N. 332 ORDINANZA 13 - 26 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Lavoro  e  occupazione  -  Rapporto  di  lavoro  subordinato  a tempo
  determinato  -  Crediti retributivi nascenti da precedente rapporto
  di   lavoro   subordinato   intercorso  tra  le  medesime  parti  -
  Prescrizione  - Decorso durante lo svolgimento del secondo rapporto
  di lavoro - Dedotta lesione dei diritti del lavoratore - Erroneita'
  del  presupposto  interpretativo  -  Manifesta  infondatezza  della
  questione.
- Cod. civ., art. 2948, numero 4.
- Costituzione, art. 36.
(GU n.31 del 3-8-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2948, numero 4,
del  codice  civile,  promosso  dalla  Corte d'appello di Genova, nei
procedimenti  civili  riuniti  vertenti  tra  la  Casa della Pasta di
Aragno Mario & C. s.n.c. ed altro e V. S., con ordinanza del 7 luglio
2004,  iscritta  al  n. 849  del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale,
dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 giugno 2005 il giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  giudizio avente ad oggetto il
pagamento  di differenze retributive connesse allo svolgimento di due
rapporti  di  lavoro  (di  cui  era  stata  accertata  la durata, con
sentenza non definitiva, dal 9 settembre 1988 all'8 luglio 1989 e dal
5 agosto  1991  al 21 aprile 1995), la Corte d'appello di Genova, con
ordinanza del 7 luglio 2004, ha sollevato, in riferimento all'art. 36
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 2948,  numero  4,  del  codice  civile, «nella parte in cui
consente  che  durante  il  rapporto  di  lavoro  non assistito dalla
garanzia  di  stabilita'  decorra  la  prescrizione  del diritto alla
retribuzione   sorto  in  forza  di  precedente  rapporto  di  lavoro
subordinato intercorso fra le medesime parti»;
        che   la  Corte  remittente  specifica  che  l'appellante  ha
eccepito  la  prescrizione  dei  crediti  vantati  con riferimento al
periodo  anteriore  al  31 marzo  1993  (quinquennio  anteriore  alla
costituzione  in  mora  del  31 marzo  1998) e che tale eccezione, se
accolta,  condurrebbe  a  ritenere  interamente  prescritti i crediti
sorti  in  relazione  al  primo rapporto lavorativo intercorso fra il
9 settembre 1988 e l'8 luglio 1989;
        che  il  giudice a quo aggiunge che seguendo, invece, la tesi
sostenuta dal giudice di primo grado circa la sospensione del decorso
della prescrizione dei crediti, maturati in forza del primo rapporto,
durante  la  esecuzione  del  secondo  (essendo pacifico in causa che
nessuno  dei  due rapporti era stato caratterizzato dalla garanzia di
stabilita),  tale eccezione - riproposta in appello - dovrebbe essere
respinta;
        che,  tuttavia,  opina  la  Corte  d'appello  di Genova, deve
ritenersi  principio  di «diritto vivente» l'assunto secondo il quale
il  successivo  rapporto  di  lavoro subordinato non ha alcun effetto
sospensivo del decorso della prescrizione dei crediti sorti in virtu'
di un precedente rapporto di lavoro subordinato fra le stesse parti e
cita,  in  proposito,  la  sentenza  n. 575 del 16 gennaio 2003 delle
sezioni  unite della Corte di cassazione in cui e' stata esclusa ogni
efficacia  sospensiva  degli  intervalli  temporali intercorrenti tra
diversi  rapporti  di  lavoro  a termine legittimi ed efficaci che si
succedano nel tempo, con la conseguenza che il termine prescrizionale
dei  crediti retributivi inizia a decorrere per i crediti che sorgono
nel  corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza e
per  quelli  che vengono a maturazione alla cessazione del rapporto a
partire da tale momento;
        che,  pur  riguardando  la  citata  sentenza  l'ipotesi della
successione  di  rapporti  a  termine, il giudice a quo, tenuto conto
della  relativa  motivazione  e dei termini del contrasto che essa ha
composto,   ne   ritiene  estensibile  la  ratio  (anche  sulla  base
dell'evoluzione  della giurisprudenza di legittimita' sul punto) alla
diversa  situazione  -  attualmente  in esame - di successione fra le
stesse parti di piu' contratti a tempo indeterminato;
        che,  pero',  tale  soluzione  appare  al giudice remittente,
oltre  che  preclusiva  di  una  diversa  interpretazione  conforme a
Costituzione, in contrasto con l'art. 36 Cost., per gli stessi motivi
posti  a  base  della sentenza di questa Corte n. 63 del 1966, con la
quale  e'  stata  dichiarata  l'illegittimita' della disposizione ora
censurata, unitamente a quelle degli articoli 2955, numero 2, e 2956,
numero  1,  cod.  civ.,  nella  parte  in cui, nei rapporti di lavoro
subordinato non caratterizzati dalla «resistenza» tipica del rapporto
di  impiego  pubblico,  consentivano  il  decorso  della prescrizione
durante  l'esecuzione del rapporto di lavoro, in quanto il timore del
lavoratore  di  essere  licenziato  costituisce un ostacolo materiale
(dovuto  alla  situazione psicologica di sudditanza) che impedisce di
far valere il diritto alla retribuzione, creando cosi' una situazione
del  tutto  analoga  a  quella  della rinuncia, la cui invalidita' e'
sancita dall'art. 36 della Costituzione;
        che  la  Corte  d'appello  di  Genova  ritiene  che  la ratio
decidendi  della  citata sentenza e' applicabile anche all'ipotesi di
cui  al  giudizio  a  quo,  posto  che nel caso di successione fra le
stesse   parti   di   piu'   contratti   a  tempo  indeterminato  non
caratterizzati  dalla  stabilita'  del posto di lavoro, la condizione
psicologica  del  lavoratore, durante i contratti successivi, sarebbe
caratterizzata  dal medesimo metus nei confronti del datore di lavoro
a  fronte  della  possibilita'  di  essere  licenziato,  sia  che  il
lavoratore  intenda far valere diritti sorti dal rapporto in corso di
esecuzione, sia che intenda far valere diritti sorti in un precedente
rapporto di lavoro subordinato e che vengano a maturazione durante la
permanenza  del  vincolo  di  subordinazione,  seppure in forza di un
nuovo  contratto,  non  essendo  chiaro «come possa sostenersi che il
dipendente  si  trovi,  contestualmente,  in condizioni di sudditanza
psicologica  in  relazione  ai crediti sorti dal rapporto in corso, e
non lo sia, viceversa, per i crediti sorti in un precedente rapporto,
dato che la fonte del metus, cioe' il timore di essere licenziato, e'
assolutamente identica in entrambe le situazioni»;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
preliminarmente   eccepito  l'inammissibilita'  della  questione,  in
quanto  la norma che eventualmente non consentirebbe al lavoratore di
far  valere  la propria pretesa non e' quella impugnata - che pone il
termine   prescrizionale  breve,  che  indubitabilmente  conserva  la
propria validita' - bensi' quella che non ne consente la sospensione,
limitandone  i  casi  alle  sole  ipotesi  di  cui ai numeri da 1 a 8
dell'art. 2941  cod.  civ., sicche' piu' correttamente avrebbe dovuto
essere  censurata  quest'ultima norma, posto che nella fattispecie in
esame   il   termine  prescrizionale  -  se  pur  sospeso  fino  alla
conclusione  del  rapporto  -  ha successivamente iniziato il proprio
decorso;
        che inoltre il giudice a quo avrebbe prospettato la questione
sulla  base di un'interpretazione della norma che non sarebbe l'unica
possibile,  essendone  perfettamente  ipotizzabile altra (in ipotesi)
conforme al dettato costituzionale;
        che   sostiene,   altresi',   l'Autorita'   intervenuta   che
l'orientamento, ormai consolidato, e' relativo alla diversa questione
della  efficacia  sospensiva  sulla  prescrizione degli intervalli di
tempo  intercorrenti  tra un rapporto lavorativo e quello successivo,
questione   diversa   da   quella   in  esame,  «che  attiene  invece
all'eventuale  apertura  di un nuovo ed ulteriore periodo parentetico
nel  decorso  della  prescrizione  all'atto  della costituzione di un
nuovo  rapporto e per tutta la durata dello stesso», sulla quale «non
consta che ad oggi si sia formato un orientamento consolidato»;
        che, inoltre secondo l'Avvocatura, la Corte remittente non si
darebbe  dovutamente  carico  del problema se, nel caso di specie, si
sia  effettivamente  in  presenza  di un rapporto non assistito dalle
garanzie  della  stabilita',  presupposto indispensabile affinche' la
questione, per come prospettata, assuma il requisito della rilevanza;
        che  nel  merito, poi, la questione sarebbe infondata, atteso
che  non  sembra  ravvisabile un automatico parallelismo tra il metus
vissuto dal lavoratore nel corso di un unico rapporto e la situazione
psicologica vissuta dal medesimo dipendente riassunto, che puo' avere
le piu' varie connotazioni.
    Considerato  che  la  Corte  d'appello  di Genova, in riferimento
all'art. 36    della    Costituzione,   dubita   della   legittimita'
costituzionale  dell'art. 2948,  numero  4, del codice civile, «nella
parte  in  cui consente che durante il rapporto di lavoro subordinato
non  assistito  dalla  garanzia di stabilita' decorra la prescrizione
del  diritto  alla retribuzione sorto in forza di precedente rapporto
di lavoro subordinato intercorso tra le medesime parti»;
        che  la  Corte  remittente  espone  che davanti ad essa pende
giudizio  civile  avente  ad  oggetto,  tra l'altro, la pretesa di un
soggetto  a  crediti  retributivi  insorti  in  un  rapporto  a tempo
indeterminato  intrattenuto  nei  confronti  dello  stesso  datore di
lavoro  con  il  quale  ha  successivamente instaurato altro rapporto
sempre a tempo indeterminato;
        che  il  giudice  a  quo  afferma che la prescrizione sarebbe
compiuta  qualora si ammettesse il suo decorso durante lo svolgimento
del secondo rapporto di lavoro;
        che  la  motivazione sulla rilevanza e' pertanto plausibile e
che la questione e' ammissibile;
        che,  per  sostenerne la fondatezza, la Corte genovese adduce
l'esistenza  di  un  orientamento  giurisprudenziale  consolidato, da
considerare quindi «diritto vivente», secondo il quale la norma della
non decorrenza della prescrizione relativa a crediti retributivi nati
in  un  rapporto di lavoro a tempo indeterminato privo della garanzia
della  stabilita' (cfr. sentenza n. 63 del 1966), nel perdurare dello
stesso  rapporto,  non si applica alla diversa ipotesi di fatto della
possibile   decorrenza   del   tempo   di  prescrizione  dei  crediti
retributivi  concernenti  un rapporto di lavoro non stabile e a tempo
indeterminato  durante lo svolgimento di altro rapporto tra le stesse
parti avente le medesime caratteristiche del primo;
        che  la  Corte  remittente  considera  «diritto  vivente»  il
principio affermato dalle sezioni unite della Corte di cassazione con
la  sentenza  n. 575  del  2003  e  dalla  successiva  giurisprudenza
formatasi in aderenza ad essa;
        che,   contrariamente   a   quanto   ritiene  l'ordinanza  di
rimessione, le sezioni unite hanno enunciato il principio cui essa si
riferisce   componendo   un   contrasto  che  si  era  verificato  in
giurisprudenza nella ipotesi di successione di contratti stagionali e
quindi non a tempo indeterminato;
        che  il  principio  enunciato  dalle  sezioni  unite si fonda
proprio  sulle  peculiarita'  della  situazione  in cui erano nate le
controversie e con specifico riferimento ad esse;
        che  del  tutto  irrilevante e' il fatto che nell'esposizione
storica dei precedenti le sezioni unite abbiano incluso anche casi di
pluralita'  di  rapporti  a  tempo indeterminato, perche' l'effettivo
contenuto  di  un  orientamento  giurisprudenziale non va individuato
dando   rilievo   ad   ininfluenti   circostanze   marginali,  bensi'
all'effettiva  ragione  del  decidere identificata alla stregua degli
specifici termini della controversia;
        che  nella  giurisprudenza  successiva  alla pronuncia citata
delle sezioni unite si rinvengono anche sentenze le quali, in ipotesi
di successione di rapporti a tempo indeterminato tra le stesse parti,
hanno  fatto  applicazione del diverso principio, la cui affermazione
e' auspicata dal giudice a quo;
        che la tesi di quest'ultimo e' quindi viziata da errore nella
ricognizione   del   «diritto   vivente»  e  quindi  sul  presupposto
interpretativo;
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 2948,  numero  4,  del codice
civile,  sollevata,  in  riferimento  all'art. 36 della Costituzione,
dalla Corte d'appello di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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