N. 316 ORDINANZA 7 - 22 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Edilizia  e  urbanistica  -  Condono  edilizio  straordinario - Reati
  edilizi   -   Ritenuta   lesione   dei   principi  di  eguaglianza,
  ragionevolezza,    buona    amministrazione,   tutela   ambientale,
  violazione  della  procedura prevista per l'adozione dell'amnistia,
  lesione  del  principio  dell'obbligatorieta'  dell'azione penale -
  Riproposizione  di  questioni  restituite  Carente  motivazione  in
  ordine  alla  perdurante  rilevanza  delle  stesse e alle modifiche
  normative  prodotte  dalla  sentenza  n. 196  del  2004 - Manifesta
  inammissibilita' delle questioni.
- D.L.  30 settembre  2003,  n. 269  (convertito,  con modificazioni,
  nella legge 24 novembre 2003, n. 326), art. 32, commi 1, 2, 25, 26,
  27, 28, 32-37.
- Costituzione,  artt. 1,  3,  9, secondo comma, 32, primo comma, 54,
  79, primo comma, e 112.
(GU n.30 del 27-7-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 32, comma 1,
2,  dal  25  al 28, dal 32 al 37, del decreto-legge 30 settembre 2003
n. 269  (Disposizioni  urgenti  per  favorire  lo  sviluppo  e per la
correzione   dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni,  in  legge 24 novembre 2003, n. 326, promossi con n. 5
ordinanze del 14 settembre e n. 2 ordinanze del 15 settembre 2004 dal
giudice  per  le  indagini  preliminari presso il Tribunale di Verona
rispettivamente iscritte ai nn. da 1083 a 1089 del registro ordinanze
2004  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, 1ª
serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 6 luglio 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Ritenuto che, con cinque ordinanze rese in data 14 settembre 2004
(reg.  ord.  nn. 1083,  1084,  1085, 1086 e 1087 del 2004), e con due
ordinanze  rese  il  15 settembre 2004 (reg. ord. nn. 1088 e 1089 del
2004),  di  contenuto  sostanzialmente  identico,  il  giudice per le
indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di  Verona ha sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 32, commi 1, 2,
25,  26,  27, 28, 32-37, della legge 24 novembre 2003, n. 326 (recte:
del  decreto-legge  30 settembre  2003, n. 269, recante «Disposizioni
urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento
dei  conti  pubblici»,  convertito in legge, con modificazioni, dalla
legge 24 novembre 2003, n. 326), per contrasto con gli artt. 1, 3, 9,
secondo  comma,  32,  primo  comma,  54, 79, primo comma, e 112 della
Costituzione;
        che   il   rimettente  premette  che  nell'ambito  di  taluni
procedimenti  penali  nei  confronti  di  soggetti imputati per reati
edilizi,  il  pubblico  ministero  ha chiesto l'emanazione di decreto
penale   di  condanna,  e  tale  richiesta  non  appare  prima  facie
infondata,  mentre  in  altri  procedimenti  concernenti  la medesima
tipologia di reati, egli ritiene di non dover accogliere la richiesta
di archiviazione formulata dal pubblico ministero;
        che,  in  tutti i casi, si tratterebbe di procedimenti penali
per reati edilizi relativi all'esecuzione, non ritualmente assentita,
di  «opere condonabili» ai sensi della normativa censurata: in alcuni
casi  (procedimenti  di  cui alle ordinanze nn. 1084, 1085 e 1087 del
2004),  oggetto  dell'imputazione  sarebbero  opere eseguite in «zona
vincolata», con conseguente violazione - espressamente indicata nelle
ordinanze  n. 1084  e  n. 1085  -  anche  dell'art. 163  del  decreto
legislativo  29 ottobre  1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni
legislative  in  materia  di  beni  culturali  e  ambientali, a norma
dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352);
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  i procedimenti dovrebbero
essere  sospesi per effetto dell'art. 32 del decreto-legge n. 269 del
2003,  il  quale richiama i capi IV e V della legge 28 febbraio 1985,
n. 47    (Norme    in    materia    di    controllo    dell'attivita'
urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
edilizie),  e  dunque anche l'art. 44 di tale legge, che prescrive la
sospensione  dei  procedimenti  giurisdizionali  in  corso, fino alla
scadenza del termine per la presentazione della domanda relativa alla
definizione dell'illecito edilizio;
        che,  tuttavia,  l'art. 32  citato  porrebbe  dubbi sulla sua
legittimita'  costituzionale,  gia' peraltro sollevati dal rimettente
con  alcune  ordinanze  in  data 5 dicembre 2003, rispetto alle quali
questa  Corte,  con  l'ordinanza  n. 197  del  2004,  ha  disposto la
restituzione   degli   atti   al  rimettente,  perche'  valutasse  la
perdurante  rilevanza delle questioni nei giudizi a quibus, a seguito
della  modificazione della norma censurata conseguente alla sentenza,
di parziale accoglimento, n. 196 del 2004;
        che  il  rimettente osserva che la perdurante rilevanza delle
questioni sollevate si giustificherebbe in relazione alla circostanza
che  con  la  richiamata  sentenza  n. 196  del 2004 questa Corte non
avrebbe deciso sulle specifiche questioni sollevate con le precedenti
ordinanze di rimessione del medesimo giudice, in relazione alle quali
ha  disposto,  come  ricordato,  la  restituzione  degli  atti, ma su
questioni diversamente argomentate;
        che  conseguentemente  il  rimettente,  con  le  ordinanze in
esame,  ripropone  le  questioni  gia'  sollevate,  riaffermandone la
rilevanza  pur  a  seguito  della  sentenza n. 196 del 2004, che anzi
avrebbe   inciso   su  tali  questioni  rafforzando  taluni  passaggi
argomentativi  sui quali le stesse risultano fondate, con particolare
riferimento  al  profilo  della  ritenuta  non  eccezionalita'  della
misura;
        che  le disposizioni censurate contrasterebbero anzitutto con
l'art. 79  della  Costituzione, che disciplina il potere di amnistia,
dal momento che il «condono edilizio» non sarebbe altro che una forma
di  amnistia  condizionata  mascherata,  adottata in violazione della
procedura prevista dalla norma costituzionale;
        che,   in   proposito,   non   varrebbero  le  argomentazioni
utilizzate dalla Corte nelle decisioni relative ai precedenti condoni
(sentenze    n. 427   del   1995   e   n. 369   del   1988),   basate
sull'eccezionalita'  dell'istituto,  dal momento che tale presupposto
sarebbe  ormai superato in conseguenza del reiterato utilizzo che del
condono edilizio e' stato fatto nell'ultimo decennio;
        che  ulteriori  dubbi sulla legittimita' costituzionale delle
norme censurate conseguirebbero al fatto che l'amnistia costituirebbe
l'unica  ipotesi in cui la Carta costituzionale assegna al Parlamento
un  potere  assolutamente eccezionale «di paralisi dell'azione penale
che l'art. 112 Cost. vuole obbligatoria»;
        che,  secondo  il giudice a quo, inoltre, il condono edilizio
non  sarebbe  riconducibile  all'istituto  dell'oblazione,  la  quale
sarebbe  un mezzo di estinzione del reato previsto in via generale ed
astratta,  collegato  al pagamento di una somma di denaro pari ad una
quota  della  pena  pecuniaria,  e  dunque  assolverebbe  alle stesse
finalita' proprie della condanna a pena pecuniaria, mentre il condono
previsto dall'art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 riguarderebbe
solo  reati  gia' commessi prima dell'emanazione del provvedimento, e
sarebbe  condizionato  al  pagamento  di somme di denaro che non sono
determinate in relazione all'ammontare della pena pecuniaria;
        che  le  disposizioni censurate violerebbero poi il principio
di  uguaglianza  di  cui  all'art. 3  Cost., tra cittadini «che hanno
rispettato  la  legge e quelli che non l'hanno rispettata, tra quelli
che sono stati condannati con pena di legge e quelli che [...] ancora
non  sono  stati  condannati  a pena di legge e mai lo saranno grazie
proprio al "condono"»;
        che  viene  inoltre  prospettata  la  violazione  dell'art. 9
Cost.,  che insieme agli artt. 3 e 112 contempla «la necessita' della
tutela  del  paesaggio  ed  ambiente  (che  come puo' essere leso dal
singolo,  cosi'  puo'  essere  leso  dalla  Regione  o dal comune che
adottino  provvedimenti  autorizzativi  in violazione degli strumenti
urbanistici approvati)»;
        che,  infine, secondo il rimettente le disposizioni censurate
contrasterebbero anche con l'art. 54 Cost., dal momento che «la legge
di condono tributario si pone invece a premio (come appena osservato)
di chi la legge abbia violato, ed addirittura a disincentivazione del
cittadino onesto al rispetto per il futuro delle norme di legge»;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto, in tutti
i  giudizi e ha chiesto che le questioni siano dichiarate «talune non
ammissibili e tutte non fondate»;
        che  la  difesa  erariale  rileva  anzitutto  come  le  sette
ordinanze  di  rimessione attengano almeno a tre diverse tipologie di
abusi  edilizi (opere realizzate in assenza di permesso di costruire;
opere  realizzate  in  totale  difformita' dal permesso di costruire;
opere  realizzate  in  zona  vincolata  in  assenza  di  permesso  di
costruire  e  dell'autorizzazione dell'autorita' preposta alla tutela
del  vincolo):  nondimeno,  osserva  l'Avvocatura  dello  Stato,  «le
argomentazioni   prospettate   nelle   sette   ordinanze   non   sono
congruamente differenziate, ed i dispositivi di esse sono identici»;
        che  la  difesa erariale ha inoltre eccepito che le ordinanze
di  rimessione  sono  state  rese  anteriormente all'emanazione della
legge  regionale  del Veneto, 5 novembre 2004, n. 21 (Disposizioni in
materia di condono edilizio), «sottoposta a scrutinio di legittimita'
costituzionale».
    Considerato   che   l'identita'  della  normativa  impugnata,  la
coincidenza  delle  censure  proposte  e dei parametri costituzionali
invocati,  nonche'  delle  argomentazioni  svolte  nelle ordinanze di
rimessione, rendono opportuna la riunione dei giudizi;
        che  questa  Corte, con sentenza n. 196 del 2004, nell'ambito
di  taluni  giudizi  in  via  principale,  ha  dichiarato la parziale
illegittimita'  costituzionale  dei  commi  14,  25, 26, 33, 37, 38 e
49-ter,  dell'art. 32  del  decreto-legge  30 settembre  2003, n. 269
(Disposizioni  urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento  dei conti pubblici), nel testo originario e in quello
risultante  dalla  legge  di  conversione  24 novembre  2003, n. 326,
nonche'  dell'Allegato 1 del decreto-legge n. 269 del 2003, nel testo
originario  e  in quello risultante dalla legge di conversione n. 326
del 2003;
        che,  per  tale  ragione,  la Corte, con ordinanza n. 197 del
2004   -   pronunciata  nell'ambito  di  taluni  giudizi  incidentali
proposti,  tra gli altri, dall'odierno rimettente, aventi ad oggetto,
anch'essi,  l'art. 32  del  decreto-legge  n. 269  del  2003  - aveva
disposto  la  restituzione  degli atti affinche' i giudici rimettenti
procedessero  ad «nuovo esame delle questioni e della loro perdurante
rilevanza nei giudizi a quibus»;
        che  il  rimettente, nel sollevare nuovamente la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 32 (sia nell'ambito dei giudizi
nei  quali  era  gia'  stata precedentemente prospettata -- reg. ord.
nn. 1084,  1085,  1086,  1087,  1089  del  2004 -- sia nell'ambito di
giudizi diversi -- reg. ord. nn. 1083 e 1088 del 2004), non ha tenuto
conto  del  fatto  che  talune delle disposizioni censurate sono gia'
state  dichiarate  parzialmente incostituzionali e che la sentenza di
questa  Corte  n. 196  del  2004  ha inciso in modo sostanziale sulla
disciplina del citato art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003;
        che,  inoltre,  il  giudice  a  quo,  non  ha  verificato  la
perdurante  rilevanza  delle  questioni  prospettate nei procedimenti
sottoposti  al  suo esame, dal momento che ha omesso di valutare se e
quali effetti la citata sentenza n. 196 del 2004 abbia prodotto sulla
disciplina che egli e' chiamato ad applicare nei giudizi a quibus;
        che,  oltre  a  non  aver  adeguatamente  valutato, sul piano
formale,  l'effetto  dispositivo  della sentenza n. 196 del 2004, sul
piano sostanziale il rimettente ha comunque riproposto questioni gia'
decise da questa Corte con la pronuncia ricordata;
        che,  in  particolare,  la censura principale prospettata dal
g.i.p.  presso  il  Tribunale  di  Verona, cui si collegano sul piano
argomentativo  anche  le questioni concernenti gli altri parametri di
costituzionalita'    indicati,    riguarda    l'asserita   violazione
dell'art. 79 Cost;
        che  questa  specifica  questione  e'  stata  dichiarata  non
fondata  da  questa  Corte, nella citata sentenza n. 196 del 2004, la
quale,  richiamando la propria precedente giurisprudenza, ha ribadito
che  il  condono  edilizio  non  ha  natura di amnistia impropria, in
ragione  della  «complessa  fattispecie  estintiva  del  reato»,  che
produce,  di  regola,  sia  effetti  amministrativi  costitutivi, sia
effetti  penali  estintivi,  e  «nella  quale  la  non punibilita' si
produce  soltanto a seguito delle manifestazioni concrete di volonta'
degli interessati e dell'autorita' amministrativa»;
        che  la  medesima  pronuncia  ha espressamente escluso che la
previsione  di un nuovo condono edilizio abbia determinato la perdita
del  suo  carattere  eccezionale,  ed  anzi  ha ritenuto che esso non
presenti  caratteri  di  irragionevolezza,  tenuto  conto  sia  della
«recente  entrata  in vigore del testo unico in materia edilizia», il
quale,   tra   l'altro,   «disciplina   analiticamente  la  vigilanza
sull'attivita'  urbanistico  edilizia e le relative responsabilita' e
sanzioni»,  sia  dell'entrata  in  vigore  del  nuovo  Titolo V della
seconda  Parte della Costituzione, «che consolida ulteriormente nelle
Regioni e negli enti locali la politica di gestione del territorio»;
        che  la  richiamata  sentenza  n. 196  del  2004  ha altresi'
rigettato   le  censure  sollevate  in  relazione  all'art. 9  Cost.,
affermando  che  il condono edilizio non contrasta con la primarieta'
dei valori della tutela dei beni ambientali e paesaggistici;
        che  le  censure  sollevate  in relazione ai parametri di cui
agli  artt. 1  e  32,  primo  comma,  Cost.,  non  sono in alcun modo
motivate;
        che,  infine,  sul  piano della descrizione delle fattispecie
oggetto  dei  giudizi  a quibus, talune delle ordinanze di rimessione
risultano   carenti,   dal   momento  che,  pur  affermando  che  nei
procedimenti  penali cui esse si riferiscono si fa questione di reati
edilizi  commessi  in  «zona  vincolata»,  non  viene  in  alcun modo
indicata  la  natura  del  vincolo  concorrente  con gli strumenti di
governo del territorio;
        che,  pertanto,  le  questioni  sollevate con le ordinanze in
esame  devono  essere  dichiarate manifestamente inammissibili, per i
plurimi motivi sopra evidenziati;
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma  2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 32, commi 1, 2, 25, 26, 27, 28,
32-37,  del  decreto-legge  30 settembre  2003,  n. 269 (Disposizioni
urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento
dei  conti  pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  nella legge
24 novembre 2003, n. 326, sollevate, in relazione agli artt. 1, 3, 9,
secondo  comma,  32,  primo  comma,  54, 79, primo comma, e 112 della
Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari presso il
Tribunale di Verona con le ordinanze di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C0830