N. 300 SENTENZA 7 - 22 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione  Emilia-Romagna  -  Straniero  -  Misure  per  l'integrazione
  sociale  degli stranieri immigrati - Ricorso del Governo - Asserita
  lesione  della  competenza legislativa esclusiva statale in materia
  di  immigrazione,  diritto  di  asilo  e  condizione  giuridica  di
  cittadini  extracomunitari  - Censura dell'intero testo della legge
  avente contenuto eterogeneo - Inammissibilita' della questione.
- Legge Regione Emilia-Romagna del 24 marzo 2004, n. 5.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettere a) e b).
Regione    Emilia-Romagna    -   Straniero   -   Misure   concernenti
  l'osservazione  e  monitoraggio  del  funzionamento  dei  centri di
  permanenza  temporanea,  la  partecipazione  degli  stranieri nella
  Consulta  regionale  per  l'integrazione  sociale  degli  stranieri
  immigrati,  l'accesso  all'edilizia  residenziale  pubblica  ed  ai
  benefici  per  la  prima  casa,  i  poteri sostitutivi in capo alla
  Regione  nei confronti degli enti locali inadempienti - Ricorso del
  Governo  -  Asserita lesione della competenza legislativa esclusiva
  statale  in  materia di immigrazione, diritto di asilo e condizione
  giuridica  di  cittadini  extracomunitari, e mancata individuazione
  del  potere  sostitutivo  da  esercitare  -  Non  fondatezza  delle
  questioni.
- Legge  Regione  Emilia-Romagna  del  24 marzo  2004,  n. 5, art. 3,
  comma 4, lettera d) e comma 5, artt. 6, 7 e 10.
- Costituzione, artt. 114, 117, secondo comma, lettere a) e b) e 120.
(GU n.30 del 27-7-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Emilia-Romagna  24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale
dei  cittadini  stranieri  immigrati.  Modifiche alle leggi regionali
21 febbraio 1990, n. 14, e 12 marzo 2003, n. 2), promosso con ricorso
del  Presidente  del  Consiglio dei ministri, notificato il 22 maggio
2004, depositato in cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 56
del registro ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8 febbraio  2005  il  giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato  Carlo Sica per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e gli avvocati Giandomenico Falcon e Andrea
Manzi per la Regione Emilia-Romagna.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura   generale  dello  Stato,  ha  sollevato  in
riferimento  all'art. 117,  secondo  comma,  lettere  a)  e  b) della
Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'intero
testo  della  legge  della Regione Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 5
(Norme  per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati.
Modifiche  alle  leggi  regionali 21 febbraio 1990, n. 14, e 12 marzo
2003,   n. 2),  in  quanto  essa  contiene  disposizioni  concernenti
l'immigrazione,  il  diritto  di  asilo  e la condizione giuridica di
cittadini  di  Stati  non  appartenenti  all'Unione europea, le quali
costituiscono  materie che l'art. 117, secondo comma, lettere a) e b)
della Costituzione riserva alla legislazione esclusiva statale.
    Tale  straripamento della potesta' legislativa regionale, secondo
il  ricorso,  vizia  l'intera  legge  regionale  la  quale, sin dagli
artt. 1 e 2, contiene disposizioni relative alla condizione giuridica
dei  cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, con cio'
impropriamente invadendo una competenza esclusiva dello Stato che non
tollera «intrusioni legislative regionali».
    Il ricorrente osserva che, se e' l'intera legge regionale a dover
essere dichiarata costituzionalmente illegittima, la violazione della
Costituzione  appare  evidente  in  relazione  ad  alcune  specifiche
disposizioni:  in  particolare  all'art. 3,  comma  4, lettera d) che
prevede  un'attivita' di osservazione e monitoraggio, da svolgere «in
raccordo   con  le  prefetture»,  del  funzionamento  dei  centri  di
permanenza  temporanea,  e  cioe'  su strutture che sono direttamente
funzionali  alla  materia  dell'immigrazione,  oltre  che  all'ordine
pubblico  ed alla sicurezza, entrambe di esclusiva spettanza statale;
agli  artt. 6  e  7  della legge regionale impugnata, che riconoscono
forme   di   partecipazione   dei   cittadini   stranieri   immigrati
all'attivita' politico-amministrativa della Regione, quali componenti
della  Consulta  regionale,  che  vanno  ad incidere sulla condizione
giuridica di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e
sull'immigrazione,  materie entrambe di competenza esclusiva statale;
all'art. 10,   che   consente  ai  cittadini  immigrati  di  accedere
all'edilizia  residenziale pubblica ed ai benefici per la prima casa,
materia   anch'essa   spettante   allo  Stato  che  «ha  puntualmente
legiferato sull'argomento».
    Infine,  secondo  il  ricorso,  l'art. 3,  comma  5,  della legge
regionale  censurata  attribuisce  alla Regione un potere sostitutivo
nei  confronti  degli enti locali inadempienti alle funzioni indicate
nella  medesima  disposizione,  pur  essendo  dette funzioni invasive
della competenza legislativa dello Stato e pur se la norma denunciata
non  determina  in  alcun  modo  il  tipo di potere sostitutivo della
regione, con cio' violando anche gli artt. 114 e 120 Cost.
    2.  -  Si  e'  costituita  in giudizio la Regione Emilia-Romagna,
chiedendo  alla  Corte  di  dichiarare  il  ricorso  inammissibile  e
infondato  e  precisando le proprie difese con una successiva memoria
depositata in prossimita' dell'udienza.
    Dopo  aver  richiamato  le precedenti leggi regionali 21 febbraio
1990,  n. 14 (Iniziative regionali in favore dell'emigrazione e norme
per   l'istituzione  della  Consulta  regionale  dell'emigrazione)  e
12 marzo  2003,  n. 2  (Norme  per  la  promozione della cittadinanza
sociale  e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi  sociali)  -  mai contestate ne' in via principale ne' in via
incidentale  -  che  avevano previsto numerosi interventi a favore di
stranieri non comunitari in materia di prestazioni sociali, sanitarie
e  assistenziali,  di  formazione  professionale,  di assegnazione di
alloggi di edilizia residenziale pubblica ed altri ancora, la Regione
ricorda  che  da  tali  leggi  era gia' stata prevista e regolata una
«Consulta  per  l'emigrazione  e  l'immigrazione»  che  sin da allora
prevedeva   la   presenza  di  immigrati  extracomunitari  nella  sua
composizione.
    La  legge  impugnata  dal Governo, secondo la Regione, si e' resa
necessaria  a  seguito  delle  novita'  introdotte nella legislazione
statale  dal  decreto  legislativo  n. 286 del 1998, modificato dalla
legge  n. 189 del 2002, e del massiccio afflusso di immigrati, eventi
comportanti   l'obbligo  di  separare  la  disciplina  relativa  agli
emigrati da quella riguardante gli immigrati; la nuova legge e' stata
preceduta   da  un'ampia  consultazione  che  ha  coinvolto  numerosi
soggetti,   istituzionali  e  non,  e  dalla  predisposizione  di  un
Programma  regionale  delle attivita' a favore degli immigrati con lo
stanziamento di rilevanti mezzi finanziari.
    Dopo   aver   descritto   sinteticamente   il   contenuto   delle
disposizioni  della  legge  censurata  dal  Governo,  la difesa della
Regione  eccepisce  preliminarmente  l'inammissibilita' delle censure
rivolte  all'intero  testo  della  legge,  in  quanto la stessa ha un
contenuto non omogeneo e prevede interventi di tipo diverso fra loro.
    In    secondo   luogo   la   Regione   Emilia-Romagna   eccepisce
l'infondatezza   dell'impugnazione  della  legge  regionale  nel  suo
complesso, motivata dalla pretesa statale di impedire alle Regioni di
dettare  alcuna  disposizione  concernente  gli  stranieri. Ad avviso
della  Regione,  posto che un problema di legittimita' costituzionale
di  tali  disposizioni  non era mai stato sollevato nella vigenza del
testo  del  Titolo  V della Costituzione anteriore alla sua modifica,
tanto  che  la  precedente legge regionale n. 14 del 1990 non era mai
stata censurata, l'assunto del Governo appare arbitrario, non essendo
fondato  su  alcuna norma costituzionale ed essendo anzi in contrasto
con  la  stessa  normativa statale in materia e con la giurisprudenza
costituzionale.
    Infatti, sempre secondo la Regione, le disposizioni che riservano
allo  Stato  la  disciplina della «condizione giuridica dei cittadini
stranieri»  e  della  «immigrazione»  non  sono vulnerate dalla legge
impugnata,  che si limita a prendere atto della presenza di immigrati
sul  suo  territorio  e  ad  affrontare  i  problemi  che ne derivano
esclusivamente nell'ambito delle competenze regionali. In particolare
per  «condizione  giuridica  dello straniero» non puo' che intendersi
quella  costituente  il  parallelo,  in negativo, della condizione di
cittadinanza,  mentre  le  scelte di politica regionale di intervento
nei  singoli  settori  possono  evidentemente  avere come destinatari
anche   gli   stranieri,   una  volta  che  essi  siano  regolarmente
soggiornanti   in   Italia,   senza  modificarne  in  alcun  modo  la
«condizione giuridica» nel senso voluto dalla Costituzione.
    La stessa disciplina statale ordinaria di cui al d.lgs. 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello
straniero),  dispone  all'art. 1,  comma  4,  che  «nelle  materie di
competenza  legislativa  delle  regioni, le disposizioni del presente
testo    unico   costituiscono   principi   fondamentali   ai   sensi
dell'art. 117  della Costituzione», rendendo con cio' chiaro che gia'
nella  vigenza  del  vecchio  Titolo V le regioni erano legittimate a
disciplinare  i  propri  interventi  a  favore  degli stranieri nelle
materie di loro competenza e nel rispetto delle norme stabilite dallo
Stato.  La  stessa  legge  statale stabilisce che allo straniero sono
riconosciuti  i  diritti  fondamentali,  che egli gode dei diritti in
materia  civile  e  partecipa «alla vita pubblica locale» (art. 2 del
d.lgs. citato), e quindi le Regioni non solo possono, ma devono tener
conto  della  presenza degli immigrati nel disciplinare le materie di
loro competenza.
    La  legislazione  statale  vigente,  secondo  la  Regione, affida
espressamente  alle  Regioni il compito di intervenire per «rimuovere
gli  ostacoli  che  di  fatto impediscono il pieno riconoscimento dei
diritti  e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio
dello  Stato»,  con  particolare  riguardo all'alloggio, alla lingua,
all'integrazione sociale (art. 3, comma 5, del d.lgs. citato).
    La  Regione Emilia-Romagna ricorda ancora che l'art. 45 del testo
unico ha istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, la
cui  attivita'  e'  disciplinata  dagli artt. 58 e 59 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  31 agosto  1999,  n. 394  (Regolamento
recante  norme  di  attuazione  del  testo  unico  delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 286 del
1998), che prevedono ampie competenze delle Regioni. In questo quadro
la modifica del Titolo V della Costituzione ha ulteriormente ampliato
le competenze regionali in settori nei quali la presenza di stranieri
extracomunitari   pone   problemi,  a  volte  acuti,  in  materie  di
competenza  regionale  quali  la formazione professionale e i servizi
sociali, e nella materia dell'istruzione, di competenza concorrente.
    La  Regione  ricorda poi che la Corte, con la sentenza n. 379 del
2004, ha dichiarato infondata la censura del Governo avverso la norma
statutaria    dell'Emilia-Romagna    riguardante    il   diritto   di
partecipazione  alla vita pubblica (compreso il voto nei referendum e
nelle  altre  forme  di  consultazione  popolare)  a tutti coloro che
risiedono  in  un  comune  del  territorio  regionale;  la  Corte  ha
osservato  che  i «diritti di partecipazione» sono certamente materia
di  competenza  regionale  e  che  le  Regioni,  mentre  non  possono
estendere  il  diritto  di  voto  nelle elezioni statali, regionali o
locali,  ben  possono  coinvolgere in altre forme di partecipazione e
consultazione  soggetti che prendono parte alla vita associata, anche
a  prescindere  dalla  titolarita'  dell'elettorato attivo. Lo stesso
art. 8, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle
leggi  sull'ordinamento degli enti locali), in relazione allo statuto
degli enti, stabilisce che esso promuove forme di partecipazione alla
vita  pubblica  locale  dei  cittadini  dell'Unione  europea  e degli
stranieri  regolarmente  soggiornanti,  con  cio' smentendo l'assunto
posto a base del ricorso statale.
    Quanto  alle singole censure contenute nell'atto introduttivo del
presente giudizio, la Regione osserva ed eccepisce quanto segue.
    L'art. 3,  comma  4,  lettera d) della legge, in base al quale la
Regione  svolge  attivita' di osservazione e monitoraggio, per quanto
di competenza ed in raccordo con le prefetture, del funzionamento dei
centri  di permanenza temporanea di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 286
del  1998, non disciplina in alcun modo tali centri ne' si sovrappone
alla normativa statale, ma si limita a prevedere una attivita' che e'
strumentale  alle  sole  competenze  regionali.  La precisazione «per
quanto   di   competenza»  e  la  previsione  del  «raccordo  con  le
prefetture»  rendono  evidente  la  non  lesivita'  della  norma e la
circostanza  che  il  monitoraggio  si  svolgera' in modo tale da non
interferire  con funzioni statali. Nei centri di permanenza, prosegue
la  memoria,  si  svolgono  attivita'  che  interessano  le  funzioni
regionali,  ad esempio riguardo all'assistenza sanitaria e ai profili
assistenziali  in  genere, e quindi la loro esistenza non puo' essere
ricondotta  al solo ordine pubblico o alla sicurezza, in relazione ai
quali,   del  resto,  se  non  esistono  «poteri  regionali»,  esiste
certamente  un  «interesse  regionale» esplicitamente riconosciuto in
Costituzione,  che all'art. 118, terzo comma, invita appunto la legge
statale a prevedere «forme di coordinamento» per queste materie.
    L'art. 3,  comma  5, della legge censurata prevede che la Regione
esercita  i  poteri  sostitutivi  nei  confronti  degli  enti  locali
inadempienti  secondo  le modalita' previste dalla vigente disciplina
regionale, e la disposizione deve essere, di tutta evidenza, riferita
alle  attivita'  di cui agli artt. 4 e 5 della stessa legge, che sono
affidate agli enti locali; non vi sarebbe poi alcuna indeterminatezza
in  quanto  la  legge  regionale  n. 6  del 2004 ha dettato una nuova
disciplina  generale del potere sostitutivo della Regione, pienamente
conforme  ai  requisiti fissati dalla giurisprudenza costituzionale a
partire   dalla   sentenza   n. 43  del  2004.  L'indicazione,  quale
parametro,  dell'art. 120 Cost. appare quindi del tutto inconferente,
riguardando esso il potere sostitutivo straordinario statale.
    Le censure concernenti gli artt. 6 e 7 della legge regionale n. 5
del  2004,  che  disciplinano  le forme partecipative degli stranieri
nella  Consulta  regionale  per  l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri  immigrati,  trovano  diretta smentita nella sentenza della
Corte  n. 379  del  2004,  la  quale ha definito di sicura competenza
regionale   proprio  i  «diritti  di  partecipazione»  affermando  la
legittimita'  di  una norma statutaria che prevede il diritto di voto
di  tutti  i  residenti  nei referendum regionali. Inoltre, la stessa
disciplina  statale  in materia prevede (art. 42, comma 6, del d.lgs.
n. 286  del  1998)  la possibilita' per le Regioni di istituire nelle
materie  di  loro  competenza  tali  consulte,  e lo stesso organismo
consultivo  istituito  presso  la  Presidenza  del  Consiglio vede la
partecipazione  di  rappresentanti  designati dalle associazioni piu'
rappresentative  operanti in Italia; le censure risultano percio' del
tutto infondate.
    Infine,  l'art. 10  della  legge,  che  attribuisce  ai cittadini
stranieri   immigrati   la   possibilita'  di  accedere  all'edilizia
residenziale   pubblica,   non   fa   che   disciplinare  un  diritto
riconosciuto  dalla  legge  statale,  e precisamente dall'art. 40 del
d.lgs.  n. 286  del  1998,  il  quale  prevede  espressamente  alcune
competenze  in capo alle Regioni. La disciplina impugnata corrisponde
quindi  ad  una regola stabilita dalla legge statale in materia e non
invade  in  alcun  modo  materie  riservate alla esclusiva competenza
dello Stato.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il Presidente del Consiglio dei ministri solleva questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'intero testo della legge della
Regione  Emilia-Romagna 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione
sociale  dei  cittadini  stranieri  immigrati.  Modifiche  alle leggi
regionali  21 febbraio  1990,  n. 14,  e  12 marzo  2003,  n. 2)  per
violazione  dell'art. 117,  secondo  comma,  lettere  a)  e  b) della
Costituzione,  perche'  ritiene  che  essa contenga norme concernenti
l'immigrazione,  il  diritto  di  asilo  e la condizione giuridica di
cittadini  di  Stati  non  appartenenti  all'Unione europea, materie,
queste,   riservate  alla  legislazione  esclusiva  statale  che  non
tollerano intrusioni legislative regionali.
    Per quanto concerne l'art. 3, comma 5, della legge impugnata, che
attribuisce  alla  Regione  un potere sostitutivo nei confronti degli
enti   locali   inadempienti  alle  funzioni  di  cui  alla  medesima
disposizione,   il   ricorso  indica  altresi'  la  violazione  degli
artt. 114  e  120  Cost.,  poiche'  si tratterebbe di funzioni per le
quali  la  Regione non ha alcuna competenza, per le quali non sarebbe
ipotizzabile alcun potere sostitutivo.della Regione Emilia-Romagna.
    Le  censure  del  Governo  riguardano poi specificatamente alcune
delle disposizioni della legge impugnata, e precisamente:
        a) l'art. 3, comma 4, lettera d) che prevede l'osservazione e
il  monitoraggio,  «in raccordo con le Prefetture», del funzionamento
dei  centri  di permanenza temporanea, strutture che rientrano, oltre
che  nella  materia  dell'immigrazione,  anche  in quella dell'ordine
pubblico e della sicurezza, entrambe di esclusiva spettanza statale;
        b)  gli artt. 6 e 7, che secondo il ricorso riconoscono nuove
forme   di   partecipazione  dei  cittadini  stranieri  all'attivita'
politico-amministrativa  della  Regione,  quali membri della Consulta
regionale,  cui  sono  affidati  compiti  istituzionali  propulsivi e
consultivi;  tali  forme  partecipative riguarderebbero la condizione
giuridica di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e
l'immigrazione, materie entrambe di competenza esclusiva statale;
        c) l'art. 10, che consente ai cittadini immigrati di accedere
all'edilizia  residenziale pubblica ed ai benefici per la prima casa,
materia anch'essa spettante allo Stato, che peraltro «ha puntualmente
legiferato sull'argomento».
    2.  -  La  Regione  eccepisce  preliminarmente l'inammissibilita'
delle  censure svolte nei confronti dell'intero testo della legge, in
quanto la stessa ha un contenuto eterogeneo, prevedendo interventi di
tipo diverso da parte di enti diversi.
    La  Regione  Emilia-Romagna  eccepisce  poi  l'infondatezza della
impugnazione  della legge regionale nel suo complesso, motivata dalla
pretesa  statale  di  impedire  alle  Regioni  di  dettare  qualsiasi
disposizione  concernente  gli stranieri, a prescindere dal fatto che
si  tratti  o  meno  di  incidere su materie di competenza regionale,
tanto  piu'  che  un  problema di legittimita' costituzionale di tali
disposizioni  non  era mai stato posto sotto il vigore del precedente
Titolo V della Costituzione e che l'assunto del Governo non e' quindi
fondato  sulla  violazione  di  alcuna norma costituzionale e anzi si
pone in contrasto con la stessa normativa statale in materia e con la
giurisprudenza costituzionale.
    Quanto  alle  censure  statali  che  si appuntano nei riguardi di
singole  disposizioni  della legge regionale, la Regione ne sostiene,
con diversi argomenti, l'infondatezza.
    3.   -   L'eccezione  preliminare  della  Regione  Emilia-Romagna
relativa  alla  inammissibilita' delle censure statali che concernono
l'illegittimita'   costituzionale   dell'intero   testo  della  legge
regionale e' fondata.
    Questa  Corte  ha  piu'  volte  affermato  che  le  questioni  di
legittimita'  costituzionale che si riferiscono ad un intero testo di
legge,  quando non siano supportate da specifiche ragioni e non siano
specificamente   indicate   nella  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri,  sono inammissibili (v., tra le molte, le sentenze n. 315 e
n. 338 del 2003).
    Nel  caso  di  specie,  la delibera di impugnazione, adottata dal
Consiglio  dei  ministri  nella riunione del 7 maggio 2004, richiama,
recependone  integralmente il contenuto, la proposta del Ministro per
gli  affari  regionali  nella  quale  le  censure  di  illegittimita'
costituzionale  sono inequivocabilmente riferite soltanto all'art. 3,
comma 4, lettera d) e comma 5, ed agli artt. 6, 7 e 10.
    L'esame  del merito del ricorso deve percio' essere limitato alle
sole  disposizioni  della  legge  regionale  per  le quali sono state
svolte specifiche censure.
    4.  -  Ai  fini  di  un  corretto  inquadramento  delle questioni
sollevate  dal ricorso del Governo, e' necessario premettere un breve
esame  della  legge  statale  in  materia,  rappresentata dal decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
giuridica   dello   straniero),  nella  parte  in  cui  essa  prevede
competenze  regionali o altre forme di cooperazione tra lo Stato e le
Regioni.
    L'art. 1,  comma  4 del d. lgs citato, prevede che «nelle materie
di competenza legislativa delle Regioni, le disposizioni del presente
testo    unico   costituiscono   principi   fondamentali   ai   sensi
dell'articolo  117  della  Costituzione. Per le materie di competenza
delle  Regioni  a  statuto  speciale  e delle Province autonome, esse
hanno  il  valore  di norme fondamentali di riforma economico-sociale
della  Repubblica»,  mentre l'art. 2, comma 4, a sua volta stabilisce
che  «lo  straniero  regolarmente  soggiornante  partecipa  alla vita
pubblica locale».
    L'art. 2-bis,   introdotto   dalla   legge   n. 189   del   2002,
nell'istituire  presso  la  Presidenza  del Consiglio dei ministri il
«Comitato  per il coordinamento e il monitoraggio» delle disposizioni
del  testo  unico,  al comma 2 prevede che di esso faccia parte anche
«un  presidente  di  regione  o di provincia autonoma designato dalla
Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome», e
che «per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, e'
istituito   un   gruppo   tecnico   di  lavoro  presso  il  Ministero
dell'interno»,  che  e'  composto,  tra  gli  altri,  da  tre esperti
designati  dalla  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
    A  sua  volta  l'art. 3 dispone che al fine della predisposizione
del  documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione
e  degli  stranieri  nel  territorio  dello  Stato, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  senta  anche la Conferenza permanente per i
rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di  Bolzano e la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Il comma
5  dello  stesso  articolo  prevede  ancora  che  «nell'ambito  delle
rispettive  attribuzioni  e  dotazioni  di  bilancio,  le Regioni, le
province,  i  comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti
concorrenti   al   perseguimento  dell'obbiettivo  di  rimuovere  gli
ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti
e  degli  interessi  riconosciuti agli stranieri nel territorio dello
Stato,  con particolare riguardo a quelli inerenti all'alloggio, alla
lingua,   all'integrazione   sociale,   nel   rispetto   dei  diritti
fondamentali  della persona umana». Il successivo comma 6 dispone che
«con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare
di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione
di   Consigli   territoriali   per   l'immigrazione,   in  cui  siano
rappresentati  le  competenti  amministrazioni locali dello Stato, la
Regione,  gli  enti  locali,  gli  enti  e le associazioni localmente
attivi   nel   soccorso   e   nell'assistenza   agli   immigrati,  le
organizzazioni  dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di
analisi  delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a
livello locale».
    Altre   disposizioni   delle   legge   statale,   come  l'art. 38
(Istruzione  degli  stranieri.  Educazione interculturale), l'art. 40
(Centri   di   accoglienza.   Accesso  all'abitazione),  disciplinano
specifiche  competenze  regionali  in  materie nelle quali le Regioni
hanno   competenza   concorrente   o   esclusiva,   come  il  diritto
all'istruzione,  l'accesso  ai  servizi  educativi, la partecipazione
alla  vita  della  comunita' scolastica sulla base di una rilevazione
dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, la
predisposizione  di  centri  di  accoglienza  destinati  ad  ospitare
stranieri regolarmente soggiornanti temporaneamente impossibilitati a
provvedere  autonomamente  alle  proprie  esigenze  di  alloggio e di
sussistenza, oltre ad altri interventi di tipo assistenziale.
    Ed ancora l'art. 42 (Misure di integrazione sociale), prevede che
lo  Stato,  le  Regioni,  le  province  e i comuni, nell'ambito delle
proprie  competenze,  anche  in collaborazione con le associazioni di
stranieri  e  con  le  organizzazioni  stabilmente  operanti  in loro
favore,  nonche'  in  collaborazione  con  le  autorita'  o  con enti
pubblici  e  privati  dei  Paesi di origine, favoriscono una serie di
attivita'  di  tipo  sociale  e  assistenziale  volte,  tra  l'altro,
all'effettuazione  di  corsi della lingua e della cultura di origine,
alla   diffusione   di  ogni  informazione  utile  al  loro  positivo
inserimento   nella   societa'   italiana,  alla  conoscenza  e  alla
valorizzazione  delle  espressioni  culturali,  ricreative,  sociali,
economiche  e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti. Il
comma  4 di detto articolo prevede infine che sia istituita presso la
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  la Consulta per i problemi
degli  stranieri  immigrati  e  delle loro famiglie, della quale sono
chiamati  a  far  parte,  tra  gli  altri,  i  «rappresentanti  degli
stranieri   extracomunitari   designati   dalle   associazioni   piu'
rappresentative  operanti  in  Italia, in numero non inferiore a sei»
(lettera b).
    5.  -  La  stessa  legge  statale  quindi  disciplina  la materia
dell'immigrazione  e  la condizione giuridica degli stranieri proprio
prevedendo  che  una  serie di attivita' pertinenti la disciplina del
fenomeno  migratorio  e degli effetti sociali di quest'ultimo vengano
esercitate  dallo  Stato  in stretto coordinamento con le Regioni, ed
affida  alcune  competenze direttamente a queste ultime; cio' secondo
criteri  che tengono ragionevolmente conto del fatto che l'intervento
pubblico  non  si  limita  al  doveroso controllo dell'ingresso e del
soggiorno  degli  stranieri  sul  territorio  nazionale,  ma riguarda
necessariamente  altri  ambiti, dall'assistenza all'istruzione, dalla
salute  all'abitazione,  materie  che  intersecano  ex  Costituzione,
competenze  dello  Stato  con  altre  regionali, in forma esclusiva o
concorrente.
    6.  -  Tenuto  conto  del quadro normativo complessivo, infondate
risultano  le  censure  del  Governo che ipotizzano la violazione, da
parte  della  legge  della  Regione  Emilia-Romagna, delle competenze
esclusive statali in tema di «diritto di asilo e condizione giuridica
dei  cittadini  di  Stati  non  appartenenti all'Unione europea» e di
«immigrazione»  di  cui  all'art. 117, secondo comma, lettere a) e b)
Cost.
    Invero  l'art. 3,  comma  4, lettera d) della legge impugnata, in
base   al  quale  la  Regione  svolge  attivita'  di  osservazione  e
monitoraggio,  «per  quanto  di  competenza  ed  in  raccordo  con le
prefetture», del funzionamento dei centri di permanenza temporanea di
cui  all'art. 14  del  d.lgs.  n. 286  del  1998, non contiene alcuna
disciplina  di  detti  centri  che  si  ponga in contrasto con quella
statale  che li ha istituiti, limitandosi a prevedere la possibilita'
di   attivita'   rientranti   nelle   competenze   regionali,   quali
l'assistenza  in  genere  e quella sanitaria in particolare, peraltro
secondo  modalita'  (in  necessario previo accordo con le prefetture)
tali da impedire comunque indebite intrusioni.
    Gli  artt. 6 e 7 della legge regionale, che disciplinano le forme
partecipative   degli   stranieri   nella   Consulta   regionale  per
l'integrazione  sociale  dei  cittadini  stranieri  immigrati,  lungi
dall'invadere   materie   attribuite   esclusivamente   allo   Stato,
costituiscono   anzi   la   attuazione,   da   parte   della  Regione
Emilia-Romagna,   delle   disposizioni   statali   che,   come  sopra
evidenziato,  prevedono appunto forme di partecipazione dei cittadini
stranieri  soggiornanti  regolarmente  nel  Paese  alla vita pubblica
locale;  in  tal senso questa Corte, con la sentenza n. 379 del 2004,
ha    affermato    la    legittimita'    della    norma    statutaria
dell'Emilia-Romagna  che  prevede  il  diritto  di  voto  di  tutti i
residenti  nei  referendum  regionali,  secondo un criterio di favore
verso  la  partecipazione,  che  trova  il  suo  fondamento  nel gia'
ricordato  art. 2,  comma 4, del d.lgs. n. 286 del 1998. Inoltre tali
disposizioni  non  disciplinano in alcun modo la condizione giuridica
dei cittadini extracomunitari, ne' il loro diritto di chiedere asilo,
che restano affidati alla sola legge statale.
    Anche   l'art. 10  della  legge,  che  attribuisce  ai  cittadini
stranieri  immigrati la possibilita' di accedere ai benefici previsti
dalla  normativa in tema di edilizia residenziale pubblica, si limita
a  disciplinare,  nel territorio dell'Emilia-Romagna, un diritto gia'
riconosciuto in via di principio dal citato d.lgs n. 286 del 1998.
    Infine  anche  la  censura  che  si appunta sull'art. 3, comma 5,
della  legge,  per  cui  la Regione esercita i poteri sostitutivi nei
confronti   degli  enti  locali  inadempienti  secondo  le  modalita'
previste  dalla  vigente  disciplina  regionale  -  disposizione  che
secondo  il Governo violerebbe anche gli att. 114 e 120 Cost. poiche'
non  sarebbe  indicato  il tipo di potere sostitutivo da esercitare -
risulta  infondata perche', come sostiene la Regione, l'inadempimento
da parte degli enti locali si riferisce chiaramente alle attivita' di
cui  agli artt. 4 e 5 della legge censurata che sono appunto affidate
agli   enti   locali.   Del   resto   l'indicazione  quale  parametro
dell'art. 120 Cost. appare del tutto inconferente, poiche' tale norma
riguarda espressamente il potere sostitutivo straordinario statale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  relativa  all'intero  testo della legge della Regione
Emilia-Romagna  24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l'integrazione sociale
dei  cittadini  stranieri  immigrati.  Modifiche alle leggi regionali
21 febbraio  1990,  n. 14,  e  12 marzo  2003,  n. 2),  sollevata dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il ricorso indicato in
epigrafe  in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere a) e b)
della Costituzione;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
degli  artt. 3, comma 4, lettera d) e comma 5; 6, 7 e 10 della stessa
legge regionale n. 5 del 2004, sollevata dal Presidente del Consiglio
dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe; in riferimento agli
artt. 117,   secondo   comma,  lettere  a)  e  b)  114  e  120  della
Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
                  Il Presidente e redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C0814