N. 505 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 giugno 2005

Ordinanza  emessa  il  30 giugno 2005 dal tribunale di Sala Consilina
nel procedimento penale a carico di Zambrotti Enrico

Processo  penale - Dibattimento - Nuove contestazioni - Contestazione
  «tardiva»  da  parte  del pubblico ministero di un reato connesso o
  concorrente  con  quello  contestato  nel  decreto  che  dispone il
  giudizio   -  Facolta'  dell'imputato  di  richiedere  il  giudizio
  abbreviato in relazione alla nuova imputazione - Mancata previsione
  -  Ingiustificata  disparita' di trattamento tra imputati - Lesione
  del diritto di difesa.
- Codice di procedura penale, artt. 438, 516 e 517.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.41 del 12-10-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Pronunciando  sulla  istanza  proposta dalla difesa dell'imputato
Zambrotti,  con  la  quale  e'  stato chiesto sollevarsi questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 438,  516 e 517 c.p.p., in
relazione  agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in
cui  dette  norme  non  prevedono  la  possibilita' per l'imputato di
accedere  al rito abbreviato di cui agli artt. 438 e seguenti c.p.p.,
allorquando  il pubblico ministero contesti in dibattimento un reato,
gia'  evincibile  nella fase delle indagini preliminari, e connesso o
concorrente con quello contenuto nel decreto che dispone il giudizio;
    Sentito il p.m.;
    Rilevato  che,  con decreto che dispone il giudizio del 23 aprile
2004,  il  giudice  della  udienza  preliminare disponeva il rinvio a
giudizio di Zambrotti Enrico per il reato di cui all'art. 323 c.p.;
    Considerato  che  all'udienza  del  24  febbraio  2005, nel corso
dell'istruttoria  dibattimentale,  il  p.m.  provvedeva  a contestare
all'imputato,  ai  sensi  degli artt. 516, 517 e 520 c.p.p., anche il
reato previsto e punito dall'art. 479 c.p.;
    Considerato  che  all'odierna  udienza  il difensore di Zambrotti
chiedeva  sollevarsi  questione  di legittimita' costituzionale degli
artt. 438,  516  e  517  c.p.p.,  in relazione agli artt. 3, 24 e 112
della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la possibilita',
per  l'imputato, di accedere al rito abbreviato di cui agli artt. 438
e  seguenti  c.p.p.,  allorquando  il  pubblico ministero contesti in
dibattimento,  tardivamente,  un  reato  connesso  o  concorrente con
quello contenuto nel decreto che dispone il giudizio;
    Ritenuto  che  la questione appare rilevante e non manifestamente
infondata;
    Ritenuto,  invero,  sotto il profilo della rilevanza, non potersi
revocare  in  dubbio  che,  avendo  l'imputato  formulato  istanza di
accesso  al rito abbreviato nel corso nel dibattimento in relazione a
contestazioni  suppletive, l'istanza in parola, in applicazione delle
norme denunciate, dovrebbe ritenersi inammissibile;
    Rilevato, quanto al profilo della non manifesta infondatezza, che
il  fatto  contestato all'udienza dibattimentale del 24 febbraio 2005
risultava  gia'  enucleabile  dagli  atti  di  indagine di cui era in
possesso  il p.m. al momento della richiesta di rinvio a giudizio per
il  reato  di  cui  all'art.  323  c.p.,  contestato al capo A) della
rubrica;  a  tale ultimo riguardo, infatti, l'abuso d'ufficio sarebbe
stato  commesso dall'imputato, quale sindaco del comune di San Pietro
al Tanagro (Salerno), emettendo il decreto prot. n. 6853/2002, il cui
contenuto  viene ora, con la contestazione suppletiva, tacciato anche
di  falsita',  ex  art. 479  c.p.,  non,  pero',  sulla base di nuovi
elementi  emersi in dibattimento ma di circostanze gia' conosciute in
sede di indagini preliminari;
    Ritenuto, alla luce di quanto innanzi, evidente che l'imputato e'
stato privato del diritto di accedere al rito abbreviato in relazione
alla  nuova  predetta  imputazione, formulata ben oltre il termine di
cui all'art. 438, comma 2, c.p.p.;
    Richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 265 del 1994
con  la  quale  si  e' affermato che «qualora non possa rimproverarsi
alcuna   inerzia   all'imputato,  ossia  nessuna  addebitabilita'  al
medesimo  delle  conseguenze  della  mancata  instaurazione  dei riti
alternativi  al  dibattimento,  sarebbe molto difficile negare che la
impossibilita'  di  ottenere  i  relativi  benefici  concretizzi  una
ingiustificata compressione del diritto di difesa»;
    Ritenuta  la  violazione  sia dell'art. 24 della Costituzione sia
dell'art. 3 della Costituzione, perche' tale situazione determina una
ingiustificata  disparita'  di trattamento tra l'imputato cui vengano
tempestivamente  e  fisiologicamente  contestate  tutte  le  condotte
criminose   risultanti   dal   materiale  probatorio  gia'  acquisito
all'esito  delle  indagini  preliminari,  e  l'imputato  che  si vede
contestare durante il dibattimento, tardivamente, un ulteriore reato,
in  relazione  al  quale  gli  e'  ormai  precluso  l'accesso al rito
abbreviato;
    Rilevato  inoltre  che  analoga questione e' gia' stata sollevata
dal Tribunale di Milano con ordinanza in data 11 novembre 2004, nella
Gazzetta Ufficiale n. 12 del 23 marzo 2005;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Rimette alla Corte costituzionale la questione della legittimita'
costituzionale,  per  contrasto  con  gli  artt. 3,  24  e  111 della
Costituzione,  degli  arti.  438, 516 e 517 cp.p., nella parte in cui
non  prevedono  la possibilita' di accedere al rito abbreviato di cui
agli  artt. 438  e seguenti c.p.p., allorquando il pubblico ministero
contesti  in  dibattimento, tardivamente, in quanto gia' emerso nella
fase  delle indagini preliminari, un reato connesso o concorrente con
quello gia' contenuto nel decreto che dispone il giudizio;
    Ordina  la  comunicazione  della presente ordinanza ai Presidenti
dei  due  Rami  del  Parlamento  e  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Edotte le parti presenti;
    Ordina  la  sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale.
        Sala Consilina, addi' 30 giugno 2005
                        Il Presidente: Iodice
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