N. 310 ORDINANZA 7 - 22 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  -  Notificazione  - Deposito di copia dell'atto
  presso  la casa comunale - Denunciata disparita' di trattamento tra
  forme  diverse di notificazione quanto alla tutela del diritto alla
  riservatezza  del  destinatario  - Questione priva di rilevanza nel
  giudizio a quo - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. civ., art. 143, primo comma.
- Costituzione, art. 3.
Procedimento  civile  -  Notificazione  -  Affissione  di  una  copia
  dell'atto   nell'albo   dell'ufficio   giudiziario  -  Soppressione
  Denunciata  lesione  del diritto di difesa - Manifesta infondatezza
  della questione.
- D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 174, comma 6.
- Costituzione, art. 24, secondo comma.
(GU n.30 del 27-7-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 143, primo
comma,  del  codice di procedura civile e dell'art. 174, comma 6, del
decreto  legislativo  30 giugno  2003,  n. 196  (Codice in materia di
protezione  dei  dati personali), promosso con ordinanza del 9 agosto
2004  dal  Tribunale  di L'Aquila sulle istanze riunite di fallimento
proposte  da  Daicom  S.a.  ed  altre  contro  Piccirilli  Francesco,
iscritta  al  n. 961  del  registro ordinanze 2004 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 48,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 giugno 2005 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che il Tribunale di L'Aquila, con ordinanza del 9 agosto
2004,  nel  corso di un procedimento per dichiarazione di fallimento,
ha  sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 143,
primo   comma,   del  codice  di  procedura  civile,  in  riferimento
all'art. 3  della Costituzione, e dell'art. 174, comma 6, del decreto
legislativo  30 giugno  2003, n. 196 (Codice in materia di protezione
dei dati personali), in riferimento all'art. 24, secondo comma, della
Costituzione;
        che  il  giudice  rimettente, «verificata la ritualita' della
notificazione»  al  fallendo  delle  istanze di fallimento, «ai sensi
dell'art. 143 c.p.c.», rileva che il sistema processuale, quanto alla
disciplina  delle  notifiche,  e'  stato «ridisegnato dal legislatore
perseguendo  l'obiettivo di tutelare il diritto del destinatario alla
riservatezza   dei   dati   personali»,   in   particolare  «mediante
l'inserimento  in  busta  chiusa  delle copie degli atti consegnate a
persone diverse dal destinatario»;
        che  il  suddetto  art. 143,  primo  comma,  cod. proc. civ.,
prevedendo  viceversa  il  deposito di copia dell'atto presso la casa
comunale,  senza  alcuna  cautela intesa ad evitarne l'ostensione del
contenuto  a terzi, determinerebbe, sotto il profilo della tutela del
diritto   alla   riservatezza,   una   ingiustificata  disparita'  di
trattamento  in  danno  della  persona di cui non siano conosciuti la
residenza,  la  dimora  o  il  domicilio,  in assenza del procuratore
previsto dall'art. 77 cod. proc. civ;
        che,  per  altro  verso,  l'art. 174,  comma  6,  del decreto
legislativo  n. 196  del  2003,  nell'eliminare  -  proprio a fini di
tutela  del  diritto  alla  riservatezza  -  l'ulteriore  formalita',
precedentemente prevista dall'art. 143, primo comma, cod. proc. civ.,
dell'affissione  di  altra  copia  dell'atto  nell'albo  dell'ufficio
giudiziario  dinanzi  al  quale  si  procede,  avrebbe compromesso la
possibilita'   stessa   di   conoscenza   dell'atto   da   parte  del
destinatario,  determinando  «la  completa  elisione  del  diritto di
difesa del destinatario della notificazione»;
        che d'altro canto il legislatore ben avrebbe potuto mantenere
la   suddetta   formalita'   senza   pregiudicare   il  diritto  alla
riservatezza  dell'interessato,  ad  esempio  prevedendo l'affissione
dell'atto in busta chiusa e sigillata;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita' o di
manifesta infondatezza della questione;
        che le questioni proposte sarebbero innanzitutto - secondo la
parte pubblica - prive di qualsiasi rilevanza;
        che,  nel  merito, le questioni stesse sarebbero comunque non
fondate,  essendo  in realta' volte a censurare non la ragionevolezza
ma l'opportunita' delle scelte effettuate dal legislatore.
    Considerato  che la questione relativa all'art. 143, primo comma,
del  codice  di procedura civile, sollevata sotto l'esclusivo profilo
della  disparita'  di  trattamento tra forme diverse di notificazione
quanto alla tutela del diritto alla riservatezza del destinatario, e'
sicuramente  priva  di  rilevanza  nel  giudizio a quo, nel quale non
viene in discussione la lesione di tale diritto;
        che  la questione stessa va percio' dichiarata manifestamente
inammissibile;
        che,  per  quanto  riguarda  l'art. 174, comma 6, del decreto
legislativo  30 giugno  2003, n. 196 (Codice in materia di protezione
dei  dati  personali),  il rimettente assume che l'eliminazione della
formalita'  rappresentata  dall'affissione  di  una  copia  dell'atto
nell'albo  dell'ufficio  giudiziario  dinanzi  al  quale  si  procede
sarebbe  lesiva  dell'art. 24,  secondo  comma, della Costituzione in
quanto  determinerebbe  «la  completa elisione» del diritto di difesa
del destinatario della notificazione;
        che  l'assunto  del  rimettente,  secondo  cui  il diritto di
difesa  del  destinatario  della notificazione risulterebbe del tutto
compromesso   per   effetto   della   disposizione   abrogatrice,  e'
all'evidenza  privo  di  fondamento, ove si consideri che la suddetta
formalita'  si aggiungeva, nell'originario testo dell'art. 143, primo
comma,  cod.  proc.  civ.,  a  quella,  tuttora prevista dalla norma,
rappresentata   dal  deposito  di  una  copia  dell'atto  nella  casa
comunale,   deposito   pur   esso   finalizzato   a   consentire   la
conoscibilita' dell'atto stesso da parte del destinatario;
        che  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  e'  d'altro canto
consolidata  nell'affermare  che  le presunzioni legali di conoscenza
sulle  quali  si fondano le forme di notificazione che non assicurano
la  conoscenza  «reale»  degli  atti  - quale appunto quella prevista
dall'art. 143,  primo  comma,  cod.  proc. civ. - non contrastano con
l'art. 24   della   Costituzione  se  non  quando  il  bilanciamento,
discrezionalmente   operato  dal  legislatore,  tra  l'interesse  del
notificante  al  compimento  della  notificazione  e  l'interesse del
destinatario  all'effettiva conoscenza dell'atto notificato risulti -
il  che, nella fattispecie, non appare - manifestamente irragionevole
(ordinanze n. 119 del 2001 e n. 591 del 1989);
        che   del   pari   non   irragionevole   deve   ritenersi  il
bilanciamento   operato  dalla  norma  impugnata  tra  il  richiamato
interesse  del  destinatario  all'effettiva  conoscenza  dell'atto  e
quello,  con  esso  in  parte  collidente, relativo alla tutela della
diritto alla riservatezza del medesimo destinatario;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    a)  dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 143, primo comma, del codice di
procedura   civile   sollevata,   in   riferimento  all'art. 3  della
Costituzione, dal Tribunale di L'Aquila con l'ordinanza in epigrafe;
    b)   dichiara   la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 174,  comma  6,  del  decreto
legislativo  30 giugno  2003, n. 196 (Codice in materia di protezione
dei  dati  personali), sollevata, in riferimento all'art. 24, secondo
comma,  della  Costituzione,  dal  medesimo tribunale con la predetta
ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                        Il redattore: Marini
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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