazione «formulata dal
p.m.»;
        2)  contrasto  con  gli  artt. 3  e  111,  comma 1 e 2, Cost.
dell'art. 27, comma 1, d.lgs. n. 274/2000 laddove, in caso di mancato
accoglimento  della prima questione, non preveda che il giudice debba
convocare le parti in udienza davanti ad altro giudice;
        3)  contrasto  con  gli  artt  3, 24, 111, comma 1 e 3, Cost.
dell'art. 27,  comma 4, d.lgs. n. 274/2000 ove non preveda termini di
comparizione  superiori  o  almeno  di  trenta  giorni  come  per  la
citazione a giudizio disposta dalla p.g.;
    Le  questioni  sono  rilevanti  in  quanto decisive ai fini della
prosecuzione del procedimento per le considerazioni che seguono;

                            O s s e r v a

Punto 1.
    Ritiene  il  giudice  che  il ricorso immediato depositato non e'
inammissibile, ne' manifestatamene infondato, ne' ricorrono i casi di
cui  all'art. 26. Di conseguenza occorre necessariamente convocare le
parti in udienza emettendo decreto di convocazione, ex art. 27, comma
1,   d.lgs.   n. 274/2000   che   deve,  tra  l'altro,  contenere  la
«trascrizione dell'imputazione» cosi' come recita l'art. 27, comma 2,
lett. d).
    Tale formula vaga e' stata amputata, nelle more dell'approvazione
del  testo da parte del Consiglio dei ministri e la sua pubblicazione
nella  Gazzetta Ufficiale, essendo scomparso, in riferimento all'atto
imputativo,  la  frase  «formulato  dal pubblico ministero» rimanendo
solo l'espressione «la trascrizione dell'imputazione».
    Cio'  pone  una  serie di questioni a cui necessariamente occorre
dare una risposta:
        a) il giudice non ha il potere di formulare l'imputazione. Lo
stesso testo letterale dell'art. 27, comma 2, lett. d), gli impone la
«trascrizione  dell'imputazione»  ovvero  la trascrizione di un testo
gia' preesistente.
        b)  Tale testo da chi deve essere gia' stato formulato stante
l'opposizione o l'inerzia del p.m.?
        c)  Tale  obbligo non incombe sul ricorrente che ha il dovere
della  «descrizione,  in  forma  chiara  e  precisa del fatto ... con
l'indicazione  degli articoli violati» (art. 21, comma 2, lett. f) ma
nessun obbligo di formulare il capo d'imputazione.
        d)   La  dottrina  ritiene  che  il  giudice  debba  recepire
l'addebito  formulato  dalla  parte privata nel ricorso, ma se non e'
stato formulato?
    La  scelta  di recepire l'addebito formulato dalla parte privata,
sempre  che  questa  lo abbia formulato, comporta un palese contrasto
con  l'art. 3  Cost.,  per  disparita'  di  trattamento nei confronti
dell'indagato  che  vede  vagliata  la  sua  posizione  da  una parte
portatrice   di   interessi   quale  e'  quella  ricorrente  rispetto
all'imputato  nei  cui  confronti  viene  emesso  atto di citazione a
giudizio  dalla  p.g.  dopo  che  il p.m., parte estranea a qualsiasi
rapporto   di   natura   personale,  ha  esercitato  l'azione  penale
formulando l'imputazione.
    Si  potrebbe superare tale ostacolo solo prevedendo l'attivazione
dello stesso istituto di cui all'art. 17, comma 4, d.lgs. n. 274/2000
(analogo  al  409,  comma  5,  c.p.p.) ovvero quello dell'imputazione
coattiva  prevista  oggi  solo  in caso di mancato accoglimento della
richiesta di archiviazione.
    Ossia il giudice dovrebbe dispone con ordinanza che il p.m. entro
dieci giorni formuli l'imputazione.
    La  Corte  di  cassazione ha ritenuto che oggi al giudice «non e'
consentito  impone  una imputazione coattiva analoga a quella fissata
dall'art. 409,  comma  quinto,  c.p.p.  la  quale  determinerebbe una
variante  della  procedura  che e' incompatibile con la necessita' di
rispettare,  in  ogni  caso  le  forme speciali del ricorso immediato
rispetto a quelle ordinarie» (Sez. 4, sent. 33675 del 5 agosto 2004).
(Ritiene  la  S.C.  nella  stessa  sentenza che il giudice in caso di
diniego  o  inerzia  del p.m. non puo' emettere decreto, ma rimettere
gli  atti  al p.m. perche' proceda nelle forme ordinarie, ma cio' non
risponde alla lettera degli art. 21 e segg.).
    L'accoglimento  di  tale  soluzione  comporterebbe  la previsione
della  trascrizione dell'imputazione «formulata dal p.m.», formula da
aggiungere al dettato della lettera d), comma 2, dell'art. 27, d.lgs.
n. 274/2000.
Punto 2.
    Qualora  non  si  ritenesse accoglibile quanto sopra, si presenta
un'altra questione.
    Per  prassi  della giurisprudenza di merito, il giudice trascrive
l'imputazione  formulata  dalla  P.O.  ricorrente, sempre se e' stata
formulata.
    Ma  mentre  in  tale  fase  il  giudice  dovrebbe pervenire a una
delibazione   meramente  processuale  circa  la  necessita'  di  dare
ingresso   alla   fase   del  giudizio  non  dovendo  il  decreto  di
convocazione  scaturire  da  una  valutazione  di  merito, invece, la
formulazione  degli  artt. 21  e  seguenti,  obbligano  il giudice ad
adottare  l'atto  convocativo:  di  conseguenza si impone non un mero
controllo  di  regolarita'  dell'atto,  ma  un'attivita'  di  attenta
disamina  della  rilevanza  penale dei fatti esposti nel ricorso e la
loro attribuibilita' al soggetto indicato quale autore.
    Il  giudice  e'  tenuto ad esaminare il contenuto del ricorso per
valutare  l'aderenza  del  fatto  narrato con quello da contestare ed
esercitando, di fatto, un potere imputativo cori ripercussioni su uno
dei  principi  fondamentali  del  nostro processo ovvero quello della
separazione delle funzioni dell'accusa da quelle del giudizio.
    Anche  in  tale  situazione,  oltre  al  caso  in  cui il p.m. ha
formulato  l'imputazione,  il  giudice  che  ha  emesso il decreto di
convocazione  delle  parti  sara' il medesimo davanti al quale verra'
celebrato il giudizio.
    Ne consegue il verificarsi di un aperto contrasto con gli artt. 3
e  111,  comma  1  e  2,  Cost.  per  disparita' di trattamento e per
l'insorgenza  di  una  incompatibilita'  sopravvenuta,  in  corso  di
procedimento,  per  effetto  di  una  valutazione  gia'  operata  dal
giudice.
    Ben   puo'   ritenersi   sussistente,   infatti,  il  rischio  di
condizionamento derivante dalla «forza della prevenzione» ossia nella
naturale  tendenza  a  mantenere fermo il giudizio gia' assunto in un
precedente  momento  decisionale, fase nella quale non c'e' stata una
mera  conoscenza  di atti ma la loro valutazione da parte del giudice
al  fine  della  decisione  di  emettere il decreto di convocazione e
quindi  una  valutazione  di merito. E' di tutta rilevanza la lesione
delle  garanzie  di  «terzieta»  ed  «imparzialita»  del giudice e il
timore  da  parte  dell'imputato di veder leso il diritto alla tutela
giurisdizionale  dinanzi  a  un  giudice  dotato  delle  «prerogative
proprie  della  giurisdizione»  cioe'  la  naturale imparzialita'. Va
sollevata  questione  di  legittimita'  in  riferimento all'art. 111,
comma 1 e 2, Cost. nella parte in cui in caso di mancato accoglimento
della   prima   questione   (punto  1),  l'art. 27,  comma  1  d.lgs.
n. 274/2000  non  preveda,  come caso di incompatibilita', quello del
giudice  che  ha  emesso  il  decreto  di convocazione con quello che
dovra' condurre la fase del giudizio.
Punto 3.
    L'art. 27,  quarto comma, prevede termini di comparizione di soli
venti  giorni.  Nel procedimento davanti al tribunale in composizione
monocratica  nel caso di citazione diretta a giudizio, i termini sono
di  sessanta  giorni,  tenuto  conto  che l'imputato ha gia' ricevuto
l'avviso  del 415-bis c.p.p. con discovery delle fonti di prova prima
dell'emissione della stessa citazione.
    Nel  procedimento  davanti  al  giudice  di  pace,  nel  caso  di
citazione  a  giudizio  disposta dalla p.g., i termini sono di trenta
giorni.
    E'  evidente  che  l'imputato chiamato in giudizio ai sensi degli
artt. 21   e  seguenti  del  d.lgs.  n. 274/2000,  non  e'  messo  in
condizione  di  esercitare il diritto alla prova nei tempi adeguati o
di porre in essere condotte riparatorie. Basti considerare che tra il
ricevimento  del  decreto  e  la presentazione della lista dei testi,
l'imputato  ha  solo  tredici giorni per prendere visione ed estrarre
copia  degli  atti  contenuti  nel  fascicolo  e  svolgere  eventuali
indagini difensive.
    La  disposizione  in  esame  pone  seriamente  il problema di una
ingiustificata  disapplicazione della regola stabilita dall'art. 111,
comma   1   e  3,  Cost,  da  considerarsi  norma  precettiva  e  non
programmatica,  e di un palese contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. e
conseguente  disparita'  di  trattamento dell'imputato citato tramite
decreto  di convocazione, rispetto a quello citato tramite «Citazione
a giudizio disposta dalla p.g».
    Si  verifica  una  rilevante lesione del diritto di difesa che si
risolve  in  un  difetto  di  tutela  giurisdizionale  impedendo  «lo
svolgimento  di  un  giusto processo» e creando uno squilibrio tra le
parti.
    In   conclusione,   il  sistema  delineato  dall'art. 27,  d.lgs.
n. 274/2000,  nelle  parti  indicate, viola i principi costituzionali
richiamati   e   non  sembra  superare,  comunque,  il  controllo  di
conformita'  al  canone  generale  di  ragionevolezza,  nella  specie
particolarmente stringente.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134, Cost. e 23, legge n. 87/53
    Dichiara d'ufficio, rilevante e non manifestatamente infondata la
questione  di  legittima'  costituzionale per palese contrasto con la
Costituzione nei termini esposti in motivazione:
        dell'art. 27,  comma 1, d.lgs. n. 274/2000 nella parte in cui
non prevede che in caso di parere contrario o in assenza di richieste
del  p.m.,  il  giudice  non  possa  ordinare l'imputazione coattiva,
nonche'  dall'art. 27,  comma  2,  lett. d),  nella  parte in cui non
preveda  la  trascrizione  dell'imputazione  «formulata dal p.m.» per
contrasto con l'art. 3, Cost.;
        dell'art. 27, comma 1, d.lgs. n. 274/2000 laddove non prevede
che  il giudice debba convocare le parti «davanti ad altro giudice di
pace»  diverso  da  quello  che  ha emesso il decreto di convocazione
(caso  di  mancato  accoglimento della prima questione) per contrasto
con gli artt. 3 e 111, comma 1 e 2, Cost.;
        dell'art. 27,  comma  4, d.lgs. n. 274/2000 laddove i termini
di  comparizione  sono  di venti giorni, per palese contrasto con gli
artt. 3, 24, 111, commi 1 e 3, Cost..
    Sospende il presente procedimento ed ordina la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza   la  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  per  la
comunicazione  della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica.
        Roma, addi' 14 marzo 2005
                    Il giudice di pace: Cancelli
05c0765