N. 392 SENTENZA 12 - 21 ottobre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Caccia  -  Regione  Friuli-Venezia  Giulia - Piani di abbattimento di
  specie  faunistiche  ritenute  nocive  alle  colture  e  alla fauna
  protetta - Previsione della partecipazione all'esecuzione dei piani
  anche delle riserve di caccia regionale, qualificate conduttori dei
  fondi  a  fini  faunistico-venatori, a mezzo dei cacciatori ad esse
  iscritti  - Irragionevole ampliamento, non trattandosi nella specie
  di attivita' venatoria, dei soggetti autorizzati all'esecuzione dei
  piani - Inosservanza dei limiti posti dalla legislazione statale in
  materia   (legge   n. 157/1992)   ed   esorbitanza  dalla  potesta'
  integrativa  -  Attuativa  attribuita  dallo statuto al legislatore
  regionale  in  materia  di  caccia  - Illegittimita' costituzionale
  parziale.
- Legge  della Regione Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1999, n. 30,
  art. 7,  comma 3,  primo periodo e lettera a), cosi' come integrato
  dall'art. 2,  comma 2,  della  legge  della  Regione Friuli-Venezia
  Giulia 4 settembre 2001, n. 20.
- Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  art. 6,
  numero 3 (e Costituzione, art. 116, primo comma).
(GU n.43 del 26-10-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 7, comma 3,
primo  periodo e lettera a), della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia  31 dicembre 1999, n. 30 (Gestione ed esercizio dell'attivita'
venatoria  nella Regione Friuli-Venezia Giulia), cosi' come integrato
dall'art. 2,  comma 1  (recte:  comma 2),  della  legge della Regione
Friuli-Venezia  Giulia  4 settembre 2001, n. 20 (Modifiche alla legge
regionale  n. 29/1993 in materia di aucupio, modifiche e integrazioni
alla  legge  regionale  n. 24/1996 e alla legge regionale n. 30/1999,
nonche'  ulteriori  disposizioni  in  materia  faunistico-venatoria),
promosso   con   ordinanza   del   23 aprile   2003   dal   Tribunale
amministrativo  regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia,  sul  ricorso
proposto  dalla  LAV  -  Lega  Anti  Vivisezione  contro Provincia di
Pordenone  ed altri, iscritta al n. 500 del registro ordinanze 2003 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, 1ª serie
speciale, dell'anno 2003.
    Visto l'atto di costituzione della LAV - Lega Anti Vivisezione;
    Udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 2005 il giudice relatore
Fernanda Contri;
    Udito  l'avvocato  Alessio  Petretti  per  la  LAV  -  Lega  Anti
Vivisezione.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo regionale del Friuli-Venezia
Giulia,  con  ordinanza del 23 aprile 2003, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  comma 3,  primo periodo e
lettera a),   della   legge   della   Regione  Friuli-Venezia  Giulia
31 dicembre   1999,   n. 30  (Gestione  ed  esercizio  dell'attivita'
venatoria  nella Regione Friuli-Venezia Giulia), cosi' come integrato
dall'art. 2,  comma 1  (recte:  comma 2),  della  legge della Regione
Friuli-Venezia  Giulia  4 settembre 2001, n. 20 (Modifiche alla legge
regionale  n. 29/1993 in materia di aucupio, modifiche e integrazioni
alla  legge  regionale  n. 24/1996 e alla legge regionale n. 30/1999,
nonche'  ulteriori  disposizioni in materia faunistico-venatoria), in
riferimento all'art. 6, numero 3, e all'art. 4, numero 3, della legge
costituzionale  31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia  Giulia),  nonche'  in riferimento all'art. 116, primo
comma, della Costituzione.
    Il Tribunale amministrativo regionale premette in fatto di essere
stato  investito  del ricorso per l'annullamento di una deliberazione
della Giunta provinciale di Pordenone relativa all'individuazione del
personale  preposto  al  controllo  della cattura e dell'abbattimento
della fauna nociva. Con tale deliberazione, adottata in revoca di una
precedente,   sospesa   in   via  cautelare  dal  medesimo  Tribunale
amministrativo  regionale,  la  Giunta  ha  motivato  in  ordine alla
prevalenza   del   parere  del  Servizio  autonomo  per  la  gestione
faunistica e venatoria della Regione Friuli-Venezia Giulia rispetto a
quello  del  competente  dirigente  di servizio della provincia ed ha
confermato il dispositivo.
    In  ordine  alla  rilevanza,  il  giudice  a  quo  precisa che la
dichiarazione  di illegittimita' costituzionale della norma regionale
condurrebbe  il  collegio a riconoscere la sussistenza del fumus boni
iuris  e quindi, essendo gia' stata riconosciuta la sussistenza di un
danno  grave  e irreparabile (che ha indotto il collegio a sospendere
in  via  interinale il provvedimento impugnato fino alla restituzione
degli  atti  da  parte  della Corte costituzionale), all'accoglimento
dell'istanza  cautelare  di  sospensione della deliberazione giuntale
che su tale norma fonda il suo dispositivo.
    Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente afferma che
la  norma  censurata  non osserva i limiti della potesta' legislativa
regionale integrativo-attuativa in materia di protezione della fauna,
di  cui  all'art. 6,  numero  3,  dello statuto, poiche' consente che
all'esecuzione  di  piani di abbattimento di fauna selvatica ritenuta
nociva - autorizzati, ai sensi dell'art. 37 della legge della Regione
Friuli-Venezia   Giulia   31 dicembre   1999,  n. 30,  dall'Assessore
delegato  in  materia  di caccia - procedano, oltre che i soggetti di
cui all'art. 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per  la  protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio),  cui  l'art. 37  fa  espresso rinvio, anche le riserve di
caccia,   a   mezzo  dei  cacciatori  ad  esse  iscritti,  in  quanto
qualificate  dalle  citate  norme  regionali  come «conduttori a fini
faunistico venatori dei fondi».
    Secondo  il rimettente, infatti, la disposizione censurata non si
limiterebbe  ad  integrare  e attuare l'art. 19, comma 2, della legge
n. 157  del  1992,  ma  lo  modificherebbe,  aggiungendo  ai soggetti
autorizzati  al controllo della fauna nociva, che sono tassativamente
indicati  in  tale  articolo  (guardie venatorie provinciali e, se in
possesso  di  licenza  di  caccia, proprietari o conduttori dei fondi
interessati,  guardie forestali o comunali), numerosi altri soggetti,
quali,  potenzialmente,  tutti  i cacciatori iscritti alle riserve di
caccia  della  Provincia di Pordenone, di volta in volta inserite nei
piani di abbattimento.
    In  tal  modo,  ad avviso del rimettente, si comprometterebbe «la
stessa  finalita'  di  bilanciamento  fra  la  tutela degli interessi
tutelati  contro  l'eccessiva  moltiplicazione  di specie faunistiche
nocive  e  quella  della  conservazione  di  dette specie, assicurata
attraverso  la tassativa indicazione dei soggetti, che possono essere
autorizzati  ad  attuare  le  misure  di controllo selettivo di detta
fauna».
    Il  giudice  a  quo precisa inoltre che, pur essendo incontestato
che la disciplina in esame vada ricondotta alla materia «tutela della
fauna»,  l'art. 7,  comma 3,  primo periodo e lettera a), della legge
regionale  n. 30 del 1999 sarebbe, comunque, viziato anche qualora si
volesse ricondurre la potesta' esercitata dalla Regione alla «materia
caccia»,  materia  in cui la Regione ha, ai sensi dell'art. 4, numero
3, dello statuto, competenza esclusiva.
    Infatti,  anche  questa potesta' deve svolgersi in armonia con le
norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali, fra cui vanno
annoverate  tutte  quelle  di  principio della legge n. 157 del 1992,
alle  quali  sono  tenute  ad  adeguarsi  anche  le regioni a statuto
speciale.
    Al  giudice  rimettente  non  pare dubbio che l'art. 19, comma 2,
della   legge   n. 157   del   1992   costituisca  norma  di  riforma
economico-sociale,  perche'  elenca  un  numerus  clausus di soggetti
autorizzati  all'esecuzione  dei  piani di abbattimento, all'evidente
scopo  di  evitare  che  la  tutela  degli  interessi  (sanitari,  di
selezione  biologica,  di  protezione  delle  produzioni zootecniche,
ecc.)   perseguita   con   i   piani   di  abbattimento  trasmodi  in
compromissione della sopravvivenza delle specie faunistiche.
    Sempre secondo il giudice a quo, la normativa regionale viola non
solo  i  limiti posti alla potesta' legislativa integrativo-attuativa
in materia di protezione della fauna riconosciuta dall'art. 6, numero
3,  dello  statuto,  ma  ogni  potesta'  legislativa regionale, anche
esclusiva,  nella  parte  in cui, in violazione dei principi generali
dell'ordinamento  e  degli  interessi nazionali, dispone, per il solo
territorio  del  Friuli-Venezia Giulia, una modifica dell'ordinamento
civilistico,  introducendo  una nuova figura di conduttore dei fondi,
vale a dire i conduttori a fini faunistico venatori.
    Tale  disposizione  si  porrebbe  in  contrasto con le richiamate
norme  dello  statuto,  eccedendo i limiti della potesta' legislativa
integrativo-attuativa  e  della  potesta'  esclusiva,  anche  perche'
limiterebbe le facolta' di disposizione e godimento del proprietario,
conduttore  e  affittuario,  i  quali  devono  consentire  a soggetti
estranei di introdursi nel fondo proprio o da loro detenuto.
    Nel   complesso,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  disposizione
censurata   viola,   oltre   alle   citate  norme  statutarie,  anche
l'art. 116, primo comma, della Costituzione, in quanto alle Regioni a
statuto  speciale e' concessa esclusivamente l'autonomia prevista dai
rispettivi statuti.
    2.  - Con memoria depositata il 2 settembre 2003 si e' costituita
in giudizio la Lega Anti Vivisezione (LAV), ricorrente nel giudizio a
quo,  che  insiste per l'accoglimento della questione di legittimita'
costituzionale,  facendo  propri  i  motivi esposti nell'ordinanza di
rimessione.
    La LAV precisa che la disposizione impugnata sarebbe in contrasto
anche  con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, poiche', nel
permettere a soggetti che non hanno i requisiti previsti dall'art. 19
della  legge  n. 157  del  1992  di esercitare azioni di prelievo con
abbattimento  di  specie  protette  in  periodi  non  consentiti  dal
calendario  venatorio,  in  aree  non consentite e con l'uso di mezzi
normalmente  vietati,  comporterebbe la loro non assoggettabilita' al
sistema penale italiano.
    3. - In prossimita' dell'udienza pubblica, con memoria depositata
il  20 aprile  2005,  la  Lega  Anti  Vivisezione  (LAV)  insiste per
l'accoglimento   della   questione  di  legittimita'  costituzionale,
ribadendo  quanto  sostenuto  nell'atto di costituzione e richiamando
altresi'  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  ed in particolare la
sentenza n. 135 del 2001.
    Secondo  la  parte  privata,  con  tale  decisione,  la  Corte ha
chiarito   che  l'art. 19,  comma 2,  della  legge  n. 157  del  1992
costituisce   un   principio  fondamentale  della  materia,  tale  da
vincolare  la  potesta'  legislativa  regionale  non  solo per la sua
collocazione  all'interno  della  legge  quadro,  ma anche per il suo
significato   innovativo   rispetto  alla  disciplina  del  controllo
faunistico  di  cui  alla  precedente legge cornice 27 dicembre 1977,
n. 968,   che   all'art. 12  non  precludeva  la  partecipazione  dei
cacciatori (non proprietari dei fondi interessati) all'esecuzione dei
piani di abbattimento.
    Rispetto al secondo profilo di censura, vale a dire la violazione
del  limite  dell'ordinamento  civile,  la  LAV  precisa  che, mentre
l'art. 842  del  cod.  civ.  consente l'accesso ai fondi da parte dei
cacciatori  muniti  di  licenza rilasciata dall'autorita', l' art. 7,
comma 3,  primo  periodo  e  lettera a),  della  legge  della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 1999 consentirebbe, «unicamente nella
Regione   Friuli-Venezia   Giulia,  l'accesso  su  fondi  altrui  per
l'esercizio  di  un'attivita'  diversa  dalla caccia ed a soggetti di
diritto,  quali  le  Riserve di caccia, e quindi a tutti i cacciatori
della regione ad esse associati nei rispettivi ambiti territoriali».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo regionale del Friuli-Venezia
Giulia,  con  ordinanza del 23 aprile 2003, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  comma 3,  primo periodo e
lettera a),   della   legge   della   Regione  Friuli-Venezia  Giulia
31 dicembre   1999,   n. 20  (Gestione  ed  esercizio  dell'attivita'
venatoria  nella Regione Friuli-Venezia Giulia), cosi' come integrato
dall'art. 2,  comma 1  (recte:  comma 2),  della  legge della Regione
Friuli-Venezia  Giulia  4 settembre 2001, n. 30 (Modifiche alla legge
regionale  n. 29/1993 in materia di aucupio, modifiche e integrazioni
alla  legge  regionale  n. 24/1996 e alla legge regionale n. 30/1999,
nonche'  ulteriori  disposizioni in materia faunistico-venatoria), in
riferimento all'art. 6, numero 3, e all'art. 4, numero 3, della legge
costituzionale  31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia  Giulia),  nonche'  in riferimento all'art. 116, primo
comma, della Costituzione.
    L'art. 7,  comma 3,  primo  periodo e lett. a), della legge della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  n. 30 del 1999, cosi' come integrato
dall'art. 2, comma 2, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
4 settembre  2001, n. 20 e' censurato nella parte in cui consente che
all'esecuzione di piani di abbattimento di fauna selvatica procedano,
oltre  che  i  soggetti  di  cui  all'art. 19,  comma 2,  della legge
11 febbraio  1992,  n. 157  (Norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), anche le Riserve di
caccia situate nel territorio della Regione, a mezzo di cacciatori ad
esse  assegnati,  in  quanto  qualificate  come  «conduttori  a  fini
faunistico-venatori dei fondi».
    2. - La questione e' fondata nei limiti di seguito precisati.
    La  norma  censurata  si inserisce nel complesso quadro normativo
degli  articoli 7  e  37 della legge regionale citata e dell'art. 19,
comma 2, della legge statale n. 157 del 1992.
    L'art. 7  si  occupa  di  definire  le  Riserve  di  caccia  e di
prevederne  le  funzioni.  In particolare, secondo tale articolo, «il
territorio  regionale  destinato  a  gestione  venatoria  pubblica e'
suddiviso  nelle  unita'  territoriali denominate Riserve di caccia»,
associazioni  senza  fini  di lucro, «composte dai cacciatori ad esse
assegnati».  Prosegue  ancora  l'articolo prevedendo che, al fine del
perseguimento  della  protezione, incremento e razionale sfruttamento
del  patrimonio faunistico e della gestione dell'esercizio venatorio,
le Riserve, «quali conduttori a fini faunistico-venatori», pongono in
essere  diverse  attivita' tra le quali, alla lettera a), e' prevista
l'attuazione   di   censimenti  e  la  predisposizione  di  piani  di
abbattimento.
    L'art. 37  della  medesima  legge  dispone  che,  su  motivata  e
documentata  richiesta,  l'Assessore regionale delegato in materia di
caccia,  previo  parere  dell'Istituto  faunistico  regionale  e  del
Comitato  faunistico  venatorio regionale, possa autorizzare, in ogni
tempo  e  a  condizioni  predeterminate  e  controllate, la cattura e
l'abbattimento   della   cosiddetta  fauna  nociva,  avvalendosi  dei
soggetti di cui all'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992.
    Infine,  l'art. 19, comma 2, della legge statale n. 157 del 1992,
nel  disciplinare  l'abbattimento  di  fauna  nociva, prevede che «le
regioni  per  la  migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la
tutela  del  suolo,  per motivi sanitari, per la selezione biologica,
per  la  tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle
produzioni  zoo-agro-forestali  ed  ittiche,  provvedono al controllo
delle  specie  di  fauna  selvatica  anche  nelle  zone  vietate alla
caccia.Tale  controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di
norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto
nazionale  per  la  fauna  selvatica.  Qualora  l'Istituto  verifichi
l'inefficacia  dei  predetti  metodi,  le regioni possono autorizzare
piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie
venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime
potranno  avvalersi  dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali
si   attuano   i  piani  medesimi,  purche'  muniti  di  licenza  per
l'esercizio  venatorio,  nonche'  delle  guardie  forestali  e  delle
guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio».
    Si  tratta chiaramente di attivita' non svolta per fini venatori,
perche'  l'abbattimento di fauna nociva - che peraltro viene preso in
considerazione  dalla norma statale solo come extrema ratio, dopo che
i  metodi  ecologici  non  sono  risultati  efficaci risulta previsto
soltanto a fini di tutela dell'ecosistema. Piu' esattamente, la norma
da  ultimo citata trae origine da un'attenta ponderazione per evitare
che  la  tutela degli interessi (sanitari, di selezione biologica, di
protezione delle produzioni zootecniche, ecc.) perseguiti con i piani
di  abbattimento trasmodi nella compromissione della sopravvivenza di
alcune  specie  faunistiche ancorche' nocive. A tale scopo l'art. 19,
comma 2,   contiene  un  elenco  tassativo  di  soggetti  autorizzati
all'esecuzione  di  tali  piani  (guardie  venatorie dipendenti dalle
amministrazioni  provinciali,  proprietari o conduttori dei fondi sui
quali si attuano i piani di abbattimento, guardie forestali e guardie
comunali  munite di licenza per l'esercizio venatorio), nel quale non
sono compresi i cacciatori, come si desume, altresi', dal comma 3 del
medesimo  art. 19,  secondo  il  quale  le  sole Province di Trento e
Bolzano  possono  attuare  i piani di abbattimento della fauna nociva
anche  avvalendosi  di  altre  persone, purche' munite di licenza per
l'esercizio venatorio.
    La  previsione  dell'art. 19 della legge statale n. 157 del 1992,
come  questa Corte ha gia' avuto occasione di affermare, «nella parte
in  cui  disciplina  i  poteri  regionali  di  controllo  faunistico,
costituisce   un   principio   fondamentale  della  materia  a  norma
dell'art. 117 della Costituzione, tale da condizionare e vincolare la
potesta'  legislativa  regionale:  non  solo  per la sua collocazione
all'interno  della legge quadro e per il rilievo generale dei criteri
in  esso contenuti, frutto di una valutazione del legislatore statale
di idoneita' e adeguatezza di tali misure rispetto alle finalita' ivi
indicate,  del  controllo faunistico; ma anche per il suo significato
innovativo  rispetto  alla disciplina del controllo faunistico di cui
alla  precedente  legge  cornice  27 dicembre  1977, n. 968 (Principi
generali  e  disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e
la  disciplina  della  caccia)  -  che  all'art. 12 non precludeva la
partecipazione dei cacciatori (non proprietari dei fondi interessati)
alla  esecuzione  dei  piani  di  abbattimento destinati al controllo
selettivo  -  e  per  l'inerenza  della  disposizione [...] a materia
contemplata  dalla  normativa comunitaria in tema di protezione delle
specie  selvatiche.  La  rigorosa disciplina del controllo faunistico
recata   dall'art.19   della   legge   n. 157  del  1992  e'  infatti
strettamente  connessa  all'ambito  di  operativita'  della direttiva
79/409/CEE,   concernente  la  conservazione  di  uccelli  selvatici»
(sentenza n. 135 del 2001).
    Ed e' proprio con tale principio espresso dalla norma statale che
si  pone  in  contrasto l'art. 7, comma 3, primo periodo e lettera a)
della  legge  regionale  impugnata, cosi' come integrato dall'art. 2,
comma 2,  della  legge  del  Friuli-Venezia  Giulia 4 settembre 2001,
n. 20. Non in quanto la norma censurata prevede, alla lettera a), che
le  Riserve  di  caccia  «provvedono all'attuazione dei censimenti ed
alla  predisposizione dei piani di abbattimento» (tale formula, cosi'
come  quella  usata dal successivo art. 10 della medesima legge, deve
essere  intesa  nel  senso che alle Riserve e' affidato il diverso, e
piu'  limitato,  compito  di  porre  in essere una serie di attivita'
preparatorie  che  nulla  hanno  a  che  vedere  con l'esecuzione dei
piani),  ma in quanto qualifica tali Riserve «quali conduttori a fini
faunistico-venatori dei fondi», facendo cosi' rientrare le Riserve di
caccia, e per esse i cacciatori assegnati, tra i soggetti autorizzati
all'esecuzione  dei  piani. Non trattandosi nella specie di attivita'
venatoria, il previsto ampliamento risulta irragionevole, e in quanto
tale    si    pone    come   esorbitante   rispetto   alla   potesta'
integrativo-attuativa   che   l'art. 6,   numero   3,  dello  statuto
attribuisce  al  legislatore  regionale  in  materia  di tutela della
fauna.
    La  norma  censurata  e'  pertanto costituzionalmente illegittima
limitatamente  alla  qualificazione  delle  Riserve  di  caccia quali
conduttori a fini faunistico-venatori dei fondi.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 3,
della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia 31 dicembre 1999,
n. 30  (Gestione  ed esercizio dell'attivita' venatoria nella Regione
Friuli-Venezia  Giulia),  cosi'  come integrato dall'art. 2, comma 2,
della  legge  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia 4 settembre 2001,
n. 20  (Modifiche  alla  legge  regionale  n. 29/1993  in  materia di
aucupio,  modifiche  e integrazioni alla legge regionale n. 24/1996 e
alla  legge  regionale  n. 30/1999, nonche' ulteriori disposizioni in
materia   faunistico-venatoria),  limitatamente  alle  parole  «quali
conduttori  a  fini  faunistico-venatori  dei  fondi rientranti nella
previsione dei commi 1 e 2».
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 ottobre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C1074