N. 29 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 10 novembre 2005

Ricorso   per  conflitto  di  attribuzione  tra  enti  depositato  in
cancelleria il 10 novembre 2005 (della Regione Veneto)

Consiglio  regionale  -  Immunita'  dei  consiglieri regionali per le
  opinioni  espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni
  -   Sentenza  del  Tribunale  civile  di  Venezia  di  condanna  al
  risarcimento  del  danno  del  Presidente-consigliere della Regione
  Veneto  Giancarlo  Galan, in relazione alle dichiarazioni da questi
  rese  nei  confronti  dei giornalisti Giuseppe Casagrande e Roberto
  Reale  - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Veneto -
  Ritenuta  sussistenza del nesso funzionale tra attivita' consiliare
  e dichiarazioni, espressione, nel caso di specie, in ogni caso, del
  «potere  di  esternazione»  di  cui e' titolare il Presidente della
  Regione  -  Lesione  delle  competenze regionali costituzionalmente
  garantite  -  Richiesta  alla  Corte di dichiarare la non spettanza
  allo  Stato  e  per  esso  al  Tribunale  di  Venezia del potere di
  accertare  la  responsabilita'  civile  del  Presidente-consigliere
  regionale  e,  conseguentemente,  di annullare la relativa sentenza
  del Tribunale civile di Venezia.
- Sentenza  Tribunale di Venezia, III sezione civile, 30 aprile 2005,
  n. 1715.
- Costituzione, artt. 121, 122, comma quarto, e 123.
(GU n.48 del 30-11-2005 )
    Ricorso  della  Regione  Veneto,  in  persona  del Presidente pro
tempore  della  giunta  regionale, autorizzato mediante deliberazione
della  giunta  stessa  n. 2490 del 13 settembre 2005, rappresentata e
difesa,  come  da procura speciale a margine del presente atto, dagli
avv.ti  prof.  Mario  Bertolissi di Padova e Luigi Manzi di Roma, con
domicilio  eletto,  agli  effetti  del  presente  giudizio, presso lo
studio di quest'ultimo in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;

    Contro  la  Presidenza  del Consiglio dei ministri in persona del
Presidente  in carica, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura
generale  dello  Stato, per regolamento di competenza in seguito alla
sentenza  del  Tribunale  di  Venezia, III sez. civ., 30 aprile 2005,
n. 1715,  depositata  in cancelleria l'8 agosto 2005, notificata il 5
ottobre  2005,  con  la quale il consigliere-Presidente della Regione
Veneto  dott. Giancarlo Galan e' stato condannato al risarcimento del
danno  in  relazione  a dichiarazioni apparse sulla stampa (a partire
dall'intervista  sul  quotidiano  Libero  del giorno 7 febbraio 2002,
intitolata:  «Qui  in Veneto dove la Rai come un soviet») considerate
offensive  della  loro  reputazione  dai  giornalisti  Rai (presso la
redazione  di  Venezia)  dott.  Giuseppe  Casagrande  e dott. Roberto
Reale.

                              F a t t o

    1.  -  Con  atto  di  citazione  notificato il 26 novembre 2002 i
dottori  Roberto  Reale e Giuseppe Casagrande, giornalisti Rai presso
la  redazione  di Venezia, convenivano avanti al Tribunale di Venezia
il  Presidente  pro  tempore della giunta regionale del Veneto, dott.
Giancarlo Galan.
    Gli  attori  lamentavano  che  il  7 febbraio 2002 sul quotidiano
Libero  era apparsa un'intervista al dott. Galan dal seguente titolo:
«Qui   in   Veneto  dove  la  Rai  e'  come  un  soviet».  Nel  corso
dell'articolo    erano   riportate   tra   virgolette   le   seguenti
affermazioni:  «"La  Rai? In Veneto e' gestita da un soviet"; e, poco
piu'  avanti:  "A  me  basterebbe  che nella sede Veneta della Rai ci
fossero  semplicemente  dei  giornalisti  che facessero informazione.
Invece  li'  c'e' un soviet. Fanno riunioni del comitato di redazione
per decidere come tagliare fuori Galan dalle immagini e dai servizi".
[domanda:] Per esempio ... "La consegna del buono scuola: siamo stata
la  prima  regione  in Italia a consegnarlo alle famiglie e sa quanto
spazio  ha  dedicato  il  TG3  del  Veneto? La bellezza di 23 secondi
nell'edizione  delle  14.  Ma  I casi si sprecano. Si arrampicano sui
vetri  per  escludermi  dalle  immagini  e  per  non  citarmi, magari
riferendo  dichiarazioni  di assessori che non erano neppure presenti
alle manifestazioni di cui si parla"» (v. doc. 2).
    A  tali  affermazioni  facevano  seguito  le dimissioni del dott.
Casagrande  dall'incarico di capo redattore del Tg3, poi respinte dal
direttore della testata, dott. Antonio Di Bella.
    Le  dichiarazioni del dott. Galan venivano precisate ed integrate
l'8  febbraio  2002  e  poi ancora il 9 e l'11, sui quotidiani Libero
(«Adesso  quei  signori  non  si  rendano  ridicoli  con la storia di
rendere  note  le  percentuali delle mie presenze ai telegiornali, lo
sappiamo tutti che ci sono mille modi per far apparire una persona in
televisione  dando  un  effetto  negativo  alla  sua  presenza. Cosi'
facendo  possono  pensare di incantare al massimo qualche sprovveduto
pastore del Gennargentu»); su La Nuova Venezia («Tutto questo chiasso
per cose che ho sempre detto ... Sono stato anche troppo signore: cos
`ho  detto  in  fin  dei  conti?  Che mi e' basta avere di fronte dei
giornalisti»);  similmente  su  Il Gazzettino, Il Secolo d'Italia, Il
giornale  di  Vicenza, L'Unita', Il Manifesto, La Repubblica, nonche'
sulle Agenzia di Stampa ADNkronos e Ansa (cfr. doc. 3).
    Il  7  marzo  2002  l'agenzia  ADNkronos  diffondeva le ulteriori
dichiarazioni   del   Presidente   con  le  quali  ribadiva  «che  il
comportamento  della  Rai  dal punto di vista della qualita' e' stato
vergognoso.  Non  mi  dimentico  l'infamia  della campagna elettorale
fatta  per  le  elezioni  regionali. Io non me ne dimentico e sarebbe
bene  che  non  se  ne dimenticasse neppure il vice direttore del Tg3
Roberto Reale. ... E qui c'entra la liberta' del giornalista che alla
Rai  del  Veneto non c'e' ed e' per questo che io chiedo che alla Rai
arrivino  dei  giornalisti.  Non  mi  interessa  se  sono  di  una  o
dell'altra  parte,  l'importante  e'  che facciano i giornalisti. Qui
invece per anni hanno fatto i propagandisti politici ...».
    La notizia veniva diffusa, il giorno successivo, su il Gazzettino
«Basta con i propagandisti politici, servono solo giornalisti che non
parlino   male   degli  altri  ...  Rai  Tre  e'  fallita  e  il  suo
comportamento e' stato vergognoso soprattutto in campagna elettorale.
Ho  le  prove  quando  dico  che non e' solo questione di tempo ma di
qualita'  dell'informazione),  Il Mattino di Padova, La Nuova Venezia
(doc. 3).
    Assumendo  gli  attori di essere stati ingiustamente pregiudicati
da  tali  affermazioni,  chiedevano  la  condanna al risarcimento del
danno  patrimoniale  e  non  patrimoniale) per lesione dell'identita'
personale,  dell'onore  e della reputazione, nonche' la pubblicazione
della sentenza di condanna nella stampa medesima.
    Il     convenuto,     costituitosi    in    giudizio,    eccepiva
l'umproponibilita' della domanda ex art. n. 122, comma quarto, Cost.,
chiedendo  in  ogni  caso  la relezione delle domande attoree siccome
inammissibili  e  infondate;  o,  in via strettamente subordinata, la
riduzione dell'entita' dei danni richiesti e la rifusione delle spese
di causa.
    Con  sentenza  n. 1715  del  30  aprile  2005  - 8 agosto 2005 il
Tribunale   civile   di   Venezia,   reietta  ogni  altra  eccezione,
accogliendo, in parte qua la domanda attorea, condannava il convenuto
al  pagamento  in  favore  di  ciascun  attore  della  somma  di Euro
120.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre
agli interessi dalla sentenza al saldo; di Euro 10.000,00 a titolo di
riparazione   pecuniaria   ex   art.   12,   legge  n. 47/1948;  alla
pubblicazione  per  estratto  della  sentenza  per una volta ed in un
giorno  feriale  con gli stessi caratteri e con lo stesso risalto sui
quotidiani  Il  Gazzettino, La Nuova Venezia, Il Corriere della Sera,
La   Repubblica,   Il  Giornale  di  Vicenza;  infine,  accollava  al
soccombente la rifusione delle spese di causa (v. doc. 4).
    La  sentenza veniva gravata in appello con contestuale istanza di
sospensione della provvisoria efficacia esecutiva ex art. 283 c.p.c.
    La Regione Veneto, dopo aver autorizzato il suddetto appello, con
delibera  della Giunta regionale 13 settembre 2005, n. 2490 (doc. 1),
autorizzava,  altresi',  a  proporre  il  giudizio  per  conflitto di
attribuzione    avanti    codesta   ecc.ma   Corte,   ritenendo   che
«l'attivazione del procedimento civile e la pronuncia emessa in primo
grado hanno inciso in via diretta sull'autonomia del Presidente della
Regione   ed   in  via  mediata  sulla  autonomia  costituzionalmente
garantita  alla  Regione,  in  violazione degli artt. 121 - 122 e 123
della  Costituzione»  e  che «piu' in generale risulta compromesso il
principio  secondo  il quale l'esercizio delle funzioni di Presidente
della   Regione  (stante  il  rilievo  costituzionale  dell'autonomia
regionale) non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali».
    Tutto  cio'  premesso  il  presente  ricorso  e'  per le seguenti
ragioni di diritto.

                            D i r i t t o

    1.  -  E'  insegnamento  di  codesta  Corte e, con l'avallo della
migliore dottrina, puo' considerarsi jus receptum che:
        a)  «l'esonero  da responsabilita' dei componenti dell'organo
[Consiglio  regionale]  (sulla  scia  di  consolidate giustificazioni
dell'immunita'  parlamentare)  e'  vista funzionale alla tutela delle
piu'  elevate  funzioni di rappresentanza politica» sent. n. 69/1985;
in  dottrina,  v.  L. Paladini, Diritto regionale, Padova, 1997, 325,
per   il  quale  l'irresponsabilita'  comune  ai  parlamentari  e  ai
consiglieri  regionali  si  pone  a «garanzia che tende ad assicurare
(tanto  per lo Stato quanto per le Regioni) l'indipendenza funzionale
dell'organo in questione»);
        b)   attraverso   la   lesione  delle  prerogative  stabilite
dall'art. 122,  quarto  comma,  rimangono  violate  anche altre della
Costituzione:  quelle  degli  artt. 121  e 123, poiche' l'alterazione
delle  attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere
regionale  che  esprime  opinioni e da' voti si riverbera sull'intera
organizzazione  dell'ente  e  sull'esercizio delle relative funzioni,
entrambi costituzionalmente protetti;
        c)  le guarentigie di cui all'art. 122, quarto comma e quelle
previste  -  peraltro  in  una piu' ampia prospettiva - dall'art. 68,
primo  comma, Cost. costituiscono «eccezionali deroghe all'attuazione
della   funzione   giurisdizionale»:  queste  ultime  sono  poste  «a
salvaguardia  dell'esercizio  delle  funzioni  sovrane  spettanti  al
Parlamento»,  le  prime,  invece,  pur non esprimendosi «a livello di
sovranita»,   «si   inquadrano  ...  nell'esplicazione  di  autonomie
costituzionalmente garantite» (sent. n. 81/1975; n. 382/1998);
        d) la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, Cost. e
quella   di   cui   all'art.  122,  quarto  comma,  Cost.,  salva  la
summenzionata  differenza  (il  fatto  che  l'immunita',  in un caso,
inerisca alla sovranita' dello Stato, di cui il Parlamento e' organo;
nell'altro,   attenga   ad   aspetti  dell'autonomia  della  regione)
soggiacciono a principi analoghi, a fronte dell'identico tenore delle
disposizioni  che, rispettivamente, le regolano (in dottrina, cfr. R.
Tosi,  Nota  a Corte cost. sent. n. 81/1975 in Le Regioni, 1975, 765,
per   la  quale  «le  due  disposizioni  [l'art. 68,  primo  comma  e
l'art. 122,   quarto  comma,  Cost.]  che  sottraggono  al  sindacato
dell'autorita' giudiziaria i membri delle Camere e dei Consigli hanno
lo  stesso contenuto: i problemi che si pongono per l'una non possono
non  interessare  anche  l'altra  e  allo  stesso  modo devono essere
risolti»);
        e)  l'immunita'  (parlamentare  e)  dei consiglieri regionali
comporta  «la  carenza di potere giurisdizionale»: quindi, la pretesa
di  esercitare,  cio'  nonostante,  la  funzione  del  jus dicere «si
traduce   ...  in  un'alterazione  dell'ordine  costituzionale  delle
competenze», in quanto «comporta l'invasione della sfera di autonomia
costituzionalmente   riservata   alla   Regione   .  ..,  alla  quale
esclusivamente  spetta  l'esercizio  delle  funzioni che i magistrati
hanno  inteso  condizionare»  (sent  n. 70/1985; in dottrina v. P. Di
Muccio,  L'insindacabilita'  dei  parlamentari: una introduzione allo
studio dell'art. 68, primo della Costituzione, in Diritto e societa'.
1986,  681,  secondo  cui  tale  prerogativa  costituisce «un caso di
esenzione dalla giurisdizione»;
        f)  l'immunita'  (parlamentare  e)  dei consiglieri regionali
riguarda    ogni    tipo    di   responsabilita',   civile,   penale,
amministrativa,  contabile  erariale  (cfr.  sent.  n. 100/1986:  «di
questa  guarentigia  i  consiglieri  regionali  fruiscono anche nella
sfera  della  responsabilita'  patrimoniale»;  v. anche S. Bartole et
alii,  Diritto  regionale.  Dopo  le  riforme,  Bologna,  2003, 93 e,
seppure  a  commento  dell'art. 68, R. Moretti, in V. Crisafulli - L.
Paladin  (a  cura  di)  Commentario  breve alla Costituzione, Padova,
1990,   410,   secondo  cui  «non  vi  e'  alcun  ragionevole  dubbio
sull'ambito  di  applicazione  della  prerogativa, essendo unanime il
riconoscimento  che  essa opera sia nella sfera penale, che in quella
civile  e  amministrativa»).  La  stessa  riforma dell'art. 68, primo
comma,  operata  con  legge  n. 3/1993,  nel  modificare  la  formula
originaria  (i  membri  del  Parlamento, per le opinioni espresse e i
voti  dati  nell'esercizio  delle  loro funzioni, «non possono essere
chiamati  a  rispondere»  anziche' «non possono essere perseguiti» ha
chiarito  che  la prerogativa riguarda ogni tipo di responsabilita' e
non solamente quella penale;
        g) in particolare, benche' statuito a proposito deIl'art. 68,
primo comma Cost., si e' precisato che la norma costituzionale limita
«la   possibilita'   di   far   valere   in  giudizio  una  ipotetica
responsabilita'   del   parlamentare   per   le   opinioni   espresse
nell'esercizio  della  funzione  ...  Siffatta  limitazione  ... vale
egualmente  in ordine a qualunque sede giurisdizionale nella quale si
pretenda di far valere una responsabilita' del parlamentare, e dunque
anche  in  sede  di  giudizio  civile» (sent. n. 265/1997, ma v. gia'
sent. n. 1150/1988);
        h)  all'originaria  configurazione  soggettiva  del conflitto
(come  vindicatio  potestatis)  se ne e' aggiunta una oggettiva, piu'
ampia,  «riguardante  non la spettanza della competenza ma il modo di
esercizio (sostanziale e procedurale) di essa» (cosi' G. Zagrebelsky,
Giustizia  costituzionale  Bologna, 1988, 339): conseguentemente, «la
figura  dei  conflitti  di  attribuzione  non  si restringe alla sola
ipotesi  di  contestazione  circa l'appartenenza del medesimo potere,
che  ciascuno  dei  soggetti  contendenti  rivendichi  per se', ma si
estende  a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio
di  un  potere  altrui  consegua  la  menomazione  di  una  sfera  di
attribuzioni  costituzionalmente  assegnate  all'altro  soggetto» (v.
sent. n. 110/1970);
        i)  per  orientamento  costante (a partire dalla sent. n. 110
del  1970, ( ribadita in successive pronunce: cfr. sentt. nn. 211 del
1972,  178  del 1973, 289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981, 70 del
1985),  «nulla  vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine
da  un  atto giurisdizionale, se ed in quanto si deduca derivarne una
invasione della competenza costituzionalmente garantita alla regione»
(sent.  n. 285/1990). Pertanto, «si sono ritenuti "idonei a dar luogo
a  conflitti  di  attribuzioni  fra  Stato  e  Regioni"  "anche  atti
giurisdizionali  o comunque strumentalmente inerenti all'esplicazione
di funzioni giurisdizionali" "quante volte si assuma che ridondino in
una    invasione    o   menomazione   della   sfera   di   competenza
costituzionalmente   garantita   alla   Regione  ricorrente"»  (sent.
n. 70/1985).
    3. - Ora, il Presidente-consigliere Galan e' stato condannato dal
Tribunale  civile  di Venezia per dichiarazioni per le quali, dato il
suo  status, gode dell'eccezionale guarentigia dell'irresponsabilita'
prevista dall'art. 122, quarto comma, Cost.
    Richiesta   di   riconoscere   ed  attivare  siffatto  regime  di
immunita',    la   Regione,   zitenendo   sussistenti   gli   estremi
dell'irresponsabilita',   ha   deciso   positivamente   per   la  sua
applicazione.
    Pare  arduo  sottrarsi  alla  conclusione che il giudice di primo
grado,  e  per esso, lo Stato, con la succitata decisione, ha violato
la  posizione  di  autonomia  e  di  indipendenza  costituzionalmente
garantita  ai  componenti  il Consiglio regionale e, loro tramite, al
Consiglio stesso.
    E'  sufficiente  attualizzare  al  caso  di  specie i punti fermi
pocanzi  evidenziati,  per  accorgersi che: a) si e' violata «la piu'
ampia   liberta'   di   valutazione  e  di  decisione»  riservata  ai
consiglieri   regionali   (per   dirla   con   T.  Martines,  Diritto
costituzionale,  Milano,  1994,  294); b) si preteso di esercitare la
giurisdizione  anziche'  provvedere  a declinarla; c) si e' invasa la
sfera di autonomia costituzionalmente riservata ai consiglieri e alla
regione.
    4.  -  A  scanso  di  equivoci,  bene precisare che, nel radicare
(l'ammissibilita'  del  presente conflitto sull'assunto della carenza
del  potere  da  parte  di  chi  l'ha  esercitato  e sull'effetto del
pregiudizio   dell'autonomia   regionale,   non  si  intende  affatto
contestare,  qui  anziche'  davanti al giudice dell'impugnazione, gli
errori in judicando commessi dal giudice di prime cure laddove non ha
dichiarato  il difetto di giurisdizione o non ha sospeso il giudizio,
come  pure  avrebbe  dovuto:  si  denuncia,  piuttosto, l'illegittimo
convincimento che ha indotto il Tribunale di Venezia ad esercitare un
potere che non gli competeva e non gli compete.
    Se  si  vuole, l'errore di cui ci si duole e' «sui confini stessi
della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa» (cfr. sent.
n. 285/1990);  non  si  chiede,  pertanto,  un  sindacato  sul merito
dell'attivita'  giurisdizionale,  quanto piuttosto di dichiarare come
l'esercizio   della   giurisdizione   sia   (stato)  lesivo  in  se',
indipendentemente  dal  quomodo,  delle competenze costituzionalmente
assegnate alla regione.
    E'  stato  chiarito, sia dalla sentenza n. 289 del 1974, che, se,
da una parte, e' inammissibile l'impugnazione, mediante conflitto, di
atti  giurisdizionali  quando  si chieda in sostanza la correzione di
eventuali  errori  in  judicando  nei  quali  il giudico sia incorso,
mirando  ad  ottenere nel merito la revisione della sentenza, d'altra
parte  il  conflitto  e' pienamente ammissibile quando sia denunciata
una  lesione derivante «dal solo fatto di esercitare la giurisdizione
nei confronti di atti ... che si affermino ad essa sottratti da norme
costituzionali».
    5. - Il caso di specie presenta peculiarita' del tutto singolari,
peculiarita'  dalle  quali  discende,  quale  naturale corollario, la
scarsa  pertinenza  (o, quanto meno, la non automatica attinenza) dei
precedenti  giurisprudenziali  elaborati  in  tema  di  condizioni di
applicazione  della  guarentigia  di  cui all'art. 122, quarto comma,
Cost. (e, parallelamente di cui all'art. 68, primo comma).
    Esso  involge,  innanzi  tutto,  non  gia'  la  posizione  di  un
«semplice»    consigliere    regionale,    bensi'    quella   di   un
consigliere-Presidente di regione. Dal che derivano, a tacer d'altro,
due  significative  specificita'  da  non  pretermettere o confondere
troppo  frettolosamente  nel  crogiolo  dei  casi gia' decisi. Non va
dimenticato,  infatti:  a)  che  la  funzione di rappresentanza della
Regione  e  di direzione della politica della giunta (cfr. artt. 121,
comma  4,  Cost. e 30 statuto Veneto) si accompagna istituzionalmente
(e  comunque  per  prassi  eretta  a consuetudine facoltizzante) alla
possibilita'  di  «esternazione politica»; b) che tale potere in ogni
caso  va  al di la' delle puntuali competenze affidate dalla legge al
Presidente ed e', si puo' dire, quasi connaturato al suo ruolo.
    Non  si puo', dunque, revocare in dubbio che per un presidente di
regione,  tanto  piu'  oggi  che  la sua elezione avviene a suffragio
universale  e diretto (cfr. art. 122 come novellato dalla legge cost.
n. 2/2001),  la  manifestazione  di valutazioni e di orientamenti sui
temi  dell'attualita'  politica  e'  diretta  espressione  del  munus
publicum  di cui e' titolare: ha, il Presidente, una sorta di diritto
di  parlare  per  chiarire pubblicamente, avendone la responsabilita'
politica diffusa, il significato e la ragione degli atti propri e del
proprio «governo».
    Devono,   pertanto,   considerarsi   coperte   dall'immunita'  le
dichiarazioni  presidenziali (quali quelle in oggetto), ascrivibili e
non  ascrivibili  a funzioni tipizzate, (per il solo fatto di essere)
riferibili o genericamente connesse alla sua carica rappresentativa e
alla   realizzazione  dell'indirizzo  politico  sul  quale  il  corpo
elettorale  a suo tempo votandolo nominativamente, ha espresso la sua
preferenza.
    6.  -  A  tal  riguardo  l'intervista «madre» del dott. Galan (la
prima,   quella   del   7  febbraio  su  Libero)  va  necessariamente
contestualizzata, perche', letta per excerpta, acquista connotati che
non le sono propri.
    Galan,  allora,  non  parlo'  solo  di Rai, ma, con la stessa vis
polemica,  anche  di  buoni  scuola,  di sanita', di grandi opere, di
ambiente,  di statuto regionale: cioe' di obiettivi del suo programma
di  governo realizzati e da realizzare; e, ancora, relativamente alla
Rai  regionale, il tono sferzante nasceva dall'incombente rinnovo del
consiglio di amministrazione e, percio', era funzionale, ad ottenere,
per la sede regionale, una maggiore «rappresentanza» di colore.
    Diventa cosi' evidente che si tratta di dichiarazioni strumentali
alla  posizione pubblica ed istituzionale del Predidente, di indubbia
valenza  politica:  per  definizione (vale a dire, proprio per l'alto
tasso   di   politicita),  non  sindacabili,  a  meno  di  non  voler
compromettere  alla  radice, contrariamente alla stessa ratio sottesa
dalla   prerogativa   in   esame,   la   garanzia   dell'indipendenza
dell'autonomia regionale.
    Tornano  alla mente le parole scritte da Carlo Esposito, gia' nel
1960  (voce  Capo  dello  Stato,  in  Enc.  dir., VI, Milano, 236), a
proposito   dell'area  dell'irresponsabilita'  del  Presidente  della
Repubblica:  «...  la  tesi del Capo dello Stato come organo politico
imparziale  o  supra  partes  appartiene al mondo delle ricostruzioni
mistiche  e  non  a  quello delle definizioni realistiche ... Secondo
ogni  seria  ricostruzione realistica, quando si attribuiscono poteri
al  Capo dello Stato (e in particolare quando si attribuiscono poteri
sottratti alla prevalente volonta' ministeriale) questi non sono dati
alla  «Dea  Ragione»,  ma  ad  un  uomo  con i suoi vizi e con le sue
virtu',  con le sue passioni e con i suoi inevitabili orientamenti...
L'unica  distinzione  qualitativa  tra il potere del Capo dello Stato
irresponsabile,  salvo i casi di grave illegalita' ... e quello degli
altri   organi   politici,  in  regime  parlamentare,  non  e'  nella
imparzialita'    del    Capo   dello   Stato,   ma   se   mai   nella
"personalizzazione" del suo potere».
    Nel  dibattito politico i limiti della liberta' di manifestazione
del  pensiero diventano massimamente labili: chi sceglie di dedicarsi
alla  vita  politica  attiva  opera  sempre  una  scelta  di parte e,
necessariamente (per la funzione che esclude l'indifferenza, la quale
e' possibile solo all'interno della societa' civile), assume un punto
di vista, abbraccia una fazione, diventa fazioso.
    7.  - L'oggetto reale dell'invettiva, invero, consiste in uno dei
cardini  del  sistema  del  potere  politico  locale,  vale a dire la
gestione e/o la riforma del servizio radiotelevisivo regionale.
    Ed   infatti,  gli  stessi  articoli  di  giornale  che  si  sono
soffermati  sulle  esternazioni  di  Galan,  di  esse, danno, apertis
verbis, una lettura squisitamente politica, ben piu' fine rispetto al
«peso»  delle  parole  in concreto usate, ricordando, appunto, che di
li' a pochi giorni, si sarebbe provveduto al rinnovo dei vertici Rai:
        Il Manifesto (8 febbraio 2002): «probabilmente il governatore
del  Veneto  ha  anche  un  altro obiettivo. La Lega, quella Lega che
appunto  vuole  infilare  le  sedi  Rai  del  Nord nel suo bottino di
guerra.  A livello regionale ultimamente si sono registrare parecchie
frizioni  tra Il Presidente e il Carroccio. Alla vigilia delle nomine
Rai  il  messaggio dell'intemperante Galan sembra dunque rivolto alla
coalizione: fate in modo che non mi pestino i piedi»;
        Il  Corriere  della Sera (8 febbraio 2002): «Umberto Bossi si
sente  tranquillo:  "la  Lega  avra'  il  suo rappresentante". Ma sul
rinnovo  del  consiglio di amministrazione della Rai le acque restano
agitate.   Perche'  l'offensiva  portata  avanti  dal  Carroccio  sta
provocando  non pochi problemi a chi deve proporre la rosa dei cinque
nomi  che  governeranno  l'azienda pubblica televisiva. ... Alla fine
del  Consiglio  dei ministri il leader del Carroccio fa notare che in
Rai  c'e' sempre stato un posto per tutti". E quindi "questa volta ci
sara'  un posto anche per la Lega: ci mancherebbe a1tro". E' vero che
alla   fine   il   ministro  per  la  Devolution  si  potrebbe  anche
accontentare  di  qualche  direzione dei Tg regionali del Nord. Ma il
problema e' politico e deve trovare una soluzione politica»;
        La Nuova Venezia (9 febbraio 2002): «Peccato che il 17 ci sia
all'ordine  del giorno il rinnovo del cda della Rai e, a cascata, dei
vertici  regionali.  Meccanismi  di  compensazione tra Forza Italia e
Lega  prevedono che i capiredattori di Milano, Torino e Venezia siano
uomini  di  Bossi  ... Max Parisi .... sarebbe designato per Venezia.
... Se fosse lui la vera preoccupazione di Giancarlo Galan»;
        Il  Giornale  di  Vicenza  (9  febbraio  2002): «... Giuseppe
Giulietti  sostiene  che  quello  di  Galan non e' solo un attacco ai
giornalisti  del Tg3 Veneto ma era un parlare a nuora perche' suocera
intenda.  Mi  e' parso ... un tentativo di sparare contro gli accordi
sul  futuro della gestione Rai gia' presi con la Lega Nord. Galan ...
ha  voluto attaccare una delle intese principali: quella in base alla
quale, se alla Lega non dovesse venir concesso un posto nel Consiglio
di  amministrazione  della  Rai, le verrebbe comunque riconosciuto il
condirettore  della  testata  Tgr  per il Nord, nonche' il governo di
alcune sedi regionali, ovvero Torino, Venezia e Genova o Trieste"»;
        Il  Messaggero  (16  febbraio 2002): partendo dalle parole di
Piero  Vigorelli,  che  guido' la testata giornalistica regionale nel
`94  «rispetto  ai  miei  tempi ... alle redazioni regionali e' stata
fatta una lottizzazione selvaggia. Solo tre su ventuno sono in mano a
uomini  del centro destra», l'articolista (Alberto Guarnieri) chiosa:
«il   dato  vien  contestato  dagli  attuali  vertici.  Secondo  loro
sarebbero  "ben"  sette  su ventuno le regioni targate Polo. Qualcuno
potrebbe   notare   che   e'  ben  triste  trattare  dei  giornalisti
professionisti  con  alta  qualifica  come  dei lottizzati. Ma a Saxa
Rubra  non  si  scandalizza  nessuno. E' noto che per la nomina di un
capo di sede regionale ministri e politici che contano spendono molte
piu'  telefonate  che non per un caporedartore del Tg1. ... La Tgr e'
tornata  in seno al Tg3 dal 1996. Fu Nuccio Fava a traghettare i suoi
800  giornalisti (la piu' grande redazione d'Europa) nel seno dell'ex
Telekabul.  Ennio  Chiodi,  Nino Rizzo Nervo e Antonio Di Bella hanno
proseguito l'attuale andazzo e tutti e tre vi direbbero che e' giusto
cosi'. Ma sanno benissimo di non avere quasi nessun potere su un capo
di  sede  regionale  ...  Per  accrescere  il  controllo ci sono oggi
quattro commissari, Roberto Reale (diessino) per il Nord Est. Sarebbe
la  sua  testa  il vero obiettivo delle proteste del presidente della
Regione  Galan,  che  hanno invece portato alle dimissioni [respinte]
del capo della sede Veneta, Roberto Casagrande».
    Lo  stesso  Galan,  secondo  quanto battuto dall'agenzia ANSA, il
giorno successivo alla famigerata intervista, chiariva il senso della
polemica:  «la  mia  accusa e' che il telegiornale del Veneto non da'
informazioni sul Veneto. Non tanto sul suo Presidente ... Un servizio
nato  e pagato dal contribuente per dare informazioni al cittadino si
perde  piu'  in  piccole  beghe  di  cortile che nei grandi fatti che
succedono   in   questa   Regione   ...  dimostrando  oltretutto  una
incapacita'  assoluta di trasferire i grandi fatti che questa Regione
produce  a  livello  nazionale.  In questo sta il vero fallimento del
Tg3».  E,  nelle  pagine  de  Il Gazzettino (8 febbraio), dichiarava:
«Dobbiamo  registrare  il  fallimento  di  RaiTre in questi anni. Era
stata  fondata  per  essere  una  televisione regionale, ma lo spazio
dedicato  al  Veneto,  cosi'  come alle altre Regioni, e' una miseria
rispetto  ad  un  palinsesto  che  invece  e'  stato  concepito  come
strumento per fare concorrenza alle televisioni emergenti».
    Di  recente,  tornando  sull'argomento, Galan ha precisato il suo
pensiero: «Io non voglio accendere RaiTre e vedere la diretta da Roma
del  concorso  ippico  nazionale,  o  cose  che  vedo  su  altre reti
nazionali.   Rai  Tre  esiste  ed  e'  pagata  dal  contribuente  per
valorizzare  le  specificita'  regionali. ... E' mai possibile che il
palinsesto  nazionale  occupi il 95% della programmazione di RaiTre?»
(Il Mattino di Padova, 5 ottobre 2005: doc. 4).
    Del  resto,  la  domanda  del cronista di Libero che ha aperto il
varco  alle  dichiarazioni  contestate  e'  gia'  di  per  se stessa,
illuminante  sullo  stato  dei  fatti, se non addirittura suggestiva:
«Parliamone  Presidente,  parliamone  della RAI. Adesso cambieranno i
vertici  e  dovrebbero  venire  tempi  migliori per il centro destra»
(doc.   2).   Per  giungere  a  formulare  quello  specifico  quesito
evidentemente  il  giornalista  era ben consapevole della mancanza di
equilibrio  nella  distribuzione  degli  spazi  di informazione della
televisione   locale,   inducendo  il  Presidente  Galan  a  prendere
posizione:  la risposta che ne e' scaturita non e' che l'auspicio che
con il rinnovo dei vertici aziendali vi fosse un diverso modo di fare
informazione.
    Altre  latitudini,  identita'  di  contenuti: ne L'espresso del 6
ottobre  (  2005  (p.  62)  alla  domanda  «Romano Prodi ha detto che
l'informazione  tv non e' imparziale ne' su Rai ne' su Mediaset. Cosa
ne  pensa?»,  Giovanni  Minoli  risponde:  «E'  iniziata  la campagna
elettorale.  Prodi  non  ha televisioni ne' di proprieta' ne' in uso.
Sente  il  rischio di un'informazione partigiana, e lo ha denunciato.
Penso  sia  legittimo  farlo»  (doc.  67).  Gli  esempi  come  questo
potrebbero sprecarsi.
    Ove  si  rifletta,  anche un istante, su tutto cio', non puo' che
concludersi  che il Presidente Galan, con l'intervista in esame e con
le dichiarazioni a seguire, ha inteso partecipare alla discussione su
un  tema  politico  all'ordine del giorno, illustrare il suo punto di
vista di governatore-consigliere del gruppo politico di maggioranza e
prospettare   le  proprie  valutazioni  soggettive,  avvalendosi  del
diritto  di  critica  politica, con il linguaggio vivido, se si vuole
polemico e provocatorio, proprio della politica.
    E'    massima   ricorrente,   in   giurisprudenza,   che   «nelle
manifestazioni di vita politica o amministrativa, un dato evento puo'
essere  la  risultante  di  molteplici condizioni, tutte analogamente
plausibili,  che  a  loro  volta  interagiscono  tra loro o con altre
concause.   Qui  sarebbe  davvero  azzardato  parlare  di  verita'  e
pretendere di ricostruire il senso politico di una vicenda attraverso
gli  ordinari strumenti di accertamento giudiziario per il solo fatto
che,  anche  ad  ammettere  che  sia  oggettivamente  conseguibile un
obiettivo  di verita', sarebbero quanto meno configurabili molteplici
verita',   tutte   altrettanto   valide,  secondo  le  disponibilita'
dell'interprete  ad  accordare,  stando  ai propri personali metri di
giudizio,  maggiore  valenza  a  una  piuttosto  che ad altra ragione
determinante» (Cass. pen., sez. V, sent. n. 23223/03).
    8.  -  La lettura dei giornali di allora porta alla luce un altro
dato  fattuale non trascurabile: se di attacco si vuole parlare, esso
sicuramente   non  fu  diretto  alle  persone  dei  dottori  Reale  e
Casagrande, bensi' al sistema televisivo regionale nel suo insieme.
    In  particolare, nell'intervista del 7 febbraio non e' menzionato
ne'   il   dott.   Casagrande   ne'   il   dott.  Reale:  destinatari
dell'invettiva  sono  entita' plurisoggettive. quali la «sede veneta»
[della  Rai],  il  «comitato  di  redazione» (che, peraltro, potrebbe
alludere tanto alla redazione regionale, quanto all'omonimo organismo
sindacale),  Rai  3, il Tg3. Il nome di Casagrande e di Reale compare
solo  nei  giorni successivi - con toni vivaci ma non diffamatori - o
in  relazione  al  fatto delle dimissioni di Casagrande, o insieme al
nome  di  altre  persone  (Zaccaria,  l'intero  c.d.a..  della  Rai):
diversamente  opinando, si altera la scansione temporale degli eventi
(il riferimento a Casagrande contenuto nell'intervista dell'8 avviene
su  sollecitazione  del  giornalista e a commento delle dimissioni di
quello,  ma,  ovviamente  non  prova che il generico attacco alla Rai
regionale  del giorno prima era diretto a Casagrande), o si opera una
selezione  arbitraria  fra i giornalisti della redazione regionale di
cui  non  e'  traccia  nelle  parole  di  Galan (il quale si limita a
dichiarare,  di  fronte  alla notizia delle dimissioni di Casagrande,
che  attendeva  che  seguissero altre dimissioni, quelle di Reale, di
Zaccaria,  del  c.d.a.  della  Rai: il tono non e' ingiurioso, semmai
ironico.  Sotto  questo profilo la flotizia, per come e' riportata in
Libero  dell'8  febbraio,  «si  dimette  solo  Casagrande?  Reale non
ancora?»  non  riporta  affatto  fedelmente  il pensiero espresso dal
Governatore,  come  dimostrano  gli altri quotidiani usciti lo stesso
giorno:  «si  dimette  Casagrande?  mi aspettavo che seguissero altre
dimissioni:  Reale,  Zaccaria  il c.d.a. della Rai» oppure «mi auguro
che  per  solidarieta'  si  dimetta  anche  il  presidente della Rai,
Zaccaria»:  cfr.  La  Nuova  Venezia,  l'Unita',  Il  Gazzettino,  il
Giornale  di  Vicenza  e le agenzie di stampa ADNkronos e ANSA sempre
dell'8 febbraio).
    Non  solo esce confermata la valenza politica dell'intervista. Ma
e' lecito dubitare, con riserva di piu' approfonditamente dedurre sul
punto,  che  laddove  Casagrande e Reale abbiano inteso agire non uti
singuli  ma  nella  veste di soggetti esponenziali di interessi super
individuali,  l'uno  e  l'altro,  come  non  avevano  titolo  ieri ad
instaurare   il   giudizio  civile,  non  avrebbero  titolo  oggi  ad
intervenire  nel  presente  giudizio  (nonostante  la «storica» sent.
n. 76/2001),  spettando  la  legittimazione  unicamente  al  soggetto
munito  di  rappresentanza esterna dell'organo pretesamente molestato
(e  non  serve in questa sede approfondire se si tratta del direttore
del  Tg3, Antonio di Bella, del direttore della testata giornalistica
regionale,  Angela  Buttiglione,  del  direttore  generale della Rai,
Alfredo Meocci).
    9.  -  V'e'  di  piu'.  Il  caso sub judice presenta un ulteriore
aspetto  di  novita'  rispetto  a  quelli appartenenti al passato: la
sopravvenuta  interpositio  legislatoris, intervenuta a chiarire e ad
attuare  l'istituto  dell'insindacabilita'  parlamentare  (e, quindi,
consiliare),  a  riprova  della  circolarita'  del diritto «in quanto
sistema  i  cui  gradi  inferiori si saldano con quelli superiori per
esserne integrati e per integrarli» (L. Paladin, Le fonti del diritto
italiano,  Bologna,  1996,  111,  cui adde G. Zagrebelsky, Il diritto
mite,  Torino,  1992,  210,  per  il  quale  «il riconoscimento della
legislazione   come   funzione  originaria  e  non  derivata  dipende
necessariamente  dalla  concezione  della  Costituzione  non  come un
sistema chiuso di principi ma come un contesto aperto di elementi, la
cui  determinazione  storico-concreta,  entro i limiti di elasticita'
che tale contesto permette, e' lasciata al legislatore»).
    Devono,  in  particolare,  essere  tenuti  in debito conto alcuni
recenti   interventi   legislativi,   i  quali  hanno  condotto  alla
definizione  normativa  (quindi,  vincolante  per  qualsiasi giudice,
anche  costituzionale)  sia  dell'ambito  di applicazione sostanziale
della  garanzia  dell'art. 68,  primo  comma,  Cost.  (e, quindi, del
corrispondente   art. 122.,   quarto   comma)  sia  del  suo  rilievo
processuale.
    In  linea  di  ideale  continuita'  con una serie ininterrotta di
diciannove  decreti-legge  (non  convertiti)  approvati in materia di
attuazione  dell'art. 68  Cost. tra il 1993 e il 1996, l'art. 3 della
dispone  che  l'art. . 68, primo comma Cost. [e, dunque, con i dovuti
aggiustamenti,  anche  l'art. 122,  quarto  comma] si applica in ogni
caso   per   la   presentazione  di  disegni  o  proposte  di  legge,
emendamenti,  ordini  del  giorno,  mozioni  e  risoluzioni,  per  le
interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee
e  negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto
comunque  formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra
attivita'  di  ispezione,  di  divulgazione, di critica e di denuncia
politica,  connessa  alla  funzione  di parlamentare, espletata anche
fiori  del Par1amento». Appunto, come deve essere nel caso de quo, la
garanzia  copre  la  divulgazione,  la critica e la denuncia politica
espressa in connessione con i compiti istituzionali anche all'infuori
dalle mura del Palazzo.
    Ai  fini dell'applicazione della guarentigia, per il legislatore,
non  ha  (piu) rilievo il fatto che si discorra di atti tipici ovvero
di  atti  non  tipici  e,  quanto a questi ultimi, e' sufficiente che
siano  contrassegnati  da  una  semplice connessione (non piu' da uno
specifico  nesso  funzionale) con la funzione pubblica esercitata. Un
tanto  basta  a  destituire  di  fondamento  ogni  dubbio,  potendosi
senz'altro   convenire   che  le  dichiarazioni  di  Galan  esprimono
essenzialmente  l'uomo  pubblico (non il privato cittadino) nell'atto
di manifestare il suo ruolo di rappresentante e di guida politica.
    Ma  la legge citata introduce anche misure di natura processuale,
configurando  una sorta di «pregiudizialita' parlamentare». L'art. 3,
infatti,   prevede:   a)   l'obbligo  per  il  giudice  di  investire
preliminarmente  la  Camera  della  decisione  circa l'applicabilita'
dell'art. 68,  primo  comma,  Cost.,  qualora il parlamentare nei cui
riguardi  e' chiamato a pronunciarsi proponga in giudizio la relativa
eccezione,  sospendendo  il  giudizio  in corso e rimanendo vincolato
alla   decisione   da   quella  adottata;  b)  la  facolta',  per  il
parlamentare  che  assuma  che  il  fatto per il quale e' in corso un
procedimento giurisdizionale di responsabilita' nei suoi confronti e'
coperto  dall'immunita',  di  investire della questione la Camera, la
quale  puo'  chiedere  al  giudice, sempre con effetto vincolante, di
sospendere il procedimento.
    Del resto, e' stata questa stessa Corte ad affermare e a ribadire
che  «le prerogative parlamentari non possono non implicare un potere
dell'organo  a  tutela  del quale sono disposte» (sentenze n. 265 del
1997;  n. 443 del 1993; n. 1150 del 1988), facendone derivare che «la
prerogativa  in  questione attribuisce alla Camera di appartenenza il
potere  di  valutare la condotta addebitata ad un proprio membro, con
l'effetto,  qualora  sia  qualificata  come  esercizio delle funzioni
parlamentari,  di  inibire  in  ordino ad essa una difforme pronuncia
giudiziale di responsabilita».
    Dato  un  siffatto  impianto  normativo-giurisprudenziale, non e'
affatto  peregrino concludere (pur nella consapevolezza che si tratta
di  tesi  assolutamente  minoritaria) che, analogamente alla delibera
della Camera, anche l'atto con cui la regione interviene a tutela del
consigliere  regionale (come quello adottato, nel caso qui rubricato,
dalla  Regione  Veneto  con  d.g.r.  n  2490/2005  che  autorizza  ad
interpellare la Corte) abbia un'efficacia inibitoria del procedimento
giurisdizionale  in corso, deI quale il giudice non puo' che prendere
atto  (salvo  il  conflitto  di  attribuzioni)  per non debordare dai
limiti   della  propria  competenza  spingendosi  in  quanto  gli  e'
costituzionalmente sottratto.
    Quest'ultima  soluzione  pare  necessitata: a) stante il medesimo
tenore  letterale  dell'art. 122, quarto comma, Cost. e dell'art. 68,
primo  comma; b) avendo la premessa del ragionamento («le prerogative
parlamentari non possono non implicare un potere dell'organo a tutela
del   quale  sono  disposte»)  contorni  generali  applicabili  tanto
all'organo nazionale che a quello regionale; c) godendo oggi (i.e.: a
seguito   della   legge  cost.  n. 3/2001)  tutti  i  soggetti  della
Repubblica di pari dignita' costituzionale (cfr. art. 114 ss. Cost.).
    10.  -  In  ogni  caso,  anche a voler superare gli argomenti che
precedono,  la garanzia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. deve
ora  e  doveva  allora  essere  riconosciuta perche' le dichiarazioni
rilasciate   extra   moenia  dal  Presidente-consigliere  Galan  sono
funzionalmente  connesse  con  le  tipiche  funzioni legislativa e di
indirizzo e controllo politico.
    Codesta  Corte  «piu'  volte  ...  ha  affermato che l'esonero da
responsabilita',   previsto   dall'art. 122,   quarto   comma,  della
Costituzione  quale  salvaguardia  dell'autonomia  costituzionalmente
riservata  al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle attivita'
che costituiscono esplicazione di una funzione affidata a tale organo
dalla  stessa  Costituzione  o  da altre fonti normative cui la prima
rinvia» (cfr. ex plurimis, sentt. un. 76/2001; 391/1999; 276/2001).
    Ha,  altresi',  precisato,  in  via  generale,  «che  le funzioni
legislative e di indirizzo politico, nonche' quelle di controllo e di
autorganizzazione, connotano il livello costituzionale dell'autonomia
garantita  alle  regioni  e  che  l'esercizio  di  esse, riservato al
consiglio  regionale,  non puo' essere sindacato da organi giudiziari
al   fine  di  accertare  l'eventuale  responsabilita'  dei  soggetti
deputati ad adempierle» (sentenze nn. 69 e 70 del 1985).
    Vigilare  e  vagliare  il  corretto  esercizio  dell'informazione
televisiva,  da sempre al centro del piu' acceso dibattito pubblico e
politico   sia,   in   se',  per  la  natura  «sensibile»  del  mezzo
(televisione  come strumento del pluralismo), sia per l'influenza che
puo'   avere   nell'orientare   anche  politicamente  gli  spettatori
(televisione  come  strumento di potere), non puo' ritenersi estraneo
alle  funzioni e al campo di azione del Presidente della Regione. Non
solo, per quanto sopra gia' si e' scritto, per il ruolo istituzionale
che  questi  riveste, ma anche e soprattutto perche' non puo' affatto
sostenersi  che la materia del servizio radiotelevisivo sia del tutto
estranea   alle   competenze  delle  Regioni,  avendo  esse  potesta'
legislativa    concorrente   in   materia   di   «ordinamento   della
comunicazione»  (art. 117, terzo comma, Cost.: cfr., inier alia Corte
cost.,  sentenze  nn.  307/2003; 312/2003; 324/2003; 336/2005). Non a
caso,  gli  stessi  attori  Reale  e Casagrande avevano pacificamente
ricondotto  le  interviste  del  dr. Galan al suo ruolo istituzionale
tanto  da avere provveduto a notificare l'atto di citazione non gia',
come prevede il codice di rito, nella residenza del convenuto, bensi'
al  dott.  Giancarlo  Galan  nella  sua  qualita'  di «Presldente pro
tempore della giunta regionale - Palazzo Balbi (VE)».
    Sotto   questo   profilo,   le   dichiarazioni   di  Galan,  sono
oggettivamente  correlabili  sia  alla  posizione  istituzionale  del
Presidente-consigliere,  sia alle competenze tipiche dell'ente di cui
fa parte e che rappresenta.
    11.   -   In  via  riassuntiva,  deve  farsi  applicazione  della
prerogativa costituzionale di cui all'art. 122, quarto comma, Cost, e
quoad  effectus  riconoscersi  che  la sentenza del giudice veneziano
viola  i  limiti  esterni  imposti alla sua giurisdizione, perche' le
dichiarazioni del Presidente-consigliere Galan:
        a)   sono   funzionalmente  connesse  alle  tipiche  funzioni
legislativa e di indirizzo e controllo politico;
        b)  in ogni caso, rientrano nel potere, non importa se tipico
o no, di esternazione (naturalmente orientata) proprio dell'organo di
rappresentanza e di indirizzo della Regione;
        c) sono caratterizzate ex se da un alto grado di politicita',
insindacabile  soprattutto  laddove  non sia possibile distinguere, a
pena  di  sterili formalismi, il soggetto-persona fisica dalla carica
che ricopre (non v'e' chi non veda che le stesse riflessioni condotte
sugli   organi   collegiali,  quali  il  Parlamento  o  il  Consiglio
regionale,  non  sono riproducibili sic et simpliciter per gli organi
monocratici);
        d)  rientrano  nell'ambito  di  applicazione  dell'art.  122,
quarto  comma,  Cost. per come, sia pure indirettamente (con riguardo
all'art. 68,  primo  comma  Cost.), e' stato definito dal legislatore
ordinario.
    Essendo,   poi,  sopravvenuta  la  delibera  con  cui  la  Giunta
regionale,  autorizzando  la  regione alla proposizione del conflitto
avverso  la  sentenza  di  primo  grado,  ha ritenute lese le proprie
competenze  costituzionalmente  definite,  si deve concludere inoltre
per   l'attuale  improcedibilita'  del  giudizio  ordinario,  sia  di
cognizione  che di esecuzione, in attesa degli esiti del procedimento
avanti codesto ecc.mo Collegio.
    Da  tutto  quanto  fin qui si esposto si evince, con evidenza, la
violazione   dell'art.  122,  quarto  comma  e,  suo  tramite,  degli
artt. 121  e  123  Cost.  di  disciplina  dell'organizzazione e delle
funzioni dei supremi organi regionali.
                              P. Q. M.
    Si chiede che codesta ecc.ma Corte:
        1)  dichiari  che  non  spettava  allo  Stato e, per esso, al
Tribunale   di   Venezia  accertare  la  responsabilita'  civile  del
Presidente-consigliere  regionale  Giancarlo  Galan  per l'intervista
apparsa  sul  quotidiano  Libero del giorno 7 febbraio 2002, e per le
successive dichiarazioni ad essa correlate;
        2)  per  l'effetto,  annulli  la  sentenza  del  Tribunale di
Venezia,  III  sez.  civ.,  30  aprile 2005, n. 1715, in applicazione
degli artt. 41 e 38, legge 11 marzo 1953, n. 87.
    A fini istruttori si producono i seguenti documenti:
        1)   delibera  di  autorizzazione  a  proporre  conflitto  di
attribuzioni  avanti  la  Corte costituzionale della Giunta regionale
veneta 13 settembre 2005, n. 2490;
        2)  copia  dell'intervista  a  Galan su Libero del 7 febbraio
2002;
        3)  copia di tutti gli articoli apparsi sui quotidiani citati
in memoria;
        4)  copia  della sentenza n. 1715 del 30 aprile 2005-8 agosto
2005 del Tribunale civile di Venezia;
        5) intervista a Galan, Il Mattino di Padova, 5 ottobre 2005;
        6)  intervista a Giovanni Minoli, L'espresso, 6 ottobre 2005,
62.
          Padova-Roma, addi' 28 ottobre 2005
           Avv. prof. Mario Bertolissi - Avv. Luigi Manzi
05C1155