N. 345 SENTENZA 15 - 29 luglio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Oggetto  del  giudizio  -  Intervenuta abrogazione della disposizione
  censurata   -   Integrale   trasfusione  in  altra  disposizione  -
  Trasferimento della questione.
Parametri   -  Indicazione  nel  solo  dispositivo  dell'ordinanza  -
  Preclusione all'esame delle censure relative.
Interventi  in  giudizio - Soggetti che non sono parti nel giudizio a
  quo  -  Titolarita'  di  un  interesse  qualificato  immediatamente
  inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio - Necessita' -
  Ordinanza  allegata  di  inammissibilita'  e  ammissibilita'  degli
  interventi dispiegati nel giudizio di costituzionalita'.
Brevetti,  marchi e privative industriali - Certificato complementare
  di protezione per i prodotti medicinali - Riduzione della durata in
  vista del riallineamento con la disciplina comunitaria - Criteri di
  ricalcolo  - Denunciato contrasto con il principio dell'affidamento
  e,  nei  limiti di questo, del principio di retroattivita', lesione
  della liberta' di iniziativa economica e del diritto di proprieta',
  irragionevolezza   -  Questione  sollevata  dalla  Commissione  dei
  ricorsi  contro  i  provvedimenti  dell'Ufficio italiano brevetti e
  marchi  - Manifesta carenza di giurisdizione del giudice rimettente
  - Inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 61, commi 4 e 5.
- Costituzione, artt. 3, 41 e 42.
(GU n.31 del 3-8-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 8, del
decreto-legge  15 aprile  2002,  n. 63  (Disposizioni  finanziarie  e
fiscali  urgenti  in  materia  di  riscossione, razionalizzazione del
sistema   di   formazione   del   costo  dei  prodotti  farmaceutici,
adempimenti    ed    adeguamenti    comunitari,    cartolarizzazioni,
valorizzazione  del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture),
convertito,  con  modificazioni,  nella legge 15 giugno 2002, n. 112,
promosso  con  ordinanza  del  3 ottobre  2003  dalla Commissione dei
ricorsi  contro  i  provvedimenti  dell'Ufficio  italiano  brevetti e
marchi di Roma sul ricorso proposto da Schering Corporation contro il
Ministero  delle  attivita'  produttive - Direzione generale sviluppo
produttivo e competivita', iscritta al n. 1058 del registro ordinanze
2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto l'atto di costituzione di Schering Corporation, nonche' gli
atti  di  intervento  di  Bristol  Myers Squibb s.r.l., Pfizer Italia
s.r.l.,  Pharmacia Italia s.p.a. e Merck Sharp & Dohme Italia s.p.a.,
di   Menarini   International  Operations  Luxembourg  ed  altri,  di
Sigma-Tau  s.p.a., di F. Hoffmann La Roche A.G. ed altra, Eli Lilly &
company  e  Sanofi-Synthelabo  s.a.,  di  Knoll-Ravizza  Farmaceutici
s.p.a.,  Taisho  Pharmaceutical  Co  Ltd e GlaxoSmithKline s.p.a., ed
altri e del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  21  giugno 2005  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi  gli  avvocati  Diego Vaiano per Schering Corporation e per
Bristol  Myers  Squibb s.r.l., Pfizer Italia s.r.l., Pharmacia Italia
s.p.a.  e Merck Sharp & Dohme Italia s.p.a., Giuseppe Sena, Giancarlo
Del  Como  e  Stefano  Grassi  per  Menarini International Operations
Luxembourg  ed  altri,  Antonio  Baldassarre  per  Sigma-Tau  s.p.a.,
Giuseppe  Sena,  Mario  Alberto  Quaglia e Giancarlo Del Corno per F.
Hoffmann   La   Roche   A.G.   ed   altra,  Eli  Lilly  &  company  e
Sanofi-Synthelabo  s.a., Roberto A. Jacchia e Antonella Terranova per
Knoll-Ravizza  Farmaceutici  s.p.a.,  Taisho  Pharmaceutical Co Ltd e
GlaxoSmithKline  s.p.a.  ed altri e l'avvocato dello Stato Danilo Del
Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ordinanza del 3 ottobre 2003 la Commissione dei ricorsi
contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM)
ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 8,   del  decreto-legge  15 aprile  2002,  n. 63  (Disposizioni
finanziarie   e   fiscali   urgenti   in   materia   di  riscossione,
razionalizzazione  del  sistema  di formazione del costo dei prodotti
farmaceutici,      adempimenti     ed     adeguamenti     comunitari,
cartolarizzazioni,  valorizzazione  del  patrimonio  e  finanziamento
delle  infrastrutture), convertito, con modificazioni, nella legge 15
giugno 2002,  n. 112,  per  contrasto con il principio costituzionale
dell'affidamento   e,   nei   limiti   di   questo,   di   quello  di
retroattivita',  con  i  principi  di  cui  agli  artt. 41  e  42, in
relazione  all'art. 3  della  Costituzione, nonche' con i principi di
cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione.
    1.1.  -  Espone  il  rimettente di essere stato adito da Schering
Corporation  con  domanda, proposta nei confronti del Ministero delle
attivita'  produttive - Ufficio italiano brevetti e marchi e volta ad
ottenere  l'annullamento dei provvedimenti adottati da detto Ufficio,
in data 24 gennaio 2003 e 25 febbraio 2003, di ricalcolo della durata
di   due   certificati   complementari   di  protezione  appartenenti
all'attrice,  ottenuti,  rispettivamente,  in data 13 novembre 1992 e
25 settembre  1996;  ricalcolo operato al dichiarato fine di adeguare
la durata dei predetti titoli a quella prevista dall'art. 3, comma 8,
del  decreto-legge  n. 63  del  2002,  convertito, con modificazioni,
nella legge n. 112 dello stesso anno.
    La  domanda  -  precisa  il  giudice  a  quo  - e' volta a sentir
emettere  una  pronuncia ablativa del provvedimento impugnato, previa
proposizione  di incidente di costituzionalita' in ordine alla citata
norma, o, in subordine, per violazione della stessa.
    1.2.  -  Ricorda  la  Commissione  che il regolamento comunitario
n. 1768/1992/CEE  del 18 giugno 1992, che disciplinava il certificato
complementare  di  protezione  per i prodotti medicinali, tenne conto
della  circostanza  che,  al  momento  della  sua  entrata  in vigore
(2 gennaio  1993),  la  Francia e l'Italia avevano da poco promulgato
una propria legge nazionale al riguardo: in particolare l'Italia, con
la  legge n. 349 del 19 ottobre 1991 (Disposizioni per il rilascio di
un  certificato  complementare  di  protezione  per i medicamenti o i
relativi  componenti,  oggetto  di brevetto), entrata in vigore il 19
del  mese  successivo,  aveva  previsto  una  disciplina  assai  piu'
favorevole rispetto a quella applicabile ai certificati complementari
comunitari.
    Sottolinea   la   Commissione  rimettente  che  tale  disciplina,
fortemente   voluta   dalle   industrie  produttrici  di  specialita'
medicinali  brevettate  (e  avversata invece da quelle produttrici di
materie   prime   farmaceutiche),   aveva  previsto  una  durata  del
certificato  complementare pari al periodo intercorso tra la data del
deposito   della   domanda  di  brevetto  e  quella  del  decreto  di
autorizzazione all'immissione in commercio e comunque non superiore a
18  anni a partire dal momento in cui il certificato aveva acquistato
efficacia; laddove la normativa comunitaria prevedeva una durata pari
al  lasso  di tempo intercorso tra la data del deposito della domanda
di   brevetto   e   quella  della  domanda  di  prima  autorizzazione
all'immissione in commercio nella Comunita', ridotta di cinque anni e
comunque  non superiore a cinque anni a partire dal momento in cui il
certificato aveva acquistato efficacia. Aggiunge ancora il rimettente
che,  da un lato, la legge n. 349 del 1991, con apposita disposizione
transitoria,  consentiva  alle  industrie  produttrici di specialita'
brevettate   di   presentare   domanda  di  rilascio  di  certificato
complementare di protezione entro i 180 giorni successivi all'entrata
in   vigore   della  legge  stessa;  e  che,  dall'altro,  il  regime
privilegiato  assicurato  dalla  normativa  nazionale  -  regime che,
promulgato   il  regolamento,  sarebbe  dovuto  venir  meno  -  venne
conservato  grazie all'inserimento nella normativa comunitaria di una
disposizione,  l'art. 20, che espressamente faceva salva la validita'
dei certificati concessi in base alle leggi nazionali.
    Il decreto-legge n. 63 del 2002 ha introdotto una serie di misure
volte  alla  riduzione  della spesa pubblica sanitaria, prevedendo in
particolare  (art. 3)  la  riduzione  della  durata  dei  certificati
complementari di protezione (CCP), concessi in base alla legge n. 349
del  1991  (comma  8),  secondo  una  procedura  volta  ad operare il
riallineamento  graduale  della  loro  durata  con  quella risultante
dall'applicazione   del   regolamento   comunitario,   attraverso  il
riassorbimento  di  un anno nel 2002, e di due anni in ciascuno degli
anni successivi.
    Questa  disciplina,  ricorda  il  rimettente, e' stata modificata
dalla  legge  di  conversione  la  quale - mediando tra gli interessi
delle  multinazionali produttrici di specialita' medicinali, favorite
dal  mantenimento  del  regime anteriormente vigente, e gli interessi
delle   imprese  produttrici  di  principi  attivi  e  materie  prime
farmaceutiche,  favorite  dallo  sviluppo  dei farmaci generici, meno
costosi  e  quindi meno onerosi per il servizio sanitario nazionale -
ha  attenuato  il  sistema  incidente  sulla  durata  dei certificati
complementari  nazionali, riducendo di sei mesi per ogni anno la loro
durata  e spostando il dies a quo della procedura di ridefinizione al
1° gennaio del 2004.
    1.3.  - Osserva la Commissione rimettente che il provvedimento di
ricalcolo  della  scadenza  dei  certificati complementari nazionali,
emesso  dall'Ufficio  italiano  brevetti  e  marchi, ha pacificamente
natura  non  costitutiva,  ma  meramente  ricognitiva,  e pertanto e'
inidoneo  ad  incidere direttamente nei rapporti tra privati: dal che
discende  la  giustiziabilita'  innanzi  al  giudice  ordinario della
pretesa  del  titolare di un certificato complementare, asseritamente
non   ancora   scaduto,  ad  opporsi  con  azione  di  contraffazione
all'iniziativa    imprenditoriale   intrapresa   da   un   terzo   e,
reciprocamente,  la  giustiziabilita'  della  pretesa del terzo a far
accertare   l'avvenuta   scadenza  della  durata  di  un  certificato
appartenente ad altri. Cio' non impedisce, afferma la Commissione, di
ritenere    sussistente,   in   capo ai   titolari   di   certificati
complementari, un interesse legittimo differenziato ad opporsi ad una
rideterminazione  della durata che, pubblicizzando la nuova scadenza,
li   espone  alla  libera  utilizzazione,  da  parte  dei  terzi,  di
un'invenzione  farmaceutica  di  cui  essi  assumono invece di essere
ancora  riservatari.  Conseguentemente, ad avviso del rimettente, «il
provvedimento  e'  stato  legittimamente  impugnato  da  Schering sul
presupposto,   positivamente   valutabile   sotto  il  profilo  della
legittimazione,  che si tratti di un provvedimento idoneo a ledere un
proprio   interesse   legittimo   compromesso   dal   contenuto   del
provvedimento stesso».
    1.4.  -  In  punto  di  rilevanza,  osserva la Commissione che le
contestazioni  avanzate  dalla  ricorrente  in  ordine  ai criteri di
ricalcolo  seguiti  dall'Ufficio  appaiono  destituite di fondamento,
dovendo  quei  criteri ritenersi del tutto conformi a quanto previsto
dalla  legge  n. 112  del 2002: sicche' la decisione sulla domanda di
annullamento  dei  provvedimenti impugnati dipende dalla legittimita'
costituzionale della legge stessa.
    1.5.  -  Passando  all'esame  delle  eccezioni  di illegittimita'
costituzionale   sollevate  dalla  ricorrente  Schering,  osserva  il
rimettente che manifestamente infondata e' quella secondo la quale la
legge  n. 112  del  2002 contrasterebbe con l'art. 20 del regolamento
n. 1768/1992,   e   violerebbe  pertanto  gli  artt. 10  e  11  della
Costituzione   nonche'   il   principio   del   primato  del  diritto
comunitario:  la  norma  comunitaria  invocata,  infatti,  lungi  dal
recepire  e  cristallizzare  la  disciplina  relativa alla durata dei
certificati  di  protezione  disposta  dalla  legge  italiana,  si e'
limitata  a  consentire  in  via  transitoria  che  i  certificati di
protezione  italiani conservassero una durata enormemente maggiore di
quella (comunitaria) prevista per i certificati degli altri Paesi.
    1.6. - Manifestamente infondata, a giudizio della Commissione, e'
anche  la  questione  sollevata,  in  riferimento agli artt. 24 e 113
della  Costituzione,  sulla  base  del  rilievo  che  la disposizione
censurata,    in   quanto   produttiva   di   effetti   perfettamente
sovrapponibili  a  quelli di un atto amministrativo di espropriazione
dei  diritti  di  brevetto,  avrebbe la consistenza di una cosiddetta
legge-provvedimento: di modo che essa, come norma autoapplicativa, da
un lato, avrebbe determinato la degradazione di un diritto soggettivo
a    interesse    legittimo    cosi'   precludendo   ogni   sindacato
giurisdizionale   sul   relativo   fenomeno   di  affievolimento,  e,
dall'altro   lato,  avrebbe  impedito  ai  titolari  dei  certificati
complementari  di  partecipare  all'adozione della misura assunta nei
loro confronti, con le garanzie del giusto procedimento, in contrasto
col  canone  di  razionalita' normativa nonche' col principio di buon
andamento dell'amministrazione.
    A  giudizio  del rimettente, la norma impugnata non ha affatto la
natura  di  legge-provvedimento  perche'  essa, modificando la regola
della  legge  n. 349  del  1991,  pone  una  disciplina  generale  ed
astratta,  valida  per  tutti  i  certificati  complementari, a nulla
rilevando il fatto che nella specie i titoli concretamente incisi, in
virtu'  dell'entrata  in  vigore del regolamento comunitario (e della
conseguente  cessazione di operativita' della legge n. 349 del 1991),
siano individuabili e costituiscano un numerus clausus.
    1.7.  - Riferisce il rimettente che, ad avviso della Schering, la
ridefinizione  della  durata dei certificati nazionali contrasterebbe
con  la  tutela dell'affidamento - elevato dalla Corte costituzionale
in numerose pronunce a elemento fondamentale dello Stato di diritto e
ricondotto   alla  clausola  generale  della  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3  (sentenza  n. 229  del 1999) - in quanto il ricalcolo del
periodo  di  copertura  assicurato  dai  CCP lederebbe la liberta' di
iniziativa  economica  privata di cui all'art. 41 della Costituzione:
iniziativa  economica  che,  proiettata  per sua stessa natura in una
prospettiva  dinamica,  non  tollererebbe  che, nel corso dell'intero
arco  temporale in cui e' destinata a svolgersi, vengano modificati i
presupposti  considerati essenziali nel momento in cui fu intrapresa,
soprattutto    ove    si   consideri   che   la   produzione   e   la
commercializzazione  dei  farmaci  e'  fortemente  condizionata dalla
possibilita'  di beneficiare della tutela brevettuale, e quindi anche
del   prolungamento   di   essa   ottenuto  mediante  il  certificato
complementare.
    Nel  ritenere  la  questione  cosi'  proposta  non manifestamente
infondata,  la  Commissione non manca di evidenziare che, in verita',
«vi  sono interessi della collettivita', essi pure costituzionalmente
garantiti,   che   giustificano   interventi  legislativi  diretti  a
comprimere  la  liberta'  di  iniziativa economica privata», come del
resto   riconosciuto  dallo  stesso  giudice  delle  leggi:  il  che,
argomenta,  dovrebbe  essere  tanto  piu'  vero  laddove,  come nella
fattispecie,   le   scelte   legislative   siano   state  determinate
dall'obiettivo   di  limitare  il  progressivo  aumento  della  spesa
pubblica  sanitaria,  in  quella  sua componente essenziale che e' il
rimborso dei farmaci.
    E  tuttavia  in  un settore in cui le valutazioni giuridiche sono
cosi'  fortemente  connesse  a  profili  di  opportunita' e in cui il
giudizio  di legittimita' costituzionale e' destinato a risolversi in
un  sindacato  sulla  razionalita'  «molto  prossimo  al merito delle
scelte  legislative»,  acquista,  ad  avviso  del  rimettente,  piena
visibilita'  la distinzione tra infondatezza e manifesta infondatezza
di   una   questione:  l'eccezione,  sicuramente  non  manifestamente
infondata,   in  mancanza  di  una  ragionevole  certezza  sulla  sua
reiezione,  va  rimessa alla Corte cui spetta dire la parola ultima e
definitiva al riguardo.
    1.8. - A identico risultato approda la valutazione dell'eccezione
di  violazione  degli  artt. 41  e  42, in relazione all'art. 3 della
Costituzione,  sollevata  dalla  Schering  sotto il profilo che se la
proprieta'  intellettuale e' una vera e propria proprieta' - soggetta
in  quanto  tale  all'apposizione di restrizioni che ne assicurino la
funzione   sociale  -  la  riduzione  della  durata  dei  certificati
complementari  nazionali  non potrebbe essere qualificata come limite
legittimamente  opponibile  ai  sensi  dell'art. 42 Cost., perche' il
contenimento  della  spesa  sanitaria non puo' definirsi interesse di
rango  costituzionale,  pari  o superiore al diritto di proprieta', e
perche'  la  norma  censurata  espressamente  dichiara  di perseguire
l'obiettivo  di adeguare quella nazionale alla normativa comunitaria.
In  ogni caso, quand'anche la riduzione della durata fosse una forma,
in   se'   consentita,   di  espropriazione,  essa  sarebbe  comunque
illegittima,  perche'  disposta  senza  indennizzo,  e  per giunta in
contrasto  sia  con  le disposizioni di cui agli artt. 60 e segg. del
regio  decreto  29  giugno 1939,  n. 1127  (Testo  delle disposizioni
legislative  in  materia di brevetti per invenzioni industriali), sia
nell'Accordo  TRIPs  (Trade  Related Aspects of Intellectual Property
Rights,  firmato  a  Marrakech  il  15 aprile  1994  nel  quadro  dei
negoziati  GATT),  ratificato  con  legge  29 dicembre  1994,  n. 747
(Ratifica  ed  esecuzione  degli  atti  concernenti  i  risultati dei
negoziati  dell'Uruguay  Round,  adottati  a  Marrakech  il 15 aprile
1994).
    Anche   a   questo   proposito   il   rimettente  rileva  che  le
argomentazioni  della ricorrente appaiono «resistibili» con argomenti
contrari che non sono prima facie destituiti di fondamento: e invero,
mentre  non  par  dubbio  che  la  ratio  dell'art. 3,  comma 8,  del
decreto-legge  n. 63  del  2002  sia  da individuare nel contenimento
della  spesa  farmaceutica,  il  cui perseguimento deve evidentemente
avvenire  contemperando  l'interesse  alla  tutela della salute della
collettivita'   con   costi   a   carico   dello   Stato,   e  quello
all'incentivazione    della    ricerca   da   parte   delle   imprese
farmaceutiche,  la  qualificazione  come fenomeno espropriativo della
riduzione   della  durata  dei  certificati  complementari  nazionali
postula  che,  contro l'evoluzione normativa innanzi descritta, venga
considerato  come un diritto irreversibilmente quesito l'allungamento
disposto dalla legge n. 349 del 1991. E tuttavia, considerato, ancora
una  volta,  che  solo la questione manifestamente infondata non deve
essere  rimessa  alla  Corte,  ritiene  la Commissione di non potersi
esimere  dal sollevare incidente anche per quest'ulteriore profilo di
sospetta illegittimita'.
    2.  -  Si  e'  costituita  la  Schering  Corporation  Ltd  che ha
insistito    per    l'accoglimento   delle   prospettate   questioni,
espressamente  segnalando  anche l'enucleabilita' di altre ragioni di
incostituzionalita',  «eventualmente sollevabili ex officio davanti a
se' da codesta Ecc.ma Corte».
    2.1.  -  Nel  ricapitolare i fatti salienti che hanno determinato
l'impugnativa  del  provvedimento  dell'Ufficio brevetti innanzi alla
Commissione  dei  ricorsi,  l'esponente  evidenzia che, in attuazione
dell'art. 3,  comma 8,  del decreto-legge n. 63 del 2002, convertito,
con  modificazioni,  nella  legge 15 giugno 2002, n. 112, il predetto
Ufficio,  con un primo provvedimento adottato in data 7 ottobre 2002,
aveva  operato  il  ricalcolo  della  durata  della  protezione nello
sfruttamento commerciale dell'invenzione, assicurata dai CCP vigenti,
indicando in un apposito tabulato le nuove date di scadenza, che, per
le  specialita'  medicinali oggetto del giudizio a quo, erano, quanto
al  Clarityn (Loratadina), il 1° settembre 2007, e, quanto all'Ecolon
(Mometasone  Furoato),  il  31 dicembre  2009; che detta scadenza era
stata poi confermata, previa rideterminazione dei criteri di calcolo,
con  provvedimento  del  24 gennaio 2003, precisandosi nell'occasione
che  eventuali  obiezioni  avrebbero  dovuto  essere  formulate entro
sessanta giorni dal ricevimento dell'atto ministeriale; che, eccepita
con  nota  del  24 febbraio  2003 l'erroneita' e l'illegittimita' dei
criteri   di   ricalcolo   applicati,  l'Ufficio  brevetti,  in  data
25 febbraio  2003, aveva confermato la precedente determinazione, con
l'avvertenza  che contro il provvedimento era ammesso ricorso innanzi
alla  Commissione «entro il termine perentorio di trenta giorni dalla
data di ricevimento della presente».
    Tanto  premesso,  la  Schering  evidenzia come, correttamente, il
giudice   a   quo   abbia  individuato  l'interesse  all'impugnazione
dell'atto  -  e  pertanto  la rilevanza della prospettata questione -
negli    «effetti    giuridici    propriamente   riconducibili   alla
pubblicazione   della   modifica   temporale»   della   durata  della
protezione, effetti concretamente apprezzabili, in termini favorevoli
o lesivi, tanto da parte dei titolari dei relativi diritti, quanto da
parte  dei soggetti interessati alla produzione e commercializzazione
di  farmaci  identici  nella  composizione,  una volta venuta meno la
copertura   brevettuale.   D'altra   parte,  indipendentemente  dalla
qualificazione come veri e propri interessi legittimi delle posizioni
giuridiche  soggettive  incise  dai  provvedimenti  amministrativi in
questione,  e'  pacifico che la Commissione ha giurisdizione in tutte
le  ipotesi  in  cui  il  r.d.  29  giugno 1939, n. 1127 riconosce la
possibilita'  di  impugnare un atto dell'Ufficio brevetti e marchi: e
allora,  posto  che la rideterminazione della durata della protezione
si  risolve  in  un  diniego  sopravvenuto di concessione, per quella
parte  della  originaria  domanda  che,  all'esito  della valutazione
dell'Ufficio,  risulta rigettata, la sua impugnativa va correttamente
ricondotta nell'ambito della giurisdizione della Commissione ricorsi.
    2.2.  -  In  ordine  al  prospettato  dubbio  di  violazione  del
principio  dell'affidamento  (e,  nei  limiti di questo, di quello di
retroattivita) ex artt. 3 e 41 della Costituzione, rileva la Schering
che  esso  e'  evocato  in  maniera  tanto  piu' pertinente in quanto
l'evoluzione  della  giurisprudenza  costituzionale  ne  ha  fatto un
parametro di valutazione della ragionevolezza del «regolamento ... di
situazioni  fondate  su leggi preesistenti», con riferimento non solo
alle  ipotesi  in  cui  la norma, operando in deroga al canone tempus
regit  actum,  spiega  effetti  che  si  riverberano negativamente su
fattispecie  gia'  esauritesi (c.d. retroattivita' in senso proprio),
ma  anche a quelle in cui il legislatore si sia limitato a modificare
per  il futuro, in senso sfavorevole per i beneficiari, le condizioni
di  rapporti  giuridici  di durata in itinere (c.d. retroattivita' in
senso  improprio).  Del  resto,  cosi' forte puo' essere l'impatto di
improvvise  e  impreviste modifiche normative su aspettative generate
dallo  stesso  legislatore, che si e' sentita l'esigenza di trasporre
nei   rapporti   di   diritto   pubblico  il  principio,  di  origine
civilistica, della tutela della buona fede nei rapporti contrattuali,
sotto  forma  di  legittimo  affidamento del cittadino nella coerenza
della normazione legislativa.
    Posto   allora   che  la  giurisprudenza  costituzionale  ravvisa
l'esistenza  di  un  affidamento  tutelabile  basato sulla normazione
previgente  ogniqualvolta,  in  negativo,  questa non abbia carattere
provvisorio  ne'  sia  legata a eventi contingenti ne', ancora, ponga
«irrisolti  dubbi  interpretativi  sui  suoi  contenuti»  e  sia,  in
positivo,  contrassegnata da un elevato livello di consolidamento non
alterato  da  concreti  mutamenti  della situazione di fatto, non par
dubbio,  a  giudizio  della  ricorrente,  che tutte queste condizioni
siano  riscontrabili  nella  situazione  di fatto e di diritto che ha
dato origine al giudizio a quo.
    In  particolare  la Schering sottolinea che, proprio l'evoluzione
del   quadro   normativo   di   riferimento  -  che,  dall'originaria
formulazione  dell'art. 14,  primo  comma,  del r.d. n. 1127 del 1939
(che  precludeva  la brevettabilita' delle invenzioni farmaceutiche),
approdo',  attraverso  la  sentenza  20 marzo  1978, n. 20 (che detta
brevettabilita'  riconobbe,  in  applicazione  «del  principio  della
parita'  di  trattamento  di tutti gli autori industriali ... e della
liberta'   costituzionalmente   garantita   di  iniziativa  economica
privata»),  alle  scelte  normative  racchiuse nella legge n. 349 del
1991,  confermate  dal successivo regolamento CEE del 18 giugno 1992,
n. 1768  -  ha  ingenerato,  nei  titolari  degli  oltre quattrocento
certificati  di  protezione  rilasciati in sede di prima applicazione
della  disciplina  nazionale, il legittimo e motivato affidamento nel
pieno   sfruttamento  commerciale,  in  esclusiva,  delle  invenzioni
farmaceutiche:  il  che  e'  tanto  piu'  vero  se  si considerano le
caratteristiche  proprie  del  settore,  nell'ambito  del  quale  gli
investimenti   nella   ricerca  sono  fortemente  condizionati  dalle
aspettative   dei  ritorni  economici  garantiti  dalla  legislazione
vigente  e  nel  conseguente  affidamento  a  che  la tutela permanga
secondo la previsione iniziale.
    In tale contesto, la verifica della ragionevolezza, o quanto meno
della non arbitrarieta' della lesione del principio in esame da parte
di  una  norma  che sacrifica posizioni individuali gia' acquisite (e
percio'   assistita   da   retroattivita'  impropria),  deve  passare
attraverso  il riscontro dell'«adeguatezza e congruenza dell'esigenza
di  interesse pubblico» sotteso all'emanazione della nuova disciplina
nonche'  attraverso  il  connesso giudizio di proporzionalita' tra il
suo  perseguimento  e  il sacrificio delle aspettative maturate: e la
giurisprudenza  costituzionale  ha  costantemente  escluso  che  tali
requisiti  possano ritenersi soddisfatti dall'esigenza, pur dotata di
indubbio  pregio  costituzionale,  di  salvaguardare l'equilibrio del
bilancio, ove cio' comporti sacrifici eccessivi a carico dei soggetti
incisi dal ius superveniens.
    Premesso   che   la   norma  impugnata  invoca  espressamente  la
necessita'  di riallineare la disciplina interna a quella comunitaria
(necessita'   esclusa   proprio   dall'art. 20  del  regolamento  CEE
n. 1768/1992  nonche'  dai  «Considerando»  che  lo accompagnano), e'
evidente    che    la   vera   causa   giustificativa   della   nuova
regolamentazione  e',  come  esplicitato  nella  relazione tecnica al
disegno  di  legge  di  conversione  del  decreto  n. 63 del 2002, la
salvaguardia  di  esigenze  patrimoniali  relative all'equilibrio del
bilancio.  E  tuttavia  le finalita' di pubblico risparmio sono state
perseguite  senza  contemperare adeguatamente gli interessi in gioco,
tutti  di  rilevanza  costituzionale,  quali  (secondo le indicazioni
fornite nella stessa sentenza n. 20 del 1978), la tutela della salute
prevista  dall'art. 32  Cost.,  alla quale e' strumentale non solo la
disciplina  del prezzo dei medicinali e la loro presenza in quantita'
sufficienti,  ma  anche  la  ricerca  scientifica coltivata da talune
imprese  farmaceutiche: e invero gli interessi di queste (ben diversi
da  quelli  delle  imprese  che si limitano semplicemente a imitare i
prodotti  altrui),  non possono non essere autonomamente valutati, in
un'ottica  che necessariamente finisce per chiamare in causa l'art. 3
-   perche'   irragionevolmente   vengono   trattate   in   modo  non
adeguatamente  diverso situazioni, invece, profondamente differenti -
e l'art. 9 della Costituzione.
    Ne'  puo'  ignorarsi  -  continua  la  deducente  -  che la norma
impugnata si inserisce in un trend normativo del quale e' espressione
anche   l'art. 7   del   decreto-legge   18 settembre   2001,  n. 347
(Interventi  urgenti  in  materia  di spesa sanitaria), che impone al
farmacista,  laddove sia disponibile un farmaco generico, di offrirlo
all'assistito  in  luogo  della corrispondente specialita' medicinale
concretamente   prescritta   dal   medico   curante;   trend  che  ha
individuato,  nello  sviluppo  del  mercato dei farmaci generici, «la
chiave  di  volta» in grado di perseguire l'obiettivo della riduzione
della spesa farmaceutica.
    In  realta'  -  premesso che i farmaci generici si distinguono in
tre  grandi  categorie,  le  imitazioni  con  marchio (cc.dd. brended
generics), quelle commercializzate sotto la c.d. denominazione comune
internazionale (DCI) seguita dal nome del produttore, e le imitazioni
comuni  o  unbranded,  con  un margine di risparmio decrescente dalla
prima  alla terza - poiche' nel mercato italiano la maggior parte dei
generici  e'  del  primo  tipo, il divisato obiettivo di contenimento
della spesa perseguito dalla norma impugnata e' piu' un'illusione che
una realta'.
    2.3.  -  Quanto  alla prospettata lesione degli artt. 41 e 42, in
relazione  all'art. 3  della  Costituzione,  rileva la Schering che -
essendo  il  fine  del  contenimento  della spesa pubblica inidoneo a
giustificare  sul  piano  costituzionale  una  norma  limitativa  dei
diritti  soggettivi inerenti allo statuto della proprieta' privata ed
essendo  la  tutela del diritto alla salute estraneo alla ratio della
disposizione  censurata  -  vi sarebbe aperta violazione dei principi
costituzionali  in  tema di liberta' di iniziativa economica privata:
secondo  la  consolidata  giurisprudenza  costituzionale, infatti, la
limitazione  del  diritto  di  esclusiva puo' ammettersi solo laddove
venga  dimostrata  la  presenza  di interessi di rango costituzionale
pari  o superiore al diritto di proprieta' e alla liberta' d'impresa,
in  un contesto normativo caratterizzato dalla progressiva estensione
della    fattispecie    «espropriazione»    fino   a   ricomprendervi
l'imposizione  di  limiti  che  svuotino  del  tutto, o anche solo in
maniera apprezzabile, il diritto di proprieta'.
    E'  allora del tutto evidente, a giudizio dello Schering, che con
la   disposizione   censurata   viene  operata  una  vera  e  propria
espropriazione   ex  lege  dei  diritti  relativi  allo  sfruttamento
commerciale  dell'invenzione,  in difetto di reali e validi motivi di
interesse  generale e senza previsione di qualsivoglia indennizzo. Di
modo  che  l'accoglimento di tale censura - anche a voler riconoscere
che  vi  e'  stata,  nella  fattispecie,  estinzione,  per ragioni di
superiore,   sopravvenuto   interesse   generale,  di  una  posizione
giuridica  soggettiva  protetta - consentirebbe di riportare a unita'
il   sistema,   spostando   la   tutela  dell'affidamento,  garantita
dall'ordinamento costituzionale, sul suo equivalente pecuniario.
    3.  - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  chiesto  dichiararsi  inammissibili o, in subordine,
infondate, le proposte questioni di costituzionalita'.
    3.1.  -  In  via  preliminare  osserva  l'interveniente che, come
ammette lo stesso giudice a quo, la norma impugnata, al pari di tutte
le  disposizioni  che  fissano  la  durata  dei  titoli di proprieta'
industriale, contiene una prescrizione immediatamente applicabile nei
rapporti  tra  privati,  in  relazione  alla quale il ricalcolo delle
nuove  scadenze  dei  certificati complementari, operato dall'Ufficio
italiano   brevetti   e  marchi,  pacificamente  privo  di  efficacia
costitutiva,  e' volto a realizzare, attraverso l'aggiornamento delle
informazioni che lo stesso ufficio e' tenuto a fornire a tutti coloro
che  vi  abbiano  interesse,  mere esigenze di pubblicita'. Peraltro,
posto  che  l'impugnativa  contro  tale  atto  non rientra tra quelle
espressamente  previste  dal  r.d.  n. 1127 del 1939, in relazione al
quale  soltanto  sussiste la giurisdizione della Commissione, a nulla
rileva,  a  giudizio dell'Avvocatura, l'asserita enucleabilita' nella
fattispecie  di un interesse legittimo differenziato dei titolari dei
CCP alla correttezza dell'informazione; mentre, ove si accedesse alla
tesi  secondo cui la riduzione della durata del CCP costituirebbe una
forma    di   espropriazione   attuata   attraverso   la   contestata
comunicazione   dell'Ufficio   Brevetti,   la  relativa  controversia
rientrerebbe,  per espressa previsione normativa, nella giurisdizione
del  giudice  amministrativo  ovvero,  per quanto concerne il profilo
indennitario,  del  giudice  ordinario  (art. 65 del r.d. n. 1127 del
1939).
    Conseguenza   ineludibile  di  tali  rilievi  e'  il  difetto  di
giurisdizione    della   Commissione   adita,   difetto   che   rende
manifestamente inammissibile per irrilevanza la proposta questione.
    3.2.  -  L'inammissibilita'  sarebbe  evidente  anche sotto altri
profili:  a  ben  vedere  infatti, il giudice a quo motiva in maniera
incongrua  e  perplessa, perche' si limita a riportare nell'ordinanza
di   rimessione   argomenti   favorevoli  e  contrari  alla  supposta
illegittimita'   della   norma   denunciata,  arrivando  a  sollevare
l'incidente  sul  rilievo  che  manca  la  certezza  della  manifesta
infondatezza  del  dubbio. A cio' aggiungasi, per quanto attiene alla
questione  di  legittimita'  dell'art. 3,  comma 8, in relazione agli
artt. 24  e  113  della  Costituzione,  che  vi  e'  una macroscopica
difformita'  tra dispositivo e motivazione dell'ordinanza, perche' la
non   manifesta  infondatezza  della  questione,  in  relazione  agli
enunciati  profili,  e'  affermata  nel  solo  dispositivo, in palese
contrasto con quanto esposto in motivazione.
    3.3.  -  Quanto  al  merito,  l'Avvocatura  dello  Stato contesta
anzitutto  che  la  norma  incisa  dal  giudizio di costituzionalita'
costituisca  una  disposizione retroattiva, posto che essa opera solo
per  l'avvenire (e cioe' a partire dal 1° gennaio 2004), in relazione
a  periodi  di  durata  dell'efficacia  dei certificati complementari
futuri  rispetto  al  momento della sua entrata in vigore. Rileva poi
come  sia  estremamente  opinabile  che  la disposizione censurata si
presti ad incidere negativamente su scelte imprenditoriali effettuate
al  momento  della  domanda (o della concessione) del brevetto, posto
che   in   realta'   queste  vennero  di  solito  operate  ben  prima
dell'emanazione  della  stessa legge n. 349 del 1991, la quale estese
la  durata di brevetti gia' concessi. E' poi da escludere, a giudizio
dell'Avvocatura  che, nel dettare disposizioni modificative, in senso
sfavorevole  per  i  beneficiari,  della  disciplina  di  rapporti di
durata,   il   legislatore   abbia   travalicato   dai  limiti  della
ragionevolezza,  perche'  la  norma impugnata, lungi dal prevedere un
regolamento irrazionale, dispone una riduzione graduale e progressiva
della protezione brevettuale complementare dei prodotti farmaceutici,
al  duplice fine di adeguare il regime nazionale a quello comunitario
(perche', nel far salve le legislazioni nazionali vigenti in materia,
il  regolamento  CEE  n. 1768  del  1992  non  vieta  certo  il  loro
adeguamento  alla  normativa  europea)  e  di  favorire  la sollecita
commercializzazione dei farmaci generici.
    Peraltro  i  divisati  obbiettivi  -  e segnatamente le finalita'
sottese  a  tale  commercializzazione, da ravvisarsi nel contenimento
della  spesa farmaceutica e in una piu' pertinente tutela del diritto
fondamentale  alla  salute  - hanno uno spiccato carattere sociale, e
sono ben compatibili con gli artt. 41 e 42 della Costituzione; e cio'
a  tacere  del fatto che non si vede come una norma entrata in vigore
quando   le  coperture  brevettuali  assicurate  dai  certificati  di
protezione  erano  gia'  in  vigore, possa avere inciso negativamente
sulla  liberta'  di iniziativa economica privata delle imprese che ne
sono  titolari. Neppure e' vero - a giudizio dell'Avvocatura - che la
riduzione  graduale  dell'efficacia  dei  CCP  nazionali possa essere
ragionevolmente  qualificata  come vicenda di tipo espropriativo, dal
momento che essa non opera l'ablazione di alcun diritto, ma si limita
a  conformare il regime dei certificati rilasciati in Italia a quelli
comunitari.
    Infine,   quanto   alla   lesione  degli  artt. 24  e  113  della
Costituzione,   osserva   la   deducente   che  la  questione,  ferma
l'eccezione  di inammissibilita', e' palesemente infondata, dovendosi
escludere ogni natura provvedimentale della norma impugnata.
    4.  -  Nel  giudizio  sono  altresi'  intervenute: Bristol--Myers
Squibb  s.r.l.;  Eli  Lilly  and Company; F. Hoffmann La Roche A.G. e
Roche    Diagnostics    GmbH   (gia'   Boehringer   Mannheim   GmbH);
GlaxoSmithKline  s.p.a.,Glaxo  Group Limited, Beecham Group plc e The
Wellcome  Foundation  Limited;  Merck  Sharp  &  Dohme Italia s.p.a.;
Pfizer  Italia  s.r.l.;  Pharmacia  Italia s.p.a.; Sigma--Tau s.p.a.;
Sanofi--Synthelabo s.a.; Taisho Pharmaceutical Co. Ltd; Knoll-Ravizza
Farmaceutici  s.p.a.  (gia' denominata Ravizza s.p.a. per l'Industria
Chimica e Farmaceutica); Menarini International Operations Luxembourg
s.a.,  Malesci  Istituto Farmabiologico s.p.a., F.I.R.M.A. - Fabbrica
Italiana Ritrovati Medicinali ed Affini s.r.l.
    4.1.  -  Bristol--Myers Squibb s.r.l., Merck Sharp & Dohme Italia
s.p.a.,  Pfizer  Italia s.r.l. e Pharmacia Italia s.p.a., premesso di
avere  un  interesse  qualificato  alla  soluzione della questione di
costituzionalita',   «tale   da   potersi  riflettere  sulla  propria
posizione  giuridica»,  hanno  insistito  per  il  suo  accoglimento,
svolgendo   argomentazioni  del  tutto  sovrapponibili  a  quelle  di
Schering Corporation.
    4.2.  -  Eli  Lilly  and  Company, Hoffmann La Roche A.G. e Roche
Diagnostics   (gia'  Boehringer  Mannheim  GmbH)  -  appartenenti  al
medesimo gruppo multinazionale Roche - nonche' Sanofi-Synthelabo s.a.
(incorporante  per  fusione di Syntelabo s.a. e di Sanofi s.a.), dopo
aver dedotto di essere titolari di svariati certificati complementari
di  protezione  e  di avere anch'esse proposto -- «in quanto soggetti
lesi  in  via immediata e diretta dalla norma oggetto del giudizio di
costituzionalita»  -  ricorso  innanzi  alla  Commissione  rimettente
avverso il ricalcolo operato dall'Ufficio italiano brevetti e marchi,
ricordano  come  in  diverse  pronunce  la Corte costituzionale abbia
riconosciuto  la  legittimazione  a  intervenire  di soggetti diversi
dalle  parti  del  giudizio  a  quo,  purche'  la  norma  oggetto del
sindacato  di costituzionalita' incida in via immediata e diretta sui
loro interessi: il che si verificherebbe nella fattispecie, posto che
la  disposizione  impugnata e' idonea di per se' a produrre l'effetto
della  riduzione  della  durata  dei certificati complementari, senza
alcuna   necessita'  di  fasi  amministrative  di  applicazione,  ne'
esercizio  di  discrezionalita'  da  parte  di qualsivoglia autorita'
amministrativa.
    Le  intervenienti  ricordano  poi  che i CCP furono introdotti al
fine  di  neutralizzare  l'incidenza,  sul  periodo  di  sfruttamento
dell'invenzione   in  regime  di  copertura  brevettuale,  dei  tempi
necessari  all'espletamento  delle  procedure  volte  a  ottenere  il
rilascio,   da   parte   del   competente  Ministero  della  sanita',
dell'autorizzazione al commercio dei prodotti farmaceutici.
    L'esigenza  di  recuperare il tempo perduto tra il deposito della
domanda di brevetto e l'effettiva presenza del prodotto sul mercato -
non ignota ad altri paesi, come Stati Uniti e Giappone, che per primi
vi  ovviarono  -  fu alla base dell'emanazione della legge n. 349 del
19 ottobre  1991  che,  introducendo  nella  legge brevetti una nuova
disposizione, l'articolo 4-bis, istitui' il certificato complementare
di  protezione,  titolo  di  proprieta'  industriale  strutturato  in
maniera  tale da consentire un integrale recupero del tempo trascorso
tra   il  deposito  della  domanda  di  brevetto  e  l'autorizzazione
ministeriale.
    Alla   normativa   nazionale  fece  poi  seguito  il  regolamento
comunitario  n. 1768/CEE  del  18 giugno 1992, che, nel prevedere una
durata  del  periodo  di esclusiva inferiore a quella garantita dalla
normativa  nazionale, fece tuttavia salvi gli effetti dei certificati
rilasciati  e  delle domande depositate prima della sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee.
    In tale contesto normativo e' intervenuta la norma ora sospettata
di    incostituzionalita',    la   quale   sacrifica   il   principio
dell'affidamento  che,  benche'  non  espressamente  menzionato nella
Carta  fondamentale  del  nostro  Stato,  ha dignita' costituzionale,
avendo  numerose  pronunce  di  questa  Corte  colto  le  connessioni
esistenti  tra  tale  principio e la tutela dell'iniziativa economica
privata  che,  proiettata  per sua natura in una dimensione dinamica,
non tollera arbitrari mutamenti in itinere delle regole del gioco.
    In   particolare,  le  aziende  farmaceutiche  hanno  riposto  un
decisivo affidamento nella durata della protezione brevettuale, anche
complementare,  fissata  dalla legge, sulla stessa impostando precisi
piani economici e industriali volti ad equilibrare i costi di ricerca
e  di sviluppo per la produzione di nuove specialita' medicinali, con
gli introiti delle vendite in esclusiva delle precedenti.
    La  necessita'  di  limitare  la spesa pubblica sanitaria, per la
parte  costituita dal costo del rimborso dei farmaci, non costituisce
quell'interesse   pubblico   il   cui   perseguimento   legittima  il
legislatore a comprimere la liberta' di iniziativa economica privata,
sia  perche'  tale  esigenza  non  e'  affatto  enunciata nella norma
sospettata  di  illegittimita',  sia  perche'  trattasi di obbiettivo
incongruo  e  inidoneo  a  giustificare una disposizione lesiva della
predetta liberta'.
    La  finalita' di risparmio - sostengono ancora le intervenienti -
non  appare  neppure riconducibile all'interno della funzione sociale
che  il  legislatore  e'  tenuto  a perseguire nella disciplina della
proprieta'  privata, ex art. 42 della Costituzione, e cio' sia per le
ragioni innanzi esplicitate, sia perche' il diritto alla salute della
collettivita'   -   del   quale   e'   pur   necessario  tener  conto
nell'attuazione  del  fine  di contenimento della spesa pubblica - e'
leso  e  non  favorito  dalla norma censurata, la quale, riducendo il
periodo   di   copertura   brevettuale,   incide  direttamente  sulla
sostenibilita' dei programmi di ricerca.
    Anche  fondato,  a  giudizio  delle  comparenti, e' il profilo di
contrasto   della   disposizione   impugnata   con   l'art. 42  della
Costituzione,  perche',  se  e'  vero  che  i  diritti  di  esclusiva
conferiti  «con  la  concessione  del  brevetto»  (art. 4 del r.d. 29
giugno 1939, n. 1127) sono, per consolidato diritto vivente, «diritti
reali assoluti su beni immateriali», configurabili alla stregua di un
vero   e  proprio  diritto  di  proprieta',  l'art. 3,  comma 8,  del
decreto-legge  n. 63  del  2002, convertito, con modificazioni, nella
legge  n. 112  del  2002,  attua  una  forma  di espropriazione senza
indennizzo,   costituendo  certamente  un  diritto  irreversibilmente
quesito  quello  di  esclusiva  per  tutta la durata della protezione
accordata dal brevetto e dal CCP.
    In  conclusione,  l'illegittimita'  della  norma  deriverebbe,  a
giudizio   delle   intervenienti,   oltre   che   dalla  mancanza  di
qualsivoglia  indennizzo, dall'inesistenza dell'interesse pubblico al
cui   perseguimento   il   potere   di   espropriazione  deve  essere
strumentale:  senza  dire  che  la  norma,  prevedendo una disciplina
destinata  ai soli titoli gia' concessi in base alla legge n. 349 del
1991,  si  qualifica  come provvedimento di tipo espropriativo, in un
contesto  ordinamentale che, da un lato, ha ormai esteso tale nozione
anche  a  fattispecie  ablative  che  non  comportano  alcuna vicenda
traslativa  e,  dall'altro, espressamente disciplina negli artt. 60 e
segg.  del  r.d.  n. 1127  del  1939  l'espropriazione del diritto di
brevetto per ragioni di pubblica utilita'.
    Da  tali  considerazioni  discende  -  contro  quanto ritenuto in
motivazione,  ma  non nel dispositivo, dell'ordinanza di rimessione -
la  non  manifesta  infondatezza del dubbio di incompatibilita' della
norma censurata anche con gli artt. 24 e 113 della Costituzione.
    4.3. - Sostanzialmente dello stesso tenore sono le argomentazioni
difensive sviluppate, nei rispettivi atti, da GlaxoSmithKline s.p.a.,
Glaxo  Group  Limited,  Beecham  Group  plc e The Wellcome Foundation
Limited,   da  Taisho  Pharmaceutical  Co.  Ltd  e  da  Knoll-Ravizza
Farmaceutici  s.p.a.  (gia' denominata Ravizza s.p.a. per l'Industria
Chimica  e  Farmaceutica),  le  quali solo aggiungono, in ordine alla
prospettata  violazione  degli artt. 24 e 113 della Costituzione, che
la   giurisprudenza   costituzionale   ha   da   tempo   ammesso   la
configurabilita'  della  nozione  di legge-provvedimento, quale legge
volta  a  dispiegare attivita' ordinariamente demandate alla funzione
amministrativa  (Corte costituzionale n. 153 del 1997; n. 2 del 1997;
n. 347  del  1995;  n. 62  del  1993;  n. 143 del 1989), ma nondimeno
soggetta   al   sindacato   di  costituzionalita'.  Il  principio  di
legalita',  garantito dagli artt. 3, 97, 24 e 113 della Costituzione,
imporrebbe  infatti  il  distacco  tra legge e provvedimento, al fine
specifico   di   consentire   il   sindacato   giurisdizionale  sulla
razionalita'   delle   scelte   amministrative   e  di  garantire  la
partecipazione  degli  interessati  alla  loro  adozione, di modo che
dovrebbe  escludersi la conformita' alla Costituzione di quelle leggi
che,  avendo un contenuto autoapplicativo, importino una compressione
di  diritti soggettivi perfetti, con violazione degli artt. 3, 24, 97
e 113 della Costituzione.
    4.4. - Menarini International Operations Luxembourg s.a., Malesci
Istituto   Farmabiologico  s.p.a.,  F.I.R.M.A.  -  Fabbrica  Italiana
Ritrovati  Medicinali  ed Affini s.r.l. deducono di essere, la prima,
licenziataria  di  Schering Corporation per la commercializzazione di
due  specialita' medicinali, oggetto dei certificati complementari di
protezione;   la   seconda,   sublicenziataria  di  Menarini  per  la
commercializzazione  di una specialita' medicinale; la terza, infine,
sublicenziataria  di  Malesci  in  relazione  ad  un  medicinale e di
Menarini, in relazione ad altro medicinale. Precisano anche di essere
gia'  intervenute  nel  giudizio  a  quo  per  fare accertare il loro
diritto  a  godere dei predetti titoli con scadenza calcolata in base
alla legge n. 349 del 1991.
    Quanto  al  merito  della  prospettata  questione, evidenziano le
comparenti che l'art. 3, comma 8, del d.l. n. 63 del 2002, convertito
nella  legge  n. 112  del  2002,  macroscopicamente  collide  con  la
normativa  transitoria di cui all'art. 20 del regolamento CEE n. 1768
del  18  giugno 1992,  venendo  cosi'  a violare anche gli artt. 117,
primo comma, e 11 della Costituzione.
    Segnalano  poi,  come  profili  particolarmente significativi del
sospettato   contrasto  con  l'art. 3  della  Costituzione,  l'intima
contraddizione   tra  la  ratio  legis  indicata  nella  disposizione
censurata   («adeguare   progressivamente»  la  durata  della  tutela
brevettuale  complementare  prevista  dalle norme nazionali, a quella
stabilita  in  sede comunitaria) e il carattere autoapplicativo della
fonte   comunitaria  in  questione;  l'irrazionalita'  di  una  norma
transitoria  che,  approvata  ad oltre dieci anni di distanza dal suo
presupposto   (il   menzionato   regolamento  CEE),  altera  ex  post
l'equilibrio  di  fondo  da  esso  stabilito,  ponendosi  in  patente
contraddizione   con   le   esigenze  di  effettivita'  della  tutela
brevettuale;  la  disparita'  di  trattamento  tra i certificati gia'
rilasciati  alla  data  di  entrata in vigore del regolamento CEE, ma
scaduti prima dell'inizio della vigenza della norma impugnata (titoli
che  hanno  pertanto  goduto  di  una  tutela  piena) e certificati a
quell'epoca  non ancora scaduti (destinati a fruire di una protezione
solo parziale).
    E  concludono chiedendo alla Corte di dichiarare l'illegittimita'
della   norma   impugnata   non   solo  per  violazione  delle  norme
costituzionali  indicate  nell'ordinanza  di rimessione, ma anche per
contrasto con gli artt. 9, 11 e 117 della Costituzione.
    4.5.  -  Sigma-Tau  s.p.a.,  infine,  pur  non  essendo parte nel
giudizio  a  quo,  deduce di avere un interesse attuale e diretto nel
giudizio  di  costituzionalita',  essendo licenziataria esclusiva per
l'Italia  di  Schering  Corporation per la commercializzazione di una
specialita' medicinale.
    5.  -  Schering Corporation ha depositato una memoria nella quale
confuta  l'assunto  dell'inammissibilita' della prospettata questione
per  irrilevanza  determinata  dall'asserita carenza di giurisdizione
della  Commissione ricorsi a decidere la controversia davanti ad essa
proposta, rilevando che il ricalcolo delle nuove date di scadenza dei
certificati complementari di protezione operato dall'UIBM, certamente
privo   di  efficacia  costitutiva,  ha  pero'  senz'altro  capacita'
«innovativa», costituendo adempimento delle competenze specificamente
attribuite  all'Ufficio in punto di pubblicizzazione della durata dei
predetti  titoli.  Di  modo  che  in relazione al carattere meramente
attuativo  della  rideterminazione operata dall'Ufficio, il giudice a
quo  avrebbe  correttamente riconosciuto l'interesse della ricorrente
all'impugnazione  dell'atto  e  la  conseguente  proponibilita' della
questione.
    Ribadito   quindi  che  la  giurisdizione  della  Commissione  e'
stabilita  per materia, senza che rilevi la qualificazione in termini
di  diritto  soggettivo  o  di  interesse  legittimo della situazione
soggettiva  coinvolta, osserva che non hanno pregio le argomentazioni
dell'Avvocatura  circa  una  supposta  alternativa tra competenza del
giudice   ordinario   e  competenza  del  giudice  amministrativo  in
relazione    al   carattere   sostanzialmente   espropriativo   della
limitazione  della  durata dei CCP, perche' evidentemente una cosa e'
la  questione dell'illegittimita' costituzionale di un'espropriazione
disposta   ex  lege  e  senza  indennizzo,  altra  e'  l'impugnazione
dell'atto che concretamente attua l'espropriazione stessa.
    Neppure  e'  vero, a giudizio della ricorrente, che il rimettente
abbia  fatto  malgoverno delle regole che presiedono all'incidente di
costituzionalita',  con  conseguente inammissibilita' della questione
per  carenza  di  motivazione  sulla  non  manifesta infondatezza del
dubbio:  la  prospettazione  operata dal giudice a quo appare infatti
conforme  al  carattere di delibazione preliminare a lui demandata, e
agli  esiti  del  controllo  in  cui essa deve sfociare, il quale, in
quanto  volto a precludere l'accesso alla Corte di questioni sfornite
di ogni margine di serieta', e' di tipo sostanzialmente negativo.
    Quanto  al  merito,  richiamate  le  argomentazioni  svolte nella
memoria  di  costituzione,  ricorda  la  Schering  che  in  dottrina,
commentando   l'ordinanza   di  rimessione,  non  si  e'  mancato  di
riconoscere gli effetti perversi della riduzione della durata dei CCP
sul  diritto  dell'imprenditore  di  operare  in base alle condizioni
normative  presenti  in  un  dato  momento  storico, rilevando che la
legittimita'   costituzionale   della  norma  si  gioca  tutta  sulla
ragionevolezza  del  vulnus che il suo carattere retroattivo arreca a
tale situazione soggettiva attiva.
    Peraltro   la   ratio   della   disposizione  censurata  indicata
dall'Avvocatura  dello  Stato - adeguare il regime nazionale a quello
comunitario  e  favorire la sollecita commercializzazione dei farmaci
generici  -  e', da un lato, del tutto inconsistente, posto che e' la
stessa normativa europea ad escludere l'esigenza di tale adeguamento,
e,  dall'altro lato, in contrasto con l'ordine costituzionale, atteso
che   funzionale   alla   tutela   della   salute  pubblica  e'  solo
l'incentivazione  della  ricerca e, in quanto ad essa strumentale, il
conferimento dei diritti patrimoniali derivanti dalla brevettazione.
    6.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, nella memoria,
eccepisce   preliminarmente   l'inammissibilita'   degli   interventi
spiegati dalle societa' non costituite nel giudizio a quo, sulla base
della  costante e pacifica giurisprudenza della Corte e, ricordate le
eccezioni  a  tale  principio  -  connesse  alla  titolarita'  di una
posizione   soggettiva   specificamente   incisa   dal   giudizio  di
costituzionalita'   (sentenza   n. 315   del  1992);  all'intervenuta
applicazione  della legge impugnata con provvedimento individuale nei
confronti  dell'interveniente (sentenza n. 20 del 1982); al nesso tra
legittimazione  a  intervenire  nel giudizio principale e definizione
dell'incidente  di  costituzionalita'  (sentenza  n. 429  del  1991);
all'inerenza    dell'interesse    dell'interveniente    al   rapporto
sostanziale  sotteso al procedimento cautelare nel corso del quale e'
stata  pronunciata  l'ordinanza  di  rimessione  (sentenza n. 314 del
1992) -, segnala che nessuna delle circostanze indicate ricorre nella
specie,  neppure  per  quelle societa' che, in quanto licenziatarie o
sublicenziatarie  di  prodotti  oggetto  dei  CCP della cui durata si
controverte  nel  giudizio  a  quo,  avrebbero  potuto,  senza averlo
tuttavia  fatto,  spiegare  in  esso intervento. Evidenzia infine che
privo  di qualsivoglia giustificazione e' l'intervento di Merck Sharp
& Dome s.p.a.
    Ribadisce  quindi le deduzioni gia' svolte in punto di difetto di
giurisdizione,  rilevabile  ictu oculi, della Commissione ricorsi: in
particolare la pretesa natura espropriativa della norma sospettata di
illegittimita'   costituzionale   e   l'auspicata   affermazione  del
principio   dell'indennizzabilita'  del  pregiudizio  prodotto  dalla
riduzione dell'efficacia temporale dei CCP convaliderebbero l'assunto
della  giustiziabilita'  della pretesa di Schering innanzi al giudice
ordinario.
    L'Avvocatura,  inoltre, insiste sia sulla perfetta compatibilita'
con   i   principi  dell'affidamento  e  della  ragionevolezza  della
normativa  impugnata  che,  accorciando  i  tempi  del riallineamento
dell'efficacia   dei   certificati  rilasciati  in  base  alla  legge
nazionale a quella dei certificati comunitari (secondo un'opzione non
imposta,  ma  neppure  esclusa dal regolamento CEE n. 1768 del 1992),
riduce  in  maniera  moderata e graduale nel tempo - e senza operarne
alcuna ablazione - una protezione percepita come non piu' rispondente
a  criteri  di  equita',  sia  sulla  stretta inerenza tra tutela del
diritto alla salute e facilitazione all'acquisto di farmaci generici,
meno costosi di quelli coperti da brevetto.
    Rileva  anche  che  ogni considerazione in ordine alla maggiore o
minore  onerosita'  di questi ultimi, a seconda che essi siano o meno
branded  generics,  esula  dagli elementi scrutinabili dalla Corte in
sede di verifica del parametro della ragionevolezza.
    Evidenzia  infine  che in molti casi la normativa contenuta nella
legge n. 349 del 1991 ha di fatto prolungato la copertura brevettuale
gia' esistente per alcuni farmaci.
    7.  -  Eli  Lilly  and  Company,  F.  Hoffmann  La  Roche  A.G. e
Sanofi-Synthelabo  s.a. osservano nelle loro memorie che negli ultimi
anni si e' affermata la tendenza all'estensione temporale dei diritti
di  esclusiva:  da  un lato, l'art. 63 della Convenzione sul brevetto
europeo  e'  stato integrato con un Atto di revisione del 17 dicembre
1991  (entrato  in  vigore il 4 luglio 1997), volto a consentire agli
Stati  contraenti  di  prolungare il periodo di protezione assicurato
dalla  normativa pattizia o di concedere una privativa aggiuntiva per
i  prodotti  o  i  processi  di  fabbricazione  la cui immissione sul
mercato  sia sottoposta a procedura amministrativa di autorizzazione,
e,  dall'altro  lato, nell'art. 33 dell'accordo TRIPs (Trade--Related
Aspects  of  Intellectual  Property  Rights,  firmato  a Marrakech il
15 aprile  1994)  e'  stato  sancito il principio che la durata della
protezione  assicurata  dal  brevetto  non  puo'  cessare prima della
scadenza  di  un  periodo  di  venti  anni  dalla  data del deposito,
implicitamente consentendone l'estensione oltre il suddetto termine.
    Quanto  all'ammissibilita'  del  loro  intervento,  le deducenti,
ricordato  che  la Corte ha posto significative eccezioni alla regola
generale  della  limitazione  del  contraddittorio  nel  giudizio  di
costituzionalita'  alle  sole parti del giudizio a quo, segnalano che
un  indice  ermeneutico  particolarmente  significativo si ricava dal
regolamento  dei  giudizi  innanzi  alla  Corte costituzionale, nella
formulazione  scaturita  dalla  delibera del 10 giugno 2004: non puo'
invero  essere  privo di rilievo il fatto che l'art. 4 disciplini ora
le  modalita'  di  «eventuali  interventi»  di soggetti diversi dalle
parti   necessarie,   cosi'  venendo  ad  ammetterne  tout  court  la
legittimita',  almeno  tutte  le  volte  in  cui  l'interveniente sia
titolare  di  una situazione giuridica qualificata e individuale lesa
(o  favorita)  in  via  immediata  e  diretta dalla norma oggetto del
sindacato di costituzionalita'.
    Ribadiscono  quindi  che,  stante la natura «reale e proprietaria
del  diritto  di  esclusiva» - sancita, oltre che dal gia' menzionato
accordo  TRIPs,  dall'art. 17  della  Carta  dei diritti fondamentali
dell'Unione  europea,  firmata  a Nizza il 7 dicembre 2000, con norma
trasposta  nel  Titolo  II  della  Costituzione  per  l'Europa  -, la
garanzia  di  cui  all'art. 42 della Costituzione si applica in pieno
alla  esclusiva  brevettuale,  la  quale,  peraltro,  come elemento e
insieme  risultato  dell'attivita'  economica organizzata in forma di
impresa,   rientra   altresi'   nell'ambito  della  tutela  accordata
dall'art. 41 alla liberta' di iniziativa economica privata.
    Quanto  all'interesse  per  il contenimento della spesa, esso ben
puo'   essere   soddisfatto   attraverso   strumenti   diversi  dalla
mortificazione  della  tutela  brevettale,  e non e' comunque tale da
giustificare  una  compromissione della predetta liberta' non essendo
funzionale alla salvaguardia della salute pubblica.
    Ribadiscono  che il bilanciamento tra gli interessi connessi alla
posizione  dei titolari dei certificati complementari di protezione -
tutela  della  salute,  della ricerca scientifica e della liberta' di
iniziativa  economica  privata - e l'interesse sotteso all'emanazione
della  norma  impugnata  - contenimento della spesa pubblica - non fa
emergere quelle esigenze inderogabili che, sole, possono giustificare
l'incisione  del  principio dell'affidamento nell'ambito dei rapporti
di durata.
    Quanto   poi   alle   eccezioni   di  inammissibilita'  sollevate
dall'Avvocatura,  Eli  Lilly and Company, F. Hoffmann La Roche A.G. e
Sanofi-Synthelabo   s.a.   ricordano   l'autonomia  del  giudizio  di
costituzionalita' rispetto al giudizio a quo, autonomia preclusiva di
ogni   rivalutazione,   da   parte   della  Corte,  dei  prerequisiti
processuali antecedenti all'incardinamento del primo, col solo limite
del  difetto  di  giurisdizione  emergente  ictu  oculi  dalla stessa
ordinanza di rimessione.
    Sostengono  quindi  che  nella  fattispecie,  lungi dal ricorrere
un'ipotesi  di  tal fatta, la competenza della Commissione a decidere
sull'impugnativa  proposta  da  Schering deriva dagli artt. 35, primo
comma,  e  71,  primo comma del r.d. n. 1127 del 1939, trattandosi di
provvedimento  adottato  dall'Ufficio  brevetti che si risolve in una
reiezione    parziale    dell'originaria   domanda   di   certificato
complementare di protezione.
    Destituita   di   fondamento   e'   altresi',  a  giudizio  delle
comparenti, l'asserita insufficienza di motivazione dell'ordinanza di
rimessione  in  punto  di  non manifesta infondatezza del prospettato
dubbio   di   costituzionalita',   non   vertendosi,   nella  specie,
nell'ipotesi  di  un giudice a quo che si era limitato a riportare le
argomentazioni  svolte  dalla  parte,  senza  esplicitare  la propria
opinione  in  merito a esse, bensi' di un rimettente che chiarisce di
non  poter  escludere con certezza la fondatezza del dubbio e dunque,
valutato  positivamente  il  fumus boni iuris della questione, la sua
scrutinabilita' ad opera della Corte costituzionale.
    8. - In buona parte sovrapponibili a quelle teste' riportate sono
le   argomentazioni   difensive   svolte  da  Menarini  International
Operations  Luxembourg s.a., Malesci Istituto Farmacobiologico s.p.a.
e  F.I.R.M.A.  -  Fabbrica  Italiana  Ritrovati  Medicinali  e Affini
s.r.l.,  le  quali,  tuttavia,  precisano  di  essere licenziatarie o
sublicenziatarie  di  due  brevetti  europei  e  relativi certificati
complementari  di  protezione,  di  essere intervenute nel giudizio a
quo,  sia  pure  successivamente  alla  pronuncia  dell'ordinanza  di
rimessione,    e    di    essere   state   riconosciute   legittimate
all'intervento,  con  provvedimento n. 2046 del 20 gennaio 2004 della
Commissione,  che  ha disposto la trasmissione del relativo fascicolo
alla  Corte  costituzionale.  Peraltro,  la  Corte  avrebbe  anche di
recente   ribadito   l'irrilevanza,   ai   fini   dell'ammissibilita'
dell'intervento,  del  momento in cui e' avvenuta la costituzione nel
giudizio  a quo, ed avrebbe in numerosi arresti ammesso a partecipare
al  giudizio  di  costituzionalita' chi, ancorche' non costituito nel
procedimento  a  quo,  fosse  tuttavia  titolare  o  di  un interesse
strettamente  connesso  al  rapporto sostanziale dedotto in giudizio,
ovvero   di   un   interesse  individualizzato,  direttamente  inciso
dall'esito dell'incidente di costituzionalita'.
    Quanto  al  merito,  sottolineano  che  i  tempi  assorbiti dalle
sperimentazioni  pre-cliniche  e  cliniche  nonche'  dalle  procedure
necessarie  per ottenere l'autorizzazione all'immissione in commercio
sono   fisiologicamente   assai  lunghi  e  che  crescono  in  misura
esponenziale   gli   investimenti   richiesti;   ribadiscono  che  il
prolungamento  della  protezione  brevettuale  disposto  dalla  legge
n. 349  del  1991  costituisce  un diritto irreversibilmente quesito,
rispetto  al  quale,  dunque,  il  successivo  intervento legislativo
assumerebbe  carattere  ablativo, essendo la protezione complementare
attributiva  di  una  specifica  e  ben definita posizione di diritto
soggettivo  reale  assoluto,  della  quale  la durata costituisce una
componente  essenziale;  rilevano che la compressione di tale diritto
e'  possibile  solo  nel  rispetto  delle garanzie costituzionali che
tutelano   il   diritto   di  proprieta',  come  dimostra  l'istituto
dell'espropriazione  dei  diritti di brevetto per ragioni di pubblica
utilita' e le licenze obbligatorie (artt. 54 e segg. del r.d. n. 1127
del 1939).
    Quanto  all'affidamento  riposto  dalle  industrie  farmaceutiche
nella  durata  della  protezione  brevettuale  (anche  complementare)
fissata  per  legge,  sottolineano  che  proprio  in  forza  di  tale
disciplina  sono stati stipulati numerosi accordi di cooperazione tra
aziende italiane e aziende straniere in relazione a farmaci a base di
principi  attivi  innovativi;  che  l'obiettivo  di limitare la spesa
pubblica  sanitaria,  per  la parte costituita dal costo del rimborso
dei farmaci, non giustifica la realizzata compressione della liberta'
d'iniziativa  economica  privata  e della tutela dell'affidamento, in
presenza   di  una  giurisprudenza  costituzionale  che  ha  ritenuto
necessaria  a questi fini ben diverse esigenze di carattere generale,
come la tutela dell'ambiente; insistono sul carattere provvedimentale
della   disposizione   impugnata  e  dunque  sulla  fondatezza  anche
dell'eccezione di violazione degli artt. 113 e 24 della Costituzione,
sollevata nel solo dispositivo dell'ordinanza di rimessione.
    9.   -   Anche   Taisho  Pharmaceutical  Co.  Ltd,  Knoll-Ravizza
Farmaceutici  s.p.a.,  GlaxoSmithKline  s.p.a.,  Glaxo Group Limited,
Beecham   Group  p.l.c.  e  The  Wellcome  Foundation  Limited  hanno
depositato  memorie  illustrative, nelle quali contestano l'eccezione
di  inammissibilita'  per difetto di giurisdizione del giudice a quo,
evidenziando  che  una  ricostruzione  dei provvedimenti di ricalcolo
diversa da quella di reiezioni successive e parziali delle domande di
rilascio  a suo tempo presentate, comporterebbe l'anomala sottrazione
al  sindacato  giurisdizionale di atti amministrativi che, proprio in
quanto   adottati  autoritativamente,  ex  post  e  secondo  sequenze
procedimentali  atipiche, sono ancor piu' gravemente lesivi di quelli
tipici di rigetto totale o parziale delle domande di brevetto.
    Nel  merito  rilevano  le  intervenienti  che  la norma impugnata
incide  non gia' su una mera aspettativa, ma su un diritto soggettivo
assoluto  che,  in  quanto temporalmente limitato, ha nella durata un
elemento  essenziale:  il che comporta il carattere retroattivo della
disposizione  volta  a rideterminare, con effetti ablativi, la durata
stessa.
    La  collisione  tra  la  norma  sospettata  di  illegittimita'  e
l'interesse  pubblico  alla  salute,  con  il connesso interesse alla
tutela  della  ricerca  scientifica  (secondo un ordine di idee fatto
proprio  dalla  Corte costituzionale con la sentenza n. 20 del 1978),
determina   l'implausibilita'  di  qualsivoglia  richiamo  a  pretese
esigenze    inderogabili    sottese    alla    nuova   disciplina   e
conseguentemente  l'irragionevolezza  della  norma  impugnata,  in un
contesto  economico  in  cui gli alti costi della ricerca scientifica
rendono   impensabile   un'attivita'   di  sperimentazione  svolta  a
prescindere  da aspettative di sfruttamento dell'invenzione in regime
di  esclusiva,  e  in  un  ordinamento  giuridico  che  ha  visto  il
legislatore   comunitario   aderire,  in  vista  della  tutela  delle
legittime   aspettative  di  stabilita'  delle  posizioni  soggettive
preesistenti  o  comunque  del  bilanciamento  dei  vari interessi in
conflitto, ad una opzione di riallineamento graduale e indolore delle
diverse  regolamentazioni:  senza  dire  che il costo di rimborso dei
farmaci,  destinati  a  prematura  caduta nel regime dei generici, ha
sulla spesa sanitaria complessiva un'incidenza minima.
    10. - Nella sua memoria Sigma-Tau, dopo aver chiarito che in ogni
caso  la  durata  complessiva  della protezione accordata ai prodotti
farmaceutici  non  puo'  oltrepassare i venti anni dal rilascio della
prima  autorizzazione  all'immissione  in commercio, venendo cosi' ad
essere  pari  a  quella  accordata  ad altre categorie merceologiche,
rileva  che  il  principio  dell'affidamento,  che  il  giudice a quo
ritiene   violato   dalla  norma  impugnata,  e'  stato  dalla  Corte
costituzionale  ancorato a due condizioni di fatto: a) l'esistenza di
una normativa sfavorevole di carattere retroattivo; b) l'incidenza di
questa su rapporti giuridici di durata.
    Tali  condizioni  -  sub  specie  di  disciplina  che,  regolando
rapporti  di  durata,  collega  ai  diritti  cosi' acquistati effetti
giuridici  differenti  rispetto  a  quelli  previsti dalla precedente
normativa  (c.d. retroattivita' in senso improprio o respective laws)
-  ricorrono nella specie perche' sottoposta a scrutinio e' una norma
che,  rivisitando la disciplina di un rapporto di durata, comportante
il  godimento  di un diritto di esclusiva, ne opera una reformatio in
peius  attraverso  la  drastica  riduzione  temporale  del periodo di
godimento del diritto stesso.
    Il  giudizio  volto  alla  verifica  del  rispetto  del principio
dell'affidamento,  interpretato  dalla  Corte  come  una  particolare
specie   del  giudizio  di  ragionevolezza,  assume  a  parametri  di
riferimento, da un lato, la ricorrenza di una «inderogabile esigenza»
costituzionalmente    tutelata,    dall'altro,    il   principio   di
proporzionalita',  quale  criterio  di valutazione, quest'ultimo, del
«grado di offensivita» della disciplina retroattiva.
    Appare  allora  evidente  che  l'adeguamento  della  durata della
copertura brevettuale assicurata dalla legge n. 349 del 1991 a quella
prevista  dalla  normativa  comunitaria - quale enunciata ratio della
disposizione  impugnata  - e' cosi' poco una esigenza inderogabile da
non   essere   richiesta   affatto   dal   regolamento  europeo,  che
espressamente  motivo'  la temporanea deroga al regime di concorrenza
piena  tra  le  imprese  farmaceutiche  europee  (anche) col divisato
obbiettivo  di  consentire  loro  un  recupero del ritardo accumulato
rispetto  alle  concorrenti  americane  e giapponesi che da piu' anni
godevano  di  una  tutela  brevettuale  completa.  In  ogni  caso, la
omogeneizzazione,  lungi  dal rivestire un carattere «inderogabile» o
«prevalente»  tale  da  rendere  imperativa  la  compressione di gia'
acquisiti   diritti  di  privativa,  ridonda,  nella  misura  in  cui
stravolge  i  calcoli  economici delle aziende produttrici di farmaci
specialistici,   in   una   violazione  degli  artt. 41  e  42  della
Costituzione.
    A   cio'   aggiungasi   che   lo  stretto  legame  esistente  tra
conferimento dei diritti patrimoniali derivanti dalla brevettazione e
incentivazione della ricerca porta la normativa impugnata in rotta di
collisione  anche  con  i  principi  di  cui  agli artt. 9 e 32 della
Costituzione.
    In  definitiva,  la  mancanza  di  un'esigenza inderogabile quale
criterio  legittimante la compressione di diritti acquisiti, rende la
scelta attuata dalla norma censurata arbitraria e irragionevole e, in
un  contesto  in cui il legislatore comunitario ha mostrato ben altra
sensibilita'  per  la  salvaguardia  del principio dell'affidamento e
della certezza giuridica, incoerente rispetto ai criteri che lo hanno
ispirato.
    Peraltro,   nel  perseguire  il  fine  di  assicurare  una  piena
concorrenza  fra  tutte  le  imprese  farmaceutiche che competono sul
mercato  europeo  -  come  strumento  imprescindibile per ottenere un
riallineamento  verso  il  basso del prezzo dei medicinali - la legge
impugnata  crea  una  clamorosa discriminazione proprio a danno delle
industrie  italiane,  essendovi paesi, come la Francia, nei quali gli
operatori   del  settore  continuano  a  beneficiare  di  una  tutela
brevettuale  ben  maggiore  di  quella  fissata  «a regime» a livello
comunitario.
    Tale rilievo rende manifestamente incongruo anche l'obiettivo del
«contenimento  della  spesa pubblica farmaceutica», quale ratio della
disposizione  censurata individuata dal rimettente, senza contare che
l'equilibrio  del  bilancio,  che  puo'  giocare un ruolo decisivo in
materia  pensionistica  -  ove  si  tratta  di  pareggiare le entrate
costituite  dai  contributi versati con le uscite rappresentate dalle
prestazioni  erogate (in un'ottica in cui il sacrificio nel godimento
del  diritto  alla  pensione  da  parte delle generazioni presenti e'
volto   ad  assicurare  il  godimento  di  un  analogo  diritto  alle
generazioni  future)  -  si presta assai meno a scriminare una scelta
che,  come  affermato dalla stessa Corte nella storica sentenza n. 20
del 1978, incide direttamente sull'incentivazione alla ricerca e, per
questa via, anche sulla tutela della salute pubblica.
    Considerato  poi  che  il  fine  di  risparmio  ben  puo'  essere
perseguito  con altri mezzi, l'irragionevolezza dell'art. 3, comma 8,
del   d.l.   n. 63   del  2002  e',  a  giudizio  dell'interveniente,
assolutamente  manifesta,  e  cio' tanto piu' che la norma censurata,
lungi  dall'essere  politicamente neutra, mira in realta' ad incidere
sull'equilibrio  delle  diverse  imprese  farmaceutiche, penalizzando
quelle  produttrici  di  farmaci c.d. specializzati a tutto vantaggio
dell'industria   dei  generici:  sicche',  intervenendo  con  effetti
distorsivi  sulla  concorrenza,  essa collide, sotto questo ulteriore
profilo, con gli artt. 41 e 42 della Costituzione.
    La  comparente confuta poi le eccezioni di inammissibilita' fatte
valere   dall'Avvocatura,   ricordando,   quanto   a   quella  basata
sull'asserito difetto di giurisdizione del giudice a quo, che questo,
per fondare una pronuncia di irrilevanza della questione, deve essere
assolutamente  macroscopico  e, quanto a quella relativa al perplesso
approccio   del   rimettente   col   requisito  della  non  manifesta
infondatezza,  che  e'  sufficiente,  ai  fini della rimessione della
questione, l'esistenza di un dubbio sulla legittimita' costituzionale
della norma che si tratta di applicare.
    Infine,  a  sostegno  dell'ammissibilita' del proprio intervento,
Sigma-Tau  espone  di  essere  licenziataria  esclusiva, per conto di
Schering  Corporation,  del  prodotto  Nitro-dur e di essere pertanto
legittimata   a   integrare   il   contraddittorio  in  quanto  parte
cointeressata,  ricordando  che  l'eventuale  rigetto della questione
inciderebbe  direttamente  sui  suoi  diritti di esclusiva, senza che
essa  esponente abbia avuto la chance di difenderne l'integrita', con
evidente  compromissione  del  diritto  di  difesa di cui all'art. 24
Cost.
    11. - In data 8 febbraio 2005 GlaxoSmithKline s.p.a., Glaxo Group
Limited,  Beecham  Group plc e The Welcome Foundation Limited, da una
parte,  Knoll-Ravizza Farmaceutici s.p.a., dall'altra, nonche' Taisho
Pharmaceutical  Co.Ltd hanno depositato ulteriori memorie di identico
contenuto.
    In  esse hanno ribadito di essere portatrici - in quanto titolari
di  taluni  dei circa quattrocento certificati nazionali rilasciati o
richiesti  durante  la finestra temporale fatta salva dal regolamento
n. 1768  del  1992  -  di  una  posizione  giuridica  incisa  «in via
individuale    ed    immediata»    dall'esito    del    giudizio   di
costituzionalita',    segnatamente   ricordando,   in   ordine   alle
problematiche  connesse all'intervento della parte non costituita nel
giudizio  a  quo,  come  la  giurisprudenza  della Corte si sia ormai
consolidata nel senso di ritenere inammissibile quello qualificato da
un  interesse  meramente  riflesso  ed  eventuale,  rispetto al thema
decidendum,  e  ammissibile  invece  l'intervento  assistito  da  una
situazione   soggettiva  direttamente  lesa  -  o  favorita  -  dalla
permanenza  in  vigore,  o  dall'espunzione,  della norma oggetto del
sindacato.
    Le   deducenti   tornano   poi   a   confutare   l'eccezione   di
inammissibilita'   della   sollevata   questione   per   difetto   di
giurisdizione  del  giudice  a  quo,  rilevando che, contrariamente a
quanto  sostenuto ex adverso, la competenza della Commissione ricorsi
a  conoscere  del  giudizio  innanzi  a  essa  proposto si radica sul
combinato disposto degli artt. 35, primo comma e 71, primo comma, del
r.d.  n. 1127  del  1939  e  che,  in  ogni  caso, alla stregua della
consolidata  giurisprudenza  del  giudice  delle leggi, la carenza di
giurisdizione  puo' venire in considerazione nel giudizio incidentale
solo  allorche'  sia  assolutamente  macroscopica, mentre la positiva
valutazione  del  rimettente  in  ordine  alla  corretta introduzione
innanzi  a  se'  del  processo,  «e'  elemento sufficiente perche' il
giudizio    di    costituzionalita'   possa   ritenersi   ritualmente
introdotto».
    Richiamate  quindi  le  argomentazioni  difensive gia' svolte nei
precedenti  scritti, insistono le comparenti per l'accoglimento della
prospettata questione.
    12.  - In data 1° giugno 2005 GlaxoSmithKline s.p.a., Glaxo Group
Limited,  Beecham  Group  plc  e The Welcome Foundation Limited hanno
depositato  un'ulteriore memoria, nella quale, ricapitolati i termini
essenziali   del   giudizio   di  costituzionalita'  nel  quale  sono
intervenute,  espongono che la norma impugnata e' stata espressamente
abrogata  dall'art. 246, comma 1, del decreto legislativo 10 febbraio
2005,   n. 30   (Codice   della   proprieta'   industriale,  a  norma
dell'art. 15  della  legge  12 dicembre 2002, n. 273), ma altrettanto
esplicitamente  ripristinata  dall'art. 61, commi 4 e 5, del medesimo
d.lgs.,  nel  quale  - sotto la rubrica «Certificato complementare» -
figura  una  disposizione  identica  a quella contenuta nell'abrogato
art. 3,  comma 8, del decreto-legge n. 63 del 2002; pertanto, poiche'
la norma oggetto del giudizio di costituzionalita' e' stata trasfusa,
senza  modifica alcuna, in una disposizione successiva di pari rango,
in  base  al  consolidato  orientamento della Corte costituzionale il
sindacato   di   costituzionalita'   deve   traslarsi   sulla   norma
sopravvenuta,  senza che si faccia luogo alla restituzione degli atti
al rimettente.
    13.  -  Con ordinanza della quale si e' data lettura nell'udienza
pubblica,  la  Corte  ha  dichiarato  inammissibili gli interventi di
Bristol  Myers  Squibb  s.r.l.,  Eli Lilly and Company, F. Hoffman La
Roche  A.G.,  Roche  Diagnostic  (gia'  Boehringer  Mannhein  Gmbtt),
GlaxoSmithKline  s.p.a.,  Glaxo Group Limited, Beecham Group plc, The
Wellcome  Foundation  Limited,  Merck  Sharp  &  Dohme Italia s.p.a.,
Pfizer  Italia  s.r.l.,  Pharmacia  Italia  s.p.a., Sanofi Synthelabo
s.a.,  Taisho  Pharmaceutical  Co.  Ltd.,  Knoll-Ravizza Farmaceutici
s.p.a.  (gia'  Ravizza s.p.a. per l'Industria Chimica e Farmaceutica)
ed  ammissibili  gli  interventi di Menarini International Operations
Luxembourg  s.a.,  Sigma  Tau  s.p.a., Malesi Istituto Farmabiologico
s.p.a. e F.I.R.M.A. s.r.l.

                       Considerato in diritto

    1.   -   La   Commissione  dei  ricorsi  contro  i  provvedimenti
dell'Ufficio   italiano   brevetti  e  marchi  solleva  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 8, del decreto-legge
15 aprile  2002, n. 63 (Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in
materia  di  riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione
del  costo  dei  prodotti  farmaceutici,  adempimenti  ed adeguamenti
comunitari,   cartolarizzazioni,   valorizzazione  del  patrimonio  e
finanziamento  delle  infrastrutture), convertito, con modificazioni,
nella  legge  15 giugno 2002, n. 112, per contrasto «con il principio
costituzionale  dell'affidamento e con i principi degli articoli 41 e
42   della   Costituzione   in   relazione  all'art. 3  della  stessa
Costituzione,  ed infine con i principi degli articoli 24 e 113 della
Costituzione».
    2. - Preliminarmente deve rilevarsi che l'intervenuta abrogazione
della  disposizione  censurata  -  ad  opera  dell'art. 246, comma 1,
lettera  mm), del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice
della proprieta' industriale) - non costituisce impedimento all'esame
della   questione   di   legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
rimettente   in  quanto  tale  disposizione  e'  stata  integralmente
trasfusa - ad opera del medesimo decreto legislativo n. 30 del 2005 -
nell'art. 61, commi 4 e 5.
    Pertanto,  conformemente  alla giurisprudenza di questa Corte (da
ultimo,  anche  in  ipotesi  di  «sostanziale» riproduzione, sentenze
n. 135  del  2003 e n. 25 del 2002), il presente giudizio incidentale
di  legittimita'  costituzionale  deve  essere deciso con riferimento
alla  disposizione  di cui all'art. 61, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 30
del 2005.
    3. - Ancora in via preliminare, va rilevato che deve prescindersi
dall'esame della questione sollevata, nel dispositivo, in riferimento
agli  artt. 24 e 113 della Costituzione, avendo il rimettente escluso
nella  parte  motiva  dell'ordinanza di rimessione la sussistenza del
requisito della non manifesta infondatezza della questione stessa.
    4.  -  Sempre in via preliminare, va ribadita l'inammissibilita',
per  le ragioni esposte nell'ordinanza della quale si e' data lettura
in  udienza,  degli  interventi  di  Bristol Myers Squibb s.r.l., Eli
Lilly  and  Company, F. Hoffman La Roche A.G., Roche Diagnostic (gia'
Boehringer  Mannhein  Gmbtt),  GlaxoSmithKline  s.p.a.,  Glaxo  Group
Limited,  Beecham  Group  plc, The Wellcome Foundation Limited, Merck
Sharp  &  Dohme Italia s.p.a., Pfizer Italia s.r.l., Pharmacia Italia
s.p.a.,  Sanofi  Synthelabo  s.a.,  Taisho  Pharmaceutical  Co. Ltd.,
Knoll-Ravizza   Farmaceutici   s.p.a.   (gia'   Ravizza   s.p.a.  per
l'Industria Chimica e Farmaceutica).
    Del  pari  va  ribadita  l'ammissibilita'  degli interventi della
Menarini  International Operations Luxembourg s.a., Sigma Tau s.p.a.,
Malesi  Istituto Farmabiologico s.p.a. e F.I.R.M.A. s.r.l., in quanto
aventi causa - quali licenziatarie le prime due e sublicenziatarie la
terza e la quarta - della ricorrente Schering Corporation, e pertanto
destinatarie alla pari di quest'ultima degli effetti che la pronuncia
di  questa Corte (anche, eventualmente, interpretativa di rigetto) e'
destinata a produrre sul rapporto oggetto del giudizio a quo: rilievo
che  deve far ritenere non decisiva, ai fini in esame, la circostanza
che l'intervento adesivo dipendente avrebbe potuto essere spiegato in
quel   giudizio   prima   che   venisse  sollevata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dal  momento  che  - come rilevato - un
effetto  ulteriore  e diverso, rispetto a quelli prodotti erga omnes,
potrebbe  per  gli  aventi  causa  discendere  proprio dall'esito del
presente giudizio.
    5.   -   Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  a  mezzo
dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, eccepisce l'inammissibilita'
della questione di legittimita' costituzionale sotto vari profili: in
primo  luogo,  adducendo  la  manifesta  carenza di giurisdizione del
giudice rimettente.
    L'eccezione e' fondata.
    5.1. - Le parti private, ricorrente ed intervenute - sottolineato
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio
incidentale   di   legittimita'   costituzionale   la  carenza  della
giurisdizione  del  giudice  rimettente  e' rilevabile esclusivamente
quando  appaia  manifesta (sentenze n. 281 del 2004 e n. 98 del 1997;
ordinanza  n. 348  del  1995)  - osservano che, nel caso in esame, la
sussistenza  di  tale  presupposto  processuale  in  capo al  giudice
rimettente  si fonderebbe sul disposto degli artt. 35, primo comma, e
70,  primo comma, del regio decreto n. 1127 del 29 giugno 1939 (Testo
delle  disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni
industriali),  i  quali  attribuirebbero  alla Commissione ricorsi la
competenza   a   decidere   sulle   impugnazioni   avverso  qualsiasi
provvedimento   adottato  dall'Ufficio  brevetti  senza  che  rilevi,
pertanto, la distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi
alla quale accenna l'ordinanza di rimessione.
    5.2.  -  La  Commissione  rimettente  -  la cui natura di giudice
speciale,   come   tale   legittimato   a   sollevare   incidenti  di
costituzionalita',  questa  Corte  ha riconosciuto fin dalla sentenza
n. 42   del   1958   -  si  occupa  diffusamente,  nell'ordinanza  di
rimessione,  della  natura  del  provvedimento  dell'Ufficio brevetti
avverso  il  quale  la  Schering  Corporation ha presentato ricorso e
della  situazione  giuridica soggettiva della quale, nei confronti di
tale provvedimento, e' titolare la societa' ricorrente.
    Quanto  al  provvedimento,  la  Commissione, condividendo la tesi
dell'Ufficio  secondo  la quale «la norma non richiede atti di parte»
dello  stesso,  osserva  che  la  disposizione  censurata  «non (gli)
attribuisce  alcun  compito»  e che «il ricalcolo delle nuove date di
scadenza  dei CCP nazionali e' stato compiuto dall'Ufficio unicamente
per  aggiornare  le  informazioni  che  l'Ufficio  stesso e' tenuto a
fornire  a  tutti  coloro  che  ne  abbiano interesse sia mediante la
pubblicazione del Bollettino sia mediante l'aggiornamento della banca
dati»; quindi, «unicamente in funzione dei compiti che esso e' tenuto
ad assolvere nella gestione del sistema di pubblicita».
    Rileva,  poi,  la  Commissione  rimettente che il provvedimento -
emesso  dall'Ufficio  «(rectius, dal sistema informativo Ufficio G3)»
in ragione del «ruolo di grande importanza» svolto dalla pubblicita',
in quanto «beneficiano della conoscenza dell'esistenza dei diritti di
esclusiva»  sia i titolari di tali diritti sia i terzi - «visto sotto
questo  profilo,  incide  negativamente  su  un  interesse  legittimo
differenziato  specificamente  riconoscibile  in capo ai titolari dei
CCP  dei  quali e' stata ricalcolata la scadenza, perche' ciascuno di
costoro,    individualmente,   subisce   l'effetto   negativo   della
pubblicizzazione  nei  confronti dei terzi della nuova scadenza»; dal
che   la   conclusione   che   «il   provvedimento   [...]  e'  stato
legittimamente  impugnato  da Schering sul presupposto, positivamente
valutabile sotto il profilo della legittimazione, che si tratti di un
provvedimento   idoneo   a  ledere  un  proprio  interesse  legittimo
compromesso dal contenuto del provvedimento stesso».
    5.3. - Osserva la Corte che le argomentazioni appena riferite, se
sono idonee a riconoscere alla Schering la legittimazione a (rectius:
l'interesse   ad   agire  per)  tutelare  una  situazione  soggettiva
differenziata quale titolare del certificato la cui scadenza e' stata
ricalcolata,  sono inespressive quanto all'individuazione del giudice
al  quale  chiedere  quella  tutela;  laddove  non  solo la natura di
giudice   speciale   della   Commissione   (e   pertanto,  munito  di
giurisdizione  esclusivamente  nei rigorosi limiti assegnatigli dalla
legge),  ma  altresi'  la  particolare  delimitazione  delle funzioni
giurisdizionali   della   Commissione,  quale  operata  dalla  legge,
avrebbero imposto un'adeguata motivazione sul punto.
    L'art. 35,  comma  primo,  del  regio  decreto  n. 1127 del 1939,
dispone   infatti   -   relativamente   ai  brevetti  per  invenzioni
industriali  -  che  puo'  essere  impugnato davanti alla Commissione
prevista  dall'art. 71 «il provvedimento col quale l'Ufficio italiano
brevetti  e  marchi  respinge  la  domanda, o comunque non l'accoglie
integralmente»; in modo sostanzialmente analogo dispone l'art. 33 del
regio  decreto  21  giugno 1942,  n. 929,  quanto ai marchi (nonche',
attraverso  il  generale  richiamo al r.d. n. 1127 del 1939, il regio
decreto  25 agosto 1940, n. 1411, quanto ai modelli di utilita' ed ai
modelli  e  disegni  ornamentali  e l'art. 13 della legge 21 febbraio
1989, n. 70, quanto alle topografie dei prodotti a semiconduttori).
    La  tesi, prospettata dalle parti private, secondo la quale tutti
i  provvedimenti  dell'Ufficio brevetti sarebbero ricorribili davanti
alla  Commissione,  deve  essere  respinta, in quanto il ricorso alla
Commissione  in  sede  giurisdizionale e' possibile, e la Commissione
decide   su   di   esso   quale  giudice  speciale,  solo  avverso  i
provvedimenti  che respingono in tutto o in parte, nell'esercizio dei
poteri discrezionali disciplinati dalla legge, la domanda di brevetto
o  di  registrazione  di marchio ovvero di modelli e disegni; in ogni
altro  caso, ove il ricorso sia ammissibile, la Commissione non opera
quale   giudice   perche'  al  di  fuori  dei  limiti  che  alla  sua
giurisdizione (speciale) sono segnati dalla legge.
    L'individuazione del provvedimento di rigetto, totale o parziale,
dell'Ufficio   brevetti  avverso  il  quale  e'  proponibile  ricorso
giurisdizionale  alla  Commissione,  pertanto, vale anche a segnare i
confini  della  relativa potesta' della Commissione stessa, essendo a
questa  affidato  - quale giudice speciale - il compito di sindacare,
sul  piano  della legittimita', esclusivamente l'esercizio dei poteri
che  la  legge conferisce all'Ufficio brevetti in ordine alle domande
di brevetto, di registrazione di marchio ovvero di modelli e disegni.
    In  altri  termini,  i  limiti della giurisdizione spettante alla
Commissione,  quanto  ad  oggetto,  coincidono  -  proprio perche' si
tratta  di  un  sindacato di legittimita' - con i poteri che la legge
conferisce  all'organo  amministrativo  (Ufficio  italiano brevetti e
marchi)  in sede di esame delle domande di privativa, con l'ulteriore
limite  che  il sindacato giurisdizionale e' ammesso dalla legge solo
quando  l'Ufficio non abbia, in tutto o in parte, accolto la domanda;
come  del  resto  ha  riconosciuto  la stessa Commissione dichiarando
inammissibile   il   ricorso,   proposto  da  un  terzo,  avverso  il
provvedimento di rilascio di un brevetto.
    5.3.1.   -   Ebbene,   costituisce  jus  receptum  -  secondo  la
giurisprudenza della medesima Commissione per i ricorsi e della Corte
di  cassazione  -  che l'Ufficio brevetti, quanto alle invenzioni, ha
esclusivamente  il  potere (art. 31) di «accertare se l'invenzione e'
conforme  alle  disposizioni  dell'art. 12 e non contrasti con quelle
dell'art. 13»  del  r.d.  n. 1127 del 1939, e cioe' di verificare che
quanto   descritto   nella   domanda  implichi  (in  base  alla  sola
descrizione)   un'attivita'   inventiva   e   sia   suscettibile   di
applicazione  industriale  (art. 12,  comma primo), e non urti contro
alcuno dei divieti sanciti dalla legge.
    Come  l'accoglimento  della  domanda  di brevetto deve avvenire -
secondo quanto afferma la giurisprudenza - senza «ricerche esterne al
contenuto  della  domanda (perche) l'Ufficio non ha da fare confronti
tra  quello  ed  altri  brevetti  gia'  concessi,  o altre domande in
corso», cosi' - specularmente - il rigetto della domanda e' legittimo
solo  quando i prodotti «all'analisi diretta risultano immediatamente
non  invenzioni o invenzioni non brevettabili perche' rientrano nelle
categorie  di  cui  agli artt. 12, commi secondo e terzo, e 13, comma
secondo o perche' il trovato appaia immediatamente privo di novita' o
di  livello  inventivo o d'idoneita' all'applicazione industriale, in
base  ad un confronto tra contenuto della domanda e nozioni di comune
esperienza».
    Del  tutto  coerentemente,  quindi,  il sindacato giurisdizionale
della  Commissione  e' ammesso solo ove l'Ufficio abbia optato per la
seconda  alternativa  in  quanto,  essendo  la  valutazione demandata
all'Ufficio   puramente   estrinseca   («senza  esame»,  secondo  una
locuzione  diffusa  in  dottrina),  «la  concessione del brevetto non
pregiudica l'esercizio delle azioni giudiziarie circa la validita' di
esso e i diritti derivanti dall'invenzione» (art. 37 del r.d. n. 1127
del   1939).   Cosi'   come  e'  evidente  che  la  c.d.  carenza  di
legittimazione del terzo ad impugnare il provvedimento concessivo del
brevetto  si  risolve,  in  realta',  in una carenza di giurisdizione
della Commissione che sarebbe, altrimenti, investita di una questione
attinente  alla  validita'  del  brevetto:  questione  di  spettanza,
viceversa, del giudice ordinario.
    5.3.2.  - Analoghi rilievi, ed analoghe conclusioni si attagliano
al  marchio: l'art. 29 del r.d. n. 929 del 1942 descrive puntualmente
il  tipo  di  valutazione  (meramente  estrinseca)  che  l'Ufficio e'
chiamato  a  compiere e, quindi, i limiti del sindacato devoluto alla
Commissione dall'art. 33 quale giudice speciale di legittimita'.
    In  tale  contesto,  e' evidente che l'introduzione, ad opera del
decreto legislativo 8 ottobre 1999, n. 447, dell'opposizione di terzo
alla   registrazione   del   marchio   nell'ambito  del  procedimento
amministrativo   ha   determinato  -  con  l'ampliamento  dei  poteri
dell'Ufficio in quanto chiamato a valutare, sempre e soltanto ai fini
dell'accoglimento  o  del  rigetto della domanda di registrazione del
marchio,  la  fondatezza  dell'opposizione  proposta  dal  terzo - un
corrispondente ampliamento dei confini della potesta' giurisdizionale
della  Commissione;  fermo,  anche stavolta e consequenzialmente, che
«la registrazione non pregiudica l'esercizio delle azioni giudiziarie
circa  la  validita'  e l'appartenenza del marchio» (art. 34 del r.d.
n. 929 del 1942).
    5.3.3.  - E' appena il caso di rilevare che anche il d.lgs. n. 30
del  2005  -  delimitando  (art. 170)  l'oggetto  dell'esame  in sede
amministrativa  delle domande relative ai marchi, alle invenzioni, ai
disegni  e  modelli,  alle  varieta'  vegetali  e  alle  topografie -
altrettanto  puntualmente  delimita le funzioni giurisdizionali della
Commissione  (art. 135),  ribadendo  -  ancora  una  volta  - che «la
registrazione  e  la brevettazione non pregiudicano l'esercizio delle
azioni  circa la validita' e l'appartenenza dei diritti di proprieta'
industriale» (art. 117).
    5.4.  -  Le  considerazioni fin qui svolte rendono evidente come,
non  potendo  quello  di  ricalcolo della durata della protezione del
certificato  complementare  essere  qualificato come un provvedimento
che,  ai  sensi  dell'art. 35 del r.d. n. 1127 del 1939, «respinge la
domanda,  o  comunque non l'accoglie integralmente» e contro il quale
soltanto  e'  ammesso ricorso giurisdizionale alla Commissione di cui
all'art. 71,  deve  negarsi  la sussistenza della giurisdizione della
Commissione rimettente.
    Peraltro, la stessa ordinanza di rimessione non puo' esimersi dal
rilevare  che  l'Ufficio  brevetti  ha  provveduto  al  ricalcolo, ex
officio,  «unicamente  per  aggiornare  le informazioni che l'Ufficio
stesso  e'  tenuto  a fornire a tutti coloro che ne abbiano interesse
sia   mediante   la   pubblicazione   del   Bollettino  sia  mediante
l'aggiornamento  della  banca dati», e pertanto in assolvimento di un
compito  -  di  «curatore» del Bollettino di cui all'art. 97 del r.d.
n. 1127  del 1939 - che nulla ha a che vedere con quello disciplinato
dall'art. 31  ed  in  relazione  al  quale,  soltanto, e' previsto il
sindacato giurisdizionale di legittimita' della Commissione.
    Tali   rilievi   escludono   ogni   plausibilita'  della  tesi  -
prospettata  dalle  societa' ricorrente ed intervenienti - secondo la
quale  il  provvedimento  dell'Ufficio  brevetti avrebbe parzialmente
rigettato   la   domanda   all'epoca   avanzata  di  concessione  del
certificato  complementare: la confutazione di tale tesi e' implicita
in  quanto la medesima Commissione osserva parlando di una norma «che
e'  destinata ad incidere direttamente nei rapporti fra privati, come
del  resto accade per tutte le norme che fissano la durata dei titoli
di  proprieta'  industriale»,  e  cioe'  nel  rilievo  che, in ordine
all'estensione  temporale  della  protezione,  l'Ufficio  brevetti e'
privo  di qualsiasi potere discrezionale a differenza di cio' che gli
e'  riconosciuto  quando  deve  accogliere o respingere la domanda di
brevetto.  E  non  a  caso  l'ordinanza  di  rimessione  non manca di
rilevare che qualsiasi determinazione adottata dall'Ufficio in ordine
alla  durata  della  privativa  e'  meramente «ricognitiva» di quanto
dispone   la   legge   ed  e'  demandabile,  con  un'azione  di  mero
accertamento,  all'autorita'  giudiziaria ordinaria posto che attiene
alla  «validita'  e  appartenenza» del diritto di privativa: cio' che
esclude,  anche  sotto questo profilo, la possibilita' che con quella
del  giudice  ordinario  concorra  la  potesta' giurisdizionale della
Commissione.
    6.  -  Conclusivamente  deve negarsi alla Commissione dei ricorsi
contro  i  provvedimenti  dell'Ufficio  italiano brevetti e marchi la
qualita'   di  giudice  nella  controversia  a  qua  per  carenza  di
giurisdizione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibili  gli interventi spiegati da Bristol Myers
Squibb s.r.l., Eli Lilly and Company, F. Hoffman La Roche A.G., Roche
Diagnostic  (gia' Boehringer Mannhein Gmbtt), GlaxoSmithKline s.p.a.,
Glaxo  Group  Limited,  Beecham  Group  plc,  The Wellcome Foundation
Limited,  Merck  Sharp  &  Dohme Italia s.p.a., Pfizer Italia s.r.l.,
Pharmacia    Italia    s.p.a.,   Sanofi   Synthelabo   s.a.,   Taisho
Pharmaceutical  Co.  Ltd.,  Knoll-Ravizza  Farmaceutici  s.p.a. (gia'
Ravizza s.p.a. per l'Industria Chimica e Farmaceutica);
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 61,  commi 4  e  5, del decreto legislativo
10 febbraio   2005,  n. 30  (Codice  della  proprieta'  industriale),
sollevata,   in   riferimento   agli   articoli 3,   41  e  42  della
Costituzione,  dalla  Commissione  dei ricorsi contro i provvedimenti
dell'Ufficio italiano brevetti e marchi.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 luglio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 luglio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
                              ALLEGATO
           Ordinanza letta all'udienza del 21 giugno 2005
                              ORDINANZA
    Ritenuto  che nel giudizio di legittimita' costituzionale si sono
costituiti  -  oltre  il  Presidente  del Consiglio dei ministri e la
Schering   Corporation,  ricorrente  nel  procedimento  davanti  alla
rimettente   Commissione   dei   ricorsi   contro   i   provvedimenti
dell'Ufficio   Italiano   Brevetti  e  Marchi  -  anche  la  Menarini
International   Operations   Luxemburg   s.a.,   la  Malesi  Istituto
Farmabiologico  s.p.a.,  la  F.I.R.M.A. - Fabbrica italiana Ritrovati
Medicinali  e Affini - s.r.l., la Bristol Myers Squibb s.r.l., la Eli
Lilly  and  Company, la F. Hoffman La Roche A.G., la Roche Diagnostic
(gia' Boehringer Mannhein Gmbtt), la GlaxoSmithKline s.p.a., la Glaxo
Group Limited, la Beecham Group plc, The Wellcome Foundation Limited,
la  Merck  Sharp  &  Dohme Italia s.p.a., la Pfizer Italia s.r.l., la
Pharmacia  Italia  s.p.a.,  la Sigma Tau s.p.a., la Sanofi Synthelabo
s.a.,   la   Taisho   Pharmaceutical   Co.   Ltd.,  la  Knoll-Ravizza
Farmaceutici  s.p.a.  (gia'  Ravizza s.p.a. per l'Industria Chimica e
Farmaceutica).
    Considerato  che, nonostante la Menarini International Operations
Luxemburg  s.a.,  la  Malesi  Istituto  Farmabiologico  s.p.a.  e  la
F.I.R.M.A.  s.r.l.  siano  attualmente  parti  nel giudizio a quo, in
quanto  in  esso intervenute, la loro posizione nel presente giudizio
di  legittimita'  costituzionale  non  si differenzia da quella degli
altri  intervenienti, dal momento che il loro intervento nel giudizio
a  quo e' avvenuto successivamente alla emanazione della ordinanza di
rimessione   della   questione   di   legittimita'  costituzionale  e
nonostante  la  sospensione,  ex  art. 23  legge  n. 87 del 1953, del
giudizio  di  merito  (ordinanza n. 251 del 2002; sentenza n. 313 del
1996);
        che  la  questione  dell'ammissibilita'  dell'intervento  nel
giudizio  incidentale  di  legittimita' costituzionale non risente in
alcun   modo   delle   modifiche  apportate,  nel  2004,  alle  Norme
integrative  per  i  giudizi  davanti  alla Corte costituzionale, dal
momento  che l'art. 4, comma 3, si limita a disciplinare le modalita'
attraverso  le  quali si puo' spiegare intervento davanti alla Corte,
ferma    «restando    la    competenza   della   Corte   a   decidere
sull'ammissibilita»;
        che,  quanto  appunto  all'ammissibilita' dell'intervento, la
giurisprudenza di questa Corte e' nel senso che al principio generale
-  secondo  il  quale possono partecipare al giudizio di legittimita'
costituzionale (oltre il Presidente del Consiglio dei ministri e, nel
caso  di  legge  regionale, il Presidente della Giunta) solo le parti
del  giudizio  a quo - puo' derogarsi «soltanto a favore dei soggetti
titolari  di  un  interesse  qualificato,  immediatamente inerente al
rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio»  (ordinanza  n. 251 del
2002);
        che  tale  principio implica che l'incidenza sulla situazione
sostanziale  vantata  dall'interveniente  derivi  non  gia', come per
tutte  le  altre situazioni sostanziali governate dalla legge oggetto
del   giudizio,   dalla  pronuncia  della  Corte  sulla  legittimita'
costituzionale  della legge stessa, bensi' dall'immediato effetto che
la pronuncia della Corte produce sul rapporto sostanziale oggetto del
giudizio a quo;
        che  la  circostanza  per  la  quale, attesa la breve vigenza
della   legge   n. 349  del  1991  a  seguito  del  sopravvenire  del
regolamento  comunitario  n. 1768/1992/CEE,  i  soggetti  titolari di
certificato complementare concesso in base alla cit. legge n. 349 del
1991  costituiscono  un  numerus  clausus non e' idonea a legittimare
costoro  all'intervento  in quanto la delimitazione della cerchia dei
destinatari  della  legge discende da vicende di mero fatto, quali la
limitata  vigenza e la conseguente, limitata applicazione della legge
modificata;
        che, conseguentemente, devono dichiararsi inammissibili tutti
gli  interventi  indicati  in  premessa, ad eccezione di quello della
Menarini International, della Sigma-Tau s.p.a., della Malesi s.p.a. e
della F.I.R.M.A. s.r.l.;
        che,  infatti,  tali societa' hanno spiegato intervento nella
qualita',  le  prime  due, di licenziatarie della ricorrente Schering
Corporation,  e la terza e la quarta di sublicenziatarie della prima,
sicche' la pronuncia di questa Corte e' destinata a produrre nei loro
confronti,  in quanto titolari di situazioni soggettive dipendenti da
quella  della  Schering  Corporation,  i  medesimi  effetti  che essa
produrra',  in  ordine  al  rapporto  dedotto nel giudizio a quo, nei
confronti della loro dante causa;
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibili  gli  interventi  di Bristol Myers Squibb
s.r.l.,  Eli  Lilly  and  Company,  F.  Hoffman  La Roche A.G., Roche
Diagnostic  (gia' Boehringer Mannhein Gmbtt), GlaxoSmithKline s.p.a.,
Glaxo  Group  Limited,  Beecham  Group  plc,  The Wellcome Foundation
Limited,  Merck  Sharp  &  Dohme Italia s.p.a., Pfizer Italia s.r.l.,
Pharmacia    Italia    s.p.a.,   Sanofi   Synthelabo   s.a.,   Taisho
Pharmaceutical  Co.  Ltd.,  Knoll-Ravizza  Farmaceutici  s.p.a. (gia'
Ravizza s.p.a. per l'Industria Chimica e Farmaceutica);
    Dichiara  ammissibili gli interventi della Menarini International
Operations  Luxembourg  s.a.,  della  Sigma  Tau s.p.a., della Malesi
Istituto Farmabiologico s.p.a. e della F.I.R.M.A. s.r.l.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
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