N. 419 ORDINANZA 9 - 14 novembre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Professioni  -  Esami  di abilitazione alla professione di avvocato -
  Giudizi  di  valutazione  -  Obbligo  di  esplicita  motivazione  -
  Ritenuta  esclusione  in  base  al  diritto  vivente  -  Denunciata
  irragionevolezza,   lesione  della  tutela  giurisdizionale  e  del
  principio   di  buon  andamento  e  di  imparzialita'  -  Questione
  prospettata   al   fine   di   avallo  interpretativo  -  Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 3.
- Costituzione, artt. 3, 24, 97 e 113.
(GU n.47 del 23-11-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo 3 della
legge  7 agosto  1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo  e di diritto di accesso ai documenti amministrativi),
promossi  con  tre  ordinanze  del  22 settembre  2004  dal Tribunale
amministrativo  regionale  della  Puglia,  sezione staccata di Lecce,
rispettivamente  iscritte  ai  numeri 1009, 1012, e 1014 del registro
ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 1, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli atti di costituzione di Vergari Maria Serena, Matranga
Alfredo  e  Largo  Francesca  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 ottobre  2005  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato  Gianluigi Pellegrino per Vergari Maria Serena,
Matranga Alfredo e Largo Francesca e l'avvocato dello Stato Gabriella
Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che il Tribunale amministrativo regionale della Puglia,
sezione staccata di Lecce, investito di ricorsi per l'annullamento di
provvedimenti  di  non  ammissione  alle  prove  orali per l'esame di
abilitazione  alla  professione  di  avvocato,  con  tre ordinanze di
identico  contenuto ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24,
97 e 113 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia
di  procedimento  amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi);
        che,  ad  avviso  del  giudice a quo la censura di difetto di
motivazione  formulata  dai ricorrenti sarebbe infondata alla stregua
di  un  orientamento  consolidato della giurisprudenza del giudice di
ultima  istanza,  secondo  la  quale, in materia di concorsi pubblici
l'obbligo    motivazionale    e'   adeguatamente   assolto   mediante
attribuzione   di   un  punteggio  numerico  alla  prova  di  ciascun
candidato;
        che, secondo il rimettente, tale orientamento avrebbe assunto
le  caratteristiche  di un vero e proprio diritto vivente, nonostante
un  contrario indirizzo interpretativo della VI sezione del Consiglio
di  Stato, di cui da' conto lo stesso giudice a quo, il quale precisa
tuttavia  che  si  tratterebbe  «di precedenti isolati e comunque non
univoci»;
        che   il   tribunale  amministrativo  dubita  pertanto  della
conformita'   a   Costituzione   di  tale  indirizzo  interpretativo,
sostenendo  che  non  sarebbe ragionevole (art. 3 della Costituzione)
escludere l'obbligo di motivazione per i giudizi d'esame;
        che  la  tutela  giurisdizionale  (artt. 24  e  113 Cost.) si
ridurrebbe  al  mero  riscontro di profili estrinseci e formali, come
quelli inerenti alle garanzie relative alla collegialita' dell'organo
giudicante e alla sua composizione;
        che,   comunque,   il   principio  di  buon  andamento  e  di
imparzialita'  (art. 97  Cost.)  richiederebbe  la  piena trasparenza
dell'azione amministrativa;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo nel senso della inammissibilita' della questione,
in   quanto   identica   a   quella  gia'  dichiarata  manifestamente
inammissibile da questa Corte con ordinanza n. 466 del 2000;
        che  si  sono  costituiti  nel  presente  giudizio  i dottori
Alfredo  Matranga, Francesca Largo e Maria Serena Vergari, ricorrenti
nei   tre  giudizi  a  quibus,  aderendo  ai  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  avanzati  dal tribunale amministrativo, e concludendo
per l'accoglimento della questione;
        che  in  prossimita'  della  data  fissata  per  la  pubblica
udienza,  la  difesa  delle parti private ha depositato delle memorie
nelle    quali,    preliminarmente,    richiama   la   giurisprudenza
costituzionale    in    merito   alle   questioni   di   legittimita'
costituzionale   in   via   incidentale   sollevate  con  riferimento
all'interpretazione  che  di  una determinata disposizione viene data
dal  diritto  vivente, e sulla base di tali premesse ritiene superato
l'ostacolo   che   aveva   condotto   alla   pronuncia  di  manifesta
inammissibilita'  resa  da  questa  Corte, su identica questione, con
l'ordinanza  n. 466  del  2000,  dal momento che l'orientamento della
giurisprudenza,   allora   oscillante,   si   sarebbe   oggi   invece
stabilizzato nel senso censurato dalle ordinanze di rimessione.
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Puglia,  sezione staccata di Lecce, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  24,  97 e 113 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3  della  legge 7 agosto 1990, n. 241, alla
luce   dell'interpretazione   di  detta  disposizione  fornita  dalla
giurisprudenza  amministrativa  in pronunce, che il rimettente reputa
«diritto   vivente»,   che   hanno  escluso  l'obbligo  di  esplicita
motivazione per i giudizi espressi in sede di valutazione degli esami
di abilitazione professionale;
        che    il    tribunale    amministrativo   regionale   chiede
sostanzialmente  una  pronuncia  sulla  conformita' a Costituzione di
tale    indirizzo    interpretativo,   con   riguardo   ai   principi
costituzionali di cui alle disposizioni sopra indicate;
        che  i  giudizi,  aventi  ad  oggetto  identica  norma, vanno
riuniti e decisi con unica pronuncia;
        che  identica questione e' gia' stata ritenuta manifestamente
inammissibile  da  questa  Corte,  con  l'ordinanza  n. 466 del 2000,
«perche'  essa  non  e'  in  realta' diretta a risolvere un dubbio di
legittimita'  costituzionale, ma si traduce piuttosto in un improprio
tentativo  di  ottenere  l'avallo  di  questa  Corte  a favore di una
determinata  interpretazione  della norma, attivita', questa, rimessa
al giudice di merito»;
        che,  successivamente, questa Corte, con ordinanza n. 233 del
2001, ha nuovamente dichiarato manifestamente inammissibile la stessa
questione,  in  considerazione  del  fatto  che il rimettente avrebbe
voluto  «estendere  l'obbligo  di  motivazione ai giudizi espressi in
sede  di  valutazione  delle  prove d'esame per l'iscrizione all'albo
degli  avvocati»,  ma  non avrebbe tratto «le conseguenze applicative
dell'interpretazione   che   egli  considera  conforme  ai  parametri
costituzionali,   deducendo   l'esistenza  della  giurisprudenza  del
Consiglio   di   Stato,   che  segue  l'interpretazione  da  lui  non
condivisa»,   osservando  come  «nulla  impedisce  al  rimettente  di
adottare  l'interpretazione  da  lui  ritenuta corretta alla luce dei
parametri costituzionali»;
        che  non  sussistono  ragioni  per discostarsi dal richiamato
orientamento,  tenuto  conto  che  nel  frattempo  la  giurisprudenza
amministrativa  ha  mostrato  di  fornire  un  panorama ulteriormente
articolato  di  possibili  soluzioni  interpretative, spaziando dalla
tesi   che   esclude   l'applicabilita'  del  censurato  art. 3  alle
operazioni  di  mero  giudizio conseguenti a valutazioni tecniche, in
quanto  attivita'  in  tesi  non provvedimentali, a quella che invece
ritiene   applicabile   l'obbligo   di   motivazione  previsto  dalla
disposizione censurata anche ai giudizi valutativi;
        che   all'interno   di  tale  ultimo  indirizzo  possono  poi
individuarsi   tre  diverse  posizioni,  a  seconda  che  si  ritenga
l'attribuzione   di  un  punteggio  numerico  una  valida  ed  idonea
espressione  motivatoria  del  giudizio  valutativo,  ovvero  che  si
escluda  tale  idoneita',  o  ancora  che  si rifiuti una prospettiva
aprioristica,   per   risolvere   la   questione  in  relazione  alle
peculiarita' della singola fattispecie, e segnatamente alla relazione
intercorrente  fra  l'estensione  dei criteri valutativi prestabiliti
dalla  commissione esaminatrice ed il carattere piu' o meno analitico
del giudizio sulle prove di esame;
        che  lo  stesso giudice rimettente, peraltro, successivamente
alla  proposizione  della  questione,  ha  mostrato  di esplorare una
ulteriore,  possibile  interpretazione  della disposizione censurata,
con  una  serie  di  ordinanze  cautelari nelle quali ha diversamente
ricostruito  le  modalita'  del  sindacato  giurisdizionale ex art. 3
della  legge  n. 241  del  1990  sui  giudizi  valutativi delle prove
scritte  relative  all'abilitazione  alla  professione  forense,  «in
ragione  dell'indirizzo  che  consente  al giudice amministrativo una
valutazione  sulle  manifestazioni di discrezionalita' tecnica, cosi'
ridimensionando  la  funzione  di  strumento  di  verifica estrinseca
dell'operato della p.a. proprio della motivazione»;
        che  pertanto  va  confermato  il  richiamato orientamento di
questa  Corte,  tanto piu' in presenza delle riportate evoluzioni del
panorama giurisprudenziale, che consentono al giudice di adottare una
delle  (plurime)  interpretazioni  che ritenga conforme agli invocati
parametri costituzionali.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3  della legge 7 agosto 1990,
n. 241  (Nuove  norme  in materia di procedimento amministrativo e di
diritto  di  accesso  ai  documenti  amministrativi),  sollevata,  in
relazione  agli  artt. 3,  24,  97  e  113  della  Costituzione,  dal
Tribunale  amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di
Lecce, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 novembre 2005.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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