N. 398 ORDINANZA 12 - 25 ottobre 2005
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Amministrazione pubblica - Incarichi dirigenziali di livello generale e di direttore generale - Prevista cessazione entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge (c.d. «spoil system»), con efficacia retroattiva e prevalenza anche su diverse disposizioni pattizie e di contrattazione collettiva - Incidenza sul diritto fondamentale di liberta' ed autonomia negoziale - Violazione del diritto al lavoro, del principio di retribuzione proporzionata ed adeguata, del principio di tutela dell'iniziativa economica privata, del principio di tutela giurisdizionale e del principio del servizio esclusivo alla Nazione dei pubblici impiegati - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione - Indebito uso dello strumento legislativo per conseguire finalita' proprie di provvedimento amministrativo (revoca) - Sopravvenuta modificazione di una delle disposizioni censurate e conseguente mutamento del complessivo quadro normativo di riferimento - Restituzione degli atti al remittente. - Legge 15 luglio 2002, n. 145, art. 3, commi 1, lettera b), e 7. - Costituzione, artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36, 41, 70, 97, 98 e 113.(GU n.44 del 2-11-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI; Giudici: Fernanda CONTRI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera b) (sostitutivo dell'art. 19, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze della amministrazioni pubbliche») e comma 7 della legge 15 luglio 2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato), promossi con ordinanze del 1° aprile, del 30 aprile, dell'11 maggio e del 14 giugno 2004 dal Tribunale di Roma, rispettivamente iscritte ai numeri 672, 673, 674 e 893 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 33 e 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visti gli atti di costituzione di Bruno Salvi, Rossana Rummo, Michele Calascibetta e Eugenio Ceccotti, nonche' gli atti di intervento di Vincenza Cesareo Grillo e del Presidente del Consiglio dei ministri. Udito nell'udienza pubblica del 27 settembre 2005 il giudice relatore Franco Bile. Uditi gli avvocati Claudio Scognamiglio per Bruno Salvi, Amos Andreoni, Vittorio Angiolini e Luisa Torchia per Rossana Rummo, Michele Calascibetta e Eugenio Ceccotti, Massimo Luciani per Vincenza Cesareo Grillo e l'avvocato dello Stato Aldo Linguiti per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che il Tribunale di Roma - chiamato a decidere, tra le altre, sulla domanda proposta (nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dei trasporti e della navigazione), dall'ex capo del Dipartimento dell'aviazione civile del Ministero dei trasporti e della navigazione, per l'accertamento del proprio diritto alla prosecuzione fino alla scadenza contrattualmente stabilita dell'incarico dirigenziale originariamente conferitogli, revocato in applicazione dell'art. 3, comma 7, della legge 15 luglio 2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato) - con ordinanza emessa il 1° aprile 2004 (r.o. n. 672 del 2004), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del menzionato art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002, nella parte in cui ha disposto che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale e quelli di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato cessano il sessantesimo giorno dall'entrata in vigore della legge; che, secondo il rimettente, la norma impugnata (avente natura retroattiva) viola: a) gli artt. 2, 4 e 41 della Costituzione, che tutelano la liberta' negoziale e l'autonomia privata dell'individuo e sono funzionali anche alla realizzazione dei valori della sua personalita', e che, come tali, ammettono interventi da parte di norme eteroformate soltanto nel rispetto della ragionevolezza; b) l'art. 3 Cost., per irragionevole disparita' di trattamento dei soggetti cui la norma si applica, rispetto a «tutti gli altri» che hanno stipulato un contratto e che sono assoggettati alla regola fondamentale dell'art. 1372 del codice civile; c) l'art. 97 Cost., poiche' lo scioglimento automatico e incondizionato di tutti i contratti, senza la previsione di qualsiasi motivazione costituisce un grave vulnus al principio di imparzialita', atteso che il meccanismo di cessazione automatica degli incarichi potrebbe essere agevolmente utilizzato dall'amministrazione per perseguire finalita' ben diverse da quella della cura dell'interesse pubblico; che nel corso di analogo giudizio - proposto (nei confronti del Ministero per i beni e le attivita' culturali, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Dipartimento della funzione pubblica e di altro controinteressato) da una dirigente generale, per ottenere tra l'altro il ripristino, fino alla naturale scadenza pattuita, nelle originarie funzioni di direttore della direzione generale per il cinema, da cui era cessata per effetto dell'applicazione della normativa de qua - il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 30 aprile 2004 (r.o. n. 673 del 2004), ha sollevato congiuntamente questione di legittimita' costituzionale del citato art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002, nella parte in cui ha disposto la cessazione degli incarichi dirigenziali di livello generale al sessantesimo giorno dall'entrata in vigore di detta legge, e dell'art. 3, comma 1, lettera b), della stessa legge nella parte in cui, in relazione al nuovo regime della dirigenza, stabilisce un limite massimo triennale di durata di detti incarichi, in quanto - una volta dichiarata l'incostituzionalita' del comma 7 - sarebbe d'ostacolo al ripristino dei rapporti cessati per la maggior durata convenzionale; che, a giudizio del rimettente, entrambe le norme confliggono con: a) l'art. 97 Cost., per lesione del principio di buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione, in quanto, inducendo i dirigenti generali alla ricerca del gradimento politico, li distoglierebbero dal perseguimento di quelle finalita' e consentirebbero al Ministro di assumere un ruolo gestionale non bilanciato dall'assunzione delle correlate responsabilita' amministrative, contabili e penali; b) l'art. 98 Cost., che esige che i pubblici impiegati siano al servizio della Nazione; c) gli artt. 1, 2, 3, 4, 35, 36 e 97 Cost., poiche' l'intervento su rapporti contrattuali in corso e la loro risoluzione senza motivazione ledono i principi di ragionevolezza, buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione e di affidamento, determinando un demansionamento dei dirigenti titolari di tali rapporti; che il solo art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002 e' censurato, altresi', per violazione: d) degli artt. 70 e 97, primo e secondo comma, Cost., in quanto si concreta nell'utilizzo dello strumento legislativo per raggiungere effetti propri di un atto amministrativo, e quindi implica eccesso di potere legislativo; e) dell'art. 3 Cost., per disparita' di trattamento a favore dei dirigenti non di livello generale per i quali si e' invece prevista la conferma automatica in caso di mancata tempestiva rotazione degli incarichi, debitamente motivata ed alle condizioni previste dal contratto collettivo; che, ancora - chiamato a decidere, tra le altre, sulla domanda proposta (nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Dipartimento della funzione pubblica e di altro cointrointeressato) da un dirigente generale, per il suo reintegro, fino alla scadenza naturale del contratto, nelle originarie funzioni di direttore dell'Ufficio scolastico regionale della Sicilia, da cui era cessato per effetto dell'applicazione della normativa in esame - il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa l'11 maggio 2004 (r.o. n. 674 del 2004), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in via principale, dell'art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002, nella parte in cui ha disposto la cessazione degli incarichi dirigenziali di livello generale al sessantesimo giorno dall'entrata in vigore di detta legge, e, in subordine, dell'art. 3, comma 1, lettera b), della stessa legge, nella parte in cui, in relazione al nuovo regime della dirigenza, stabilisce un limite massimo triennale di durata di detti incarichi, ove si ritenesse che - una volta dichiarata l'incostituzionalita' del comma 7 - la norma sarebbe d'ostacolo al ripristino dei rapporti cessati per la maggior durata convenzionale; che, secondo il rimettente, entrambe le norme impugnate violano: a) gli artt. 97 e 98 Cost., in quanto non garantiscono il rispetto dell'autonomia dell'amministrazione e, quindi, sono lesive del principio di buon andamento e di imparzialita' della stessa e di quello per cui l'amministrazione deve essere al servizio esclusivo della Nazione e non della maggioranza di governo; b) l'art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevolezza, ove si riconosca che i dirigenti generali hanno una natura che li avvicina ai segretari generali ed ai capi dipartimento, in quanto solo per essi e' stata prevista la cessazione automatica del rapporto una tantum, ovvero per disparita' di trattamento rispetto ai dirigenti di secondo livello, ove si riconosca loro una natura che ad essi li avvicini; c) gli artt. 1, 2, 3, 4 e 35 Cost., per lesione del principio di stabilita' dei contratti di lavoro e dell'affidamento dei lavoratori, della loro personalita', e per disparita' di trattamento nei confronti degli altri lavoratori; che, infine - chiamato a decidere, tra le altre, sulla domanda proposta (nei confronti dell'ISFOL - Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori - e di altro controinteressato) dall'ex direttore generale del suddetto istituto, per ottenere il ripristino, fino alla scadenza contrattuale nelle sue funzioni - il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 14 giugno 2004 (r.o. n. 893 del 2004), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del citato art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002, nella parte in cui ha disposto la cessazione degli incarichi dirigenziali di livello generale al sessantesimo giorno dall'entrata in vigore di detta legge; che la norma e' censurata in riferimento: a) all'art. 3 Cost., per lesione della sicurezza delle situazioni giuridiche; b) all'art. 2 Cost., per lesione dell'autonomia negoziale; c) all'art. 41 Cost., per lesione della liberta' di iniziativa economica privata; d) agli artt. 3, 70, 97 e 113 Cost., per eccesso di potere legislativo, sotto il profilo che avrebbe posto non una regola generale, ma una disposizione avente il contenuto obiettivo di un atto amministrativo; e) all'art. 3 Cost., per disparita' di trattamento in relazione alla situazione di cui all'art. 6 della legge n. 145 del 2002; f) all'art. 33 Cost., per lesione dell'autonomia riconosciuta da tale norma costituzionale alle istituzioni cui fa riferimento; che, in tutti i giudizi, si sono costituite le parti private ricorrenti nei processi a quibus, che hanno concluso tutte per l'accoglimento delle sollevate questioni; ed e', altresi', intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilita' e la non fondatezza delle sollevate questioni; che, in tutti i giudizi, e' intervenuto - concludendo per l'accoglimento delle sollevate questioni - altro soggetto privato, parte di un processo diverso da quelli nei quali sono state pronunciate le ordinanze di rimessione; e che detti interventi sono stati dichiarati inammissibili come da ordinanza presidenziale pronunciata in udienza. Considerato che tutte le ordinanze di rimessione propongono la questione di legittimita' costituzionale - in riferimento a molteplici parametri - dell'art. 3, comma 7, della legge 15 luglio 2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato) nella parte in cui prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale e quelli di direttore generale degli enti pubblici vigilati dallo Stato in corso all'entrata in vigore della legge medesima (che ha modificato la disciplina della dirigenza nella pubblica amministrazione) cessano il sessantesimo giorno da tale data; che, con le ordinanze iscritte al numeri r.o. 673 e 674 del 2004, i rimettenti censurano altresi', oltre la citata disposizione transitoria, anche l'art. 3, comma 1, lettera b), della stessa legge n. 145 del 2002, nella parte in cui, in relazione al nuovo regime della dirigenza, pone la disciplina a regime della durata degli incarichi in esame, prevedendo un limite massimo triennale, in quanto tale previsione - pur se il citato comma 7 fosse dichiarato incostituzionale - impedirebbe il ripristino dei rapporti cessati per la maggior durata convenzionalmente stabilita; che, data l'evidente connessione delle sollevate questioni - concernenti le stesse disposizioni, denunciate con riferimento a parametri in larga parte coincidenti - i relativi giudizi devono essere riuniti e congiuntamente decisi; che - successivamente alla proposizione delle ricordate questioni di legittimita' costituzionale - l'art. 14-sexies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, inserito dalla legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168, ha ulteriormente modificato la disciplina a regime della durata degli incarichi dirigenziali in esame posta dall'art. 19, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e gia' modificata dall'art. 3, comma 1, lettera b), della legge n. 145 del 2002, impugnato dalle ordinanze di rimessione numeri r.o. 673 e 674 del 2004; che in particolare la norma sopravvenuta ha - al comma 1 - reintrodotto per tali incarichi una durata minima, fissandola in tre anni, e portato quella massima da tre a cinque anni, e - al comma 2 - ha precisato che «La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali resi vacanti prima della scadenza dei contratti dei relativi dirigenti per effetto dell'art. 3, comma 7, della legge 15 luglio 2002, n. 145»; che pertanto il comma 1 del sopravvenuto art. 14-sexies ha modificato una delle norme impugnate, cosi' incidendo sui profili di rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni riguardanti il citato art. 3, comma 1, lettera b), della legge n. 145 del 2002, onde se ne impone il riesame da parte dei giudici rimettenti; che, d'altra parte, siffatta sopravvenuta modifica di una delle due norme censurate - pur se i nuovi limiti temporali non si applicano agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali resi vacanti prima della scadenza dei contratti dei relativi dirigenti per effetto della impugnata cessazione automatica - comporta comunque un rilevante mutamento del complessivo quadro normativo di riferimento da cui tutti i rimettenti hanno tratto argomentazioni in ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni riguardanti l'altra norma impugnata, ossia l'art. 3, comma 7, della legge n. 145 del 2002; che, pertanto, in via del tutto preliminare, si impone la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, ai quali spetta di rivalutare le questioni alla luce dello ius superveniens.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, Ordina la restituzione degli atti ai giudici del Tribunale di Roma rimettenti. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 ottobre 2005. Il Presidente: Capotosti Il redattore: Bile Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 25 ottobre 2005. Il direttore della cancelleria: Di Paola 05C1097