N. 447 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2005

Ordinanza  emessa  il  9  maggio  2005  dalla  Commissione tributaria
provinciale  di  Pesaro  nel  procedimento  tributario  vertente  tra
Comandini Pietro contro Regione Marche ed altra

Imposta  sui  redditi  delle  persone  fisiche  (IRPEF) - Addizionale
  regionale  -  Possibilita'  di fissazione «a decorrere dal 2002» di
  aliquote  superiori  alla  misura  massima  (1,4%) consentita dalla
  legislazione   statale   -   Mancata  statuizione  da  parte  della
  legislazione statale di un tetto massimo della misura dell'aliquota
  -  Estensione,  con legge della Regione Marche, degli effetti della
  maggiorazione anche agli anni successivi al 2002 - Modulazione, con
  la  stessa  legge  regionale, dell'aliquota in misura crescente per
  scaglioni   di  reddito  -  Contrasto  con  la  norma  statale  che
  facoltizza le Regioni a superare la misura dell'1,4% «limitatamente
  all'anno 2002»  -  Denunciata  previsione,  da  parte  della  legge
  regionale,  di  una  progressivita' dell'addizionale non consentita
  dalla   legislazione   statale   -   Violazione   dei  principi  di
  coordinamento  della  finanza  pubblica  e del sistema tributario -
  Contrasto con il principio d'uguaglianza, sia rispetto ai cittadini
  di  altre Regioni, sia per la surrettizia introduzione di una sorta
  di doppia progressivita'.
- Legge 16 novembre 2001, n. 405, art. 4, comma 3-bis [recte: Decreto
  legge   18 settembre   2001,   n. 347,  art. 4,  comma 3-bis,  come
  modificato  dalla  Legge di conversione, 16 novembre 2001, n. 405];
  Legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35, art. 1, comma 7
  e annessa Tabella A.
- Costituzione,  artt. 3 e 119; Decreto legislativo 15 dicembre 1997,
  n. 446, art. 50, comma 3.
(GU n.38 del 21-9-2005 )
    Ha   emesso   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 621/2004
depositato  il 26 ottobre 2004 avverso silenzio rifiuto istanza rimb.
addiz.  IRPEF  2002  contro  Agenzia  entrate  --  Ufficio di Pesaro,
Regione  Marche,  difeso  da  Di  Ianni  avv. Lucilla elett. dom. c/o
studio  avv.  Torriani,  M.  Isabella,  via  Branca,  116  -- Pesaro,
proposto  dal  ricorrente  Comandini Pietro, viale G. Vanzolini, 4 --
61100 Pesaro.

                      Svolgimento del processo

    Con ricorso depositato il 26 ottobre 2004 l'avv. Pietro Comandini
impugnava, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pesaro,
il  rifiuto  tacito,  da  parte  della Regione Marche e della Agenzia
delle  entrate  di  Pesaro,  alla  restituzione  dell'importo di euro
1.270,66,  ovvero  di  euro 911,00 riscosso dalla Regione a titolo di
addizionale  regionale  per  l'anno  2002,  in  eccedenza rispetto al
dovuto.
    Deduceva    il    ricorrente    la   palese   illegittimita'   ed
incostituzionalita'  delle maggiorazioni imposte dalla Regione Marche
all'aliquota  regionale  con  la legge n. 35/2001, creanti una doppia
progressivita'  mai  prevista  da  alcuna  legge dello Stato e quindi
contrastante  con  gli  artt. 3 e 53 Cost., contrasto aggravato dalla
circostanza che la prefigurazione delle aliquote in quattro scaglioni
di  reddito (0,9; 1,91; 3,60 e 4 per cento), in misura quindi di gran
lunga  superiore  rispetto  a  quelle  adottate  dalle altre regioni,
violava il principio di uguaglianza e capacita' contributiva in danno
dei cittadini marchigiani in rapporto a tutti i contribuenti di tutte
le   altre   regioni,   con  violazione  altresi'  del  principio  di
imparzialita' di cui all'art. 97 della Costituzione.
    Rilevava l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 4, comma
3-bis,  della  legge  16 novembre 2001 il quale, non prevedendo alcun
limite,  sia  pur con riguardo al solo anno 2002, alla facolta' delle
regioni  di  stabilire  una  maggiorazione  superiore  allo  0,5%, ne
consentiva il mero arbitrio.
    Eccepiva  la  macroscopica  illegittimita' della richiamata legge
regionale   n. 35/2001  nella  parte  in  cui,  incurante  di  quanto
tassativamente stabilito dalla legge nazionale n. 405/2001, protraeva
la maggiorazione superiore allo 0,5% anche per gli anni posteriori al
2002,  imponendo  ben  quattro  aliquote,  nonostante  che  la  norma
nazionale ne consentisse una sola.
    Essendo  decorsi i termini di legge dalla ricezione della domanda
di  rimborso,  senza  alcun  riscontro  da  parte dei convenuti Enti,
chiedeva,  pertanto,  la condanna di entrambi alla restituzione della
somma  indebitamente  trattenuta di euro 1270,66, corrispondente alla
differenza  tra  la  somma  versata di euro 1.918,00 e quella di euro
647,34,  dovuta tenendo conto della aliquota dello 0,9%, ovvero della
somma  di  euro  911,00,  corrispondente alla differenza fra la somma
versata  e  quella  di  euro  1.007,  pari a quanto dovuto applicando
l'aliquota  dell'1,4%;  in  ogni ipotesi dichiarando l'illegittimita'
dell'imposizione  della  maggiorazione  dell'aliquota  posteriormente
all'anno 2003.
    Instava  in  subordine  l'avv.  Comandini per la remissione della
causa alla Corte costituzionale in ordine alle sollevate eccezioni di
legittimita'   costituzionale   della   norma  statale  e  di  quella
regionale.
    Vinte  le spese di lite, da porsi a carico solidale di entrambi i
convenuti.
    Si costituivano in giudizio entrambi gli Enti convenuti.
    La  Regione  Marche,  nelle controdeduzioni del 10 dicembre 2004,
premesso  che  l'istanza intesa ad ottenere la restituzione di quanto
versato  in  eccedenza  a  titolo  di addizionale IRPEF relativamente
all'anno  2002  non era mai pervenuta all'Amministrazione regionale e
che comunque il ricorrente non poteva chiedere che venisse dichiarata
la  illegittimita'  dell'imposizione anche per gli anni successivi al
2002,  non  essendo  stati  impugnati  i  relativi atti d'imposizione
neppure  nella  forma  del silenzio-rigetto, osservava che, alla luce
della  normativa  vigente  in  subiecta  materia,  correttamente, con
propria legge, aveva provveduto ad individuare, a decorrere dall'anno
2002,  le  nuove aliquote applicabili all'addizionale IRPEF, peraltro
seguendo  il  principio  della  progressivita'  in  base  al  dettato
costituzionale  (art. 53  Cost.),  e  senza  ledere  in alcun modo il
principio di uguaglianza sancito dall'art. 3.
    La  potesta'  di  variare  l'aliquota  dell'addizionale  prevista
dall'art. 4,  comma  3-bis  della  legge  n. 405/2001,  era stata, ad
avviso  della  resistente, conferita alle regioni senza alcun vincolo
che  non fosse quello del necessario rapporto delle aliquote medesime
all'effettivo  disavanzo  regionale,  tal  che  nessuna violazione di
norme  costituzionali  poteva ad essa addebitarsi, tanto che la legge
regionale  n. 35/2001,  cosi'  come  analoghe  norme emanate da altre
regioni,  non  era  stata  a suo tempo impugnata dal Governo ai sensi
dell'art. 127 Cost.
    Con  riguardo,  poi,  all'applicazione delle nuove aliquote anche
con  riguardo agli anni successivi al 2002, precisava che la potesta'
di  variazione  prevista  dalla  richiamata legge n. 405/2001 non era
stata  consentita  solamente  per  l'anno  2002, riferendosi il comma
3-bis esclusivamente alle modalita' ed ai tempi d'imposizione.
    A  sua  volta  l'Agenzia  delle entrate di Pesaro, con la memoria
illustrativa  del 14 gennaio 2005, difendeva l'operato della regione,
alle   cui   deduzioni  sostanzialmente  faceva  riferimento.  Nessun
rimborso   pertanto   competendo  al  Comandini,  entrambi  gli  Enti
chiedevano il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
    Con  memoria depositata il 7 febbraio 2005 il ricorrente ribadiva
le gia' formulate eccezioni di illegittimita' costituzionale.
    La  causa,  previo  rinvio  ex  art. 35/2, d.lgs. n. 546/1992, e'
stata decisa in Camera di consiglio il 21 marzo 2005.

                       Motivi della decisione

    Va premesso che, contrariamente all'assunto della Regione Marche,
l'istanza  di  rimborso  del  Comandini in data 12 marzo 2004 risulta
regolarmente  pervenuta  a  tale ente il 17 marzo successivo, come da
avviso di ricevimento prodotto in giudizio dal ricorrente.
    Cio' posto, sussistono i presupposti per ritenere rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
in  via  congiunta,  della  disposizione statale (art. 4, comma 3-bis
della  legge  n. 405 del 16 novembre 2001 dell'art. 1, comma 7, della
legge  della Regione Marche n. 35 del 19 dicembre 2001 e dell'annessa
Tabella   A,  per  patente  violazione  degli  artt. 3  e  119  della
Costituzione.
    L'incremento  dell'aliquota  dell'addizionale  IRPEF (comma 3-bis
dell'art. 4 della legge n. 405/2001) introdotto dal Senato in sede di
conversione  del  decreto-legge  18  settembre  2001, n. 347, recante
interventi  urgenti  in  materia  di  spesa  sanitaria,  autorizza le
regioni,   limitatamente   all'anno  2002,  ad  aumentare  l'aliquota
dell'addizionale  regionale  all'IRPEF  con  propri  provvedimenti da
pubblicare  nella  Gazzetta  Ufficiale  entro il 31 dicembre 2001, in
deroga  ai  termini  e alle modalita' previsti dall'art. 50, comma 3,
secondo periodo, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
    Il  comma aggiuntivo, nella sua stesura definitiva, prevede, poi,
che  qualora  la  maggiorazione dell'aliquota di tale addizionale sia
superiore  allo  0,5%,  tale maggiorazione debba essere stabilita con
legge regionale.
    L'istituzione   dell'addizionale  regionale  all'IRPEF  e'  stata
disposta  con l'art. 50, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446.
    Inizialmente   tale  decreto,  al  comma  3,  fissava  l'aliquota
dell'addizionale   nella   misura   dello  0,5%,  con  corrispondente
diminuzione  delle  aliquote  ordinarie, di spettanza dello Stato. In
tale    misura    l'addizionale    si   configurava   pertanto   come
compartecipazione al gettito IRPEF.
    Il  d.lgs.  n. 446 attribuiva inoltre alle regioni, a partire dal
2000, la facolta' di aumentare l'aliquota dell'addizionale fino ad un
tetto  massimo  dell'1%; per questa parte (0,5%) si trattava, quindi,
di   una   vera   e  propria  addizionale.  Le  modifiche  al  d.lgs.
n. 446/1997,  introdotte,  da ultimo, con il d.lgs. 18 febbraio 2000,
n. 56,  hanno  elevato,  a  decorrere  dall'anno  2000, l'addizionale
regionale  di  compartecipazione dallo 0,5% allo 0,9% e hanno portato
all'1,4%  il tetto massimo della misura dell'addizionale che ciascuna
regione puo' stabilire.
    Al  riguardo  il  secondo  periodo  del comma 3 dell'art. 50, del
d.lgs.  n. 446/1997  prevede,  in  particolare,  che ciascuna regione
possa  maggiorare  l'aliquota  suddetta  fino  all'1,4%  con  proprio
provvedimento, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30
novembre   dell'anno   precedente   a  quello  cui  l'addizionale  si
riferisce.
    Le  disposizioni  di  cui al comma 3-bis in esame si riferiscono,
pertanto,  all'addizionale  regionale  all'IRPEF  per  la  parte  che
costituisce    una    maggiorazione    rispetto    all'aliquota    di
compartecipazione;  la decisione di prevedere tale maggiorazione e la
sua  determinazione  quantitativa  e'  demandata alle singole regioni
(senza  che  comunque  essa  sia  compensata  da  una  corrispondente
riduzione delle aliquote erariali).
    Peraltro,   fino   al   periodo   d'imposta   2001,  aveva  avuto
applicazione  soltanto  l'aliquota  di  compartecipazione dello 0,9%,
nessuna  regione avendo introdotto la maggiorazione dell'addizionale,
consentita sino alla soglia dell'1,4%.
    La deroga, che il comma in questione prevede, riguardo ai termini
e  alle  modalita'  stabiliti dall'art. 50, comma 3, secondo periodo,
del  d.lgs.  n. 446/1997, concerne sia le scadenze temporali entro le
quali  le  regioni  possono deliberare la maggiorazione dell'aliquota
dell'addizionale, sia la misura della maggiorazione medesima. In ogni
caso  la deroga in questione si applica espressamente solo al periodo
d'imposta  coincidente con l'anno 2002, riacquistando successivamente
vigore le disposizioni derogate.
    Per  quanto  riguarda  il  profilo  temporale, le regioni possono
deliberare la maggiorazione dell'aliquota anche oltre il 30 novembre,
purche'  essa  sia  determinata  con  provvedimento  della regione da
pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2001.
    Per  quanto  concerne  il profilo quantitativo le regioni possono
(limitatamente   al   2002)  maggiorare  l'aliquota  dell'addizionale
regionale   all'IRPEF   anche  oltre  il  tetto  massimo  complessivo
dell'1,4%;     tuttavia    se    la    maggiorazione    dell'aliquota
dell'addizionale   e'   superiore   allo  0,5%,  l'atto  con  cui  la
maggiorazione viene disposta deve essere una legge regionale.
    Nel  caso  ipotizzato,  infatti,  la  maggiorazione oltrepassa il
limite  fissato  dall'art. 50,  comma  3,  secondo periodo del d.lgs.
n. 446/1997  -  limite  dato  dalla  differenza  tra il tetto massimo
dell'1,4%  e  il valore, identico per tutte le regioni, dell'aliquota
di compartecipazione, che e' pari allo 0,9%.
    Tal  che  la  disposizione  che  impone  il  ricorso  alla  legge
regionale  pare  rispondere alle prescrizioni dell'art. 23 Cost., che
riserva  alla  legge  (per  quanto  si  tratti di riserva relativa di
legge) l'imposizione di qualunque prestazione patrimoniale (oltre che
personale).
    La  lettura  della  norma  di cui al comma 3-bis, con particolare
riguardo  al  secondo  periodo  di tale disposizione, sembra pertanto
autorizzare  la  maggiorazione dell'aliquota (pur sempre unica) senza
alcun  limite  e cosi' e' stata letta ed intesa dalla Regione Marche,
come  si  vedra'  in  prosieguo,  a differenza di quella che e' stata
l'interpretazione della maggior parte (la quasi totalita) delle altre
regioni  italiane  (molte  di  esse  o  hanno  conservato  l'aliquota
stabilita  dallo  Stato  -  0,9%  -  ovvero  si  sono  avvalse  della
possibilita'  sancita  dall'art. 50, d.lgs. n. 446 ed hanno stabilito
la  maggiorazione  fino  all'1,4%, unica eccezione essendo costituita
dalla  Regione  Veneto che sembra aver inteso la disposizione siccome
autorizzante  un  - ulteriore - aumento fino allo 0,5% ed ha pertanto
provveduto  ad  elevare all'1,9% l'aliquota sui redditi maggiori, per
ritornare  peraltro  sui  propri  passi - 1,4% - con riferimento alla
determinazione dell'aliquota per l'anno 2003).
    Se  e'  cosi',  la problematica di costituzionalita' riguarda, in
primis  et  ante  omnia,  proprio la disposizione di legge statale in
esame, in quanto la rinuncia dello Stato all'apposizione di limiti fa
venir  meno  qualunque  possibilita'  di  quel  «coordinamento  della
finanza  pubblica  e  del sistema tributario» sancito dal nuovo testo
dell'art. 119  Cost.,  entrato  in  vigore  (art. 5,  legge  cost. 18
ottobre  2001,  n. 3,  nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre
2001) - senza transizione -, l'8 novembre 2001, e quindi dieci giorni
prima  dell'entrata  in  vigore del citato art. 4, comma 3-bis, legge
n. 405 (18 novembre 2001).
    Per  la  parte  che  qui  interessa la nuova norma costituzionale
stabilisce   che   le  regioni,  nel  quadro  della  loro  «autonomia
finanziaria  di entrata e di spesa», stabiliscono e applicano tributi
ed entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principi
di  coordinamento  della  finanza  pubblica e del sistema tributario;
esse, inoltre, «dispongono di compartecipazione al gettito di tributi
erariali riferibile al loro territorio».
    Nel  richiamare  tale  ridefinizione  del  sistema  finanziario e
tributario degli enti locali risultante dal novellato art. 119 Cost.,
ha  dato  atto  la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 37
del  2004, che l'attuazione di questo disegno costituzionale richiede
come  necessaria  premessa  l'intervento  del legislatore statale, il
quale,  al  fine di coordinare l'insieme della finanza pubblica, deve
non  solo  fissare  i  principi  cui  i  legislatori regionali devono
attenersi,  ma  anche determinare le grandi linee dell'intero sistema
tributario  e  definire  gli  spazi  e  i  limiti  entro i quali puo'
esplicarsi  la  potesta' impositiva rispettivamente di Stato, regioni
ed enti locali.
    Orbene,  stante  la  natura  di  tributo indubitabilmente statale
quale  e'  l'Irpef,  destinato,  nelle  prospettive  del  legislatore
statale,   a   modificazioni   profonde   (v.  sentenze  della  Corte
costituzionale  nn. 37  e  381  del  2004)  non e' chi non veda come,
stante  l'accessorieta'  a  tale  imposta della relativa addizionale,
spetti  allo  Stato,  in  attuazione dei principi di cui all'art. 119
Cost., dettarne la misura massima, il tetto massimo oltre il quale la
regione  non puo' avvalersi della facolta', attribuitale sempre dallo
Stato,  di  aumentarne  l'aliquota,  anche  al fine di evitare che un
carico  tributario  eccessivo  possa costituire stimolo all'evasione,
mettendo  a  rischio  la preponderante entrata tributaria erariale (e
del  resto  un «tetto massimo» era stato stabilito nelle precedenti e
sopra richiamate norme istitutive dell'addizionale).
    Si  vuol  dire  in  sostanza  che  essendo  l'addizionale imposta
parassitaria,  che segue le sorti dell'imposta principale, la mancata
statuizione,  con  l'art. 4,  comma  3-bis,  legge n. 405/2001, di un
tetto  massimo  della misura della relativa aliquota e la conseguente
gia' enunciata rinuncia alla competenza statale di dettarne la misura
massima,   comporta  l'indubbia  violazione  dell'art. 119  Cost.,  e
conseguentemente  l'illegittimita'  costituzionale  della  suindicata
norma,   con  riguardo  al  richiamato  parametro  costituzionale  di
riferimento.
    Tutto  cio',  con  gli  evidenti  riflessi  sull'altro  principio
costituzionale, quello di uguaglianza tra i cittadini italiani di cui
all'art. 3  Cost.,  stante  la  possibile  disparita'  di trattamento
fiscale  tra  i  predetti,  a  seconda della regione di appartenenza,
configuratasi  in maniera macroscopica nella Regione Marche, come qui
di seguito si andra' a dimostrare.
    Ed  infatti  al  comma  7  dell'art. 1  della  legge n. 35 del 19
dicembre  2001  la  Regione  Marche  ha  stabilito  che  «a decorrere
dall'anno  2002»  l'addizionale  regionale  all'IRPEF  e' determinata
applicando  l'aliquota  di  reddito complessivo secondo gli scaglioni
indicati nella allegata Tabella A e precisamente:
        fino a euro 10329,14: 0,9%
        oltre euro 10.329,14 fino a euro 15.493,71: 0,9%
        oltre euro 15.493,71 fino a euro 30.987,41: 1,91%
        oltre euro 30.987,41 fino a euro 69.721,68: 3,60%
        oltre euro 69.721,68: 4%.
    Sembra evidente che la suindicata legge regionale, che ha fissato
«a  decorrere dal 2002» aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF
superiori  alla  misura  dell'1,4% previsto dall'art. 3 del d.lgs. 18
febbraio  2000,  n. 56,  per  i  redditi superiori ad euro 15.493,71,
tragga  fondamento  dall'art. 4,  comma 3-bis della legge 16 novembre
2001,  n. 405, teste' ritenuta viziata di incostituzionalita' secondo
i richiamati parametri di riferimento.
    Diciamo  «sembra»  giacche' in realta' la normativa regionale non
contiene  alcun riferimento esplicito a quella statale (art. 4, comma
3-bis,  legge n. 405/2001), ne' alle ragioni di intervento urgente in
materia  di spesa sanitaria e di copertura da parte delle regioni dei
disavanzi  di  gestione  in  tale campo accertati o stimati (comma 3,
della  stessa  legge)  che  ne  avevano determinato la promulgazione.
Mentre lo stesso espresso richiamo all'art. 50 del d.lgs. n. 446/1997
e  successive  modificazioni,  non  consente  di  includere in queste
ultime  la  norma statale in discorso essendo quest'ultima, al citato
comma  3-bis,  norma  eccezionale  non modificatrice, ma derogatrice,
«limitatamente   all'anno   2002»,  «ai  termini  ed  alle  modalita'
dell'art. 50,  comma  3,  secondo  periodo  dell'art. 50  del  d.lgs.
n. 446/1997».
    Sicche',   in   assenza   altresi'   della  previsione  temporale
limitativa  contenuta  nella  legge  statale  (la normativa regionale
prevede  la  determinazione  dell'addizionale  regionale IRPEF con le
sopra   riportate   aliquote  «a  decorrere  dall'anno  2002»  e  non
limitatamente  a  tale anno), l'unico aggancio alla normativa statale
in  discorso  parrebbe  consistere  nella  promulgazione  della legge
regionale  il 19 dicembre 2001, entro cioe' quel limite temporale del
31 dicembre  2001 stabilito dal comma 3-bis anziche' «non oltre il 30
novembre   dell'anno   precedente   a  quello  cui  l'addizionale  si
riferisce» statuito dal comma 3 dell'art. 50 del d.lgs. n. 446/1997.
    Vedra'  il  Giudice  delle  leggi  se  una  interpretazione della
normativa regionale nel senso che essa non tragga alcun fondamento da
quella statale di cui all'art. 4, comma 3-bis della legge n. 405/2001
svuoti  di  contenuto,  per irrilevanza, la questione di legittimita'
costituzionale  della  stessa  (e  della collegata legge statale) nei
termini  che  piu'  innanzi  saranno prospettati, facendola rientrare
nell'esercizio  della  facolta' consentita alle regioni di maggiorare
l'aliquota dell'addizionale regionale (nel caso di specie a decorrere
dall'anno  2002)  non  oltre pero' l'aliquota dell'1,4% come previsto
dal  richiamato  comma  3  dell'art. 50  del d.lgs. n. 446/1997, come
modificato, da ultimo dal d.lgs. n. 56/2000.
    Con  ogni  conseguenza,  e' ovvio, di palese illegittimita' delle
aliquote,  superiori a tale «tetto», statuite per i redditi superiori
ad euro 15.493,71.
    Il  dubbio  interpretativo  induce  pero' il Collegio ad accedere
alla  tesi individuante, pur nella palese equivocita' della redazione
del  provvedimento  della  Regione Marche, un collegamento quantomeno
logico  tra  lo  stesso  e  la norma statale di cui all'art. 4, comma
3-bis,  legge n. 405/2001, con conseguente «salvezza» della rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale delle due normative.
    Ebbene,  a  prescindere  dall'evidente vizio di costituzionalita'
dell'art. 1,  comma  7,  della  legge  regionale n. 35/2001 derivante
dalla  ultrattivita'  della  stessa rispetto al limite dell'anno 2002
previsto  dalla  disposizione  statale  autorizzatrice  che esclude e
nega,   a   partire  dal  1°  gennaio  2003,  in  patente  violazione
dell'art. 119  Cost., qualsiasi coordinamento con la finanza pubblica
e particolarmente con quella statale e col sistema tributario nel suo
complesso e che pero' non ha rilievo nell'attuale procedimento, posto
che il Comandini puo' chiedere in questa sede il rimborso delle somme
versate  in  eccedenza  con  riguardo all'anno 2002, ma non di quelle
relative  al  2003  delle  quali  non ha chiesto, prima di instaurare
l'azione  giudiziale,  il  rimborso  agli  attuali convenuti ai sensi
degli  artt. 37  e  38  d.P.R.  n.  602/1973,  altrettanto evidente e
rilevante    e'   un'altra   contraddizione   con   le   disposizioni
autorizzatici statali e attraverso di esse, un'altra violazione dello
stesso art. 119 Cost.
    Le  disposizioni statali prevedono, infatti, una aliquota fissata
dalla  regione,  entro certi limiti, non piu' aliquote, differenziate
per  fasce di reddito: la Regione Marche, viceversa, ne ha stabilito,
con  riferimento  a  dette fasce, ben 4, fortemente differenziate. In
tal  modo  e'  stata costruita una progressivita' dell'addizionale in
aggiunta  alla  progressivita'  dell'IRPEF: ma nessuna norma (neppure
l'art. 53,  secondo  comma  Cost. ) consente di inserire nella stessa
imposta  una  doppia  progressivita',  che e' scardinante rispetto al
sistema,  poiche'  modifica  in  modo  rilevante, su una porzione del
territorio, il sistema («curva») delle aliquote.
    E  poiche',  inoltre,  nella  Regione  Marche,  in definitiva, «a
decorrere dal 2002» si e' delineato un sistema in base al quale - sia
detto  a  titolo  esemplificativo - i titolari di redditi superiori a
euro  69.721,68 sono stati tassati nel 2002 sulla base di un'aliquota
pari  al  49%  (45%+4%), mentre in tutte le altre regioni italiane le
medesime  condizioni patrimoniali hanno determinato l'applicazione di
un'aliquota oscillante tra il 45,9% (45%+0.9%) e il 46,4% (45%+1,4%),
e'  altrettanto  evidente  che  la  legge  regionale  de qua viola il
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., generando una grave
disparita' di trattamento tributario a carico dei cittadini residenti
nelle Marche.
    Le questioni di legittimita' costituzionale della norma statale e
di  quella  regionale  come  sopra  spiegate  sono  poi assolutamente
rilevanti  nel  presente  giudizio  in  quanto  dalla decisione delle
stesse  dipende  il  contenuto della pronuncia che questa commissione
tributaria  si  e'  riservata  di  prendere  sulle richieste di parte
ricorrente.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevanti  e non manifestamente infondate, nei sensi di
cui  in  motivazione,  le  questioni  di  legittimita' costituzionale
dell'art. 4, comma 3-bis della legge statale 16 novembre 2001, n. 405
e  dell'art. 1,  comma 7 della legge Regione Marche 19 dicembre 2001,
n. 35  e  dell'annessa  Tabella  A, in riferimento agli artt. 3 e 119
Cost.
    Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio e
la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa,  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  e  al  presidente  della  giunta  regionale  Marche  e  sia
comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento  e al
Presidente del Consiglio regionale Marche.
        Pesaro, addi' 21 marzo 2005
                 Il presidente estensore: Mensitieri
05C0956