N. 460 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 marzo 2005
Ordinanza emessa il 25 marzo 2005 dal giudice di pace di Maglie nel procedimento civile vertente tra Stifani Antonio contro Reale Mutua Assicurazioni S.p.A. Competenza e giuridizione in materia civile - Azione giudiziaria per la restituzione delle somme indebitamente riscosse dalle imprese di assicurazione della r.c.a. in conseguenza di intese restrittive della concorrenza Proponibilita' da parte dell'assicurato dinanzi alla Corte d'appello competente per territorio, anziche' dinanzi al giudice di pace competente per valore e territorio - Ingiustificata disparita' di trattamento in danno dell'assicurato rispetto all'assicuratore - Esclusione della garanzia codicistica dei tre gradi di giudizio - Lesione del diritto al giusto processo ed alla speditezza processuale. - Legge 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.39 del 28-9-2005 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 660/2004 R.G.A.G., avente ad oggetto restituzione di somme da assicurazione, introitata per la decisione all'udienza del 1° marzo 2005, promossa da Stifani Antonio rappresentato e difeso dagli avv. Leonardo Laudisa e Venero Orlando e presso lo studio della seconda, sito in Lecce alla via Di Porcigliano n. 48, domiciliato ai soli fini del presente giudizio, per mandato a margine dell'atto di citazione; Contro Reale -- Mutua Ass.ni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio De Carlo e Maria De Carlo e presso di loro domiciliata ai soli fini del presente procedimento civile domiciliata per rituale procura alle liti. I n f a t t o Con atto di citazione ritualmente notificato, Stifani Antonio evocava in giudizio la compagnia Reale Mutua -- ass.ni S.p.A., in persona del suo legale rappresentante in carica, perche' si sentisse condannare al pronto pagamento della somma di Euro 207,23, piu' accessori, quale somma pagata in piu' in forza dell'accordo di cartello fra la convenuta ed altre compagnie di assicurazioni, con un atto dichiarato illegittimo prima dall'autorita' antitrust e successivamente dal Consiglio di Stato. Si tratta, esattamente, della polizza R.C.A. contrassegnata dal n. 308011, stipulata per l'autovettura targata LE 619702 per garantire gli eventuali danni prodotti dalla circolazione dalla stessa dicembre 1994/giugno 2000. Si costituiva la compagnia convenuta eccependo: a) l'incompetenza per territorio e quella per materia del giudice adito; b) l'infondatezza della domanda; c) l'assenza di prova della pretesa. Il giudizio, vertendo questioni di puro diritto, alla prima udienza di comparizione veniva rinviato a quella del 1° marzo 2005 per la precisazione delle conclusioni e discussione. In detto giorno passava in decisione, sulla base delle conclusioni rassegnate dai procuratori delle parti cosi' come espresse in detto verbale di causa e delle memorie conclusive depositate su espressa autorizzazione nel provvedimento di rinvio per tali attivita'. I n d i r i t t o Paragrafo I 1) In ordine all'eccezione di «incompetenza funzionale del giudice adito» avanzata dalla difesa della convenuta, si osserva che la fattispecie rispecchia un diritto soggettivo determinato da una singola contrattazione di polizza R.C.A., intercorsa tra l'attore e la convenuta R.A.S. Ass.ni. In forza della stessa il primo venne obbligato dalla legge n. 990/1969 ad assicurare l'automobile di sua proprieta' per ogni eventuale azione riparatrice scaturita dalla circolazione del mezzo. Ci si trova, quindi, dinanzi ad un contratto singolo, anche se sottoscritto su di un modulo tipo predisposto da ogni singola compagnia di assicurazioni, generalmente tutti eguali fra loro, che ciascun proprietario di autoveicolo sottoscrive, in base a detta legge, in proprio, pagando col suo denaro le singole rate del premio alle rispettive scadenze. Anche perche', non si tratta di un'attivita' di natura similare a quella dell'assistenza sanitaria e/o della RAI, bensi' del rispetto di una legge dello Stato basata sul principio della solidarieta' necessaria per le vittime della strada, demandata alle compagnie di assicurazione, che accanto agli altri rami, gestiscono quello in questione, senza, percio', divenire portatrici di un servizio pubblico per la natura privatistica di ogni singolo contratto, nato per indeclinabili esigenze della collettivita'. Il legislatore ha inteso garantire, cosi', il patrimonio di colui che rimasto coinvolto in un incidente stradale, perda ogni forma di garanzia dinanzi ad un investitore il quale, pur essendo proprietario di un veicolo a motore senza guida di rotaie, e' privo di beni patrimoniali sui quali la sua controparte possa ottenere la soddisfazione economica di tutti i danni conseguenti al sinistro subito. Singolo contratto che rientra nell'attivita' imprenditoriale di ogni compagnia, per cui le doglianze di ogni assicurato sono tutte di natura personale, in quanto riguardanti la liberta' di scelta dell'assicurato nel rivolgersi all'a.g.o, per dirimere ogni eventuale contrasto insorto nel corso del contratto, avente, per la sua natura giuridica, i precisi connotati di una ordinaria azione di responsabilita'. 2) E' da evidenziare che nessuna disposizione speciale possa scalfire, facendo passare in suo contenuto in secondo piano, il disposto dell'art. 7 c.p.c., in ordine alla competenza per valore e per territorio, sia perche' norma generale valevole erga omnes, sia perche' attiene a vertenze derivate da un preciso negozio giuridico - contratto di assicurazione R.C.A. - concluso tra un operatore commerciale, qual e' la compagnia di assicurazioni convenuta avente ad oggetto una fornitura di beni e servizi, ed un consuntatore, qual e' l'assicurato. Da cio' discende il riconoscimento dell'esclusivo foro del consuntatore coincidente con la sua residenza, ex art. 1469-bis, comma 3, n. 19. c.c. (Cass. civ., sez. III 14 luglio 2003, n. 10983; Cass. ss.uu. 1° ottobre 2003, n. 14669). A tal proposito, si rileva che il premio contrattuale viene pagato dal cittadino di tasca propria, con l'ulteriore conseguenza che ogni azione, riflettente il rapporto sinallagmatico relativo alla prestazione economica cedente a suo carico, dev'essere da lui esperita. Infatti, ci si imbatte in un esborso incidente sulla economia personale dell'assicurato, che non ha obbligo, per un contratto stipulato ai sensi del codice civile, di rivolgersi alle associazioni della categoria - consumatori - per risolvere le questioni personali derivate da un negozio in parola. 3) Queste osservazioni permettono di affermare che le controversie insorte nel corso dell'esecuzione contrattuale spettino alla competenza, per valore stabilita dall'art. 7, comma 1, c.p.c., in forza del quale il giudice di pace e' competente per tutte le cause relative a beni mobili di valore non superiore a euro duemilacinquecentoottantadue e ventiquattro centesimi...» (cinque milioni del vecchio conio), salvo che non appartengano, ex art. 9 c.p.c. alla competenza del tribunale (qui del tutto inesistente). Si assoggettano, altresi', al giudizio di equita' previsto dall'art. 113 c.p.c., nella cui applicazione il giudice di pace deve seguire i principi informatori della materia. Le sentenze de quibus in base all'ultima novella dell'art. 113 c.p.c., poiche' provengono da contratti stipulati ai sensi dell'art. 1342 del codice civile, possono essere soggette ad appello e successivamente a ricorso per cassazione: la regola vale sia per l'assicurato che per l'assicuratore. Paragrafo II 1) E' pacifica la violazione perpetrata dalla compagnia Reale Mutua assicurazioni ai danni dell'attore, cosi' come stabilito dall'autorita' «antitrust» e confermato dal Consiglio di Stato, cui sono ricorse, dopo la decisione del TAR, le societa' incriminate. La decisione suddetta costituisce una precisa forma di giudicato, dal quale non ci si puo' discostare per il suo carattere di definitivita', espressa a conclusione di ben determinati accertamenti basati su elementi precisi e concordanti tra loro, dalla quale non si puo' prescindere in queste controversie. 2) L'attore ha fornito dimostrazione del suo assunto attraverso la documentazione prodotta sia dall'iscrizione a ruolo della causa, per cui si possono ritenere pacifici, sia l'esistenza del contratto R.C.A. stipulato con la convenuta, sia il pagamento dei premi in misura maggiore del dovuto. Sul totale delle corresponsioni esistenti nelle ricevute di pagamento dei premi annuali prodotte dall'attore, la convenuta, con un premio pagato in via anticipata, in forza di una manifestazione di volonta' contra legem posta in essere dal c.d. «cartello» ha incassato, per la polizza n. 308011 stipulata presso l'agenzia di Maglie, Euro 207,23 in piu' del dovuto. 3) Detta situazione da un lato viola il disposto dell'art. 1419, comma 2, c.c., in quanto elemento irreversibile del contratto de quo, dall'altro costituisce il nesso di causalita' necessario per consentire l'ingresso dell'azione di indebito oggettivo regolato dall'art. 2033 c.c. in una con quella prevista dall'art. 2043 c.c. La prima ricorre quando viene acclarata la mancanza di una causa accipiendi tanto nel caso di nullita' quanto in quello contemplante qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente tra due parti legate da un preciso contratto, con conseguente restituzione delle somme pagate in maniera illegittima. La seconda esiste, perche' ogni azione di natura dolosa e/o colposa (qui c'e' la prima) comporta una forma di risarcimento del danno, trattandosi sempre e comunque di un pregiudizio patrimoniale sofferto dall'attore, titolare di un diritto protetto attivabile direttamente nei confronti di colui che illecitamente gli abbia imposto il pagamento di un premio di assicurazione R.C.A., a sua insaputa, superiore alla norma, quale frutto di un accordo illecito inter alios, pena, in difetto, il mancato rinnovo di un contratto che si rinnova tacitamente di anno in anno in assenza della disdetta, comportante un'azione tesa a riottenere quanto esortato in piu' in modo illegittimo, oltre ad una forma di risarcimento del danno che, ex art. 2043 c.c., scaturisce in maniera fisiologica sia dall'illecito contrattuale che dal disposto dell'art. 2600 c.c. perche' contempla la reintegrazione dell'attore nel suo patrimonio quo ante a causa di una precisa forma di pregiudizio per il contraente piu' debole. Paragrafo III 1) Dinanzi alla suindicata situazione, e' evidente che non si possa negare all'assicurato il diritto di rivolgersi all'autorita' giudiziaria competente per territorio, secondo il principio di diritto stabilito dalle sezioni unite della suprema Corte di cassazione del 1° ottobre 2003, n. 14669. E' evidente, altresi', che il disposto dell'art. 7 e quello dell'art. 113 c.p.c. vadano coniugati insieme per il principio di eguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione valevole vuoi per tutti i cittadini italiani che per tutte le imprese esercenti attivita' commerciale e/o industriale nel territorio nazionale. A tale regola, infatti, soggiace chi comperi un giornale e, sfogliandolo, trovi una facciata non stampata che gli consente di esperire l'actio quanti minoris dinanzi al giudice di pace, trattandosi di una spesa che rientra nell'ambito della sua competenza per valore. Vi soggiace, anche, una casa automobilistica, una ditta produttrice di elettrodomestici e, con loro, una compagnia di assicurazione, nel momento in cui, per una polizza R.C.A., chieda la risoluzione di un contratto, oppure il suo adempimento, se l'importo pattuito a titolo di premio sia pari a cinque milioni del vecchio conio. La stessa vi soggiace sia nel momento in cui l'assicurato venga depauperato nel suo patrimonio da un suo illecito comportamento messo in atto per colpa e/o dolo ed all'insaputa, per cui lo evoca, dinanzi al giudice di pace competente per valore e territorio ex art. 7 c.p.c., sia nell'ipotesi in cui agisca in rivalsa tutte le volte che abbia risarcito un danno, per non essendo obbligata, per inadempimento contrattuale non potendo rifiutare o ridurre la propria prestazione. 2) da tali esemplificazioni e da tutte le altre situazioni che si verificano in corso «d'opera» discende la natura funzionale del giudice di pace ex artt. 7 e 113 c.p.c. Sicche' le due regole assumono una portata primaria, rispetto alla pretesa della difesa della compagnia convenuta che esige una declaratoria di incompetenza per materia e per territorio di questo ufficio ai sensi dell'art. 33, comma 2, legge 10 ottobre 1990, n. 287, in virtu' della quale, a suo dire, «le azioni di nullita' e di risarcimento, nonche' i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alle violazioni di cui ai titoli da I a IV sono promossi davanti alla Corte di appello competente per territorio». Con detta idea pensa di equiparare il proprietario di un'automobile, obbligato a stipulare un contratto R.C.A. con una delle compagnie esercenti il ramo in Italia, al piccolo imprenditore, dimenticando a tale categoria appartengono i soggetti indicati dall'art. 2083 c.c., esattamente: i coltivatori diretti, gli artigiani, i piccoli commercianti e non tutti gli altri cittadini italiani che sono la stragrande maggioranza. 3) Inoltre, nel momento in cui il legislatore ha dichiarato appellabile le sentenze pronunziate ex art. 113, comma 2, c.p.c., va da se' che detta disposizione valga sia per gli assicurati che per le compagnie, che non possono godere di una situazione di privilegio scaturita dal citato art. 33, comma 2, legge 10 ottobre 1990, n. 287, senza urtare contro i principi garantiti dalla Costituzione. Cio' perche' non ci si imbatte dinanzi ad una serie di passaggi nei quali l'assicurato e', a mo' di ultimo anello di una catena, il consumatore finale, bensi' il contraente piu' debole in un determinato contratto, alla stipula del quale e' obbligato per poter circolare col proprio automezzo, al fine di non incorrere nel rigore dell'art. 193 codice stradale. Con la conseguenza che detto obbligo permette all'altro contraente di assumere una posizione dominante che esula dal disposto dell'art. 33, comma 2, legge n. 287/1990. Detta normativa, inoltre, se guardata nel suo complesso, lascia presumere che non venne promulgata per i consumatori finali, bensi' per le imprese e gli organi pubblici incaricati della vigilanza sulle norme poste a tutela della concorrenza. 4) Da questa analisi risulta evidente lo stato di inferiorita' in cui venga a trovarsi l'assicurato che voglia ottenere la restituzione di quanto illegittimamente corrisposto a titolo di premio ad una delle compagnie incriminate dal provvedimento antitrust, cosi' come confermato dal Consiglio di Stato con la ben nota sentenza. Situazione di inferiorita' che comprime i suoi interessi, ai sensi degli artt. 3, 24 e 11 della Costituzione. Per il primo, li comprime con un trattamento di disparita' tra l'assicurato e l'assicuratore, facendogli godere un'ingiustificata posizione di preminenza. Per il secondo, perche' gli impone di agire in giudizio secondo una regola secondaria rispetto a quella primaria dei tre gradi di giudizio stabiliti dal codice processuale. Infatti, l'assicurato e' del tutto estraneo alle norme antitrust, in quanto non pone in essere attivita' tali da rispondere dinanzi all'autorita' regolatrice della concorrenza, anzi, nella fattispecie, e' rimasto succube della combine intercorsa, a sua insaputa, tra le compagnie di assicurazione incriminate, cui appartiene la Reale Mutua Ass.ni. Per il terzo, perche' non gli permette di ottenere un giusto processo svolto in tempi brevissimi relativamente alla fattispecie. Difatti, i giudizi dinanzi al g.d.p. hanno una durata di gran lunga inferiore a quelli proposti dinanzi alla Corte di appello, sia ex art. 318 c.p.c., sia ex art. 342 che ex 352 c.p.c. Di tal che le aspettative dell'eventuale ripristino del patrimonio dell'assicurato si riducono notevolmente. Senza tacere, poi, dell'aggravio di lavoro sulla Corte di appello per cause di poca entita'. A tale proposito, non si puo' non rilevare che il costo di una causa dinanzi al giudice di pace e', per tariffa professionale, di gran lunga inferiore a rispetto a quello che occorre sostenere per un giudizio dinanzi alla Corte di appello, in ordine al quale per gli onorari non si puo' applicare «la tabella A degli onorari giudiziali» - causa avanti ai giudici di pace - prestazione fino Euro 600,00 minimo Euro 56 massimo Euro 190». Il rilievo e' importante perche' le cause de quibus non arrivano mai ad un valore di Euro 600,00. Non si tace neppure che per un giudizio dinanzi alla Corte di appello il deposito forfetario e' maggiore di quello previsto per un giudizio dinanzi al giudice di pace. Si nota, inoltre, che l'incarico per il recupero delle somme in questione, per la sua semplicita', puo' essere affidato ad un giovane dottore in giurisprudenza abilitato all'esercizio professionale. 5) In buona sostanza, a modesto parere di questo giudice di pace, la problematica esaminata appare rilevante ai fini della decisione pregiudiziale di incompetenza sollevata dalla difesa della compagnia Reale Mutua Ass.ni S.p.A., per cui gli permette di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2, legge 10 ottobre 1990, n. 287.
P. Q. M. Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; Visto l'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli arti. 3, 24 e 111 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale in ordine all'art. 33, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nella parte in cui dispone che l'azione giudiziaria nei confronti di una compagnia di assicurazione per la restituzione delle somme indebitamente riscosse debba essere proposta dinanzi alla Corte di appello competente per territorio e non dinanzi al giudice di pace competente per valore e territorio ai sensi dell'art. 7, comma 2, c.p.c. Ordina la sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente della Consiglio dei ministri, e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ed alle parti costituite. Maglie, addi' 22 marzo 2005 Il giudice di pace: Palese 05C0970