N. 298 ORDINANZA 7 - 19 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte  e  tasse - Attivita' professionali del difensore nei giudizi
  di  scioglimento  di  matrimonio  -  Assoggettamento  ad  IVA  e  a
  contributo  previdenziale  -  Mancata  estensione  delle  esenzioni
  previste  dall'art. 19  della  legge  n. 74  del  1987 - Denunciato
  difetto  di  ragionevolezza  e  coerenza  - Questione sollevata nel
  corso  di  un  arbitrato  rituale - Insufficiente motivazione circa
  l'affermata  competenza dell'arbitro a conoscere in via incidentale
  questioni  tributarie  e previdenziali - Manifesta inammissibilita'
  della questione.
- Legge  6 marzo  1987,  n. 74,  art. 19;  legge  20 settembre  1980,
  n. 576, art. 11; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 18.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.30 del 27-7-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge
6 marzo  1987,  n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei  casi di
scioglimento  del  matrimonio), dell'art. 11 della legge 20 settembre
1980,  n. 576  (Riforma  del  sistema previdenziale forense), e degli
articoli 17   e  18  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
26 ottobre  1972,  n. 633  (Istituzione e disciplina dell'imposta sul
valore   aggiunto),   promosso   con  ordinanza  del  22 luglio  2004
dall'arbitro  di Venezia nel giudizio arbitrale in corso tra Cristina
Vincenti  e  Gianluca  Sicchiero,  iscritta  al  n. 896  del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 giugno 2005 il giudice
relatore Franco Gallo.
    Ritenuto  che, con Ordinanza emessa il 22 luglio 2004, in Venezia
nel  corso  di  un  giudizio  per  arbitrato  rituale,  l'arbitro  ha
sollevato  -  in  riferimento  all'articolo 3  Cost.  -  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 19  della legge 6 marzo 1987,
n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei casi di scioglimento del
matrimonio),  dell'art. 11  della  legge  20 settembre  1980,  n. 576
(Riforma del sistema previdenziale forense), e degli articoli 17 e 18
del  decreto  del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
(Istituzione  e  disciplina  dell'imposta sul valore aggiunto), nella
parte  in  cui  assoggettano  a  contributo  in  favore  della  Cassa
nazionale  di previdenza e assistenza forense, nella misura del 2%, e
ad  IVA,  nella  misura  del  20%,  le  attivita'  professionali  del
difensore  che  assiste un coniuge in un giudizio di scioglimento del
matrimonio,   «nonche'   dei   medesimi   articoli  laddove  comunque
consentano  che  le predette imposte e contributi gravino sul coniuge
in  quanto  consentono al difensore la rivalsa per i relativi importi
sul coniuge stesso»;
        che l'arbitro rimettente premette che, con compromesso datato
16 luglio  2004,  Cristina  Vincenzi  e l'avvocato Gianluca Sicchiero
hanno  devoluto  in arbitrato rituale: 1) la richiesta della Vincenzi
di  ottenere  la  restituzione  dell'importo  di  Euro 8,17, pagato a
titolo  di  contributo  del 2% per la Cassa nazionale di previdenza e
assistenza  forense,  e dell'importo di Euro 83,33 pagato a titolo di
IVA,  all'avvocato  Sicchiero,  il  quale  assiste  la Vincenzi in un
giudizio  per  lo  scioglimento  del  matrimonio  di  questa;  2)  la
richiesta  della  Vincenzi  stessa  di  non corrispondere l'IVA ed il
contributo previdenziale del 2% sull'ulteriore acconto di Euro 500,00
chiesto  dall'avvocato Sicchiero, nel corso dello stesso procedimento
civile;
        che  -  secondo  quanto riferisce il rimettente - la Vincenzi
ritiene  non  dovuta  alcuna tassa o contributo sull'onorario del suo
legale,  in  base  all'art. 19  della  legge  n. 74  del 1987, mentre
l'avvocato Sicchiero e' di avviso contrario, pur ritenendo anch'egli,
in linea di principio, costituzionalmente illegittime le disposizioni
che impongono il pagamento di tali somme;
        che  l'arbitro  sostiene di essere legittimato a sollevare in
via incidentale questioni di costituzionalita' in forza del principio
affermato nella sentenza della Corte costituzionale n. 376 del 2001;
        che,   in  punto  di  rilevanza  della  questione,  l'arbitro
rimettente  afferma preliminarmente la propria competenza a giudicare
sul  quesito  postogli, riguardante rapporti di mero diritto privato,
quali  la ripetizione di indebito e l'accertamento del diritto di non
pagare  una  somma,  anche se implicanti la cognizione di rapporti di
diritto tributario;
        che,  al  riguardo,  l'arbitro  a  quo  richiama il principio
giurisprudenziale  (Cassazione,  sezioni  unite  civili,  11 febbraio
2003,  n. 1995)  per  cui  appartiene  alla giurisdizione del giudice
ordinario e non a quella delle commissioni tributarie la controversia
nella  quale,  in  relazione al pagamento dell'IVA, il cedente faccia
valere  in  via  di  rivalsa  il  proprio  credito  nei confronti del
cessionario,  atteso che detto credito non ha natura tributaria e che
il giudice ordinario, in assenza di specifici divieti, puo' risolvere
(senza  efficacia  di giudicato) tutte le questioni che costituiscano
un  antecedente  logico  della decisione che e' chiamato ad emettere,
anche se attribuite alla cognizione di altro giudice;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  le  norme  censurate, non
prevedendo  alcuna  esenzione contributiva o fiscale relativamente ai
compensi  del  difensore  nei  giudizi di scioglimento di matrimonio,
legittimano l'esercizio del diritto di rivalsa del difensore verso la
propria cliente;
        che,  in  punto di non manifesta infondatezza della questione
sollevata,  il  rimettente  denuncia  l'irragionevolezza  delle norme
censurate,  perche'  il  versamento  del  contributo  previdenziale e
dell'IVA  da parte della cliente e' di ammontare ben piu' elevato dei
«costi»  che  il  legislatore ha voluto eliminare con le esenzioni di
cui  all'art. 19 della legge n. 74 del 1987, come le imposte di bollo
e di registro;
        che  le  stesse  norme violerebbero il «principio di coerenza
dell'art. 3 della Costituzione» perche', «pur essendo stato eliminato
ogni  costo  per tassa o imposta, altri costi fiscali e previdenziali
vengono  ugualmente riscossi dallo Stato e dalla Cassa previdenziale,
sia  pure  con  il  meccanismo  indiretto  della rivalsa da parte del
professionista»,  essendo  del tutto irrilevante che IVA e contributo
previdenziale  non  siano riscossi «mediante tassazione operata sugli
atti del fascicolo di causa dall'Ufficio delle entrate»;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  eccependo
l'inammissibilita'  della  questione, per l'incompetenza dell'arbitro
rimettente  a  decidere  sui  rapporti  tributari  e previdenziali, e
deducendo  in  ogni  caso  l'infondatezza  della  questione medesima,
perche' basata su un vago e imprecisato concetto di irragionevolezza;
        che,  con  successiva memoria depositata in prossimita' della
camera  di consiglio, l'Avvocatura ha ribadito quanto gia' sostenuto,
evidenziando  altresi'  che  il  rimettente non ha proposto specifici
motivi  di  censura  con  riferimento  alle «uniche norme, tra quelle
impugnate, aventi rilievo nel giudizio in corso», e cioe' all'art. 18
del d.P.R. n. 633 del 1972 e all'art. 11 della legge n. 576 del 1980.
    Considerato che il rimettente denuncia il contrasto fra l'art. 19
della  legge  6 marzo  1987,  n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei
casi   di   scioglimento   del  matrimonio),  l'art. 11  della  legge
20 settembre   1980,   n. 576   (Riforma  del  sistema  previdenziale
forense),  gli  articoli 17  e  18  del  decreto del Presidente della
Repubblica   26 ottobre   1972,   n. 633  (Istituzione  e  disciplina
dell'imposta  sul  valore  aggiunto),  e l'art. 3 della Costituzione,
sotto il profilo del difetto di ragionevolezza e di coerenza;
        che  in  sostanza  il  rimettente - nel corso di un arbitrato
rituale  avente  per oggetto la legittimita' del pagamento dell'IVA e
del  contributo  previdenziale  integrativo  dovuti  da  una  cliente
all'avvocato  che la assiste in un procedimento di divorzio - solleva
la  questione  di  legittimita' costituzionale al fine di ottenere la
declaratoria  di illegittimita' delle norme censurate, nella parte in
cui  non estendono all'IVA e al contributo previdenziale le esenzioni
previste dall'art. 19 della legge n. 74 del 1987;
        che   la   motivazione  dell'ordinanza  di  rimessione  circa
l'affermata   competenza  dell'arbitro  a  conoscere  tali  questioni
tributarie  e  previdenziali  in  via  incidentale  e' manifestamente
insufficiente,   perche'   il   rimettente  si  limita  a  richiamare
l'orientamento  giurisprudenziale  secondo  cui il giudice ordinario,
chiamato  a  giudicare  sul  rapporto  di  rivalsa  tra privati, puo'
conoscere incidentalmente l'obbligazione tributaria sottostante;
        che,    pertanto,   il   rimettente   non   fornisce   alcuna
giustificazione  dell'affermata automatica equiparazione dell'arbitro
al giudice in ordine al potere di conoscere le questioni incidentali;
        che   lo   stesso   rimettente,   infatti,  non  tiene  conto
dell'art. 819  cod.  proc.  civ.,  il  quale  disciplina  appunto  la
definizione  delle  questioni  incidentali  nel  giudizio  arbitrale,
stabilendo  in  particolare  al  primo  comma  che  «se nel corso del
procedimento  sorge  una  questione che per legge non puo' costituire
oggetto  di giudizio arbitrale, gli arbitri, qualora ritengano che il
giudizio   ad   essi  affidato  dipende  dalla  definizione  di  tale
questione, sospendono il procedimento»;
        che  l'omessa  considerazione  di  quanto disposto dal citato
art. 819  cod.  proc.  civ.  in  ordine  al  potere  dell'arbitro  di
conoscere  le  questioni incidentali relative ai rapporti tributari e
previdenziali  disciplinati  dalle  norme  censurate si risolve nella
carenza di motivazione sulla rilevanza della sollevata questione;
        che  questa,  pertanto, deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 19  della legge 6 marzo 1987,
n. 74  (Nuove  norme  sulla  disciplina  dei casi di scioglimento del
matrimonio),  dell'art. 11  della  legge  20 settembre  1980,  n. 576
(Riforma del sistema previdenziale forense), e degli articoli 17 e 18
del  decreto  del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633
(Istituzione   e   disciplina   dell'imposta  sul  valore  aggiunto),
sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dall'arbitro
di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                         Il redattore: Gallo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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