N. 449 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2005
Ordinanza emessa il 9 maggio 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Pesaro nel procedimento tributario vertente tra Vitale Vincenzo contro Regione Marche ed altra Imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) - Addizionale regionale - Possibilita' di fissazione «a decorrere dal 2002» di aliquote superiori alla misura massima (1,4%) consentita dalla legislazione statale - Mancata statuizione da parte della legislazione statale di un tetto massimo della misura dell'aliquota - Estensione, con legge della Regione Marche, degli effetti della maggiorazione anche agli anni successivi al 2002 - Modulazione, con la stessa legge regionale, dell'aliquota in misura crescente per scaglioni di reddito - Contrasto con la norma statale che facoltizza le Regioni a superare la misura dell'1,4% «limitatamente all'anno 2002» - Denunciata previsione, da parte della legge regionale, di una progressivita' dell'addizionale non consentita dalla legislazione statale - Violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario - Contrasto con il principio d'uguaglianza, sia rispetto ai cittadini di altre Regioni, sia per la surrettizia introduzione di una sorta di doppia progressivita'. - Legge 16 novembre 2001, n. 405, art. 4, comma 3-bis [recte: Decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, art. 4, comma 3-bis, come modificato dalla Legge di conversione, 16 novembre 2001, n. 405]; Legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35, art. 1, comma 7 e annessa Tabella A. - Costituzione, artt. 3 e 119; Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, art. 50, comma 3.(GU n.38 del 21-9-2005 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 516/2004 depositato il 26 luglio 2004, avverso silenzioso rifiuto istanza rimb. addiz. IRPEF 2003, contro Agenzia entrate - Ufficio Pesaro - Regione Marche, difeso da Di Ianni avvocato Lucilla, elett. dom. C/O st. Avvocato M. Isabella Torriani, via Branca, 116 - 61100 Pesaro (PS), proposto dal ricorrente, Vitale Vincenzo, viale Trento, 256 - 61100 Pesaro (PS). Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 26 luglio 2004 Vincenzo Vitale impugnava, dinanzi a questa Commissione tributaria provinciale, il rifiuto tacito da parte della Regione Marche e della Agenzia delle entrate di Pesaro della restituzione dell'importo di euro 449,85 riscosso dalla regione a titolo di addizionale regionale per l'anno 2003, in eccedenza rispetto al dovuto. Deduce il ricorrente che, nonostante il disposto di cui all'art. 4 comma 3-bis della legge 16 novembre 2001 n. 405, da considerarsi norma eccezionale, introdotta nell'ordinamento allo specifico scopo di consentire la copertura dei disavanzi di gestione derivanti dall'aumento della spesa sanitaria, avesse espressamente una efficacia limitata al solo anno 2002, per cui, allo scadere di tale anno, doveva ritenersi venuta meno la possibilita' per l'ente di stabilire ed applicare aliquote superiori alla misura massima prevista dal decreto-legge n. 446/1997, come integrato dal decreto-legge n. 56/2000, gli era stata indebitamente applicata, per l'anno 2003, la stessa aliquota del 2002. Non avendo,quindi, la regione per tale anno deliberato alcuna maggiorazione entro i limiti consentiti, il sostituto d'imposta, con il CUD relativo all'anno 2003, ricevuto il 15 gennaio 2004, avrebbe dovuto applicare,anziche' le aliquote del 2002, l'aliquota dello 0,90% prevista per l'anno 2001, conteggiando e trattenendo quindi l'importo di euro 376,67, anziche' di euro 826,52. Essendo decorsi i termini di legge dalla ricezione della domanda di rimborso, senza alcun riscontro da parte dei convenuti enti, chiedeva, pertanto, la restituzione della somma indebitamente trattenuta di euro 449,85. Si costituivano entrambi gli Enti convenuti. La Regione Marche, nelle controdeduzioni del 3 dicembre 2004, osservava che, alla luce della normativa vigente in subiecta materia correttamente, con propria legge, aveva provveduto ad individuare, a decorrere dall'anno 2002 e quindi anche per il 2003, le nuove aliquote applicabili all'addizionale IRPEF, peraltro seguendo il principio della progressivita' in base al dettato costituzionale (art. 53 Cost.). La potesta' di variare l'aliquota dell'addizionale prevista dall'art. 4, comma 3-bis della legge n. 405/2001, conferita alle regioni genericamente senza alcun vincolo che fosse quello del necessario rapporto delle aliquote medesime all'effettivo disavanzo regionale, non era stata invero consentita solamente per l'anno 2002, riferendosi il comma 3-bis esclusivamente alle modalita' ed ai tempi d'imposizione. A sua volta l'Agenzia delle entrate di Pesaro, con la memoria illustrativa del 23 dicembre 2004, difendeva l'operato della Regione, alle cui deduzioni sostanzialmente faceva riferimento. Nessun rimborso pertanto competendo al Vitale, entrambi gli Enti chiedevano il rigetto del ricorso, con vittoria di spese. La causa, previo rinvio ex art. 35/2 decreto legislativo n. 546/1992, e' stata decisa in camera di consiglio il 21 marzo 2005. Motivi della decisione Sussistono i presupposti per ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in via congiunta, della disposizione statale (art. 4,comma 3-bis della legge n. 405 del 16 novembre 2001), dell'art. 1, comma 7 della legge della Regione Marche n. 35 del 19 dicembre 2001 e dell'annessa Tabella A, per patente violazione degli artt. 3 e 119 della Costituzione. L'incremento dell'aliquota dell' addizionale IRPEF (comma 3-bis dell'art. 4 della legge n. 405/2001) introdotto dal Senato in sede di conversione del decreto-legge 18 settembre 2001 n. 347 recante interventi urgenti in materia di spesa sanitaria, autorizza le regioni, limitatamente all'anno 2002, ad aumentare l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF con propri provvedimenti da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2001, in deroga ai termini e alle modalita' previsti dall'art. 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446. Il comma aggiuntivo, nella sua stesura definitiva, prevede, poi, che qualora la maggiorazione dell'aliquota di tale addizionale sia superiore allo 0,5%, tale maggiorazione debba essere stabilita con legge regionale. L'istituzione dell'addizionale regionale all'IRPEF e' stata disposta con l'art. 50, comma l, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446. Inizialmente tale decreto, al comma 3, fissava l'aliquota dell'addizionale nella misura dello 0,5%, con corrispondente diminuzione delle aliquote ordinarie, di spettanza dello Stato. In tale misura l'addizionale si configurava pertanto come comprecipazione al gettito IRPEF. Il decreto legislativo n. 446 attribuiva inoltre alle regioni, a partire dal 2000, la facolta' di aumentare l'aliquota dell'addizionale fino ad un tetto massimo dell'1%; per questa parte (0,5%) si trattava, quindi, di un vera e propria addizionale. Le modifiche a decretol legislativo n. 446/1991, introdotte, da ultimo, con il decreto legislativo 18 febbraio 2000 n. 56, hanno elevato, a decorrere dall'anno 2000, l'addizionale regionale di compartecipazione dallo 0,5% allo 0,9% e hanno portato all'l,4% il tetto massimo della misura dell'addizionale che ciascuna regione puo' stabilire. Al riguardo il secondo periodo del comma 3 dell'art. 50 del decreto legislativo, n. 446/1997 prevede, in particolare, che ciascuna regione possa maggiorare l'aliquota suddetta fino all'l,4% con proprio provvedimento, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30 novembre dell'anno precedente a quello cui l'addizionale si riferisce. Le disposizioni di cui al comma 3-bis in esame si riferiscono, pertanto, all'addizionale regionale all'IRPEF per la parte che costituisce una maggiorazione rispetto all'aliquota di compartecipazione; la decisione di prevedere tale maggiorazione e la sua determinazione quantitativa e' demandata alle singole regioni (senza che comunque essa sia compensata da una corrispondente riduzione delle aliquote erariali). Peraltro, fino al periodo d'imposta 2001, aveva avuto applicazione soltanto l'aliquota di compartecipazione dello 0,9%, nessuna regione avendo introdotto la maggiorazione dell'addizionale, consentita sino alla soglia dell'1,4%. La deroga, che il comma in questione prevede, riguardo ai termini e alle modalita' stabiliti dall'art. 50, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446/1997, concerne sia le scadenze temporali entro le quali le regioni possono deliberare la maggiorazione dell'aliquota dell'addizionale, sia la misura della maggiorazione medesima. In ogni caso la deroga in questione si applica espressamente solo al periodo d'imposta coincidente con l'anno 2002, riacquistando successivamente vigore le disposizioni derogate. Per quanto riguarda il profilo temporale, le regioni possono deliberare la maggiorazione dell'aliquota anche oltre il 30 novembre, purche' essa sia determinata con provvedimento della regione da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2001. Per quanto concerne il profilo quantitativo le regioni possono (limitatamente al 2002) maggiorare l'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF anche oltre il tetto massimo complessivo dell'1,4%; tuttavia se la maggiorazione dell'aliquota dell'addizionale e' superiore allo 0,5%, l'atto con cui la maggiorazione viene disposta deve essere una legge regionale. Nel caso ipotizzato, infatti, la maggiorazione oltrepassa il limite fissato dall'art. 50, comma 3, secondo periodo del decreto legislativo n. 446/1997 - limite dato dalla differenza tra il tetto massimo dell'1,4% e il valore, identico per tutte le regioni, dell'aliquota di compartecipazione, che e' pari allo 0,9%. Tal che la disposizione che impone il ricorso alla legge regionale pare rispondere alle prescrizioni dell'art. 23 Cost., che riserva alla legge (per quanto si tratti di riserva relativa di legge) l'imposizione di qualunque prestazione patrimoniale (oltre che personale). La lettura della norma di cui al comma 3-bis, con particolare riguardo al secondo periodo di tale disposizione, sembra pertanto autorizzare la maggiorazione dell'aliquota (pur sempre unica) senza alcun limite e cosi' e' stata letta ed intesa dalla Regione Marche, come si vedra' in prosieguo, a differenza di quella che e' stata l'interpretazione della maggior parte (la quasi totalita) delle altre regioni italiane (molte di esse o hanno conservato l'aliquota stabilita dallo Stato - 0,9% - ovvero si sono avvalse della possibilita' sancita dall'art. 50 decreto legislativo n. 446 ed hanno stabilito la maggiorazione fino all'l,4%, unica eccezione essendo costituita dalla Regione Veneto che sembra aver inteso la disposizione siccome autorizzante un - ulteriore - aumento fino allo 0,5% ed ha pertanto provveduto ad elevare all'l,9% l'aliquota sui redditi maggiori, per ritornare peraltro sui propri passi - 1,4% - con riferimento alla determinazione dell'aliquota per l'anno 2003). Se e' cosi', la problematica di costituzionalita' riguarda, in primis et ante omnia, proprio la disposizione di legge statale in esame, in quanto la rinuncia dello Stato all'apposizione di limiti fa venir meno qualunque possibilita' di quel «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» sancito dal nuovo testo dell'art. 119 Cost., entrato in vigore (art. 5, legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, in Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001) - senza transizione -, l'8 novembre 2001,e quindi dieci giorni prima dell'entrata in vigore del citato art. 4, comma 3-bis, legge n. 405 (18 novembre 2001). Per la parte che qui interessa la nuova norma costituzionale stabilisce che le regioni, nel quadro della loro «autonomia finanziaria di entrata e di spesa», stabilisono e applicano tributi ed entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; esse, inoltre, «dispongono di compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio». Nel richiamare tale ridefinizione del sistema finanziario e tributario degli enti locali risultante dal novellato art. 119 Cost., ha dato atto la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 37 del 2004, che l'attuazione di questo disegno costituzionale richiede come necessaria premessa l'intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l'insieme della finanza pubblica, deve non solo fissare i principi cui i legislatori regionali devono attenersi, ma anche determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario e definire gli spazi e i limiti entro i quali puo' esplicarsi la potesta' impositiva rispettivamente di Stato, Regioni ed enti locali. Orbene, stante la natura di tributo indubitabilmente statale quale e' l'IRPEF, destinato, nelle prospettive del legislatore statale, a modificazioni profonde (v. sentenze della Corte costituzionale numeri 37 e 381 del 2004) non e' chi non veda come, stante l'accessorieta' a tale imposta della relativa addizionale, spetti allo Stato, in attuazione dei principi di cui all'art. 119 Cost., dettarne la misura massima, il tetto massimo oltre il quale la regione non puo' avvalersi della facolta', attribuitale sempre dallo Stato, di aumentarne l'aliquota, anche al fine di evitare che un carico tributario eccessivo possa costituire stimolo all'evasione, mettendo a rischio la preponderante entrata tributaria erariale (e del resto - un tetto massimo - era stato stabilito nelle precedenti e sopra richiamate norme istitutive dell'addizionale). Si vuol dire in sostanza che essendo l'addizionale imposta parassitaria, che segue le sorti dell'imposta principale, la mancata statuizione, con l'art. 4 comma 3-bis, legge n. 405/2001, di un tetto massimo della misura della relativa aliquota e la conseguente gia' enunciata rinuncia alla competenza statale di dettarne la misura massima, comporta l'indubbia violazione dell'art. 119 Cost., e conseguentemente l'illegittimita' costituzionale della suindicata norma, con riguardo al richiamato parametro costituzionale di riferimento. Tutto cio', con gli evidenti riflessi sull'altro principio costituzionale, quello di uguaglianza tra i cittadini italiani di cui all'art. 3 Cost., stante la possibile disparita' di trattamento fiscale tra i predetti, a seconda della regione di partenenza, configuratasi in maniera macroscopica nella Regione Marche, come qui di seguito si andra' a dimostrare. Ed infatti al comma 7 dell'art. 1 della legge n. 35 del 19 dicembre 2001 la Regione Marche ha stabilito che «a decorrere dall'anno 2002» l'addizionale regionale all'IRPEF e' determinata applicando l'aliquota di reddito complessivo secondo gli scaglioni indicati nella allegata Tabella A e precisamente: fino a euro 10329,14 : 0,9%; oltre euro 10.329,14 fino a euro 15.493,71: 0,9%; oltre euro 15.493,71 fino a euro 30.987,41: 1,91%; oltre euro 30.987,41 fino a euro 69.721,68: 3,60%; oltre euro 69.721,68: 4%. Sembra evidente che la suindicata legge regionale, che ha fissato «a decorrere dal 2002» aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF superiori alla misura dell'1,4% previsto dall'art. 3 del decreto legislativo 18 febbraio 2000 n. 56 per i redditi superiori ad euro 15.493,71, tragga fondamento dall'art. 4, comma 3-bis della legge 16 novembre 2001, n. 405, teste' ritenuta viziata di incostituzionalita' secondo i richiamati parametri di riferimento. Diciamo «sembra» giacche' in realta' la normativa regionale non contiene alcun riferimento esplicito a quella statale (art. 4, comma 3-bis legge n. 405/2001), ne' alle ragioni di intervento urgente in materia di spesa sanitaria e di copertura da parte delle regioni dei disavanzi di gestione in tale campo accertati o stimati (comma 3 della stessa legge) che ne avevano determinato la promulgazione. Mentre lo stesso espresso richiamo all'art. 50 del decreto legislativo n. 446/1997 e successive modificazioni non consente di includere in queste ultime la norma statale in discorso essendo quest'ultima, al citato comma 3-bis, norma eccezionale non modificatrice, ma derogatrice, limitatamente all'anno 2002 «ai termini ed alle modalita' dell'art. 50 comma 3,secondo periodo dell'art. 50 del decreto legislativo n.446/1997». Sicche', in assenza altresi' della previsione temporale limitativa contenuta nella legge statale (la normativa regionale prevede la determinazione dell'addizionale regionale IRPEF con le sopra riportate aliquote «a decorrere dall'anno 2002» e non limitatamente a tale anno, l'unico aggancio alla normativa statale in discorso parrebbe consistere nella promulgazione della legge regionale il 19 dicembre 2001, entro cioe' quel limite temporale del 31 dicembre 2001 stabilito dal comma 3-bis anziche' - non oltre il 30 novembre dell'anno precedente a quello cui l'addizionale si riferisce - statuito dal comma 3 dell'art. 50 del decreto legislativo n. 446/1997. Vedra' il giudice delle leggi se una interpretazione della normativa regionale nel senso che essa non tragga alcun fondamento da quella statale di cui all'art. 4 comma 3-bis della legge n. 405/2001 svuoti di contenuto, per irrilevanza, la questione di legittimita' costituzionale della stessa (e della collegata legge statale) nei termini che piu' innanzi saranno prospettati, facendola rientrare nell'esercizio della facolta' consentita alle regioni di maggiorare l'aliquota dell'addizionale regionale (nel caso di specie a decorrere dall'anno 2002) non oltre pero' l'aliquota dell'1,4%, come previsto dal richiamato comma 3 dell'art. 50 del n. 446/1997, come modificato, da ultimo dal decreto legislativo n. 56/2000. Con ogni conseguenza, e' ovvio, di palese illegittimita' delle aliquote, superiori a tale «tetto», statuite per i redditi superiori ad euro 15. 493,71. Il dubbio interpretativo induce pero' il Collegio ad accedere alla tesi individuante, pur nella palese equivocita' della redazione del provvedimento della Regione Marche, un collegamento quantomeno logico tra lo stesso e la norma statale di cui all'art. 4 comma 3-bis n. 405/2001, con conseguente - salvezza - della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale delle due normative. Cio' posto, un evidente vizio di costituzionalita' del comma 7 dell'art. 1 della legge regionale n. 35/2001 e' costituito dal riferimento temporale «a decorrere dall'anno 2002», che puo' solo significare che l'efficacia dell'intervento, con tale decorrenza, e' concepita senza limiti di tempo. Un tale disposto e' in rotta di collisione con la disposizione autorizzatrice che testualmente dispone «limitatamente all'anno 2002» ed il contrasto testuale evidenzia che, comunque, a partire dall'1° gennaio 2003, l'ultrattivita' della legge regionale (di cui si duole espressamente il ricorrente Vitale) esclude e nega, in patente violazione dell'art. 119 Cost., qualsiasi coordinamento con la finanza pubblica e particolarmente con quella statale e col sistema tributario nel suo complesso. Il contrasto tra la norma costituzionale e la legge regionale n. 35/2001 non e' peraltro sanato da quanto stabilito dall'art. 3 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, che, secondo gli assunti difensivi della Regione Marche, avrebbe autorizzato e legittimato l'ultrattivita' delle aliquote regionali superiori all'1,4% anche per gli anni successivi al 2002. Tale norma, in realta', sospendendo gli aumenti delle addizionali all'IRPEF deliberati dopo il 29 settembre 2002 che non fossero confermativi delle aliquote gia' approvate per il 2002, non appare applicabile alla fattispecie in esame e, per converso, non puo' essere interpretata in modo tale da farne conseguire effetti diametralmente opposti a quelli che il legislatore si era prefissato. L'art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha disposto la temporanea sospensione della potesta-accordata in via ordinaria alle regioni dall'art. 50 del decreto legislativo n. 446/1997 cosi' come modificato dall'art. 3 del decreto legislativo 56/2000, di incrementare l'addizionale IRPEF sino a che non fosse siglato l'accordo Stato-Regioni sulla base del quale l'Alta Commissione di studi dovrebbe indicare al Governo i principi generali della finanza pubblica e del sistema tributario ai sensi dei vigenti artt. 117, terzo comma, 118 e 119 Cost. Detta norma e' stata concepita, quindi, al fine di assicurare la coordinata configurazione del nuovo sistema tributario, che, viceversa, singole iniziative regionali di incremento delle addizionali avrebbero potuto condizionare o pregiudicare nella fase transitoria. Si e' trattato, dunque, di un intervento normativo finalizzato a contenere i livelli tributari di derivazione locale e regionale fin tanto che non si fosse completato il complesso «iter» propedeutico alla definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale. La ratio della disposizione, gia' di per se' chiara, e' stata ulteriormente ribadita dalla circolare 11 febbraio 2003 n. 1, emanata dal Dipartimento politiche fiscali - Ufficio del federalismo fiscale, che ha espressamente evidenziato come l'art. 3 della legge n. 289/2002 fosse «caratterizzato dall'esplicito intento di non elevare la pressione fiscale a carico dei contribuenti.». Ed appare appena il caso di precisare come la stessa Corte costituzionale abbia, con la gia' richiamata sentenza n. 381/2004, riconosciuto la legittimita' costituzionale della norma in questione opinando che essa si traduce «in una temporanea e provvisoria sospensione dell'esercizio del potere regionale in attesa di un complessivo ridisegno dell'autonomia tributaria delle regioni nel quadro dell'attuazione del nuovo art. 119 Cost., nonche' di una manovra che investe la struttura di un tributo indubitabilmente statale, qual e' l'IRPEF, destinato, nella prospettiva del legislatore statale, a modificazioni profonde..... .». Date queste premesse,non appare condivisibile la tesi secondo cui una norma costruita proprio per contenere la pressione fiscale di origine regionale possa giustificare il perdurare nel tempo degli effetti «espansivi» dei poteri di imposizione tributaria eccezionalmente accordati alle regioni dall'art. 4, comma 3-bis, della legge 16 novembre 2001, n. 405. In conclusione,e al di la' di ogni ragionevole possibilita' di diversa interpretazione analogica, l'art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha sortito l'unico ed esclusivo effetto di sospendere tutti quei provvedimenti inerenti l'addizionale all'IRPEF adottati da regioni (e comuni) dopo il 29 settembre 2002, che non fossero meramente confermativi delle aliquote previgenti. La disposizione,pertanto,non concerne la Regione Marche che - presumibilmente confidando nell'ultrattivita' delle aliquote fissate con la legge regionale 35/01 - nel corso del 2002 ha omesso di assumere qualsivoglia determinazione in materia di addizionale regionale all'IRPEF. Altrettanto evidente e rilevante e' un'altra contraddizione con le disposizioni autorizzatrici statali e, attraverso di esse, un'altra violazione dello stesso art. 119 Cost. Le disposizioni statali prevedono, infatti,una aliquota fissata dalla regione, entro certi limiti, non piu' aliquote, differenziate per fasce di reddito: la Regione Marche, viceversa, ne ha stabilito, con riferimento a dette fasce,ben 4, fortemente differenziate. In tal modo e' stata costruita una progressivita' dell'addizionale in aggiunta alla progressivita' dell'IRPEF: ma nessuna norma (neppure l'art. 53, comma 2 Cost.) consente di inserire nella stessa imposta una doppia progressivita', che e' scardinante rispetto al sistema, poiche' modifica in modo rilevante, su una porzione del territorio, in sistema «curva» delle aliquote. E poiche', inoltre, nella Regione Marche,in definitiva, «a decorrere dal 2002» si e' delineato un sistema in base al quale - sia detto a titolo esemplificativo i titolari di redditi superiori a euro 69.721,68 sono stati tassati nel 2002 sulla base di un'aliquota pari al 49% (45%+4%), mentre in tutte le altre regioni italiane le medesime condizioni patrimoniali hanno determinato l'applicazione di un'aliquota oscillante tra il 45,9% (45%+0.9%) e il 46,4% (45%+1,4%), e' altrettanto evidente che la legge regionale de qua viola il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., generando una grave disparita' di trattamento tributario a carico dei cittadini residenti nelle Marche. Le questioni di legittimita' costituzionale della norma statale e di quella regionale come sopra spiegate sono poi assolutamente rilevanti nel presente giudizio in quanto dalla decisione delle stesse dipende il contenuto della pronuncia che questa commissione tributaria si e' riservata di prendere sulle richieste di parte ricorrente.
P. Q. M. Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3-bis della legge statale 16 novembre 2001 n. 405 e dell'art. 1,comma 7, della legge Regione Marche 19 dicembre 2001 n. 35 e dell'annessa Tabella A, in riferimento agli artt. 3 e 119 Cost.. Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio e la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e al presidente della Giunta regionale Marche e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e al presidente del Consiglio regionale Marche. Pesaro, addi' 21 marzo 2005. Il Presidente estensore: Mensitieri 05C0858