N. 448 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2005

Ordinanza  emessa  il  9  maggio  2005  dalla  Commissione tributaria
provinciale  di  Pesaro  nel  procedimento  tributario  vertente  tra
Pitzalis Antonio contro Regione Marche ed altra

Imposta  sui  redditi  delle  persone  fisiche  (IRPEF) - Addizionale
  regionale  -  Possibilita'  di fissazione «a decorrere dal 2002» di
  aliquote  superiori  alla  misura  massima  (1,4%) consentita dalla
  legislazione   statale   -   Mancata  statuizione  da  parte  della
  legislazione statale di un tetto massimo della misura dell'aliquota
  -  Estensione,  con legge della Regione Marche, degli effetti della
  maggiorazione anche agli anni successivi al 2002 - Modulazione, con
  la  stessa  legge  regionale, dell'aliquota in misura crescente per
  scaglioni   di  reddito  -  Contrasto  con  la  norma  statale  che
  facoltizza le Regioni a superare la misura dell'1,4% «limitatamente
  all'anno 2002»  -  Denunciata  previsione,  da  parte  della  legge
  regionale,  di  una  progressivita' dell'addizionale non consentita
  dalla   legislazione   statale   -   Violazione   dei  principi  di
  coordinamento  della  finanza  pubblica  e del sistema tributario -
  Contrasto con il principio d'uguaglianza, sia rispetto ai cittadini
  di  altre Regioni, sia per la surrettizia introduzione di una sorta
  di doppia progressivita'.
- Legge 16 novembre 2001, n. 405, art. 4, comma 3-bis [recte: Decreto
  legge   18 settembre   2001,   n. 347,  art. 4,  comma 3-bis,  come
  modificato  dalla  Legge di conversione, 16 novembre 2001, n. 405];
  Legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35, art. 1, comma 7
  e annessa Tabella A.
- Costituzione,  artt. 3 e 119; Decreto legislativo 15 dicembre 1997,
  n. 446, art. 50, comma 3.
(GU n.38 del 21-9-2005 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha  emesso  la seguente ordinanza sul ricorso n. 610/2004 spedito
il  22  ottobre  2004  avverso  silenzio rifiuto istanza rimb. addiz.
IRPEF  2003  contro  Agenzia  entrate  ufficio  Fano, Regione Marche,
proposto dal ricorrente Pitzalis Antonio via Giove 8, Marotta - 61035
Mondolfo (Pesaro).

                      Svolgimento del processo

    Con  ricorso  spedito a mezzo del servizio postale e pervenuto il
25   ottobre  2004  Antonio  Pitzalis  impugnava,  dinanzi  a  questa
commissione  tributaria  provinciale il rifiuto tacito da parte della
Regione   Marche   e  della  Agenzia  delle  entrate  di  Fano  della
restituzione  dell'importo  di  euro  500,00 riscosso dalla regione a
titolo  di  addizionale  regionale  per  l'anno  2003,  in  eccedenza
rispetto al dovuto.
    Deduce   il   ricorrente  che,  nonostante  il  disposto  di  cui
all'art. 4,  comma  3-bis  della  legge  n. 405/2001, da considerarsi
norma  eccezionale,  introdotta nell'ordinamento allo specifico scopo
di  consentire  la  copertura  dei  disavanzi  di  gestione derivanti
dall'aumento   della   spesa   sanitaria,  avesse  espressamente  una
efficacia  limitata  al solo anno 2002, per cui, allo scadere di tale
anno,  doveva  ritenersi  venuta  meno  la possibilita' per l'ente di
stabilire   ed  applicare  aliquote  superiori  alla  misura  massima
prevista   dal   d.lgs.   n. 446/1997,   come  integrato  dal  d.lgs.
n. 56/2000,  gli  era stata indebitamente applicata, per l'anno 2003,
la stessa aliquota del 2002.
    Non  avendo,  quindi,  la regione per tale anno deliberato alcuna
maggiorazione  entro i limiti consentiti, il sostituto d'imposta, con
il  CUD  relativo  all'anno 2003, ricevuto il 28 aprile 2004, avrebbe
dovuto  applicare,  anziche'  le  aliquote del 2002, l'aliquota dello
0,90%  prevista  per  l'anno  2001, conteggiando e trattenendo quindi
l'importo  di euro 393,33, anziche' di euro 893,37. Essendo decorsi i
termini  di  legge  dalla  ricezione della domanda di rimborso, senza
alcun  riscontro  da parte dei convenuti enti, chiedeva, pertanto, la
restituzione della somma indebitamente trattenuta di euro 500,00.
    Nella  contumacia della Regione Marche, pur ritualmente convenuta
in   giudizio,   si   costituiva  l'Agenzia  delle  entrate  di  Fano
rappresentando  che  il  ricorso  era pervenuto a quell'ufficio il 24
giugno  2004,  con  spedizione  a  mezzo posta avvenuta il 22 ottobre
2004, in busta chiusa, in violazione dell'art. 20 comma 2, del d.lgs.
n. 546/1992.  Eccepiva altresi' preliminarmente il proprio difetto di
legittimazione  passiva  reputando legittimata a resistere la Regione
Marche,  quale ente locale che non aveva provveduto ad emanare l'atto
richiesto  e  cio'  ai sensi del combinato disposto degli articoli 10
del  citato  d.lgs.  n. 546/1992  e  dell'art. 50  comma 6 del d.lgs.
n. 446/1997, istitutivo dell'addizionale regionale.
    Contestava nel merito la pretesa del contribuente deducendo:
        per  il  periodo  d'imposta  oggetto  di  causa  la  legge 27
dicembre  2002  n. 289  (finanziaria 2003), con l'art. 3, primo comma
lettera   a),   aveva   disposto   la   sospensione   degli   aumenti
dell'addizionale  all'imposta  sul reddito delle persone fisiche «che
non  (fossero) stati deliberati dopo il 29 settembre 2002» e «che non
(fossero) confermativi delle aliquote in vigore per l'anno 2002».
    Pertanto,  anche  se,  come fatto osservare dalla controparte, il
d.l.  n. 347/2001  disponeva  gi  aumenti limitatamente all'anno 2002
mentre  la  legge  regionale  n. 35  del  19  dicembre 2001 fissava i
medesimi  a  decorrere  dall'anno 2002, la citata «finanziaria 2003»,
ponendo  di fatto le due suindicate precise condizioni per sospendere
gli  aumenti discorso, indirettamente legittimava per l'anno 2003 (in
quanto  confermativi)  gli  aumenti di aliquota deliberati per l'anno
2002.
    Nessun  rimborso pertanto competeva al Ptzalis, segnalando che in
ogni   caso   gli   importi   indicati  nella  relativa  istanza  non
corrispondevano a quelli evidenziati in ricorso.
    Chiedeva  pertanto  il rigetto, in rito o nel merito, del ricorso
medesimo, con vittoria di spese.
    La causa, previo rinvio ex art. 35/2 d.lgs. n. 546/1992, e' stata
decisa in Camera di Consiglio il 21 marzo 2005.

                       Motivi della decisione

    La  rilevata  dall'Ufficio violazione dell'art. 20 comma 2 d.lgs.
n. 546/1992   per  essergli  il  ricorso  introduttivo  del  presente
giudizio  pervenuto tramite spedizione a mezzo posta in busta chiusa,
anziche',  come prescritto dalla suindicata normativa, a mezzo «plico
raccomandato  senza  busta»,  costituisce  una mera irregolarita' non
comportante  nullita'  della  notifica non essendo stato il contenuto
della   busta   contestato   dal   destinatario   (v.   Cass.,  sent.
n. 17702/2004).
    Contrariamente   all'assunto   dell'ufficio   la   legittimazione
processuale,  nel  caso  di  specie,  e' duplice potendo resistere al
ricorso,  quali  interessati a contrastare la pretesa di rimborso del
contribuente, sia l'ufficio tributario cui per legge (art. 50 comma 6
del  d.lgs.  n. 446/50)  e'  demandata  la  funzione di accertamento,
liquidazione  e  riscossione  del  tributo,  sia  la  regione del cui
operato  si  discute,  quale  partecipe dell'attivita' istruttoria di
liquidazione  e accertamento in collaborazione con l'amministraziorie
finanziaria.
    Cio'  premesso, sussistono, ad avviso del Collegio, i presupposti
per ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale,  in  via  congiunta, della disposizione
statale  (art. 4,  comma  3-bis  della  legge  n. 405 del 16 novembre
2001),  dell'art. l,  comma  7 della legge della Regione Marche n. 35
del  19  dicembre  2001  e  dell'annessa  Tabella  «A»,  per  patente
violazione  degli  artt. 3  e  119  della  Costituzione. L'incremento
dell'aliquota  dell'addizionale  IRPEF (comma 3-bis dell'art. 4 della
legge  n. 405/2001)  introdotto dal Senato in sede di conversione del
decreto-legge  18 settembre 2001 n. 347 recante interventi urgenti in
materia  di  spesa  sanitaria,  autorizza  le  regioni  limitatamente
all'anno  2002,  ad  aumentare  l'aliquota dell'addizionale regionale
all'IRPEF  con  propri  provvedimenti  da  pubblicare  nella Gazzetta
Ufficiale  entro  il  31  dicembre  2001, in deroga ai termini e alle
modalita'  previsti  dall'art. 50,  comma  3,  secondo  periodo,  del
decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446.
    Il  comma aggiuntivo, nella sua stiesura definitiva, prevede, poi
che  qualora  la  maggiorazione dell'aliquota di tale addizionale sia
superiore  allo  0,5%,  tale maggiorazione debba essere stabilita con
legge regionale.
    L'istituzione   dell'addizionale  regionale  all'IRPEE  e'  stata
disposta  con l'art. 50, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre
1997   n. 446.   Inizialmente  tale  decreto,  al  comma  3,  fissava
l'aliquota    dell'addizionale   nella   misura   dello   0,5%,   con
corrispondente  diminuzione  delle  aliquote  ordinarie, di spettanza
dello  Stato.  In  tale  misura l'addizionale si configurava pertanto
come compartecipazione al gettito IRPEF.
    Il  d.lgs.  n. 446 attribuiva inoltre alle regioni, a partire dal
2000, la facolta' di aumentare l'aliquota dell'addizionale fino ad un
tetto massimo dell'1% per questa parte (0,5%) si trattava, quindi, di
una vera e propria addizionale.
    Le modifiche al d.lgs. n. 446/1997, introdotte, da ultimo, con il
d.lgs.  18  febbraio 2000 n. 56, hanno elevato, a decorrere dall'anno
2000,  l'addizionale  regionale  di compartecipazione dallo 0,5% allo
0,9%   e  hanno  portato  all'1,4%  il  tetto  massimo  della  misura
dell'addizionale che ciascuna regione puo' stabilire.
    Al  riguardo  il  secondo  periodo  del  comma 3 dell'art. 50 del
d.lgs.  n. 446/1997  prevede,  in  particolare,  che ciascuna regione
possa  maggiorare  l'aliquota  suddetta  fino  all'1,4%  con  proprio
provvedimento, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 30
novembre   dell'anno   precedente   a  quello  cui  l'addizionale  si
riferisce.  Le  disposizioni  di  cui  al  comma  3-bis  in  esame si
riferiscono,  pertanto,  all'addizionale  regionale  all'IRPEF per la
parte  che  costituisce  una  maggiorazione  rispetto all'aliquota di
compartecipazione;  la decisione di prevedere tale maggiorazione e la
sua  determinazione  quantitativa  e'  demandata alle singole regioni
(senza  che  comunque  essa  sia  compensata  da  una  corrispondente
riduzione delle aliquote erariali).
    Peraltro,   fino   al   periodo   d'imposta   2001,  aveva  avuto
applicazione  soltanto  l'aliquota  di  compartecipazione dello 0,9%,
nessuna  regione avendo introdotto la maggiorazione dell'addizionale,
consentita sino alla soglia dell'1,4%.
    La deroga, che il comma in questione prevede, riguardo ai termini
e  alle  modalita'  stabiliti  dall'articolo  50,  comma  3,  secondo
periodo,  del  d.lgs. n. 446/1997, concerne sia le scadenze temporali
entro  le  quali  le  regioni  possono  deliberare  la  maggiorazione
dell'aliquota  dell'addizionale,  sia  la  misura della maggiorazione
medesima.   In   ogni   caso   la  deroga  in  questione  si  applica
espressamente  solo al periodo d'imposta coincidente con l'anno 2002,
riacquistando successivamente vigore le disposizioni derogate.
    Per  quanto  riguarda  il  profilo  temporale, le regioni possono
deliberare la maggiorazione dell'aliquota anche oltre il 30 novembre,
purche'  essa  sia  determinata  con  provvedimento  della regione da
pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 2001.
    Per  quanto  concerne  il profilo quantitativo le regioni possono
(limitatamente   al   2002)  maggiorare  l'aliquota  dell'addizionale
regionale   all'IRPEF   anche  oltre  il  tetto  massimo  complessivo
dell'1,4%;     tuttavia    se    la    maggiorazione    dell'aliquota
dell'addizionale   e'   superiore   allo  0,5%,  l'atto  con  cui  la
maggiorazione viene disposta deve essere una legge regionale.
    Nel  caso  ipotizzato,  infatti,  la  maggiorazione oltrepassa il
limite  fissato  dall'art. 50,  comma  3,  secondo periodo del d.lgs.
n. 446/1997  limite  dato  dalla  differenza  tra  il  tetto  massimo
dell'1,4%  e  il valore, identico per tutte le regioni, dell'aliquota
di compartecipazione, che e' pari allo 0,9%.
    Tal  che  la  disposizione  che  impone  il  ricorso  alla  legge
regionale  pare  rispondere alle prescrizioni dell'art. 23 Cost., che
riserva  alla  legge  (per  quanto  si  tratti di riserva relativa di
legge) l'imposizione di qualunque prestazione patrimoniale (oltre che
personale).
    La  lettura  della  norma  di cui al comma 3-bis, con particolare
riguardo  al  secondo  periodo  di tale disposizione, sembra pertanto
autorizzare  la  maggiorazione dell'aliquota (pur sempre unica) senza
alcun  limite  e cosi' e' stata letta ed intesa dalla Regione Marche,
come  si  vedra'  in  prosieguo,  a differenza di quella che e' stata
l'interpretazione della maggior parte (la quasi totalita) delle altre
regioni  italiane  (molte  di  esse  o  hanno  conservato  l'aliquota
stabilita  dallo  Stato  -  0,9%  -  ovvero  si  sono  avvalse  della
possibilita' sancita dall'art. 50 d.lgs. n. 446 ed hanno stabilito la
maggiorazione fino all'1,4%, unica eccezione essendo costituita dalla
Regione  Veneto  che  sembra  aver  inteso  la  disposizione  siccome
autorizzante  un  - ulteriore - aumento fino allo 0,5% ed ha pertanto
provveduto  ad  elevare all'1,9% l'aliquota sui redditi maggiori, per
ritornare  peraltro  sui  propri  passi - 1,4% - con riferimento alla
determinazione dell'aliquota per l'anno 2003).
    Se  e'  cosi',  la problematica di costituzionalita' riguarda, in
primis  et  ante  omnia,  proprio la disposizione di legge statale in
esame, in quanto la rinuncia dello Stato all'apposizione di limiti fa
venir  meno  qualunque  possibilita'  di  quel  «coordinamento  della
finanza  pubblica  e  del sistema tributario» sancito dal nuovo testo
dell'art. 119 Cost., entrato in vigore (art. 5 legge cost. 18 ottobre
2001  n. 3, in Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001) - senza
transizione  -,  l'8  novembre  2001,  e  quindi  dieci  giorni prima
dell'entrata  in  vigore  del citato art. 4, comma 3-bis legge n. 405
(18 novembre 2001).
    Per  la  parte  che  qui  interessa la nuova norma costituzionale
stabilisce   che   le  regioni,  nel  quadro  della  loro  «autonomia
finanziaria  di  entrata e di spesa» stabiliscono e applicano tributi
ed entrate propri in armonia con la Costituzione e secondo i principi
di  coordinamento  della  finanza  pubblica e del sistema tributario;
esse, inoltre, «dispongono di compartecipazione al gettito di tributi
erariali riferibile al loro territorio».
    Nel  richiamare  tale  ridefinizione  del  sistema  finanziario e
tributario degli enti locali risultante dal novellato art. 119 Cost.,
ha  dato  atto  la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 37
del  2004, che l'attuazione di questo disegno costituzionale richiede
come  necessaria  premessa  l'intervento  de  legislatore statale, il
quale,  al  fine di coordinare l'insieme della finanza pubblica, deve
non  solo  fissare  i  principi  cui  i  legislatori regionali devono
attenersi,  ma  anche determinare le grandi linee dell'intero sistema
tributario  e  definire  gi  spazi  e  i  limiti  entro  i quali puo'
esplicarsi  la  potesta' impositiva rispettivamente di Stato, regioni
ed enti locali.
    Orbene,  stante  la  natura  di  tributo indubitabilmente statale
quale  e'  l'Irpef,  destinato,  nelle  prospettive  del  legislatore
statale,   a   modificazioni   profonde   (v.  sentenze  della  Corte
costituzionale  nn. 37  e  381  del  2004)  non e' chi non veda come,
stante    l'accessorieta'    a    tale    imposta    della   relativa
addizionale,spetti  allo  Stato,  in  attuazione  dei principi di cui
all'art. 119  Cost.,  dettarne  la  misura  massima, il tetto massimo
oltre  il  quale  la  regione  non  puo'  avvalersi  della  facolta',
attribuitale  sempre  dallo Stato, di aumentarne l'aliquota, anche al
fine  di  evitare che un carico tributario eccessivo possa costituire
stimolo  all'evasione,  mettendo  a  rischio la preponderante entrata
triburaria  erariale  (e  del  resto  un  «tetto  massimo»  era stato
stabilito  nelle  precedenti  e  sopra  richiamate  norme  istitutive
dell'addizionale).
    Si  vuol  dire  in  sostanza  che  essendo  l'addizionale imposta
parassitaria,  che segue le sorti dell'imposta principale, la mancata
statuizione,  con  l'art. 4  comma  3-bis  n. 405/2001,  di  un tetto
massimo  della  misura  della relativa aliquota e la conseguente gia'
enunciata  rinuncia  alla  competenza  statale  di dettarne la misura
massima,   comporta   l'indubbia   violazione  dell'art. 119  Cost.,e
conseguentemente  l'illegittimita'  costituzionale  della  suindicata
norma,   con  riguardo  al  richiamato  parametro  costituzionale  di
riferimento.
    Tutto  cio',  con  gli  evidenti  riflessi  sull'altro  principio
costituzionale, quello di uguaglianza tra i cittadini italiani di cui
all'art. 3  Cost.,  stante  la  possibile  disparita'  di trattamento
fiscale  tra  i  predetti,  a  seconda della regione di appartenenza,
configuratasi  in maniera macroscopica nella Regione Marche, come qui
di seguito si' andra' a dimostrare.
    Ed  infatti  al  comma  7  dell'art. 1  della  legge n. 35 del 19
dicembre  2001  la  Regione  Marche  ha  stabilito  che  «a decorrere
dall'anno  2002»  l'addizionale  regionale  all'IRPEF  e' determinata
applicando  l'aliquota  di reddito complessivo, secondo gli scaglioni
indicati nella allegata Tabella «A» e precisamente:
        fino a euro 10329,14: 0,9%;
        oltre euro 10.329,14 fino a euro 15.493,71: 09%;
        oltre euro 15.493,71 fino a euro 30.987,41: 1,91%;
        oltre euro 30.987,41 fino a euro 69.721,68: 3,60%;
        oltre euro 69.721,68: 4%.
    Sembra evidente che la suindicata legge regionale, che ha fissato
«a  decorrere dal 2002» aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF
superiori  alla  misura  dell'1,4%  previsto dall'art. 3 del d.lgs 18
febbraio 2000 n. 56 per i redditi superiori ad euro 15.493,71, tragga
fondamento  dall'art. 4,comma  3-bis  della  legge  16  novembre 2001
n. 405,  teste'  ritenuta  viziata  di  incostituzionalita' secondo i
richiamati  parametri  di  riferimento. Diciamo «sembra», giacche' in
realta'   la  normativa  regionale  non  contiene  alcun  riferimento
esplicito  a  quella  statale  (art. 4 comma 3-bis. n. 405/2001), ne'
alle ragioni di intervento urgente in materia di spesa sanitaria e di
copertura  da  parte  delle regioni dei disavanzi di gestione in tale
campo accertati o stimati (comma 3 della stessa legge) che ne avevano
determinato  la  promulgazione.  Mentre  lo  stesso espresso richiamo
all'art. 50  del  d.lgs.  n. 446/1997  e successive modificazioni non
consente  di  includere in queste ultime la norma statale in discorso
essendo  quest'ultima,al  citato  comma  3-bis, norma eccezionale non
modificatrice,  ma  derogatrice,  «limitatamente  all'anno 2002», «ai
termini  ed  alle  modalita'  dell'art. 50  comma  3, secondo periodo
dell'art. 50 del d.lgs n. 446/1997».
    Sicche',   in   assenza   altresi'   della  previsione  temporale
limitativa  contenuta  nella  legge  statale  (la normativa regionale
prevede  la  determinazione  dell'addizionale  regionale IRPEF con le
sopra   riportate   aliquote  «a  decorrere  dall'anno  2002»  e  non
limitatamente a tale anno) l'unico aggancio alla normativa statale in
discorso   parrebbe   consistere   nella  promulgazione  della  legge
regionale  il 19 dicembre 2001, entro cioe' quel limite temporale del
31  dicembre 2001 stabilito dal comma 3-bis anziche' «non oltre il 30
novembre   dell'anno   precedente   a  quello  cui  l'addizionale  si
riferisce» statuito dal comma 3 dell'art. 50 del d.lgs. n. 446/1997.
    Vedra'  il  Giudice  delle  leggi  se  una  interpretazione della
normativa regionale nel senso che essa non tragga alcun fondamento da
quella  statale  di cui all'art 4 comma 3-bis della legge n. 405/2001
svuoti  di  contenuto,  per irrilevanza, la questione di legittimita'
costituzionale  della  stessa  (e  della collegata legge statale) nei
termini  che  piu'  innanzi  saranno prospettati, facendola rientrare
nell'esercizio  della  facolta' consentita alle regioni di maggiorare
l'aliquota dell'addizionale regionale (nel caso di specie a decorrere
dall'anno  2002)  non oltre pero' l'aliquota dell'1,4%, come previsto
dal  richiamato  comma  3  dell'art. 50  del  d.lgs n. 446/1997, come
modificato, da ultimo dal d.lgs. n. 56/2000.
    Con  ogni  conseguenza,  e' ovvio, di palese illegittimita' delle
aliquote,  superiori a tale «tetto», statuite per i redditi superiori
ad euro 15.493,71.
    Il  dubbio  interpretativo  induce  pero' il Collegio ad accedere
alla  tesi individuante, pur nella palese equivocita' della redazione
del  provvedimento  della  Regione Marche, un collegamento quantomeno
logico tra lo stesso e la norma statale di cui all'art. 4 comma 3-bis
n. 405/2001,   con   conseguente  «salvezza»  della  rilevanza  della
questione di legittimita' costituzionale delle due normative.
    Cio'  posto,  un  evidente vizio di costituzionalita' del comma 7
dell'art. 1  della  legge  regionale  n. 35/2001  e'  costituito  dal
riferimento  temporale  «a  decorrere  dall'anno 2002», che puo' solo
significare  che l'efficacia dell'intervento, con tale decorrenza, e'
concepita  senza  limiti  di  tempo.  Un tale disposto e' in rotta di
collisione   con  la  disposizione  autorizzatrice  che  testualmente
dispone  «limitatamente  all'anno  2002»  ed  il  contrasto  testuale
evidenzia   che,   comunque,   a   partire   dal   1°  gennaio  2003,
l'ultrattivita'  della legge regionale (di cui si duole espressamente
il  ricorrente  Pitzalis)  esclude  e  nega,  in  patente  violazione
dell'art. 119  Cost., qualsiasi coordinamento con la finanza pubblica
e particolarmente con quella statale e col sistema tributario nel suo
complesso.  Il  contrasto  tra  la  norma  costituzionale  e la legge
regionale  n. 35/2001  non  e'  peraltro  sanato  da quanto stabilito
dall'art. 3  della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e  pluriennale  dello Stato) che,
secondo   gli   assunti   difensivi  della  Regione  Marche,  avrebbe
autorizzato  e  legittimato  l'ultrattivita' delle aliquote regionali
superiori all'1,4% anche per gli anni successivi al 2002.
    Tale norma, in realta', sospendendo gli aumenti delle addizionali
all'IRPEF  deliberati  dopo  il  29  settembre  2002  che non fossero
confermativi  delle  aliquote  gia' approvate per il 2002, non appare
applicabile  alla  fattispecie  in  esame  e,  per converso, non puo'
essere   interpretata  in  modo  tale  da  farne  conseguire  effetti
diametralmente opposti a quelli che il legislatore si era prefissato.
    L'art. 3  della  legge  27  dicembre  2002  n. 289 ha disposto la
temporanea  sospensione della potesta-accordata in via ordinaria alle
regioni  dall'art. 50  del  d.lgs.  n. 446/1997 cosi' come modificato
dall'art. 3  del  d.lgs.  n. 56/2000,  di  incrementare l'addizionale
IRPEF sino a che non fosse siglato l'accordo Stato-Regioni sulla base
del  quale l'Alta Commissione di studi dovrebbe indicare al Governo i
principi  generali della finanza pubblica e del sistema tributario ai
sensi dei vigenti artt. 117, terzo comma, 118 e 119 Cost.
    Detta  norma  e' stata concepita,quindi, al fine di assicurare la
coordinata   configurazione   del   nuovo  sistema  tributario,  che,
viceversa,   singole   iniziative   regionali   di  incremento  delle
addizionali  avrebbero  potuto condizionare o pregiudicare nella fase
transitoria.
    Si  e' trattato, dunque, di un intervento normativo finalizzato a
contenere  i  livelli tributari di derivazione locale e regionale fin
tanto che non si fosse completato il complesso iter propedeutico alla
definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale.
    La  ratio  della  disposizione,  gia' di per se' chiara, e' stata
ulteriormente ribadita dalla circolare 11 febbraio 2003 n. 1, emanata
dal Dipartimento politiche fiscali - Ufficio del federalismo fiscale,
che   ha   espressamente   evidenziato   come  l'art. 3  della  legge
n. 289/2002  fosse  «caratterizzato  dall'esplicito  intento  di  non
elevare la pressione fiscale a carico dei contribuenti».
    Ed  appare  appena  il  caso  di  precisare  come la stessa Corte
costituzionale  abbia,  con  la gia' richiamata sentenza n. 381/2004,
riconosciuto  la legittimita' costituzionale della norma in questione
opinando  che  essa  si  traduce  «in  una  temporanea  e provvisoria
sospensione  dell'esercizio  del  potere  regionale  in  attesa di un
complessivo  ridisegno  dell'autonomia  tributaria  delle regioni nel
quadro  dell'attuazione  del  nuovo  art. 119  Cost.,  nonche' di una
manovra  che  investe  la  struttura  di  un tributo indubitabilmente
statale,   qual   e'   l'IRPEF,   destinato,  nella  prospettiva  del
legislatore statale, a modificazioni profonde ...».
    Date  queste  premesse,  non appare condivisibile la tesi secondo
cui una norma costruita proprio per contenere la pressione fiscale di
origine  regionale  possa  giustificare  il perdurare nel tempo degli
effetti    «espansivi»   dei   poteri   di   imposizione   tributaria
eccezionalmente  accordati  alle  regioni  dall'art. 4,  comma 3-bis,
della legge 16 novembre 2001 n. 405.
    In  conclusione,  e al di la' di ogni ragionevole possibilita' di
diversa  interpretazione  analogica, l'art. 3 della legge 27 dicembre
2002  n. 289  ha  sortito  l'unico ed esclusivo effetto di sospendere
tutti quei provvedimenti inerenti l'addizionale all'IRPEF adottati da
regioni (e comuni) dopo il 29 gennaio 2002, che non fossero meramente
confermativi delle aliquote previgenti.
    La  disposizione,  pertanto,  non  concerne la Regione Marche che
presumibilmente  confidando nell'ultrattivita' delle aliquote fissate
con  la  legge  regionale  35/2001  nel  corso  del 2002 ha omesso di
assumere   qualsivoglia  determinazione  in  materia  di  addizionale
regionale all' IRPEF.
    Altrettanto  evidente  e rilevante e' un'altra contraddizione con
le  disposizioni  autorizzatici statali e,attraverso di esse,un'altra
violazione dello stesso art. 119 Cost.
    Le  disposizioni  statali prevedono, infatti,una aliquota fissata
dalla  regione,  entro  certi limiti,non piu' aliquote, differenziate
per  fasce  di reddito la Regione Marche, viceversa, ne ha stabilito,
con  riferimento  a  dette fasce, ben 4, fortemente differenziate. In
tal  modo  e'  stata costruita una progressivita' dell'addizionale in
aggiunta  alla  progressivita'  dell'IRPEF: ma nessuna norma (neppure
l'art. 53  comma  2 Cost. ) consente di inserire nella stessa imposta
una  doppia  progressivita',che  e'  scardinante rispetto al sistema,
poiche'  modifica  in modo rilevante, su una porzione del territorio,
il sistema («curva») delle aliquote.
    E  poiche',  inoltre,  nella  Regione  Marche,  in definitiva, «a
decorrere  dal  2002» si e' delineato un sistema in base al quale sia
detto a titolo esemplificativo i titolari di redditi superiori a euro
69.721,68  sono stati tassati nel 2002 sulla base di un'aliquota pari
al  49%  (45%  +4%),mentre  in  tutte  le  altre  regioni italiane le
medesime  condizioni patrimoniali hanno dererminato l'applicazione di
un'aliquota  oscillante  tra  il  45,9%  (45%  +0.9%) e il 46,4% (45%
+l,4%),  e'  altrettanto evidente che la legge regionale de qua viola
il  principio  di  uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., generando una
grave  disparita'  di  trattamento  tributario a carico dei cittadini
residenti nelle Marche.
    Le questioni di legittimita' costituzionale della norma statale e
di  quella  regionale  come  sopra  spiegate  sono  poi assolutamente
rilevanti  nel  presente  giudizio  in  quanto  dalla decisione delle
stesse  dipende  il  contenuto della pronuncia che questa commissione
tributaria  si  e'  riservata  di  prendere  sulle richieste di parte
ricorrente.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevanti  e non manifestamente infondate, nei sensi di
cui  in  motivazione,  le  questioni  di  legittimita' costituzionale
dell'art. 4 comma 3-bis della legge statale 16 novembre 2001 n. 405 e
dell'art. 1,  comma  7,  della  legge Regione Marche 19 dicembre 2001
n. 35  e  dell'annessa Tabella «A», in riferimento agli artt. 3 e 119
Cost.
    Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio e
la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa,  al  Presidente del Consiglio dei
ministri  e  al  Presidente  della  giunta  regionale  Marche  e  sia
comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento  e al
Presidente del consiglio regionale Marche.
        Pesaro, addi' 21 marzo 2005
                 Il Presidente estensore: Mensitieri
05C0957