N. 411 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2004
Ordinanza del 25 novembre 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale il 15 luglio 2005) emessa dalla Corte dei conti sez. giur.le per la Regione Siciliana - Palermo, sul ricorso proposto da Mancuso Angela contro Regione Siciliana. Previdenza e assistenza sociale - Regione Siciliana - Trattamenti pensionistici di anzianita' a dipendenti della Regione Siciliana - Sospensione - Esclusione per coloro che abbiano maturato l'anzianita' di servizio utile ivi prevista o che tale anzianita' maturino entro il 31 dicembre 2003 - Irragionevolezza - Violazione del principio di copertura finanziaria - Riproposizione di questioni gia' oggetto dell'ordinanza della Corte n. 252/2004 di manifesta inammissibilita'. - Legge della Regione Siciliana 15 maggio 2000, n. 10, art. 39, commi 1, secondo periodo, e 2. - Costituzione, artt. 3 e 81, quarto comma.(GU n.37 del 14-9-2005 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 483/2004 nel giudizio di pensione iscritto al n. 24067 del registro di segreteria promosso ad istanza di Mancuso Angela, rappresentata e difesa dall'avv. Ignazio Montalbano, nei confronti della Regione siciliana. Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 19 settembre 2001. Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale. Uditi alla pubblica udienza del 5 novembre 2004 l'avv. Ignazio Montalbano, per la ricorrente e l'avv. Vincenzo Farina per la Regione siciliana. F a t t o La professoressa Angela Mancuso, insegnante presso gli istituti regionali d'arte della regione siciliana, con istanza prodotta nei termini di legge ha chiesto di essere collocata a riposo anticipatamente ai sensi dell'art. 39, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10. La predetta norma, contenuta nel titolo VII della citata legge, concernente il riordino del sistema pensionstico della regione siciliana, dopo aver diposto, nelle more del riordino del sistema pensionistico regionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, la sospensione dell'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti di anzianita', faceva, pero', salva l'applicazione dell'articolo 3, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che avessere maturato l'anzianita' di servizio utile ivi prevista o che tale anzianita' maturassero entro la predetta data, nonche' l'applicazione dell'articolo 18 della legge regionale 3 maggio 1979, n. 73; Pertanto, al fine dichiarato di creare condizioni favorevoli all'avvio della riforma burocratica e al completo decentramento di funzioni, veniva stabilito che, in deroga a quanto disposto dal comma 1, del citato art. 39, i dipendenti regionali in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, potessero comunque conseguire l'anticipato collocamento a riposo entro il limite del 45 per cento dei dipendenti in servizio, in ciascuna qualifica, al 31 dicembre 1993. A far data dal 1° gennaio 2004, inoltre, veniva stabilito che il sistema pensionistico regionale si dovesse adeguare ai principi fondamentali del sistema pensionistico vigente per i dipendenti dello Stato, facendo salvi comunque i diritti quesiti. Il collocamento a riposo di cui alla predetta normativa veniva disposto, infine, a partire dalla data di entrata in vigore della legge per contingenti semestrali pari ad un sesto degli aventi diritto. Per effetto dell'art. 5, comma 4, della l.r. n. 2/2002, poi, veniva disposto che i dipendenti inclusi nei contingenti previsti dalla predetta legge fossero collocati a riposo con periodicita' annuale, anziche' semestrale, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004 e che, per effetto dell'art. 5, comma 5, della l.r. n. 2/2002, il personale di ruolo degli Istituti regionali d'arte e delle scuole materne regionali non ancora cessato dal servizio ed incluso nei contingenti annuali fosse collocato a riposo a decorrere dal 1° settembre 2003 e dal 1° settembre 2005. In esito all'istanza dell'odierna ricorrente l'amministrazione regionale, con nota n. 5412 del 22 giugno 2001, comunicava alla predetta dipendente che, sebbene in effetti collocata utilmente nell'ambito del contingente da collocare a riposo, avrebbe potuto essere cancellata dai ruoli, ma non avrebbe potuto ottenere il diritto a pensione in quanto inquadrata in ruolo a seguito della legge regionale n. 21/1986, personale al quale spetta il trattamento pensionistico previsto per il corrispondente personale statale. Avverso il suddetto provvedimento l'interessata proponeva ricorso con atto depositato il 19 settembre 2001, con contestuale istanza di sospensiva del provvedimento impugnato. Questa sezione con ordinanza n. 10/02 del 18 gennaio 2002 rigettava la richiesta di provvedimento cautelare. Con memoria depositata il 31 ottobre 2001 si e' costituita la Regione siciliana illustrando i motivi a sostegno della tesi gia' esplicitata in sede amministrativa e che avevano portato all'emanazione del provvedimento qui impugnato. Alla pubblica udienza di trattazione del 3 marzo 2003, non rappresentata la Regione siciliana, l'avv. Ignazio Montalbano ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Con ordinanza n. 105 del 6 marzo 2003 questo giudice sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. l0, nella parte in cui, dopo avere sospeso l'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti di anzianita' fa, pero', salva l'applicazione dell'articolo 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 per i dipendenti che abbiano maturato l'anzianita' di servizio utile ivi prevista o che tale anzianita' maturino entro il 31 dicembre 2003, con le modalita' di cui al successivo comma 2, con riferimento agli artt. 3 e 81, comma 4, della Costituzione. La Corte costituzionale con ordinanza n. 252 del 20 luglio 2004 dichiarava la manifesta inammissibilita' della questione ravvisando alcune lacune argomentative che, a suo dire, le avrebbero impedito di «svolgere la necessaria verifica circa l'applicabilila' della normativa impugnata e quindi in ordine all'incidenza della richiesta pronuncia sulla individuazione soggettiva fatta valere in giudizio». Posto nuovamente a ruolo il giudizio, questo veniva discusso alla pubblica udienza del 5 novembre 2004, alla quale l'avv. Ignazio Montalbano, per la ricorrente, ha insistito per l'accoglimento del gravame, mentre l'avv. Vincenzo Farina, per la Regione siciliana, richiamandosi ad un'ulteriore memoria depositata il 26 ottobre 2004, ha chiesto che, alla luce dell'intervenuta abrogazione della norma in questione da parte dell'art. 20 della l.r. 30 dicembre 2003, n. 21, si prendesse atto della sopravvenuta carenza di interesse ad agire da parte della ricorrente, con la consequenziale pronuncia in rito o, in subordine, il rigetto nel merito. D i r i t t o L'art. 20, della legge regionale 30 dicembre 2003, n. 21 ha disposto che a decorrere dal 31 dicembre 2003 siano abrogati i commi 2, 3, 4, 5, 6 ed 8 dell'articolo 39 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni di cui all'articolo 5 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 ed alla legge regionale 8 agosto 2003, n. 11 ed ogni altra norma regionale incompatibile. Cioe', in sintesi, e' stata abrogata la normativa (commi 2, 3, 4, 5, 6 ed 8 dell'articolo 39, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni) in base alla quale l'odierna ricorrente aveva ritenuto di potere richiedere il collocamento a riposo anticipato, che avrebbe dovuto aver luogo dal 1° gennaio 2004. Si pone, quindi, in via preliminare, il problema di verificare se il venir meno della normativa suddetta precluda il diritto al collocamento a riposo dell'interessata e, quindi, per quanto riguarda l'odierno giudizio, ne abbia fatto venir meno l'interesse ad agire. A tale risultato non puo' pervenirsi se non attraverso una corretta esegesi della normativa in questione. L'art. 39 della l.r. n. 10/2000 prevedeva che, al fine di creare condizioni favorevoli all'avvio della riforma burocratica e al completo decentramento di funzioni i dipendenti regionali in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 avessero diritto a conseguire l'anticipato collocamento a riposo entro il limite del 45 per cento dei dipendenti in servizio, in ciascuna qualifica, al 31 dicembre 1993 e che la domanda per accedere al pensionamento dovesse essere presentata nel termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge. L'art. 2, della l.r. n. 2/1962, prevedeva, poi, che l'impiegato dimissionario conseguisse il diritto alla pensione qualora avesse raggiunto il sessantesimo anno di eta' e contasse almeno quindici anni di servizio effettivo oppure a qualunque eta' qualora avesse prestato almeno venticinque anni di servizio effettivo. L'impiegata, poi, che aveva contratto matrimonio, o sia vedova con prole a carico, poteva presentare le dimissioni con il diritto al trattamento di quiescenza spettante alla data di risoluzione del rapporto d'impiego ed ai fini del compimento dell'anzianita' minima prevista per la maturazione del diritto a pensione a lei era concesso un aumento di servizio utile fino al massimo di 5 anni. Orbene, e' la legge regionale stessa a qualificare come diritto quello del dipendente che intende risolvere il proprio rapporto, in presenza delle condizioni ivi previste: ne', d'altronde, a conferma di tale interpretazione, la legge prevede per l'Amministrazione una qualche forma di discrezionalita' nell'accettazione della domanda, se non sotto il profilo (ma qui di discrezionalita' non si tratta) della verifica della capienza della percentuale del 45 per cento dei dipendenti in servizio, in ciascuna qualifica, al 31 dicembre 1993. Ne consegue che si e' in presenza di un vero e proprio diritto potestativo del dipendente ad essere collocato a riposo in presenza delle condizioni contributive richieste e purche' la domanda sia stata presentata entro i termini di legge. Orbene, il diritto potestativo (nella specie diritto al collocamento a riposo con il relativo trattamento di quiescenza) si consuma con il suo esercizio per cui, una volta che sia intervenuto il provvedimento che ad esso si conforma e che siano prodotti gli effetti cui esso tende, gli stessi non possono essere rimessi in discussione se non in presenza di una norma specifica, attributiva di un contrario diritto di revoca e di un consequenziale stato di soggezione da parte dell'amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2002, n. 2596). Cio', ovviamente, vale per l'interessato ed, a maggior ragione, per l'amministrazione. Ne consegue che il diritto si perfeziona, dopo che l'interessato lo ha fatto valere, alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione delle domande, salvo l'adozione del provvedimento di collocamento a riposo con diritto al trattamento di quiescenza da parte dell'Amministrazione, che, pero' assume mero contenuto ricognitivo dell'accertamento delle condizioni di legge. E tale provvedimento risulta, comunque, effettivamente emanato dall'Amministrazione regionale con decreto del dirigente generale del Dipartimento pubblica istruzione dell'Assesorato regionale BB. CC. AA. E P. I. del 17 luglio 2001 di approvazione delle graduatorie per il collocamento a riposo, nel cui contesto la Mancuso risulta utilmente collocata in graduatoria al n. 24. Ulteriore conseguenza ne e' che su di esso il legislatore puo' incidere solo con l'emanazione di una legge con valore espressamente retroattivo (atteso che la legge, ordinariamente, dispone solo per il futuro) - con tutti i problemi di costituzionalita' che un simile intervento potrebbe porre - retroattivita' che, nel caso dell'art. 20 della legge regionale 30 dicembre 2003, n. 21 e' espressamente negata dallo stesso tenore della norma che, addirittura, prevede solo a decorrere dal 31 dicembre 2003 (cioe' un giorno dopo la data di pubblicazione ed entrata in vigore della legge, pubblicata ed entrata in vigore il 30 dicembre 2003) l'abrogazione dei commi 2, 3, 4, 5, 6 ed 8 dell'articolo 39 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni e di ogni altra norma regionale incompatibile. Pertanto, la sopravvenuta abrogazione della norma non appare suscettibile di incidere sul diritto della ricorrente al collocamento a riposo che e' e resta disciplinato dalle norme in vigore al tempo del suo esercizio. Nel merito, la professoressa Angela Mancuso, insegnante presso gli istituti regionali d'arte della Regione siciliana inquadrata in ruolo a decorrere dal l° settembre 1993, con istanza prodotta nei termini di legge ha chiesto di essere collocata a riposo anticipatamente ai sensi dell'art. 39 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10. L'Amministrazione regionale, nonostante l'utile collocamento in graduatoria dell'interessata, le ha comunicato che cio' avrebbe determinato solo il suo collocamento a riposo, ma senza trattamento di quiescenza, atteso che alla Mancuso, inquadrata in ruolo ai sensi della l.r. n. 21/1986, spettava il trattamento pensionistico previsto per il personale statale e non quello per il personale regionale. L'art. 10 della l.r. n. 21/1986, infatti, prevede che il trattamento di quiescenza e tutte le prestazioni previdenziali spettanti al personale regionale siano disciplinati, a decorrere dalla entrata in vigore di quella legge, dalle norme relative agli impiegati civili dello Stato, restando ferma la competenza diretta della regione per l'amministrazione dei relativi trattamenti e che, nei confronti del personale regionale in servizio o gia' in quiescenza alla data di entrata in vigore della stessa legge, ivi compreso quello contemplato dalle leggi regionali 25 ottobre 1985, n. 39 e 27 dicembre 1985, n. 53, che verra' immesso nei ruoli regionali, continuino ad applicarsi le disposizioni della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 e successive modifiche ed integrazioni, cosi' come al personale assunto in esito ai concorsi pubblici i cui decreti di indizione siano stati adottati alla data della sua entrata in vigore, ancorche' pubblicati in data successiva. Tra le categorie esonerate dall'applicazione della disciplina pensionistica statale si rinviene, pertanto, quella del personale in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 21/1986. Non vi e' dubbio, come risulta dagli atti, che l'odierna ricorrente a quella data prestasse gia' servizio presso gli istituti regionali d'arte della Regione siciliana in qualita' di incaricata annuale stabilizzata ai sensi dell'art. 4, della l.r. 21 agosto 1984, n. 53, il quale prevedeva che il personale di cui all'art. 2 della legge regionale 26 luglio 1982, n. 69, gia' prorogato per l'anno scolastico 1982/1983, ed il personale direttivo docente e non docente cui e' stato conferito l'incarico o una supplenza di durata non inferiore a 180 giorni nello stesso anno scolastico, nonche' il personale di cui alla legge regionale 26 luglio 1982, n. 68, fosse confermato anche per l'anno scolastico 1983-84 e, comunque, fino al riordino della materia. Quel personale, al quale appartiene anche l'odierna ricorrente, e' stato poi collocato in ruolo in forza dell'art. 10, della l.r. n. 34, del 1990 che ha definitivamente riordinato la materia. Orbene, se per un verso non forma oggetto di contestazione che per il personale in servizio presso gli Istituti d'arte regionali (tra i quali la prof.ssa mancuso) spettasse il trattamento di quiescenza, previdenza ed assistenza regolato dalle nonne previste per il personale della Regione siciliana, ai sensi dell'art. 19, della l.r. n. 7/1974, nel testo integrato dall'art. 12,della l.r. n. 53/1976, e' pero' in dubbio da parte dell'amministrazione regionale che l'odierna ricorrente, essendo stata immessa in ruolo dal 1993, potesse ancora farsi rientrare in quella previsione scardinata, per tutto il personale regionale, dall'art. 10 della l.r. n. 21/1986, con le sole eccezioni ivi previste. Come gia' sottolineato, pero', tra le eccezioni figurava quella del personale in servizio alla data di entrata in vigore della l.r. n. 21/1986 e la prof.ssa Mancuso, ad avviso di questo giudice, rientra in tale previsione. La ricorrente, infatti, a quella data prestava servizio presso gli istituti d'arte con un tipo di rapporto che, ancorche' nominativamente non di ruolo, possedeva pero' tutte le caratteristiche di stabilita' del primo, tant'e' che, dopo la stabilizzazione ex lege avvenuta nel 1984, e' stata definitivamente immessa in ruolo nel 1993. Ne costituisce riprova l'art. 5, della stessa l.r. n. 53/1984, il quale prevedeva che l'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione fosse autorizzato, anche in eventuale deroga alla normativa vigente in materia, a disciplinare e disporre con proprio provvedimento l'utilizzazione del personale predetto, che non trovi possibilita' di impiego nelle rispettive sedi scolastiche, in attivita' amministrative anche in uffici ed enti centrali e periferici, comunque vigilati e controllati, o che siano delegati alla trattazione di affari del settore della pubblica istruzione dall'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione. E' chiaro che, laddove si fosse trattato di un rapporto caratterizzato da precariato, una simile forma di tutela non avrebbe avuto ragion d'essere, ben potendo l'amministrazione porre fine ad un incarico del quale non ravvisava piu' la necessita'. Si puo' trarre, quindi, come conclusione, che la prof.ssa Mancuso rientra tra i destinatari dell'art. 10, comma 2, della l.r. n. 21/1986 e, quindi, ad essa si applicano le disposizioni di cui all'art. 39, della l.r. n. l0/2000. Quest'ultima norma, contenuta nel titolo VII della citata legge n. 10/2000, concernente il riordino del sistema pensionistico della Regione siciliana, dopo avere disposto, nelle more del riordino del sistema pensionistico regionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, la sospensione dell'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti di anzianita', faceva, pero', salva l'applicazione dell'articolo 3, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che avessero maturato l'anzianita' di' servizio utile ivi prevista o che tale anzianita' maturassero entro la predetta data, nonche' l'applicazione dell'articolo 18 della legge regionale 3 maggio 1979, n. 73. Ritiene questo giudice pero', preliminarmente, che la normativa regionale della quale deve fare applicazione al fine della soluzione del caso di specie, e particolarmente l'art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, nella parte in cui, dopo avere sospeso l'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti d'anzianita' ha fatto, pero', salva l'applicazione dell'articolo 3, della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 per i dipendenti che abbiano maturato l'anzianita' di servizio utile ivi prevista o che tale anzianita' maturino entro il 31 dicembre 2003, con le modalita' di cui al successivo comma 2, susciti fondati dubbi di costituzionalita' in riferimento agli artt. 3 e 81, comma 4, della Costituzione. La questione, gia' sollevata da questo giudice con l'ordinanza di cui in narrativa e dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale nei termini ivi specificati, atteso che la pronuncia del giudice delle leggi ha riguardato esclusivamente aspetti di rito, peraltro sanati ed integrati in questa sede, deve essere qui riproposta. E' noto il dibattito politico, sociale ed istituzionale sviluppatosi intorno all'assetto del nostro sistema pensionistico ed all'opportunita' o meno di una sua riforma nel senso, in particolare, dell'abolizione delle c.d. pensioni di anzianita', quelle, cioe', conseguibili al raggiungimento di una determinata anzianita' di servizio (in specie 35 anni), a prescindere da quella anagrafica del beneficiario. E' altrettanto noto come tale passaggio, laddove condiviso, sia stato suggerito da improcrastinabili esigenze d'equilibrio della finanza pubblica, di pareggio di bilancio e, in prospettiva, di vera e propria garanzia dell'effettivita', nel tempo, della prestazione di quiescenza. L'adesione ad una simile riforma - ed e' agevole rilevarlo anche dai lavori parlamentari della legge in esame - presuppone, sotto il profilo finanziario, il riconoscimento della fondatezza delle suddette esigenze e, sostanzialmente, dell'impossibilita' del mantenimento di un sistema previdenziale non piu' compatibile con le risorse disponibili nel tempo, e cio' non senza un costo sotto il profilo politico, attesa l'eliminazione di un percorso sicuramente di maggior favore per il lavoratore. Peraltro, a fronte d'ogni collocamento a riposo per anzianita' si determinano, a carico della regione, per un verso minori entrate derivanti dal venir meno delle ritenute previdenziali e, per altro verso, maggiori spese scaturenti dall'esigenza di coprire il posto lasciato libero in organico, sommando, quindi, all'erogazione della pensione, sempre a carico del bilancio regionale, quella di un ulteriore trattamento di attivita'. La soluzione adottata dal legislatore regionale, quindi, non appare del tutto scevra da elementi di manifesta illogicita', nella misura in cui, pur dichiarando di volerne sospendere l'applicazione, invece incentiva, sottoponendone l'esercizio ai termini indicati nella legge, il ricorso alle pensioni di anzianita' per coloro che ne hanno gia' maturato i requisiti, oltre a sembrare contrastante con il precetto di cui all' art. 81, comma 4, della Costituzione, atteso che nella legge non e' fatto alcun cenno ai mezzi di copertura correlati alle minori entrate ed alle maggiori spese, nei vari esercizi, diretta conseguenza di quella norma di legge. Tali dubbi sono vieppiu' alimentati, in quanto mostrano di essere stati pienamente condivisi dallo stesso legislatore regionale, dalla riscontrata esigenza, manifestata nell'art. 5, della legge 26 marzo 2002, n. 2, di disporre, a decorrere dal 1° gennaio 2002, un aumento dei contributi di quiescenza e previdenza a carico del personale regionale (peraltro non quantificato dal legislatore nel suo effettivo ammontare complessivo), cui si applicano le disposizioni della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, nella misura dello 0,50 per cento annuo e di scaglionare il collocamento a riposo dei dipendenti inclusi nei contingenti previsti dall'art. 39 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 con periodicita' annuale, anziche' semestrale e con decorrenza dall'l gennaio 2004, oltre a disporre, per il personale di ruolo degli istituti regionali d'arte e delle scuole materne regionali non ancora cessato dal servizio e incluso nei citati contingenti annuali, il collocamento a riposo a decorrere dal 1° settembre 2003 e dal 1° settembre 2005. Tali misure, pero', non appaiono affatto risolutive dei dubbi di legittimita' qui evidenziati, ne' sotto il profilo della logicita' ne' sotto quello della copertura finanziaria. Per un verso, infatti, ne' il modestissimo aumento dei contributi di quiescenza e previdenza (limitato, inoltre, al solo personale interessato alla legge n. 2/62), ne' la maggiore diluizione dei termini di scaglionamento per il collocamento a riposo, appaiono idonei a ricostituire un coerente e logico sviluppo della manovra finanziaria e neppure ad offrire un pieno soddisfacimento dell'obbligo di cui all'art. 81, comma 4, della Costituzione. Ritiene, peraltro, questo giudice, che la portata dell'art. 81, comma 4, Cost., debba essere correttamente letta in coerenza con gli stessi comportamenti legislativi, in termini dinamici e non semplicemente statici. In buona sostanza, la predetta disposizione non potrebbe valere solo per le maggiori spese o minori entrate generate ex novo con un provvedimento legislativo, ma dovrebbe svolgere la propria funzione di limite che il legislatore ordinario e' tenuto ad osservare nella sua politica finanziaria (Corte costituzionale n. 327 del 14 - 24 luglio 1998) tutte le volte in cui lo stesso legislatore, mediante atti normativi, abbia inequivocabilmente, come nel caso di specie, introdotto misure di compressione della spesa a fini di riequilibrio di bilancio, con cio' dando atto in forma ufficiale dell'incapienza di bilancio per spese gia' previste dall'ordinamento. Non pare revocabile in dubbio a questo giudice, infatti, che in questi casi l'introdurre misure restrittive, sul presupposto dell'insostenibilita' della spesa gia' prevista, per poi mantenerla, contestualmente, con diversa articolazione e motivazione, ed anzi incentivandone l'effettuazione attraverso la creazione di percorsi agevolati e la fissazione di un termine temporale entro il quale i beneficiari ne possano attivare la fruibilita', senza pero' indicare con quali mezzi finanziari, gia' riconosciuti insussistenti, farvi fronte, si ponga in contrasto con l'obbligo di copertura di cui all'art. 81. comma 4, Cost. e con il principio di logicita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. Una conferma ai dubbi di costituzionalita' sollevati in questa sede sembra giungere dalla pur intempestiva abrogazione della norma da parte del Parlamento regionale, su iniziativa del Governo regionale, nell'intento di evitare, come riportato da dichiarazioni rese alla stampa ed in sede parlamentare da autorevoli esponenti politici, gli effetti devastanti di una probabile sentenza di incostituzionalita', nella consapevolezza, anch'essa in piu' sedi manifestata, di un insopportabile onere finanziario derivante da quei collocamenti a riposo anticipati. La questione e' rilevante al fine del decidere, poiche' dall'accoglimento della questione di costituzionalita' nei termini qui prospettati deriverebbe il venir meno (retroattivo) della norma invocata dalla ricorrente, con conseguente rigetto del ricorso che, invece, in caso contrario, sembrerebbe apparire fondato. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di competenza.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, nella parte in cui, dopo aver sospeso l'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti di anzianita' fa, pero', salva l'applicazione dell'articolo 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che abbiano maturato l'anzianita' di servizio utile ivi prevista o che tale anzianita' maturino entro il 31 dicembre 2003, con le modalita' di cui al successivo comma 2, con riferimento agli artt. 3 e 81, comma 4 della Costituzione. Ordina la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della segreteria, notificata al ricorrente ed al presidente della Regione siciliana e comunicata al presidente dell'Assemblea regionale siciliana. Cosi' deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 5 novembre 2004. Il giudice unico: Zingale 05C0918