N. 302 SENTENZA 7 - 22 luglio 2005

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Demanio  - Trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo dello
  Stato  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia - Esclusione di talune
  tratte  del  torrente  Judrio  e  dei fiumi Tagliamento e Livenza -
  Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia - Denunciata lesione
  delle  prerogative  regionali - Spettanza allo Stato, e per esso al
  Provveditorato  regionale  alle  opere  pubbliche - Magistrato alle
  acque di Venezia, della potesta' in contestazione.
- Nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096 del Provveditorato regionale alle
  opere pubbliche - Magistrato alle acque di Venezia.
- Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, artt. 5,
  n. 14  e n. 22, e 8; d.lgs. 25 maggio 2001, n. 265, artt. 1, 2 e 3,
  comma 1.
Demanio  - Trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo dello
  Stato  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia - Esclusione di alcuni
  beni  immobili  (caselli  e  magazzini  idraulici)  -  Controversia
  vertente   sulla   titolarita'   di   beni   (vindicatio   rei)   -
  Inammissibilita' del ricorso.
- Nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096 del Provveditorato regionale alle
  opere pubbliche - Magistrato alle acque di Venezia.
- Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, artt. 5,
  n. 14  e n. 22, e 8; d.lgs. 25 maggio 2001, n. 265, artt. 1, 2 e 3,
  comma 1.
(GU n.30 del 27-7-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni
Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota
3 aprile 2003, n. prot. 2096, del Provveditorato regionale alle opere
pubbliche  -  Magistrato  alle acque di Venezia, promosso con ricorso
della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  notificato il 7 giugno 2003,
depositato  in  cancelleria  l'11 successivo ed iscritto al n. 22 del
registro conflitti 2003.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  24 maggio  2005  il  giudice
relatore Paolo Maddalena;
    Uditi    l'avvocato    Giandomenico   Falcon   per   la   Regione
Friuli-Venezia  Giulia e l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -  Con  ricorso  notificato  il  7 giugno  2003  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  solleva  conflitto di attribuzione avverso il
Presidente  del  Consiglio  dei ministri, impugnando la nota 3 aprile
2003,   n. prot.   2096,  del  Provveditorato  regionale  alle  opere
pubbliche  -  Magistrato  alle acque di Venezia, per violazione degli
articoli  5, n. 14 e n. 22, e 8 della legge costituzionale 31 gennaio
1963,  n. 1  (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e
degli  articoli  1, 2 e 3, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio
2001,  n. 265  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  per  il  trasferimento  di  beni del
demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse
idriche e di difesa del suolo).
    1.1.  - Con la nota impugnata il Magistrato alle acque di Venezia
ritiene che - in base al disposto dell'art. 1 del decreto legislativo
n. 265  del 2001, il quale prevede il mantenimento in capo allo Stato
della  tratta  del  fiume (rectius: torrente) Judrio, che delimita il
confine di Stato, e delle tratte dei fiumi Livenza e Tagliamento, che
delimitano  il  confine  con  la  Regione  Veneto - sia necessario il
mantenimento  nelle  proprie  attribuzioni  «degli immobili adibiti a
casello e/o magazzino idraulico, funzionali ad assicurare il servizio
di piena in dette tratte».
    Conseguentemente   la   nota   invita   le  Agenzie  del  demanio
interessate a non procedere al trasferimento di taluni beni immobili,
ritenuti «funzionali all'attivita' residua di questo istituto».
    2.  -  La ricorrente Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta che il
Magistrato  alle  acque  di  Venezia,  nel rivendicare la titolarita'
dello   Stato  sui  beni  in  questione,  avrebbe  rivendicato  anche
l'esercizio delle funzioni amministrative connesse ed avrebbe, in tal
senso, leso i parametri costituzionali invocati.
    2.1.  -  Preliminarmente la ricorrente richiama la giurisprudenza
di  questa  Corte  (sentenze n. 341 del 2001, n. 212 del 1984 e n. 20
del  1956),  che  ha  riconosciuto  la  deducibilita'  delle norme di
attuazione  degli  statuti  speciali  delle  Regioni  autonome  quali
parametro  nel  giudizio  di  costituzionalita',  anche  ove  il loro
contenuto  sia  integrativo praeter legem e non meramente attuativo o
esecutivo  secundum legem degli statuti, con il limite della coerenza
con le norme e le finalita' degli statuti stessi.
    Alla  luce  di  questa  giurisprudenza  non  sarebbe  dubitabile,
secondo la ricorrente, il tono costituzionale del conflitto sollevato
in  riferimento  al  decreto  legislativo  n. 265  del 2001, norma di
attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma ricorrente.
    2.2.  -  Nel merito la Regione Friuli-Venezia Giulia sostiene che
alcuni  dei beni elencati nella nota 3 aprile 2003, n. prot. 2096 del
Magistrato  alle  acque  di  Venezia  rientrino nel proprio demanio e
nella  propria  competenza  amministrativa,  in quanto non pertinenti
alle tratte del torrente Judrio e dei fiumi Livenza e Tagliamento che
l'articolo  1  del  decreto  legislativo n. 265 del 2001 eccettua dal
generale  trasferimento  alla  Regione, lasciandole nella titolarita'
dello Stato.
    In  questa  parte  la  nota  impugnata,  sostiene  la ricorrente,
violerebbe pertanto gli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 265
del  2001, i quali attribuiscono alla Regione la titolarita' dei beni
e  delle  funzioni  amministrative relative a tutto il demanio idrico
statale, salvo i beni espressamente eccettuati.
    2.3. - In ordine ai restanti beni indicati nella suddetta nota la
Regione  non nega che essi siano pertinenti e strumentali alle tratte
del  torrente  Judrio  e  dei fiumi Livenza e Tagliamento restate nel
demanio  idrico  dello  Stato, ma sostiene che l'articolo 3, comma 1,
del medesimo decreto legislativo n. 265 del 2001, nel trasferire alla
Regione autonoma, oltre ai beni ed alle funzioni cui si riferiscono i
precedenti  articoli  1  e  2, anche tutte le funzioni amministrative
relative ai beni del demanio idrico attribuite alle Regioni ordinarie
(e   pertanto   tutte   quelle   relative   al  demanio  idrico,  non
espressamente  conservate  allo  Stato  dall'articolo  88 del decreto
legislativo  31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di funzioni
e  compiti  amministrativi  dello  Stato  alle  Regioni  ed agli enti
locali,  in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»),
avrebbe  trasferito  alla stessa dette funzioni anche in relazione ai
beni del residuo demanio idrico statale.
    La  ricorrente  sostiene,  altresi',  che  «in  conseguenza della
titolarita'  delle  funzioni»  indicate  nell'art. 3,  comma  1,  del
decreto  legislativo n. 265 del 2001 spetterebbero «alla Regione quei
beni  che  sono  strumentali al loro esercizio» e pertanto i restanti
immobili indicati nella nota impugnata.
    Detta  nota del Magistrato alle acque sarebbe dunque lesiva delle
attribuzioni  regionali,  quali configurate dall'art. 3, comma 1, del
decreto  legislativo n. 265 del 2001, «nei suoi due ultimi capoversi»
e pertanto nella parte in cui rivendica allo Stato la titolarita' dei
beni   in  questione,  in  quanto  funzionali  alla  propria  residua
attivita' di istituto.
    2.4. - La ricorrente rileva poi che, ove si intendesse conservare
la  competenza  amministrativa  statale  in relazione a tali beni, si
perverrebbe  all'incongrua  situazione  per cui i fiumi Tagliamento e
Livenza  sarebbero  gestiti,  nei  tratti  a  confine  con la Regione
Veneto,  in  sponda  destra  da  questa Regione ordinaria e in sponda
sinistra dallo Stato, con palese disparita' di trattamento tra le due
Regioni finitime.
    Ancora   la   ricorrente   rileva   una   contraddittorieta'  nel
comportamento  degli  organi  statali,  dato  che,  in due occasioni,
l'Ufficio del Genio civile di Pordenone ha chiesto finanziamenti alla
Regione  per  sostenere  le  spese  per  il  funzionamento  dei  beni
reclamati  dal  Magistrato  alle  acque con la nota impugnata, in tal
senso  «confermando  che  la  competenza  ad  utilizzare  i  beni  in
questione spetta alla Regione stessa».
    3.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  si e' costituito in
giudizio, chiedendo che venga dichiarata l'infondatezza del ricorso.
    La difesa erariale sostiene, in particolare, che, al mantenimento
nella  titolarita' statale di talune tratte del torrente Judrio e dei
fiumi  Livenza  e  Tagliamento,  consegue «necessariamente» che siano
conservate  in capo al Magistrato alle acque, «oltre che gli immobili
rivieraschi,  anche  le connesse funzioni amministrative (relative ai
caselli  e/o  magazzini  idraulici)  che  servono  ad  assicurare  il
controllo delle piene nella tratta in questione».
    4.   -   In   prossimita'   dell'udienza   pubblica   la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  ha  depositato  una  memoria  nella  quale ha
contestato  le deduzioni del Presidente del Consiglio dei ministri ed
ha  ulteriormente  argomentato  le  prospettazioni  poste  a base del
conflitto.
    4.1.  - La ricorrente contesta, in particolare, le argomentazioni
della relazione del Dipartimento affari regionali, secondo cui:
        dall'articolo  2 del decreto legislativo n. 265 del 2001, che
trasferisce  alla Regione le funzioni amministrative relative ai beni
ad essa trasferiti ai sensi del precedente articolo 1, si evincerebbe
che  le funzioni amministrative sono strettamente correlate ai beni e
ne seguono la destinazione;
        l'articolo  4,  comma  2,  del medesimo decreto, che consente
allo Stato di avvalersi degli uffici della Regione per lo svolgimento
delle    funzioni   amministrative   rimaste   di   sua   competenza,
riguarderebbe  proprio  le  funzioni  amministrative relative ai beni
restati   nella   titolarita'  del  demanio  statale,  in  quanto  la
disposizione non avrebbe ragione d'essere ove le attribuzioni statali
in ordine ai propri beni fossero limitate, come assume la Regione, ai
soli  «compiti di rilievo nazionale» sanciti dall'art. 88 del decreto
legislativo  n. 112  del 1998, essendo questi «compiti di indirizzo e
programmazione e non funzioni amministrative».
    4.2.  - La Regione Friuli-Venezia Giulia sostiene al riguardo che
l'interpretazione  statale  delle  norme  in  questione  non  sarebbe
sostenibile,  dato  che «la chiara dizione» dell'articolo 3, comma 1,
del  decreto  legislativo n. 265 del 2001 affiderebbe alla Regione le
funzioni  amministrative  anche  in  relazione  ai tratti di fiume di
proprieta'  statale e ritiene che l'articolo 4, comma 2, del medesimo
decreto  legislativo  sarebbe  una  generica clausola residuale («nel
senso  che qualora allo Stato residuassero funzioni amministrative in
relazione  al  demanio  idrico,  esso  sarebbe abilitato ad avvalersi
degli uffici regionali»).
    La  ricorrente  afferma  poi  che  l'inserimento dell'articolo 3,
comma 1, sarebbe avvenuto successivamente alla originaria stesura del
decreto  legislativo  in  questione  e  che sarebbe stato determinato
dalla necessita' di adeguare e pareggiare le competenze della Regione
a  statuto  speciale  con  quelle  conferite  dal decreto legislativo
n. 112  del  1998 alle Regioni ordinarie. Questo spiegherebbe, a dire
della   ricorrente,   il   non   del   tutto   agevole  coordinamento
dell'articolo 3, comma 1, con le altre disposizioni del decreto.
    4.3. - La Regione Friuli-Venezia Giulia ricorda, infine, di avere
finanziato  opere  (di  consolidamento  di  argini e completamento di
diaframmature  lungo  il  corso  del  fiume  Tagliamento) relative al
residuo demanio idrico statale, avvalendosi anche del Magistrato alle
acque   di   Venezia,  e  di  avere  ricevuto,  sempre  in  relazione
all'attivita'  di  gestione del demanio idrico statale, una richiesta
di  accreditamento  di  spese  per  servizi istituzionali da parte di
uffici statali (nota 3 giugno 2003, n. prot. 1983 del Ministero delle
infrastrutture  e dei trasporti - Ufficio del Genio civile di Udine),
che   avrebbero   in   tal  senso,  implicitamente,  riconosciuto  la
titolarita' regionale della competenza controversa.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione Friuli-Venezia Giulia impugna la nota 3 aprile
2003, n. prot. 2096 del Provveditorato regionale alle opere pubbliche
-  Magistrato  alle  acque  di  Venezia, con la quale, in riferimento
all'art. 1  del  decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
per  il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonche'
di  funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo), si
eccettua dal trasferimento al demanio della Regione talune tratte del
torrente  Judrio  e  dei fiumi Tagliamento e Livenza e si invitano le
Agenzie  del  demanio  interessate a non procedere al trasferimento a
favore  dell'ente  territoriale  di  alcuni  beni immobili (caselli e
magazzini idraulici) del demanio idrico statale.
    1.1.  -  La  ricorrente  lamenta  che il Magistrato alle acque di
Venezia avrebbe leso le prerogative della Regione a statuto speciale,
in quanto nel riaffermare la titolarita' dello Stato su tali beni:
        a)  da  un  lato,  avrebbe  erroneamente  rivendicato  alcuni
immobili gia' trasferiti alla Regione in base agli articoli 1 e 2 del
decreto legislativo n. 265 del 2001;
        b)  dall'altro,  avrebbe  rivendicato  non  solo gli immobili
costituenti  pertinenze  delle tratte del torrente Judrio e dei fiumi
Tagliamento   e   Livenza  restate  nel  demanio  statale,  ma  anche
l'esercizio delle funzioni amministrative connesse.
    In  ordine  agli  immobili  costituenti  pertinenze  del  residuo
demanio   idrico   dello  Stato  la  ricorrente  sostiene  che  essa,
indipendentemente  dalla  titolarita'  statale sulle ricordate tratte
fluviali,  sarebbe  competente,  ai  sensi  dell'art. 3, comma 1, del
decreto  legislativo  n. 265  del  2001, all'esercizio delle funzioni
amministrative e che, in ragione di questa competenza amministrativa,
pure  detti  immobili,  aventi carattere strumentale allo svolgimento
delle relative funzioni, dovrebbero considerarsi trasferiti a proprio
favore.
    2.  -  In  relazione  alla rivendicazione della titolarita' degli
immobili  (caselli e magazzini idraulici) non strumentali alle tratte
del  torrente  Judrio  e dei fiumi Livenza e Tagliamento, rimaste nel
demanio idrico statale, il ricorso e' inammissibile.
    2.1.  -  La  pressoche'  costante  giurisprudenza di questa Corte
(cfr.  da  ultimo  sentenza n. 177 del 2005, ma anche sentenze numeri
179  del 2004, 95 del 2003, 213 del 2001, 444 del 1994, 211 del 1994,
309  del 1993, 111 del 1976) esclude l'ammissibilita' di un conflitto
tra enti, quando si controverta della titolarita' di beni (vindicatio
rei)  e  non  della  spettanza  o  della  delimitazione  di  funzioni
attribuite dalla Costituzione o dagli statuti speciali di autonomia e
dalle  relative  norme di attuazione (vindicatio potestatis), essendo
nel primo caso la questione da proporre nelle forme ordinarie davanti
ai giudici comuni competenti.
    2.2.  -  In  relazione  ai  suddetti  immobili,  in  effetti,  la
ricorrente  pone una mera questione di titolarita', asserendo che gli
stessi,  non  pertinenti  alle tratte del torrente Judrio e dei fiumi
Livenza   e  Tagliamento,  restati  nel  demanio  statale,  sarebbero
ricompresi  tra quelli di cui l'art. 1 del decreto legislativo n. 265
del 2001 prevede il trasferimento alla Regione.
    Si  tratta,  come e' in tutta evidenza, di una questione priva di
tono   costituzionale,   giacche'   involge   unicamente  un  aspetto
proprietario e richiede l'accertamento, di puro fatto, in ordine alla
sussistenza  di  un  nesso pertinenziale tra i beni rivendicati dallo
Stato e le tratte fluviali di sua competenza.
    3.  -  In relazione ai restanti beni immobili cui si riferisce la
nota  impugnata  del  Magistrato  alle  acque  di Venezia e sulla cui
natura pertinenziale e strumentale ai beni del residuo demanio idrico
statale le parti sono concordi, il ricorso e' invece infondato.
    3.1.  -  La  ricorrente  muove,  a  ben  vedere,  dal presupposto
interpretativo  che  l'art. 3 del decreto legislativo n. 265 del 2001
individui  una  competenza  ulteriore rispetto a quella delineata dai
precedenti  articoli 1 e 2 e, pertanto, che esso, ferma la competenza
regionale  sui  beni  del  demanio  idrico oggetto di trasferimento a
favore dell'ente territoriale, estenda alla residua parte del demanio
idrico  statale  il regime proprio delle Regioni a statuto ordinario,
di  cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni  e  compiti  amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli
enti  locali,  in  attuazione  del  capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59).
    3.2.  - L'interpretazione proposta dalla ricorrente, che varrebbe
ad  attribuire  alla  stessa  le funzioni amministrative, diverse dai
«compiti nazionali» di cui all'art. 88 del decreto legislativo n. 112
del  1998,  sui  beni  del  demanio idrico restati allo Stato, non e'
condivisibile.
    Gli  articoli  1  e  2  del  decreto  legislativo n. 265 del 2001
pongono  infatti  un  chiaro  parallelismo  tra  titolarita' del bene
demaniale   (e  relative  pertinenze)  ed  esercizio  delle  relative
funzioni amministrative di gestione e cura.
    In  quest'ambito  e  coerentemente con la ratio complessiva della
disciplina   in   questione   l'articolo  3,  comma  1,  del  decreto
legislativo   n. 265  del  2001,  lungi  dal  configurare  competenze
accessorie  o  ulteriori della ricorrente, si limita a specificare il
contenuto  delle  funzioni  trasferite alla Regione speciale ai sensi
del precedente articolo 2, salvaguardando, non diversamente da quanto
e' avvenuto in relazione alle Regioni ordinarie, l'esercizio unitario
dei compiti di indirizzo e programmazione.
    3.3.   -   La  diversa  interpretazione  proposta  dalla  Regione
Friuli-Venezia Giulia, oltre a contraddire la logica del parallelismo
sottesa  al  decreto  legislativo  n. 265  del 2001, verrebbe d'altra
parte  a  negare la legittimita' dell'esercizio dei compiti nazionali
di  cui  all'art. 88  del  decreto  legislativo  n. 112  del  1998 in
relazione   ai   beni   trasferiti,   con   chiara  ed  inammissibile
compromissione   delle   esigenze   di  tutela  generale  dei  bacini
idrografici sottese alla norma in questione.
    La  tesi  della  ricorrente  renderebbe, inoltre, sostanzialmente
inutile  la  disposizione  dell'articolo  4,  comma  2,  dello stesso
decreto  legislativo n. 265 del 2001, il quale prevede la facolta' di
avvalimento   degli   uffici  regionali  da  parte  dello  Stato  per
l'esercizio  delle  sue funzioni. Considerato che i compiti nazionali
di  cui  all'articolo  88  del decreto legislativo n. 112 del 1998 si
sostanziano  in  attivita' generali di programmazione e coordinamento
proprie   degli   organi   statali   e   che  sarebbe  irrazionale  e
contraddittoria  una  delega  di  esercizio  agli  uffici  regionali,
risulta  evidente  che  possa darsi un contenuto concreto al disposto
dell'art. 4,  comma  2,  solo  ove  non  si  neghi, come invece fa la
Regione, l'esistenza di compiti amministrativi residui dello Stato.
    3.4.   -   Neppure   condivisibile   e'   l'argomentazione  della
ricorrente,   che  lamenta,  sotto  taluni  profili,  un  trattamento
deteriore rispetto alle Regioni a statuto ordinario.
    La  disciplina  dettata  dal decreto legislativo n. 265 del 2001,
incentrata  sul  trasferimento  alla  Regione  non solo di competenze
amministrative  ma anche della gran parte dei beni del demanio idrico
(e relative pertinenze), non consente infatti una comparazione con la
situazione  delle  Regioni ordinarie in relazione a singoli aspetti e
certamente  risulta  nel  complesso  non  deteriore  per  la  Regione
Friuli-Venezia Giulia.
    3.5.  -  Ne',  infine, puo' condividersi la tesi della ricorrente
che  spiega l'incoerenza tra la propria lettura dell'articolo 3 ed il
disposto dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 265 del
2001  in  ragione  della lunga e poco coordinata genesi storica delle
norme   in   questione,  dato  che  l'interpretazione  obiettiva  del
complessivo  disposto del decreto legislativo n. 265 del 2001 impone,
necessariamente,  un  coordinamento  sistematico e teleologico tra le
varie norme, senza che assumano rilievo elementi ulteriori o diversi.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  spettava  allo Stato, e per esso al Provveditorato
regionale  alle  opere  pubbliche - Magistrato alle acque di Venezia,
invitare,  con  nota del 3 aprile 2003, n. prot. 2096, le Agenzie del
demanio  a  non  procedere  al trasferimento degli immobili adibiti a
casello e/o magazzino idraulico, funzionali ad assicurare il servizio
di  piena nella tratta del torrente Judrio che delimita il confine di
Stato  e  nelle tratte dei fiumi Livenza e Tagliamento che delimitano
il confine tra le Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia;
    Dichiara,   per   il   resto,   inammissibile   il  conflitto  di
attribuzione   proposto   dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  nei
confronti dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: Maddalena
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C0816