N. 29 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 10 novembre 2005
Ricorso per conflitto di attribuzione tra enti depositato in cancelleria il 10 novembre 2005 (della Regione Veneto) Consiglio regionale - Immunita' dei consiglieri regionali per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni - Sentenza del Tribunale civile di Venezia di condanna al risarcimento del danno del Presidente-consigliere della Regione Veneto Giancarlo Galan, in relazione alle dichiarazioni da questi rese nei confronti dei giornalisti Giuseppe Casagrande e Roberto Reale - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Veneto - Ritenuta sussistenza del nesso funzionale tra attivita' consiliare e dichiarazioni, espressione, nel caso di specie, in ogni caso, del «potere di esternazione» di cui e' titolare il Presidente della Regione - Lesione delle competenze regionali costituzionalmente garantite - Richiesta alla Corte di dichiarare la non spettanza allo Stato e per esso al Tribunale di Venezia del potere di accertare la responsabilita' civile del Presidente-consigliere regionale e, conseguentemente, di annullare la relativa sentenza del Tribunale civile di Venezia. - Sentenza Tribunale di Venezia, III sezione civile, 30 aprile 2005, n. 1715. - Costituzione, artt. 121, 122, comma quarto, e 123.(GU n.48 del 30-11-2005 )
Ricorso della Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale, autorizzato mediante deliberazione della giunta stessa n. 2490 del 13 settembre 2005, rappresentata e difesa, come da procura speciale a margine del presente atto, dagli avv.ti prof. Mario Bertolissi di Padova e Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto, agli effetti del presente giudizio, presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via F. Confalonieri, n. 5; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per regolamento di competenza in seguito alla sentenza del Tribunale di Venezia, III sez. civ., 30 aprile 2005, n. 1715, depositata in cancelleria l'8 agosto 2005, notificata il 5 ottobre 2005, con la quale il consigliere-Presidente della Regione Veneto dott. Giancarlo Galan e' stato condannato al risarcimento del danno in relazione a dichiarazioni apparse sulla stampa (a partire dall'intervista sul quotidiano Libero del giorno 7 febbraio 2002, intitolata: «Qui in Veneto dove la Rai come un soviet») considerate offensive della loro reputazione dai giornalisti Rai (presso la redazione di Venezia) dott. Giuseppe Casagrande e dott. Roberto Reale. F a t t o 1. - Con atto di citazione notificato il 26 novembre 2002 i dottori Roberto Reale e Giuseppe Casagrande, giornalisti Rai presso la redazione di Venezia, convenivano avanti al Tribunale di Venezia il Presidente pro tempore della giunta regionale del Veneto, dott. Giancarlo Galan. Gli attori lamentavano che il 7 febbraio 2002 sul quotidiano Libero era apparsa un'intervista al dott. Galan dal seguente titolo: «Qui in Veneto dove la Rai e' come un soviet». Nel corso dell'articolo erano riportate tra virgolette le seguenti affermazioni: «"La Rai? In Veneto e' gestita da un soviet"; e, poco piu' avanti: "A me basterebbe che nella sede Veneta della Rai ci fossero semplicemente dei giornalisti che facessero informazione. Invece li' c'e' un soviet. Fanno riunioni del comitato di redazione per decidere come tagliare fuori Galan dalle immagini e dai servizi". [domanda:] Per esempio ... "La consegna del buono scuola: siamo stata la prima regione in Italia a consegnarlo alle famiglie e sa quanto spazio ha dedicato il TG3 del Veneto? La bellezza di 23 secondi nell'edizione delle 14. Ma I casi si sprecano. Si arrampicano sui vetri per escludermi dalle immagini e per non citarmi, magari riferendo dichiarazioni di assessori che non erano neppure presenti alle manifestazioni di cui si parla"» (v. doc. 2). A tali affermazioni facevano seguito le dimissioni del dott. Casagrande dall'incarico di capo redattore del Tg3, poi respinte dal direttore della testata, dott. Antonio Di Bella. Le dichiarazioni del dott. Galan venivano precisate ed integrate l'8 febbraio 2002 e poi ancora il 9 e l'11, sui quotidiani Libero («Adesso quei signori non si rendano ridicoli con la storia di rendere note le percentuali delle mie presenze ai telegiornali, lo sappiamo tutti che ci sono mille modi per far apparire una persona in televisione dando un effetto negativo alla sua presenza. Cosi' facendo possono pensare di incantare al massimo qualche sprovveduto pastore del Gennargentu»); su La Nuova Venezia («Tutto questo chiasso per cose che ho sempre detto ... Sono stato anche troppo signore: cos `ho detto in fin dei conti? Che mi e' basta avere di fronte dei giornalisti»); similmente su Il Gazzettino, Il Secolo d'Italia, Il giornale di Vicenza, L'Unita', Il Manifesto, La Repubblica, nonche' sulle Agenzia di Stampa ADNkronos e Ansa (cfr. doc. 3). Il 7 marzo 2002 l'agenzia ADNkronos diffondeva le ulteriori dichiarazioni del Presidente con le quali ribadiva «che il comportamento della Rai dal punto di vista della qualita' e' stato vergognoso. Non mi dimentico l'infamia della campagna elettorale fatta per le elezioni regionali. Io non me ne dimentico e sarebbe bene che non se ne dimenticasse neppure il vice direttore del Tg3 Roberto Reale. ... E qui c'entra la liberta' del giornalista che alla Rai del Veneto non c'e' ed e' per questo che io chiedo che alla Rai arrivino dei giornalisti. Non mi interessa se sono di una o dell'altra parte, l'importante e' che facciano i giornalisti. Qui invece per anni hanno fatto i propagandisti politici ...». La notizia veniva diffusa, il giorno successivo, su il Gazzettino «Basta con i propagandisti politici, servono solo giornalisti che non parlino male degli altri ... Rai Tre e' fallita e il suo comportamento e' stato vergognoso soprattutto in campagna elettorale. Ho le prove quando dico che non e' solo questione di tempo ma di qualita' dell'informazione), Il Mattino di Padova, La Nuova Venezia (doc. 3). Assumendo gli attori di essere stati ingiustamente pregiudicati da tali affermazioni, chiedevano la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale) per lesione dell'identita' personale, dell'onore e della reputazione, nonche' la pubblicazione della sentenza di condanna nella stampa medesima. Il convenuto, costituitosi in giudizio, eccepiva l'umproponibilita' della domanda ex art. n. 122, comma quarto, Cost., chiedendo in ogni caso la relezione delle domande attoree siccome inammissibili e infondate; o, in via strettamente subordinata, la riduzione dell'entita' dei danni richiesti e la rifusione delle spese di causa. Con sentenza n. 1715 del 30 aprile 2005 - 8 agosto 2005 il Tribunale civile di Venezia, reietta ogni altra eccezione, accogliendo, in parte qua la domanda attorea, condannava il convenuto al pagamento in favore di ciascun attore della somma di Euro 120.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre agli interessi dalla sentenza al saldo; di Euro 10.000,00 a titolo di riparazione pecuniaria ex art. 12, legge n. 47/1948; alla pubblicazione per estratto della sentenza per una volta ed in un giorno feriale con gli stessi caratteri e con lo stesso risalto sui quotidiani Il Gazzettino, La Nuova Venezia, Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale di Vicenza; infine, accollava al soccombente la rifusione delle spese di causa (v. doc. 4). La sentenza veniva gravata in appello con contestuale istanza di sospensione della provvisoria efficacia esecutiva ex art. 283 c.p.c. La Regione Veneto, dopo aver autorizzato il suddetto appello, con delibera della Giunta regionale 13 settembre 2005, n. 2490 (doc. 1), autorizzava, altresi', a proporre il giudizio per conflitto di attribuzione avanti codesta ecc.ma Corte, ritenendo che «l'attivazione del procedimento civile e la pronuncia emessa in primo grado hanno inciso in via diretta sull'autonomia del Presidente della Regione ed in via mediata sulla autonomia costituzionalmente garantita alla Regione, in violazione degli artt. 121 - 122 e 123 della Costituzione» e che «piu' in generale risulta compromesso il principio secondo il quale l'esercizio delle funzioni di Presidente della Regione (stante il rilievo costituzionale dell'autonomia regionale) non puo' essere sindacato da organi giurisdizionali». Tutto cio' premesso il presente ricorso e' per le seguenti ragioni di diritto. D i r i t t o 1. - E' insegnamento di codesta Corte e, con l'avallo della migliore dottrina, puo' considerarsi jus receptum che: a) «l'esonero da responsabilita' dei componenti dell'organo [Consiglio regionale] (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunita' parlamentare) e' vista funzionale alla tutela delle piu' elevate funzioni di rappresentanza politica» sent. n. 69/1985; in dottrina, v. L. Paladini, Diritto regionale, Padova, 1997, 325, per il quale l'irresponsabilita' comune ai parlamentari e ai consiglieri regionali si pone a «garanzia che tende ad assicurare (tanto per lo Stato quanto per le Regioni) l'indipendenza funzionale dell'organo in questione»); b) attraverso la lesione delle prerogative stabilite dall'art. 122, quarto comma, rimangono violate anche altre della Costituzione: quelle degli artt. 121 e 123, poiche' l'alterazione delle attribuzioni accordate dalla legge fondamentale al consigliere regionale che esprime opinioni e da' voti si riverbera sull'intera organizzazione dell'ente e sull'esercizio delle relative funzioni, entrambi costituzionalmente protetti; c) le guarentigie di cui all'art. 122, quarto comma e quelle previste - peraltro in una piu' ampia prospettiva - dall'art. 68, primo comma, Cost. costituiscono «eccezionali deroghe all'attuazione della funzione giurisdizionale»: queste ultime sono poste «a salvaguardia dell'esercizio delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento», le prime, invece, pur non esprimendosi «a livello di sovranita», «si inquadrano ... nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite» (sent. n. 81/1975; n. 382/1998); d) la prerogativa prevista dall'art. 68, primo comma, Cost. e quella di cui all'art. 122, quarto comma, Cost., salva la summenzionata differenza (il fatto che l'immunita', in un caso, inerisca alla sovranita' dello Stato, di cui il Parlamento e' organo; nell'altro, attenga ad aspetti dell'autonomia della regione) soggiacciono a principi analoghi, a fronte dell'identico tenore delle disposizioni che, rispettivamente, le regolano (in dottrina, cfr. R. Tosi, Nota a Corte cost. sent. n. 81/1975 in Le Regioni, 1975, 765, per la quale «le due disposizioni [l'art. 68, primo comma e l'art. 122, quarto comma, Cost.] che sottraggono al sindacato dell'autorita' giudiziaria i membri delle Camere e dei Consigli hanno lo stesso contenuto: i problemi che si pongono per l'una non possono non interessare anche l'altra e allo stesso modo devono essere risolti»); e) l'immunita' (parlamentare e) dei consiglieri regionali comporta «la carenza di potere giurisdizionale»: quindi, la pretesa di esercitare, cio' nonostante, la funzione del jus dicere «si traduce ... in un'alterazione dell'ordine costituzionale delle competenze», in quanto «comporta l'invasione della sfera di autonomia costituzionalmente riservata alla Regione . .., alla quale esclusivamente spetta l'esercizio delle funzioni che i magistrati hanno inteso condizionare» (sent n. 70/1985; in dottrina v. P. Di Muccio, L'insindacabilita' dei parlamentari: una introduzione allo studio dell'art. 68, primo della Costituzione, in Diritto e societa'. 1986, 681, secondo cui tale prerogativa costituisce «un caso di esenzione dalla giurisdizione»; f) l'immunita' (parlamentare e) dei consiglieri regionali riguarda ogni tipo di responsabilita', civile, penale, amministrativa, contabile erariale (cfr. sent. n. 100/1986: «di questa guarentigia i consiglieri regionali fruiscono anche nella sfera della responsabilita' patrimoniale»; v. anche S. Bartole et alii, Diritto regionale. Dopo le riforme, Bologna, 2003, 93 e, seppure a commento dell'art. 68, R. Moretti, in V. Crisafulli - L. Paladin (a cura di) Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, 410, secondo cui «non vi e' alcun ragionevole dubbio sull'ambito di applicazione della prerogativa, essendo unanime il riconoscimento che essa opera sia nella sfera penale, che in quella civile e amministrativa»). La stessa riforma dell'art. 68, primo comma, operata con legge n. 3/1993, nel modificare la formula originaria (i membri del Parlamento, per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, «non possono essere chiamati a rispondere» anziche' «non possono essere perseguiti» ha chiarito che la prerogativa riguarda ogni tipo di responsabilita' e non solamente quella penale; g) in particolare, benche' statuito a proposito deIl'art. 68, primo comma Cost., si e' precisato che la norma costituzionale limita «la possibilita' di far valere in giudizio una ipotetica responsabilita' del parlamentare per le opinioni espresse nell'esercizio della funzione ... Siffatta limitazione ... vale egualmente in ordine a qualunque sede giurisdizionale nella quale si pretenda di far valere una responsabilita' del parlamentare, e dunque anche in sede di giudizio civile» (sent. n. 265/1997, ma v. gia' sent. n. 1150/1988); h) all'originaria configurazione soggettiva del conflitto (come vindicatio potestatis) se ne e' aggiunta una oggettiva, piu' ampia, «riguardante non la spettanza della competenza ma il modo di esercizio (sostanziale e procedurale) di essa» (cosi' G. Zagrebelsky, Giustizia costituzionale Bologna, 1988, 339): conseguentemente, «la figura dei conflitti di attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni costituzionalmente assegnate all'altro soggetto» (v. sent. n. 110/1970); i) per orientamento costante (a partire dalla sent. n. 110 del 1970, ( ribadita in successive pronunce: cfr. sentt. nn. 211 del 1972, 178 del 1973, 289 del 1974, 75 del 1977, 183 del 1981, 70 del 1985), «nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine da un atto giurisdizionale, se ed in quanto si deduca derivarne una invasione della competenza costituzionalmente garantita alla regione» (sent. n. 285/1990). Pertanto, «si sono ritenuti "idonei a dar luogo a conflitti di attribuzioni fra Stato e Regioni" "anche atti giurisdizionali o comunque strumentalmente inerenti all'esplicazione di funzioni giurisdizionali" "quante volte si assuma che ridondino in una invasione o menomazione della sfera di competenza costituzionalmente garantita alla Regione ricorrente"» (sent. n. 70/1985). 3. - Ora, il Presidente-consigliere Galan e' stato condannato dal Tribunale civile di Venezia per dichiarazioni per le quali, dato il suo status, gode dell'eccezionale guarentigia dell'irresponsabilita' prevista dall'art. 122, quarto comma, Cost. Richiesta di riconoscere ed attivare siffatto regime di immunita', la Regione, zitenendo sussistenti gli estremi dell'irresponsabilita', ha deciso positivamente per la sua applicazione. Pare arduo sottrarsi alla conclusione che il giudice di primo grado, e per esso, lo Stato, con la succitata decisione, ha violato la posizione di autonomia e di indipendenza costituzionalmente garantita ai componenti il Consiglio regionale e, loro tramite, al Consiglio stesso. E' sufficiente attualizzare al caso di specie i punti fermi pocanzi evidenziati, per accorgersi che: a) si e' violata «la piu' ampia liberta' di valutazione e di decisione» riservata ai consiglieri regionali (per dirla con T. Martines, Diritto costituzionale, Milano, 1994, 294); b) si preteso di esercitare la giurisdizione anziche' provvedere a declinarla; c) si e' invasa la sfera di autonomia costituzionalmente riservata ai consiglieri e alla regione. 4. - A scanso di equivoci, bene precisare che, nel radicare (l'ammissibilita' del presente conflitto sull'assunto della carenza del potere da parte di chi l'ha esercitato e sull'effetto del pregiudizio dell'autonomia regionale, non si intende affatto contestare, qui anziche' davanti al giudice dell'impugnazione, gli errori in judicando commessi dal giudice di prime cure laddove non ha dichiarato il difetto di giurisdizione o non ha sospeso il giudizio, come pure avrebbe dovuto: si denuncia, piuttosto, l'illegittimo convincimento che ha indotto il Tribunale di Venezia ad esercitare un potere che non gli competeva e non gli compete. Se si vuole, l'errore di cui ci si duole e' «sui confini stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa» (cfr. sent. n. 285/1990); non si chiede, pertanto, un sindacato sul merito dell'attivita' giurisdizionale, quanto piuttosto di dichiarare come l'esercizio della giurisdizione sia (stato) lesivo in se', indipendentemente dal quomodo, delle competenze costituzionalmente assegnate alla regione. E' stato chiarito, sia dalla sentenza n. 289 del 1974, che, se, da una parte, e' inammissibile l'impugnazione, mediante conflitto, di atti giurisdizionali quando si chieda in sostanza la correzione di eventuali errori in judicando nei quali il giudico sia incorso, mirando ad ottenere nel merito la revisione della sentenza, d'altra parte il conflitto e' pienamente ammissibile quando sia denunciata una lesione derivante «dal solo fatto di esercitare la giurisdizione nei confronti di atti ... che si affermino ad essa sottratti da norme costituzionali». 5. - Il caso di specie presenta peculiarita' del tutto singolari, peculiarita' dalle quali discende, quale naturale corollario, la scarsa pertinenza (o, quanto meno, la non automatica attinenza) dei precedenti giurisprudenziali elaborati in tema di condizioni di applicazione della guarentigia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. (e, parallelamente di cui all'art. 68, primo comma). Esso involge, innanzi tutto, non gia' la posizione di un «semplice» consigliere regionale, bensi' quella di un consigliere-Presidente di regione. Dal che derivano, a tacer d'altro, due significative specificita' da non pretermettere o confondere troppo frettolosamente nel crogiolo dei casi gia' decisi. Non va dimenticato, infatti: a) che la funzione di rappresentanza della Regione e di direzione della politica della giunta (cfr. artt. 121, comma 4, Cost. e 30 statuto Veneto) si accompagna istituzionalmente (e comunque per prassi eretta a consuetudine facoltizzante) alla possibilita' di «esternazione politica»; b) che tale potere in ogni caso va al di la' delle puntuali competenze affidate dalla legge al Presidente ed e', si puo' dire, quasi connaturato al suo ruolo. Non si puo', dunque, revocare in dubbio che per un presidente di regione, tanto piu' oggi che la sua elezione avviene a suffragio universale e diretto (cfr. art. 122 come novellato dalla legge cost. n. 2/2001), la manifestazione di valutazioni e di orientamenti sui temi dell'attualita' politica e' diretta espressione del munus publicum di cui e' titolare: ha, il Presidente, una sorta di diritto di parlare per chiarire pubblicamente, avendone la responsabilita' politica diffusa, il significato e la ragione degli atti propri e del proprio «governo». Devono, pertanto, considerarsi coperte dall'immunita' le dichiarazioni presidenziali (quali quelle in oggetto), ascrivibili e non ascrivibili a funzioni tipizzate, (per il solo fatto di essere) riferibili o genericamente connesse alla sua carica rappresentativa e alla realizzazione dell'indirizzo politico sul quale il corpo elettorale a suo tempo votandolo nominativamente, ha espresso la sua preferenza. 6. - A tal riguardo l'intervista «madre» del dott. Galan (la prima, quella del 7 febbraio su Libero) va necessariamente contestualizzata, perche', letta per excerpta, acquista connotati che non le sono propri. Galan, allora, non parlo' solo di Rai, ma, con la stessa vis polemica, anche di buoni scuola, di sanita', di grandi opere, di ambiente, di statuto regionale: cioe' di obiettivi del suo programma di governo realizzati e da realizzare; e, ancora, relativamente alla Rai regionale, il tono sferzante nasceva dall'incombente rinnovo del consiglio di amministrazione e, percio', era funzionale, ad ottenere, per la sede regionale, una maggiore «rappresentanza» di colore. Diventa cosi' evidente che si tratta di dichiarazioni strumentali alla posizione pubblica ed istituzionale del Predidente, di indubbia valenza politica: per definizione (vale a dire, proprio per l'alto tasso di politicita), non sindacabili, a meno di non voler compromettere alla radice, contrariamente alla stessa ratio sottesa dalla prerogativa in esame, la garanzia dell'indipendenza dell'autonomia regionale. Tornano alla mente le parole scritte da Carlo Esposito, gia' nel 1960 (voce Capo dello Stato, in Enc. dir., VI, Milano, 236), a proposito dell'area dell'irresponsabilita' del Presidente della Repubblica: «... la tesi del Capo dello Stato come organo politico imparziale o supra partes appartiene al mondo delle ricostruzioni mistiche e non a quello delle definizioni realistiche ... Secondo ogni seria ricostruzione realistica, quando si attribuiscono poteri al Capo dello Stato (e in particolare quando si attribuiscono poteri sottratti alla prevalente volonta' ministeriale) questi non sono dati alla «Dea Ragione», ma ad un uomo con i suoi vizi e con le sue virtu', con le sue passioni e con i suoi inevitabili orientamenti... L'unica distinzione qualitativa tra il potere del Capo dello Stato irresponsabile, salvo i casi di grave illegalita' ... e quello degli altri organi politici, in regime parlamentare, non e' nella imparzialita' del Capo dello Stato, ma se mai nella "personalizzazione" del suo potere». Nel dibattito politico i limiti della liberta' di manifestazione del pensiero diventano massimamente labili: chi sceglie di dedicarsi alla vita politica attiva opera sempre una scelta di parte e, necessariamente (per la funzione che esclude l'indifferenza, la quale e' possibile solo all'interno della societa' civile), assume un punto di vista, abbraccia una fazione, diventa fazioso. 7. - L'oggetto reale dell'invettiva, invero, consiste in uno dei cardini del sistema del potere politico locale, vale a dire la gestione e/o la riforma del servizio radiotelevisivo regionale. Ed infatti, gli stessi articoli di giornale che si sono soffermati sulle esternazioni di Galan, di esse, danno, apertis verbis, una lettura squisitamente politica, ben piu' fine rispetto al «peso» delle parole in concreto usate, ricordando, appunto, che di li' a pochi giorni, si sarebbe provveduto al rinnovo dei vertici Rai: Il Manifesto (8 febbraio 2002): «probabilmente il governatore del Veneto ha anche un altro obiettivo. La Lega, quella Lega che appunto vuole infilare le sedi Rai del Nord nel suo bottino di guerra. A livello regionale ultimamente si sono registrare parecchie frizioni tra Il Presidente e il Carroccio. Alla vigilia delle nomine Rai il messaggio dell'intemperante Galan sembra dunque rivolto alla coalizione: fate in modo che non mi pestino i piedi»; Il Corriere della Sera (8 febbraio 2002): «Umberto Bossi si sente tranquillo: "la Lega avra' il suo rappresentante". Ma sul rinnovo del consiglio di amministrazione della Rai le acque restano agitate. Perche' l'offensiva portata avanti dal Carroccio sta provocando non pochi problemi a chi deve proporre la rosa dei cinque nomi che governeranno l'azienda pubblica televisiva. ... Alla fine del Consiglio dei ministri il leader del Carroccio fa notare che in Rai c'e' sempre stato un posto per tutti". E quindi "questa volta ci sara' un posto anche per la Lega: ci mancherebbe a1tro". E' vero che alla fine il ministro per la Devolution si potrebbe anche accontentare di qualche direzione dei Tg regionali del Nord. Ma il problema e' politico e deve trovare una soluzione politica»; La Nuova Venezia (9 febbraio 2002): «Peccato che il 17 ci sia all'ordine del giorno il rinnovo del cda della Rai e, a cascata, dei vertici regionali. Meccanismi di compensazione tra Forza Italia e Lega prevedono che i capiredattori di Milano, Torino e Venezia siano uomini di Bossi ... Max Parisi .... sarebbe designato per Venezia. ... Se fosse lui la vera preoccupazione di Giancarlo Galan»; Il Giornale di Vicenza (9 febbraio 2002): «... Giuseppe Giulietti sostiene che quello di Galan non e' solo un attacco ai giornalisti del Tg3 Veneto ma era un parlare a nuora perche' suocera intenda. Mi e' parso ... un tentativo di sparare contro gli accordi sul futuro della gestione Rai gia' presi con la Lega Nord. Galan ... ha voluto attaccare una delle intese principali: quella in base alla quale, se alla Lega non dovesse venir concesso un posto nel Consiglio di amministrazione della Rai, le verrebbe comunque riconosciuto il condirettore della testata Tgr per il Nord, nonche' il governo di alcune sedi regionali, ovvero Torino, Venezia e Genova o Trieste"»; Il Messaggero (16 febbraio 2002): partendo dalle parole di Piero Vigorelli, che guido' la testata giornalistica regionale nel `94 «rispetto ai miei tempi ... alle redazioni regionali e' stata fatta una lottizzazione selvaggia. Solo tre su ventuno sono in mano a uomini del centro destra», l'articolista (Alberto Guarnieri) chiosa: «il dato vien contestato dagli attuali vertici. Secondo loro sarebbero "ben" sette su ventuno le regioni targate Polo. Qualcuno potrebbe notare che e' ben triste trattare dei giornalisti professionisti con alta qualifica come dei lottizzati. Ma a Saxa Rubra non si scandalizza nessuno. E' noto che per la nomina di un capo di sede regionale ministri e politici che contano spendono molte piu' telefonate che non per un caporedartore del Tg1. ... La Tgr e' tornata in seno al Tg3 dal 1996. Fu Nuccio Fava a traghettare i suoi 800 giornalisti (la piu' grande redazione d'Europa) nel seno dell'ex Telekabul. Ennio Chiodi, Nino Rizzo Nervo e Antonio Di Bella hanno proseguito l'attuale andazzo e tutti e tre vi direbbero che e' giusto cosi'. Ma sanno benissimo di non avere quasi nessun potere su un capo di sede regionale ... Per accrescere il controllo ci sono oggi quattro commissari, Roberto Reale (diessino) per il Nord Est. Sarebbe la sua testa il vero obiettivo delle proteste del presidente della Regione Galan, che hanno invece portato alle dimissioni [respinte] del capo della sede Veneta, Roberto Casagrande». Lo stesso Galan, secondo quanto battuto dall'agenzia ANSA, il giorno successivo alla famigerata intervista, chiariva il senso della polemica: «la mia accusa e' che il telegiornale del Veneto non da' informazioni sul Veneto. Non tanto sul suo Presidente ... Un servizio nato e pagato dal contribuente per dare informazioni al cittadino si perde piu' in piccole beghe di cortile che nei grandi fatti che succedono in questa Regione ... dimostrando oltretutto una incapacita' assoluta di trasferire i grandi fatti che questa Regione produce a livello nazionale. In questo sta il vero fallimento del Tg3». E, nelle pagine de Il Gazzettino (8 febbraio), dichiarava: «Dobbiamo registrare il fallimento di RaiTre in questi anni. Era stata fondata per essere una televisione regionale, ma lo spazio dedicato al Veneto, cosi' come alle altre Regioni, e' una miseria rispetto ad un palinsesto che invece e' stato concepito come strumento per fare concorrenza alle televisioni emergenti». Di recente, tornando sull'argomento, Galan ha precisato il suo pensiero: «Io non voglio accendere RaiTre e vedere la diretta da Roma del concorso ippico nazionale, o cose che vedo su altre reti nazionali. Rai Tre esiste ed e' pagata dal contribuente per valorizzare le specificita' regionali. ... E' mai possibile che il palinsesto nazionale occupi il 95% della programmazione di RaiTre?» (Il Mattino di Padova, 5 ottobre 2005: doc. 4). Del resto, la domanda del cronista di Libero che ha aperto il varco alle dichiarazioni contestate e' gia' di per se stessa, illuminante sullo stato dei fatti, se non addirittura suggestiva: «Parliamone Presidente, parliamone della RAI. Adesso cambieranno i vertici e dovrebbero venire tempi migliori per il centro destra» (doc. 2). Per giungere a formulare quello specifico quesito evidentemente il giornalista era ben consapevole della mancanza di equilibrio nella distribuzione degli spazi di informazione della televisione locale, inducendo il Presidente Galan a prendere posizione: la risposta che ne e' scaturita non e' che l'auspicio che con il rinnovo dei vertici aziendali vi fosse un diverso modo di fare informazione. Altre latitudini, identita' di contenuti: ne L'espresso del 6 ottobre ( 2005 (p. 62) alla domanda «Romano Prodi ha detto che l'informazione tv non e' imparziale ne' su Rai ne' su Mediaset. Cosa ne pensa?», Giovanni Minoli risponde: «E' iniziata la campagna elettorale. Prodi non ha televisioni ne' di proprieta' ne' in uso. Sente il rischio di un'informazione partigiana, e lo ha denunciato. Penso sia legittimo farlo» (doc. 67). Gli esempi come questo potrebbero sprecarsi. Ove si rifletta, anche un istante, su tutto cio', non puo' che concludersi che il Presidente Galan, con l'intervista in esame e con le dichiarazioni a seguire, ha inteso partecipare alla discussione su un tema politico all'ordine del giorno, illustrare il suo punto di vista di governatore-consigliere del gruppo politico di maggioranza e prospettare le proprie valutazioni soggettive, avvalendosi del diritto di critica politica, con il linguaggio vivido, se si vuole polemico e provocatorio, proprio della politica. E' massima ricorrente, in giurisprudenza, che «nelle manifestazioni di vita politica o amministrativa, un dato evento puo' essere la risultante di molteplici condizioni, tutte analogamente plausibili, che a loro volta interagiscono tra loro o con altre concause. Qui sarebbe davvero azzardato parlare di verita' e pretendere di ricostruire il senso politico di una vicenda attraverso gli ordinari strumenti di accertamento giudiziario per il solo fatto che, anche ad ammettere che sia oggettivamente conseguibile un obiettivo di verita', sarebbero quanto meno configurabili molteplici verita', tutte altrettanto valide, secondo le disponibilita' dell'interprete ad accordare, stando ai propri personali metri di giudizio, maggiore valenza a una piuttosto che ad altra ragione determinante» (Cass. pen., sez. V, sent. n. 23223/03). 8. - La lettura dei giornali di allora porta alla luce un altro dato fattuale non trascurabile: se di attacco si vuole parlare, esso sicuramente non fu diretto alle persone dei dottori Reale e Casagrande, bensi' al sistema televisivo regionale nel suo insieme. In particolare, nell'intervista del 7 febbraio non e' menzionato ne' il dott. Casagrande ne' il dott. Reale: destinatari dell'invettiva sono entita' plurisoggettive. quali la «sede veneta» [della Rai], il «comitato di redazione» (che, peraltro, potrebbe alludere tanto alla redazione regionale, quanto all'omonimo organismo sindacale), Rai 3, il Tg3. Il nome di Casagrande e di Reale compare solo nei giorni successivi - con toni vivaci ma non diffamatori - o in relazione al fatto delle dimissioni di Casagrande, o insieme al nome di altre persone (Zaccaria, l'intero c.d.a.. della Rai): diversamente opinando, si altera la scansione temporale degli eventi (il riferimento a Casagrande contenuto nell'intervista dell'8 avviene su sollecitazione del giornalista e a commento delle dimissioni di quello, ma, ovviamente non prova che il generico attacco alla Rai regionale del giorno prima era diretto a Casagrande), o si opera una selezione arbitraria fra i giornalisti della redazione regionale di cui non e' traccia nelle parole di Galan (il quale si limita a dichiarare, di fronte alla notizia delle dimissioni di Casagrande, che attendeva che seguissero altre dimissioni, quelle di Reale, di Zaccaria, del c.d.a. della Rai: il tono non e' ingiurioso, semmai ironico. Sotto questo profilo la flotizia, per come e' riportata in Libero dell'8 febbraio, «si dimette solo Casagrande? Reale non ancora?» non riporta affatto fedelmente il pensiero espresso dal Governatore, come dimostrano gli altri quotidiani usciti lo stesso giorno: «si dimette Casagrande? mi aspettavo che seguissero altre dimissioni: Reale, Zaccaria il c.d.a. della Rai» oppure «mi auguro che per solidarieta' si dimetta anche il presidente della Rai, Zaccaria»: cfr. La Nuova Venezia, l'Unita', Il Gazzettino, il Giornale di Vicenza e le agenzie di stampa ADNkronos e ANSA sempre dell'8 febbraio). Non solo esce confermata la valenza politica dell'intervista. Ma e' lecito dubitare, con riserva di piu' approfonditamente dedurre sul punto, che laddove Casagrande e Reale abbiano inteso agire non uti singuli ma nella veste di soggetti esponenziali di interessi super individuali, l'uno e l'altro, come non avevano titolo ieri ad instaurare il giudizio civile, non avrebbero titolo oggi ad intervenire nel presente giudizio (nonostante la «storica» sent. n. 76/2001), spettando la legittimazione unicamente al soggetto munito di rappresentanza esterna dell'organo pretesamente molestato (e non serve in questa sede approfondire se si tratta del direttore del Tg3, Antonio di Bella, del direttore della testata giornalistica regionale, Angela Buttiglione, del direttore generale della Rai, Alfredo Meocci). 9. - V'e' di piu'. Il caso sub judice presenta un ulteriore aspetto di novita' rispetto a quelli appartenenti al passato: la sopravvenuta interpositio legislatoris, intervenuta a chiarire e ad attuare l'istituto dell'insindacabilita' parlamentare (e, quindi, consiliare), a riprova della circolarita' del diritto «in quanto sistema i cui gradi inferiori si saldano con quelli superiori per esserne integrati e per integrarli» (L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, 111, cui adde G. Zagrebelsky, Il diritto mite, Torino, 1992, 210, per il quale «il riconoscimento della legislazione come funzione originaria e non derivata dipende necessariamente dalla concezione della Costituzione non come un sistema chiuso di principi ma come un contesto aperto di elementi, la cui determinazione storico-concreta, entro i limiti di elasticita' che tale contesto permette, e' lasciata al legislatore»). Devono, in particolare, essere tenuti in debito conto alcuni recenti interventi legislativi, i quali hanno condotto alla definizione normativa (quindi, vincolante per qualsiasi giudice, anche costituzionale) sia dell'ambito di applicazione sostanziale della garanzia dell'art. 68, primo comma, Cost. (e, quindi, del corrispondente art. 122., quarto comma) sia del suo rilievo processuale. In linea di ideale continuita' con una serie ininterrotta di diciannove decreti-legge (non convertiti) approvati in materia di attuazione dell'art. 68 Cost. tra il 1993 e il 1996, l'art. 3 della dispone che l'art. . 68, primo comma Cost. [e, dunque, con i dovuti aggiustamenti, anche l'art. 122, quarto comma] si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attivita' di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fiori del Par1amento». Appunto, come deve essere nel caso de quo, la garanzia copre la divulgazione, la critica e la denuncia politica espressa in connessione con i compiti istituzionali anche all'infuori dalle mura del Palazzo. Ai fini dell'applicazione della guarentigia, per il legislatore, non ha (piu) rilievo il fatto che si discorra di atti tipici ovvero di atti non tipici e, quanto a questi ultimi, e' sufficiente che siano contrassegnati da una semplice connessione (non piu' da uno specifico nesso funzionale) con la funzione pubblica esercitata. Un tanto basta a destituire di fondamento ogni dubbio, potendosi senz'altro convenire che le dichiarazioni di Galan esprimono essenzialmente l'uomo pubblico (non il privato cittadino) nell'atto di manifestare il suo ruolo di rappresentante e di guida politica. Ma la legge citata introduce anche misure di natura processuale, configurando una sorta di «pregiudizialita' parlamentare». L'art. 3, infatti, prevede: a) l'obbligo per il giudice di investire preliminarmente la Camera della decisione circa l'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost., qualora il parlamentare nei cui riguardi e' chiamato a pronunciarsi proponga in giudizio la relativa eccezione, sospendendo il giudizio in corso e rimanendo vincolato alla decisione da quella adottata; b) la facolta', per il parlamentare che assuma che il fatto per il quale e' in corso un procedimento giurisdizionale di responsabilita' nei suoi confronti e' coperto dall'immunita', di investire della questione la Camera, la quale puo' chiedere al giudice, sempre con effetto vincolante, di sospendere il procedimento. Del resto, e' stata questa stessa Corte ad affermare e a ribadire che «le prerogative parlamentari non possono non implicare un potere dell'organo a tutela del quale sono disposte» (sentenze n. 265 del 1997; n. 443 del 1993; n. 1150 del 1988), facendone derivare che «la prerogativa in questione attribuisce alla Camera di appartenenza il potere di valutare la condotta addebitata ad un proprio membro, con l'effetto, qualora sia qualificata come esercizio delle funzioni parlamentari, di inibire in ordino ad essa una difforme pronuncia giudiziale di responsabilita». Dato un siffatto impianto normativo-giurisprudenziale, non e' affatto peregrino concludere (pur nella consapevolezza che si tratta di tesi assolutamente minoritaria) che, analogamente alla delibera della Camera, anche l'atto con cui la regione interviene a tutela del consigliere regionale (come quello adottato, nel caso qui rubricato, dalla Regione Veneto con d.g.r. n 2490/2005 che autorizza ad interpellare la Corte) abbia un'efficacia inibitoria del procedimento giurisdizionale in corso, deI quale il giudice non puo' che prendere atto (salvo il conflitto di attribuzioni) per non debordare dai limiti della propria competenza spingendosi in quanto gli e' costituzionalmente sottratto. Quest'ultima soluzione pare necessitata: a) stante il medesimo tenore letterale dell'art. 122, quarto comma, Cost. e dell'art. 68, primo comma; b) avendo la premessa del ragionamento («le prerogative parlamentari non possono non implicare un potere dell'organo a tutela del quale sono disposte») contorni generali applicabili tanto all'organo nazionale che a quello regionale; c) godendo oggi (i.e.: a seguito della legge cost. n. 3/2001) tutti i soggetti della Repubblica di pari dignita' costituzionale (cfr. art. 114 ss. Cost.). 10. - In ogni caso, anche a voler superare gli argomenti che precedono, la garanzia di cui all'art. 122, quarto comma, Cost. deve ora e doveva allora essere riconosciuta perche' le dichiarazioni rilasciate extra moenia dal Presidente-consigliere Galan sono funzionalmente connesse con le tipiche funzioni legislativa e di indirizzo e controllo politico. Codesta Corte «piu' volte ... ha affermato che l'esonero da responsabilita', previsto dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione quale salvaguardia dell'autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale, ricomprende tutte quelle attivita' che costituiscono esplicazione di una funzione affidata a tale organo dalla stessa Costituzione o da altre fonti normative cui la prima rinvia» (cfr. ex plurimis, sentt. un. 76/2001; 391/1999; 276/2001). Ha, altresi', precisato, in via generale, «che le funzioni legislative e di indirizzo politico, nonche' quelle di controllo e di autorganizzazione, connotano il livello costituzionale dell'autonomia garantita alle regioni e che l'esercizio di esse, riservato al consiglio regionale, non puo' essere sindacato da organi giudiziari al fine di accertare l'eventuale responsabilita' dei soggetti deputati ad adempierle» (sentenze nn. 69 e 70 del 1985). Vigilare e vagliare il corretto esercizio dell'informazione televisiva, da sempre al centro del piu' acceso dibattito pubblico e politico sia, in se', per la natura «sensibile» del mezzo (televisione come strumento del pluralismo), sia per l'influenza che puo' avere nell'orientare anche politicamente gli spettatori (televisione come strumento di potere), non puo' ritenersi estraneo alle funzioni e al campo di azione del Presidente della Regione. Non solo, per quanto sopra gia' si e' scritto, per il ruolo istituzionale che questi riveste, ma anche e soprattutto perche' non puo' affatto sostenersi che la materia del servizio radiotelevisivo sia del tutto estranea alle competenze delle Regioni, avendo esse potesta' legislativa concorrente in materia di «ordinamento della comunicazione» (art. 117, terzo comma, Cost.: cfr., inier alia Corte cost., sentenze nn. 307/2003; 312/2003; 324/2003; 336/2005). Non a caso, gli stessi attori Reale e Casagrande avevano pacificamente ricondotto le interviste del dr. Galan al suo ruolo istituzionale tanto da avere provveduto a notificare l'atto di citazione non gia', come prevede il codice di rito, nella residenza del convenuto, bensi' al dott. Giancarlo Galan nella sua qualita' di «Presldente pro tempore della giunta regionale - Palazzo Balbi (VE)». Sotto questo profilo, le dichiarazioni di Galan, sono oggettivamente correlabili sia alla posizione istituzionale del Presidente-consigliere, sia alle competenze tipiche dell'ente di cui fa parte e che rappresenta. 11. - In via riassuntiva, deve farsi applicazione della prerogativa costituzionale di cui all'art. 122, quarto comma, Cost, e quoad effectus riconoscersi che la sentenza del giudice veneziano viola i limiti esterni imposti alla sua giurisdizione, perche' le dichiarazioni del Presidente-consigliere Galan: a) sono funzionalmente connesse alle tipiche funzioni legislativa e di indirizzo e controllo politico; b) in ogni caso, rientrano nel potere, non importa se tipico o no, di esternazione (naturalmente orientata) proprio dell'organo di rappresentanza e di indirizzo della Regione; c) sono caratterizzate ex se da un alto grado di politicita', insindacabile soprattutto laddove non sia possibile distinguere, a pena di sterili formalismi, il soggetto-persona fisica dalla carica che ricopre (non v'e' chi non veda che le stesse riflessioni condotte sugli organi collegiali, quali il Parlamento o il Consiglio regionale, non sono riproducibili sic et simpliciter per gli organi monocratici); d) rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 122, quarto comma, Cost. per come, sia pure indirettamente (con riguardo all'art. 68, primo comma Cost.), e' stato definito dal legislatore ordinario. Essendo, poi, sopravvenuta la delibera con cui la Giunta regionale, autorizzando la regione alla proposizione del conflitto avverso la sentenza di primo grado, ha ritenute lese le proprie competenze costituzionalmente definite, si deve concludere inoltre per l'attuale improcedibilita' del giudizio ordinario, sia di cognizione che di esecuzione, in attesa degli esiti del procedimento avanti codesto ecc.mo Collegio. Da tutto quanto fin qui si esposto si evince, con evidenza, la violazione dell'art. 122, quarto comma e, suo tramite, degli artt. 121 e 123 Cost. di disciplina dell'organizzazione e delle funzioni dei supremi organi regionali.
P. Q. M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte: 1) dichiari che non spettava allo Stato e, per esso, al Tribunale di Venezia accertare la responsabilita' civile del Presidente-consigliere regionale Giancarlo Galan per l'intervista apparsa sul quotidiano Libero del giorno 7 febbraio 2002, e per le successive dichiarazioni ad essa correlate; 2) per l'effetto, annulli la sentenza del Tribunale di Venezia, III sez. civ., 30 aprile 2005, n. 1715, in applicazione degli artt. 41 e 38, legge 11 marzo 1953, n. 87. A fini istruttori si producono i seguenti documenti: 1) delibera di autorizzazione a proporre conflitto di attribuzioni avanti la Corte costituzionale della Giunta regionale veneta 13 settembre 2005, n. 2490; 2) copia dell'intervista a Galan su Libero del 7 febbraio 2002; 3) copia di tutti gli articoli apparsi sui quotidiani citati in memoria; 4) copia della sentenza n. 1715 del 30 aprile 2005-8 agosto 2005 del Tribunale civile di Venezia; 5) intervista a Galan, Il Mattino di Padova, 5 ottobre 2005; 6) intervista a Giovanni Minoli, L'espresso, 6 ottobre 2005, 62. Padova-Roma, addi' 28 ottobre 2005 Avv. prof. Mario Bertolissi - Avv. Luigi Manzi 05C1155