N. 434 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2005

Ordinanza  emessa  il  3  giugno  2005  dal  tribunale di Mantova nel
procedimento  civile  vertente tra Fondazione Isabella Gonzaga contro
sindacato F.P. CGIL

Lavoro  (Rapporto  di)  - Regione Lombardia - Personale assunto dalle
  Istituzioni   pubbliche   di   Assistenza   e   beneficenza  (IPAB)
  successivamente   alla  trasformazione  in  fondazioni  di  diritto
  privato  - Applicabilita' senza alternativa e senza eccezioni di un
  contratto  di  lavoro  regolante  i  rapporti di lavoro individuali
  scelto    mediante    contrattazione    sindacale    decentrata   -
  Irrazionalita'   -   Violazione   del   principio  di  liberta'  di
  associazione  -  Lesione  dei  principi  di liberta' sindacale e di
  liberta'   d'iniziativa   economica   privata  -  Violazione  della
  competenza legislativa esclusiva statale in materia di lavoro.
- Legge  della  Regione  Lombardia  13 febbraio  2003, n. 1, art. 18,
  comma 13, seconda parte.
- Costituzione, artt. 3, 18, 39, 41 e 117.
(GU n.38 del 21-9-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti gli atti, a scioglimento della riserva che precede;
    Rilevato  che  con  ricorso  depositato  il  17  dicembre 2004 la
Fondazione  Isabella  di  Gonzaga, in persona del presidente e legale
rappresentante  pro  tempore  svolgeva opposizione avverso il decreto
reso  ex art. 28, legge n. 300/1970 con il quale era stata condannata
a  contrattare  con  il  sindacato ricorrente la scelta del Contratto
Collettivo  Nazionale  da  applicare  ai  rapporti  di  lavoro  con i
dipendenti  che  aveva  assunto dopo l'1 gennaio 2004, data in cui si
era  trasformata  da  IPAB,  ente  di  diritto pubblico, a fondazione
appunto, ente di diritto privato:
        affermava  che  la  pronuncia  del  giudice  del lavoro, resa
all'esito  della  fase sommaria, era fondata sull'erroneo presupposto
che  tale  contrattazione  fosse  imposta  dal  contratto  collettivo
nazionale  UNEBA, associazione di categoria cui la fondazione aderiva
e  comunque  dall'art. 18/13  della legge Regione Lombardia n. 1/2003
effettivamente imponeva tale contrattazione in sede decentrata ma che
doveva  ritenersi  costituzionalmente  illegittimo sotto piu' profili
perche' contrastante con gli artt. 117, 39, 18 e 41 Cost.;
        chiedeva  cosi' - fra l'altro - che fosse sollevata questione
di  legittimita' costituzionale avanti alla Corte costituzionale, con
riferimento  alla  citata  norma, peraltro di necessaria applicazione
per  la  soluzione della controversia, dipendendo dalla sua vigenza o
meno nell'ordinamento l'asserita antisindacalita' della sua condotta;
        si  costituiva  in giudizio la F.P. CGIL sindacato ricorrente
nella  fase  sommaria  ribadendo  anzitutto  l'antisindacalita' della
condotta della Fondazione Isabella di Gonzaga;
        quest'ultima  aveva  infatti  applicato ai dipendenti assunti
dopo  la  sua  trasformazione in ente di diritto privato il contratto
collettivo  nazionale  UNEBA  in  modo unilaterale, senza cioe' avere
contrattato  la  relativa  decisione  con  il sindacato come la legge
regionale le imponeva;
        affermava  poi  -  a tale proposito - la pacifica conformita'
della   norma   regionale   al   dettato  costituzionale  e  chiedeva
conseguentemente il rigetto della relativa istanza;
    Ritenuto   che   la   questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  appare non manifestamente fondata e la relativa istanza di
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  meritevole di
accoglimento;
        recita,   anzitutto,   la   norma   in  oggetto:  «fino  alla
determinazione   di   un  autonomo  comparto  di  contrattazione,  al
personale  delle  IPAB  che  si  trasformano in persona giuridiche di
diritto   privato,  in  servizio  alla  data  di  trasformazione,  si
applicano i Contratti in essere. Al personale assunto successivamente
alla   trasformazione,  in  sede  di  contrattazione  decentrata,  e'
stabilita  l'applicazione  dei  contratti  in  essere  o di contratti
compatibili con quelli applicati al personale gia' in servizio»;
        nella  sua  seconda  parte  prevede  quindi che la scelta del
contratto  collettivo  applicabile  ai  lavoratori  assunti  dopo  la
trasformazione della persona giuridica in ente di diritto privato sia
concordata a livello decentrato con il sindacato;
        essa  e'  inserita nella citata legge regionale della Regione
Lombardia  n. 1/2003  che  disciplina, fra l'altro, la trasformazione
delle  Istituzioni  Pubbliche  di  Assistenza  e  Beneficenza  (IPAB,
appunto)   in   enti   di   diritto   privato   con  finalita'  socio
assistenziali, fra cui le fondazioni, qual e' l'odierna ricorrente;
        cio'  premesso,  quanto  alla  rilevanza  della questione nel
presente  giudizio,  e'  incontestato  fra  le  parti  -  e  comunque
documentalmente provato - che la Fondazione Isabella di Gonzaga, ente
con finalita' socio-assistenziale, sia divenuta tale l'1 gennaio 2004
in  seguito  a  trasformazione  da  IPAB e che dopo quella data abbia
compiuto alcune assunzioni di personale dipendente;
        e'  con  riferimento  a  tali  assunzioni che la F.P. CGIL ha
denunciato   l'antisindacalita'   della   condotta  della  Fondazione
Isabella di Gonzaga per non avere contrattato la scelta del contratto
collettivo   applicabile  a  quei  rapporti  di  lavoro,  cosi'  come
prescrive la norma;
        afferma  invece  a  tale proposito la Fondazione (sia pure in
via   subordinata,  svolgendo  in  via  principale  la  questione  di
legittimita'  costituzionale)  di avere dato applicazione alla citata
norma  poiche'  la contrattazione da essa prevista sarebbe avvenuta a
livello nazionale con la conclusione del citato contratto UNEBA (alla
cui stipulazione ha partecipato anche la CGIL);
        tale  difesa  non  appare  condivisibile;  l'obbligo previsto
dall'art.  18/13,  legge regionale n. 1/2003 ha un oggetto differente
dalla  contrattazione  che,  a livello nazionale, ha portato le parti
collettive  alla  stipulazione  del contratto UNEBA; esso prevede una
contrattazione  a  livello decentrato (e non nazionale) relativa alla
scelta fra diversi contratti collettivi - questi si' - gia' stipulati
a  livello  nazionale, tutti astrattamente applicabili ai rapporti di
lavoro  fra  la  Fondazione  ed  i  suoi  dipendenti, compreso quello
applicabile   ai   lavoratori   gia'   dipendenti  al  momento  della
trasformazione  (nella specie quello degli Enti locali); se cosi' e',
non  puo'  ritenersi  che  la  ricorrente  abbia  assolto all'obbligo
imposto dalla norma, limitandosi a recepire il contratto UNEBA;
        afferma  ancora  la  Fondazione Isabella di Gonzaga che e' lo
stesso  contratto  collettivo  UNEBA  ex  art. 1  a porsi quale unico
contratto  applicabile ai rapporti di lavoro oggetto di controversia;
per  tale  motivo  non  sarebbe necessaria la contrattazione prevista
dalla  norma  regionale,  o  meglio  anche  sotto  questo  profilo il
contratto   collettivo   nazionale   avrebbe   integrato  l'attivita'
contrattuale richiesta dal citato art. 18/13;
        anche  tale  difesa  appare infondata; e' vero infatti che il
contratto  UNEBA  all'art. 1  stabilisce  di essere l'unico contratto
collettivo  applicabile  ai rapporti di lavoro di diritto privato nel
settore  assistenziale, sociale e socio-sanitario, ma tale previsione
deve  essere  pur  sempre intesa nei limiti dell'efficacia soggettiva
dello  stesso  contratto  delimitata  dal  medesimo  art. 1,  che  fa
riferimento  per parte datoriale - secondo i principi generali - agli
aderenti alla stessa UNEBA; il contratto UNEBA, insomma, non fa altro
che  ribadire  il  principio  pacifico per cui - almeno di regola - i
contratti  collettivi  vincolano  le  parti individuali aderenti alle
organizzazioni  collettive  stipulanti,  ma  non  pretende  di essere
l'unico  contratto  collettivo  applicabile  a  tutti  i  rapporti di
lavoro;  anzi  e' proprio la coesistenza di piu' contratti collettivi
tutti astrattamente applicabili (gli stralci di alcuni dei quali sono
stati   prodotti  in  giudizio  dal  sindacato)  che  rende  operante
l'obbligo previsto dalla norma regionale;
        il  sindacato,  dal  canto  suo,  riferisce anche del mancato
avvio   della  contrattazione  decentrata  prevista  dall'art. 5  del
contratto  che  comunque la ricorrente non avrebbe nemmeno offerto di
iniziare;
        e  tuttavia  tali  affermazioni  appaiono  irrilevanti per la
decisione  della  controversia;  dalle  inequivoche  conclusioni  del
ricorso  si  evince  che la condotta antisindacale denunciata e' solo
quella  posta in violazione della norma regionale che non puo' essere
in  alcun  modo confusa con (e sovrapposta a) quella di cui al citato
art. 5;  quest'ultimo infatti prevede la contrattazione integrativa a
livello aziendale relativa allo stesso contratto UNEBA, presupponendo
necessariamente  la  sua  applicazione;  cio'  che invece contesta il
sindacato  -  lo  si  ripete  -  e'  proprio  il  presupposto di tale
applicazione,  o  meglio l'unilateralita' della scelta compiuta dalla
Fondazione  Isabella  di  Gonzaga,  che  avrebbe  dovuto  avviare  la
contrattazione   decentrata   per   scegliere  insieme  il  contratto
collettivo  nazionale  applicabile  ai  dipendenti  assunti  dopo l'1
gennaio 2004 fra i vari esistenti astrattamente applicabili; altro e'
scegliere  a  livello decentrato quale contratto collettivo nazionale
applicare,  altro  e'  avviare  la  contrattazione di secondo livello
sulla base di un contratto collettivo nazionale gia' scelto;
        d'altra  parte  - come detto - lo stesso sindacato non svolge
una  specifica  domanda  su  tale assenta omissione della Fondazione,
anche   perche'   cio'  presupporrebbe  il  ritenere  applicabile  il
contratto  collettivo  nazionale  UNEBA,  in  contraddizione  con  la
lamentata antisindacalita' della condotta denunciata;
        e'  infine  incontestato  fra  le  parti  che  non  e'  stato
determinato  un  autonomo  comparto di contrattazione, e cio' anche a
prescindere  dall'oggettiva  oscurita'  dell'espressione, essendo «il
comparto di contrattazione» espressione tipica del rapporto di lavoro
pubblico,  gia' pubblico impiego, e non essendo chiaro il riferimento
al settore del lavoro privato;
        da  tutto  cio' deriva quindi la necessita' dell'accertamento
della  legittimita' costituzionale della norma per la decisione della
controversia;
        da  un lato sussistono tutti i presupposti fattuali della sua
applicazione  al caso di specie: la qualita' soggettiva del datore di
lavoro,  l'assunzione  dei  lavoratori  dopo la sua trasformazione in
ente privato, la mancata contrattazione decentrata circa il contratto
collettivo   nazionale  applicabile  a  quei  rapporti,  non  potendo
ritenersi  tale ne' la stipulazione del contratto nazionale UNEBA ne'
la contrattazione integrativa prevista dal medesimo contratto;
        dall'altro  dalla vigenza o meno della norma nell'ordinamento
dipende  la  sussistenza  dell'antisindacalita'  della  condotta  del
datore  di  lavoro; delle due l'una: o la norma e' costituzionalmente
legittima  ed allora la mancata contrattazione decentrata integra una
condotta   antisindacale,   non   potendo  revocarsi  in  dubbio  che
costituisca  un comportamento tale da ledere il diritto del sindacato
a  partecipare  alla  scelta del contratto collettivo, o non lo e' ed
allora tale antisindacalita' non e' in alcun modo ravvisabile, avendo
il  datore  di  lavoro  fatto  applicazione  del contratto collettivo
nazionale  dell'associazione cui aderisce, ed alla cui stipulazione -
fra l'altro - ha partecipato anche il sindacato ricorrente;
        e   cio'   introduce   la   questione   della  non  manifesta
infondatezza della questione;
        a  tale  proposito  deve  anzitutto  rilevarsi che la materia
oggetto della norma rientra nella competenza esclusiva dello Stato ex
art. 117  lett.  m)  Cost.,  cosi'  come  novellato dalla legge Cost.
n. 1/2001   e  che  quindi  non  puo'  essere  oggetto  di  attivita'
legislativa da parte delle regioni;
        essa  attiene, in senso lato, alla disciplina del rapporto di
lavoro ed in particolare alle modalita' di applicazione dei contratti
collettivi   ai  singoli  rapporti;  la  materia  deve  quindi  farsi
rientrare  nell'ordinamento civile riservato dall'art. 117 Cost. allo
Stato centrale, pur dopo la citata riforma della norma;
        la  disciplina  del  rapporto  di  lavoro  in  senso  stretto
appartiene  ancora  alle  regole  del diritto civile - sia pure di un
diritto  civile  speciale  -  avendo  ad  oggetto  sostanzialmente il
contenuto  di  un  contratto, quello di lavoro appunto, e gli effetti
sul rapporto di lavoro che da quel contenuto derivano;
        sotto  questo  profilo  non pare dubitarsi che lo Stato abbia
continuato  a  riservare  a  se'  la  disciplina civilistica in senso
stretto  dell'ordinamento,  e  dunque anche di quella del rapporto di
lavoro;
        in   tale   senso   si   e'   pronunciata   la  stessa  Corte
costituzionale,  investita  di  singole specifiche questioni sotto la
vigenza  del  gia' novellato art. 117 Cost. (fra le altre Corte cost.
n. 359/2003,  in  relazione  alla  disciplina del danno al lavoratore
sottoposto a mobbing, Corte cost. n. 50/2005 in relazione al rapporto
di  lavoro a tempo determinato e, sia pur indirettamente, Corte cost.
n. 379/2004    con    riferimento    allo   statuto   della   Regione
Emilia-Romagna);
        a  cio'  occorre  aggiungere  che  nell'ordinamento sindacale
vigente il contratto collettivo e' contratto di diritto comune, senza
alcun   profilo   pubblicistico   stante   la  (voluta)  inattuazione
dell'art. 39  Cost.;  e'  un  contratto disciplinato dalle regole del
diritto  civile,  che  ha  la  peculiare  funzione  di esercitare una
funzione  che  un'autorevole  dottrina  ha  definito  «normativa» nei
confronti di tutti i datori di lavoro che sono o diverranno parte dei
singoli  contratti  di  lavoro,  con  lo  scopo  di predeterminare il
contenuto essenziale;
        ne' a tale natura osta il fatto che si applichera' a soggetti
diversi  da quelli che l'hanno concluso (i singoli datori di lavoro e
lavoratori),  in  virtu'  del meccanismo di rappresentanza volontaria
che  le  singole  parti  conferiscono a quelle collettive aderendo ad
esse;
        e  se  anche  qualche  autore  revoca  in  dubbio  lo  schema
tradizionale  del  mandato  con  rappresentanza  per  qualificare  il
rapporto  fra  singola  parte  e corrispondente parte collettiva, non
puo'  essere  comunque messa in discussione la natura privata di tali
contratti;
        la  norma  regionale  si pone peraltro in contrasto anche con
l'art. 39  Cost.  sotto  il  profilo  della violazione della liberta'
sindacale, e dunque anche a prescindere dal fatto di essere contenuta
in una legge regionale;
        a  tale  proposito  deve  osservarsi  come  la  citata  norma
costituzionale affermi che l'organizzazione sindacale e' libera;
        oggetto  della garanzia costituzionale e' proprio l'attivita'
finalizzata  all'organizzazione  sindacale, e la liberta' e' tale sia
come  liberta'  dalle  interferenze  dei  pubblici  poteri  sia  come
liberta' di agire per la tutela dei diritti dei lavoratori;
        la liberta' di esplicazione dell'attivita' sindacale tutelata
dall'art. 39    Cost.    riguarda    allora   necessariamente   anche
l'organizzazione  dell'attivita'  di produzione contrattuale, essendo
una delle espressioni tipiche di tale diritto di liberta';
        essa  ha  poi  una  duplice titolarita', sia individuale (del
singolo  lavoratore)  che  collettiva (dell'organizzazione sindacale,
appunto);
        e tale titolarita', a parere di chi scrive, deve ritenersi in
capo  anche  ai  datori  di lavoro, e non solo ai lavoratori, secondo
l'opinione dottrinale che appare preferibile e che trova conforto fra
l'altro in alcune convenzioni internazionali, fra cui l'art. 28 della
Carta   dei   diritti   fondamentali   dell'UE,   oltre   che   nella
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  (significativa,  fra le
altre,   la   sentenza   n. 29/60  sulla  serrata  che  ha  ravvisato
nell'art. 39  Cost. il fondamento della liberta' sindacale dei datori
di lavoro);
        se  cosi'  e',  la  norma  censurata  appare  lesiva  di tale
liberta';  essa infatti impone alle parti l'obbligo di contrattare la
scelta del contratto collettivo applicabile a determinati rapporti di
lavoro,  in violazione della liberta' dei singoli datori di lavoro di
aderire  ad  un'associazione  di  categoria,  e cosi' fare proprie le
statuizioni   del   contratto   collettivo   nazionale   concluso  da
quell'associazione,  e  quindi  la  liberta'  di  applicare o meno un
contratto  collettivo,  sempre  in  virtu'  di  una libera scelta, in
conseguenza  dell'efficacia  soggettiva  del contratto concluso dalla
parte collettiva che lo rappresenta;
        al contrario essa obbliga il datore di lavoro ad applicare un
contratto  anche diverso da quello dell'associazione cui aderisce - e
dunque  senza  che la parte collettiva lo rappresenti in alcun modo -
proprio  perche'  la  scelta deve essere concordata con il sindacato,
cosi'  come lo obbliga ad applicare comunque un contratto collettivo,
fra  quelli  esistenti,  pur se non aderisce ad alcuna organizzazione
collettiva;
        la  liberta'  sui  termini  e  sui  modi della contrattazione
collettiva   sfugge  invece  ad  ogni  intervento  eteronomo  poiche'
l'autosufficienza  dell'ordinamento  sindacale  impone  allo Stato di
astenersi dal legiferare su di essa, se non per garantire la liberta'
di esplicazione di tale attivita' sindacale, anche contrattuale;
        e  se  e'  vero  che  non  puo' ritenersi esistente in questa
materia  una  riserva  assoluta  di  competenza  a favore delle parti
contrattuali collettive, e cioe' un divieto assoluto di intervento da
parte  del  Legislatore  di regolare la materia, tale intervento deve
ritenersi comunque eccezionale e concepito in modo tale da non ledere
l'autonomia  contrattuale delle parti nella libera esplicazione delle
dinamiche  sociali  tutelate  (anche) dall'art. 39 Cost. (cosi' Corte
cost.   n. 124/1991,   peraltro  in  relazione  al  contenuto  minimo
contrattuale);
        presupposti, entrambi, che non paiono sussistenti nel caso di
specie: l'apparente transitorieta' della norma resta oscura nella sua
formulazione  e  senza  alcuna certezza circa il termine e dall'esame
della  legge  non  emerge  alcun  elemento  che  possa  far  ritenere
eccezionale   la   disciplina  dei  rapporti  di  lavoro  degli  enti
socio-assistenziali dopo la loro privatizzazione;
        e  se  poi  non  si  ravvisa il fondamento della liberta' dei
datori di lavoro nell'art. 39 Cost., come sopra prospettato, analoghe
considerazioni  possono essere comunque ripetute con riferimento alla
loro  liberta'  di  associazione  art. 18  Cost., in collegamento con
quella di iniziativa economica privata ex art. 41 Cost.;
        poiche'  infine  la  norma  obbliga  ad  una  contrattazione,
imponendo  sostanzialmente  una  decisione necessariamente concordata
dell'applicazione  di un contratto collettivo nazionale a determinati
rapporti di lavoro, essa appare contraria alla Costituzione anche con
riferimento alla sua intrinseca irrazionalita';
        ed  infatti  la  contrattazione  decentrata  e' imposta quale
strumento  per  la  scelta del contratto applicabile; ma la norma non
prescrive  nulla in caso di mancato accordo, se cioe' vi sia comunque
un  contratto  collettivo applicabile, quale sia e da chi sia scelto;
non  disciplina,  insomma,  il  caso  in  cui  -  presumibilmente non
infrequente  -  le  parti  non  trovino un accordo su quale contratto
collettivo  applicare;  e  tale  lacuna  non  appare  in  alcun  modo
colmabile dall'interprete;
        analoga   questione   di  legittimita'  costituzionale  sulla
medesima  norma  e'  stata  peraltro sollevata anche dal Tribunale di
Lecco con ordinanza del 26 luglio 2004;
        e'  per tutti questi motivi che la seconda parte del comma 13
dell'art. 18  della legge regionale della Regione Lombardia n. 1/2003
pare  non  conforme  alla Costituzione con riferimento agli artt. 39,
18,  41  e  117 Cost., oltre che al canone di razionalita' desumibile
dall'art. 3  Cost.  che  deve presiedere all'esercizio dell'attivita'
legislativa;
        in conseguenza di cio' deve essere rimessa la questione della
sua  legittimita'  costituzionale  alla  Corte  costituzionale per il
relativo  giudizio e deve essere conseguentemente sospeso il presente
giudizio ex art. 23/2, legge n. 87/1953;
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. n. 1,  legge  costituzionale  1/1948  23, legge
n. 87/1953 e 1, della Corte cost. 16 marzo 1956;
    Dichiara   rilevante   e   non   manifestamente   infondata,  con
riferimento  agli  artt. 117,  39  18  e  41 Cost. ed al principio di
razionalita'   desumibile   dall'art. 3   Cost.,   la   questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 18, tredicesimo comma, seconda
parte,  della legge regionale della Regione Lombardia del 13 febbraio
2003  n. 1, «riordino della disciplina delle Istituzioni pubbliche di
assistenza  e  beneficenza  operanti in Lombardia», perche' prescrive
che,  al  personale assunto successivamente alla trasformazione delle
Istituzioni   pubbliche   di   assistenza  e  beneficenza  (IPAB)  in
fondazioni di diritto privato, deve essere applicato, senza eccezioni
e  senza alternative, un contratto collettivo regolante i rapporti di
lavoro   individuali   scelto   mediante   contrattazione   sindacale
decentrata;
    Dispone  a  trasmissione della presente ordinanza e degli atti di
causa  alla  medesima  Corte  costituzionale  per  il giudizio di sua
competenza  sulla legittimita' costituzionale della seconda parte del
comma  13  dell'art. 18, legge reg. Lombardia n. 1/2003 per i profili
indicati in motivazione;
    Sospende  il  presente  giudizio  fino alla decisione della Corte
costituzionale.
    Si  notifichi  al presidente della Giunta regionale della Regione
Lombardia  e si comunichi al presidente del Consiglio regionale della
Lombardia presso le rispettive sedi.
    Si comunichi alle parti.
        Mantova, addi' 23 maggio 2005
                   Il giudice del lavoro: Bettini
05C0943