N. 566 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 2005
Ordinanza emessa il 26 settembre 2005 dal tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce sul ricorso proposto da Laboratorio analisi Valentino ed altri 30 contro AUSL LE/1 ed altri Sanita' pubblica - Regione Puglia - Prestazioni sanitarie erogate da strutture pubbliche e private - Volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998 e il relativo limite di spesa a carico del Servizio sanitario regionale - Previsione della remunerazione di detti volumi di prestazione con le regressioni tariffarie fissate dalla Giunta regionale - Irragionevole cristallizzazione del tetto di spesa per ogni struttura all'anno 1998 senza una valutazione comparativa dei costi e della qualita' delle prestazioni sanitarie - Contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale (art. 2, d.lgs. n. 502/1992) - Incidenza sul principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Richiamo alla sentenza della Corte n. 111/2005 di non fondatezza di identica questione, ritenuta superabile dal giudice rimettente alla luce dei motivi nuovi. - Legge della Regione Puglia 7 marzo 2003, n. 4, art. 30, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 97 e 117.(GU n.48 del 30-11-2005 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1060/2003, proposto dal Laboratorio analisi dott. Valentino, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi cliniche S.a.s. di Giangrande Anna Rosa & C., in persona del legale rappresentante pro tempore; Laboratorio analisi Clinic-Lab, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi dott. Paolo Manfreda, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi Maci S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi cliniche del dott. Negro S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dalla Biochem S.a.s. di Vergari Maria & C., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi dott.ssa D'Elia Nerina in Lagrua, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi cliniche dott. Bruno Forcina S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi cliniche dott. Giorgio Romano Di Runcio Margherita & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio clinico diagnostico dott. Marcuccio, in persona del legale rappresentante pro tempore; dallo Studio analisi cliniche dott. Carmelo De Vitis S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi Di Pierro e Morelli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio P. Pignatelli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Centro analisi cliniche Palma del dott. Michele Aldo Ido & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio dott. Ferente di Leopizzi Annamaria, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi chimico cliniche Salus di Montefrancesco Egidio & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio Monteronese di Analisi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Centro analisi dott. De Giorgi - dott.ssa Palma & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi De Metrio S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi cliniche Bioclinical S.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio Clinilab di Inguscio Carlo e De Giorgi Maria A. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dallo Studio analisi cliniche Salento Analisi di Tundo Laura & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio Salus, in persona del legale rappresentante pro tempore; dallo Studio associato Biosalento, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio analisi dott. Zacchino, in persona del legale rappresentante pro tempore; dalla Clinica San Francesco S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio San Sebastiano, in persona del legale rappresentante pro tempore; dal Laboratorio Salus dott.ssa Lucia Ortore, in persona del legale rappresentante pro tempore; e dalla Casa di Cura prof. Petrucciani S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore; tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Ernesto Sticchi Damiani e Valeria Pellegrino, come da mandato a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliati in Lecce, Via San Francesco d'Assisi n. 33; Contro: l'AUSL LE/1, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Pier Luigi Portaluri, in virtu' del mandato a margine dell'atto di costituzione e della del. n. 2151 del 4 giugno 2003, con domicilio eletto in Lecce, via Imbriani n. 24; la Regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Ancora, come da mandato a margine della memoria di costituzione, con domiciilio eletto in Lecce, via Imbriani n. 30; lo Studio radiologico Gennaro Quarta Colosso, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito per l'annullamento: della del. n. 1278 del 31 marzo 2003, con la quale il direttore generale dell'AUSL LE/1 ha determinato il piano delle prestazioni specialistiche ambulatoriali da acquisire nell'anno 2003 mediante l'apporto delle strutture private in regime di accreditamento provvisorio ed ha fissato i tetti massimi di spesa; del contratto per adesione (allegato alla predetta del. n. 1278/2003), sottoscritti con riserva dalle strutture ricorrenti; di ogni altro atto connesso (richiamato nella del. AUSL LE/1 n. 1278/2003) e tra questi, in particolare ed ove occorra, della del. g.r. n. 1073 del 16 luglio 2002, della del. ARES n. 20/2002 approvata con la predetta del. g.r. n. 1073/2002), nonche' delle delibere g.r. nn. 1392/2001, 310/2002 e 2242/2002, della direttiva dell'Assessorato regionale alla sanita' n. 24/1293/2 del 4 marzo 2003 e della nota ARES n. 1364 del 24 marzo 2003; nonche' per il risarcimento del danno; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti l'atto di costituzione in giudizio dell'AUSL LE/1 e della Regione Puglia; Visti i motivi aggiunti dedotti avverso la delibera della giunta regionale n. 1326 del 4 settembre 2003, con la quale e' stato adottato il «Documento di Indirizzo Economico-Funzionale del S.S.R. per il 2003 e triennale 2003-2005», nonche' ogni atto consequenziale; Visti i motivi aggiunti dedotti avverso la delibera dell'AUSL LE/1 n. 3677 del 22 ottobre 2003, con la quale e' stata data applicazione alla predetta del. giunta regionale n. 1326/2003; Visti gli atti tutti di causa; Vista l'ordinanza 20 gennaio 2004, n. 114, con cui e' stata disposta la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c.; Vista la sentenza della Corte costituzionale n. 111 del 18 marzo 2005 con cui e' stata dichiarata in parte inammissibile ed in parte infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 4 della l.r. 7 marzo 2003, n. 4, sollevata da questo Tribunale amministrativo regionale in analoghi ricorsi; Vista l'ordinanza presidenziale 28 maggio 2005, n. 1752, con cui e' stata disposta nuova istruttoria; Uditi nella pubblica udienza del 13 luglio 2005 il relatore, dott. Giulio Castriota Scanderbeg e, per le parti costituite, gli avv.ti Gianluigi Pellegrino, in sostituzione dell'avv. Valeria Pellegrino, Luciano Ancora e Pier Luigi Portaluri; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue. Fatto e diritto 1. - Con il ricorso introduttivo, le strutture sanitarie in epigrafe (provvisoriamente accreditate con il SSN per l'erogazione - con oneri a carico del Fondo Sanitario Regionale - di prestazioni comprese nella Branca di Patologia Clinica) hanno impugnato gli atti e i provvedimenti di cui in premessa con cui la Regione Puglia e l'AUSL LE/1 - ciascuna per la parte di rispettiva competenza - hanno proceduto alla determinazione, per l'anno 2003, del tetto di spesa relativo alle prestazioni sanitarie di cui sopra, in applicazione delle disposizioni regionali che disciplinano la materia dell'accreditamento provvisorio delle strutture sanitarie private. Le numerose censure articolate nel ricorso e nei motivi aggiunti concernono, in sintesi, i seguenti aspetti principali: assenza della pianificazione regionale a monte delle determinazioni dell'AUSL (ed. piano annuale preventivo); mancato coinvolgimento delle associazioni di categoria nella fase di determinazione delle scelte relative al volume delle prestazioni da acquistare nonche' completa obliterazione del momento consensualistico; violazione del principio di libera scelta del medico da parte degli assistiti; illegittima retroattivita' dei tetti di spesa (fissati in una fase avanzata dell'esercizio finanziario); violazione del principio di equa ripartizione delle risorse finanziarie fra strutture sanitarie pubbliche e private; violazione del principio del compenso predeterminato (a tariffa) a fronte delle prestazioni rese. 2. - In relazione a tali profili del ricorso (ed in particolare alla censura relativa all'assenta violazione, da parte delle Amministrazioni intimate, del principio di equa ripartizione delle risorse finanziarie fra strutture sanitarie pubbliche e private) peraltro analoghi a quelli sollevati da numerose altre strutture sanitarie private provvisoriamente accreditate con la Regione Puglia, con l'AUSL LE/1 e con altre AUSL pugliesi, questo tribunale ha investito la Corte costituzionale (sentenza 19 dicembre 2003, n. 8968; ordinanze 19 gennaio 2004, n. 64; 29 gennaio 2004, n. 155) della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 4, della legge regionale pugliese 7 marzo 2003, n. 4 (il quale dispone che «A norma dell'articolo 8-quinquies, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 502/1992, ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla giunta regionale», sospendendo nel frattempo tutti giudizi pendenti (e fra questi anche il presente) rispetto alla cui definizione la decisione della Consulta acquistava rilievo pregiudiziale e dirimente. 3. - Con sentenza 18 marzo 2005, n. 111, la Corte costituzionale (dopo aver cosi' delimitato i profili di incostituzionalita' ritenuti non manifestamente infondati dal tribunale: «... Il primo attiene alla ingiustificata disparita' di trattamento che la norma regionale impugnata avrebbe creato tra le strutture accreditate di sanita' privata e quelle di sanita' pubblica, quale si desumerebbe, in particolare, dal differente modo in cui le une e le altre sono finanziate. Il secondo concerne, specificamente, il riferimento all'anno 1998 ai fini della quantificazione, per l'anno 2003 nel corso del quale le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale sono state erogate), del c.d. «tetto montante» ignorando cosi' l'effettivo andamento della domanda di prestazioni sanitarie proveniente dall'utenza nel periodo intercorso tra le due annualita' indicate...»), ha ritenuto in parte inammissibile e in parte infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal tribunale, sul duplice presupposto che: per quanto concerne il primo profilo, il giudice a quo ha dato alla norma impugnata un significato che essa non ha, in quanto nella stessa non si rinviene l'affermazione secondo cui il sistema di remunerazione delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie pubbliche sarebbe diverso da quello relativo alle strutture private accreditate. Per cui, riferendosi la norma sia alle strutture pubbliche che a quelle private, essa non e' stata giudicata in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione. Peraltro, pur potendosi intuire dalle suddette ordinanze di rimessione che, in realta', il Tribunale amministrativo regionale dubitasse della legittimita' costituzionale del sistema complessivamente vigente nella Regione Puglia, ossia che coinvolgesse nelle proprie prospettazioni anche norme diverse da quella censurata (nonche' atti amministrativi applicativi della predetta normativa regionale), tali norme - pur menzionate nelle oridinanze - non sono state oggetto di rimessione, per cui di esse la Corte ha ritenuto di non potersi occupare; per quanto concerne il secondo profilo, invece, premesso che la norma impugnata deve, secondo la Corte «... essere interpretata nel senso che, ai fini della remunerazione per intero a valori attuali (riferiti cioe' all'anno in cui effettivamente le prestazioni siano state rese), i volumi delle prestazioni medesime, vale a dire la loro quantita' e, correlativamente, la spesa complessiva, non possono essere superiori a quelli del 1998...» il riferimento dell'art. 30, comma 4, «... ai predetti volumi e limiti di spesa si presenta come il frutto, da parte del legislatore regionale, di una scelta discrezionale di politica sanitaria e di contenimento della spesa, la quale, tenuto conto della ristrettezza delle risorse finanziarie dirette a soddisfare le esigenze del settore, non risulta viziata da intrinseca irragionevolezza. Non ricorre, dunque, quella evenienza che, sola, puo' giustificare l'intervento sulla norma da parte di questa Corte, in applicazione del parametro di cui all'art. 3 della Costituzione...». 4. - L'odierno Collegio (sulla base di quanto affermato dalla Corte in ordine alle ragioni di carattere economico che giustificano la fissazione di un limite di spesa globale) non ritiene che nelle citate ordinanze di rimessione siano stati esauriti tutti i possibili profili di contrasto fra il quadro normativo regionale oggetto del presente giudizio e le norme costituzionali di riferimento, per cui si rende necessario adire nuovamente la Consulta, specificando naturalmente sotto quale nuovo aspetto l'art. 30, comma 4, della legge regionale pugliese 7 marzo 2003, n. 4 appare confliggere con la Carta fondamentale. Innanzitutto, pero', occorre dare conto della ritenuta rilevanza della questione e, a tal riguardo, si deve evidenziare che l'illegittimita' dei provvedimenti amministrativi che della norma in questione hanno fatto applicazione puo' essere ritenuta solo laddove la norma medesima venga dichiarata incostituzionale. Infatti, le Amministrazioni intimate (come sara' evidenziato infra) nel fissare alla struttura ricorrente il tetto di spesa «montante» (relativo alla remunerazione delle prestazioni corrispondendo il 100% del valore tariffario) per l'anno 2003 hanno applicato fedelmente la norma censurata, per cui gli atti impugnati sono da ritenere legittimi in parte qua fintanto che' la prefata disposizione non sia cancellata dall'ordinamento con effetto ex tunc. 4.1. - Naturalmente, nell'adire ancora una volta la Corte costituzionale, l'odierno Collegio tiene feme le conclusioni a cui la Consulta e' pervenuta nella sentenza n. 111/2005, ossia che l'art. 30, comma 4, della l.r. n. 4/2003, per i profili esaminati dalla Corte, non confligge ne' con l'art. 3 Cost. (in quanto esso fa riferimento sia alle strutture sanitarie pubbliche, sia a quelle private), ne' con l'art. 97 Cost. (in quanto la scelta del Legislatore regionale di ancorare il volume globale delle prestazioni sanitarie acquistabili dal SSR e remunerabili al 100% della tariffa al dato storico del 1998 e' stata giudicata non irragionevole dalla Consulta), ne', conseguentemente, con l'art. 117, comma 3, Cost. (nella parte in cui stabilisce che la legislazione regionale concorrente deve rispettare i principi fondamentali fissati dalla legislazione nazionale di principio). Cosi' pure il tribunale non ritiene che sussista, a livello normativo, una diversificazione nel finanziamento delle strutture pubbliche e di quelle private, atteso che il sistema di finanziamento previsto dall'art. 8 della l.r. n. 38/1994 e' da ritenersi superato per effetto della legislazione successiva si vedano, ad esempio: l'art. 7 della l.r. n. 32/2001. che impone chiaramente alle aziende ospedaliere la redazione di un bilancio, nel quale fra i ricavi va iscritta, fra le altre, la minor somma tra il tetto di remunerazione fissato per l'anno 2001 e il valore delle prestazioni effettivamente erogate, anche determinate in via provvisoria: o l'art. 12 della medesima l.r. n. 32/2001, che obbliga le AA.UU.SS.LL. a garantire l'equilibrio economico dei presidi ospedalieri da esse gestiti «determinando il valore delle prestazioni erogate sulla base delle tariffe agli stessi riconosciute»). 4.2. - Sulla base dell'insegnamento della Corte costituzionale relativo alla legittimita', in ragione delle esigenze economiche, di un limite di spesa globale (nella specie ancorato al volume di prestazioni rese nel 1998) il Collegio rileva che l'art. 30, comma 4, della l.r. pugliese n. 4/2003 appare confliggere con i principi fondamentali fissati dalla legge statale nella parte in cui non impone alle Amministrazioni competenti (Regione e AA.UU.SS.LL. territoriali) di procedere ad una valutazione e ad una comparazione dei costi e della qualita' delle prestazioni erogate dalle varie strutture sanitarie, nonche' al monitoraggio del flusso della domanda (e di altre situazioni rilevanti), prima di procedere alla ripartizione delle risorse finanziarie stanziate nel FSR per l'acquisto delle prestazioni sanitarie per cui e' causa. Infatti, stabilendo semplicemente che «...ove le strutture pubbliche e private abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, fissato in misura corrispondente a quelli erogati nel 1998, e il relativo limite di spesa a carico del servizio sanitario regionale, detti volumi sono remunerati con le regressioni tariffarie fissate dalla Giunta regionale...», cioe' stabilendo un limite di spesa al tempo stesso globale ed individuale (per ogni struttura) pari al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998, l'art. 30, comma 4, della l.r. n. 4/2003 appare in contrasto con i principi stabiliti dal d.lgs. n. 502/1992 e s.m.i., in quanto non prevede un sistema (oggettivo e trasparente) in base al quale sia possibile verificare se la ripartizione delle risorse finanziarie e' fatta in maniera efficiente (pur nei limiti delle disponibilita' di bilancio). In effetti, mentre in generale il complesso delle disposizioni legislative che nella Regione Puglia disciplinano la materia oggetto del presente giudizio appare rispettosa dei principi stabiliti dalla legislazione statale tanto e' vero che lo stesso comma 1 del piu' volte citato art. 30 stabilisce che «La Regione Puglia garantisce la libera scelta dei cittadini ai fini dell'accesso alle prestazioni sanitarie nell'ambito della programmazione regionale e dell'organizzazione dei servizi del sistema sanitario regionale, comprendente tutte le strutture pubbliche e private accreditate ex articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modificazioni, e nell'ambito degli accordi e contratti di cui all'articolo 8-quinquies») la norma di cui al quarto comma, riguardando il momento cruciale dell'intera vicenda amministrativa (id. est, la ripartizione delle risorse finanziarie), tradisce lo spirito del sistema. Peraltro occorre evidenziare che, nel caso di specie, non viene in evidenza un problema di parita' fra strutture sanitarie pubbliche e private (e, del resto, nella sentenza n. 111/2005 la Corte ha ritenuto insussistente il contrasto fra l'art. 30, comma 4, e l'art. 3 Cost.), visto che le doglianze articolate nel presente ricorso (e in altri analoghi pendenti di fronte a questo tribunale) riguardano la parte della norma in cui si prevede che il volume delle prestazioni erogabili nel 2003 e' fissato in misura corrispondente a quello erogato nel 1998 ad ogni struttura, in quanto e' proprio il riferimento fisso ed immutabile a tale dato storico che penalizza asseritamente le strutture private ricorrenti, non importa se nei confronti di altre strutture private o di strutture pubbliche. Ne' il tribunale dubita del fatto che la programmazione regionale in subiecta materia debba tenere conto dell'entita' delle risorse finanziarie disponibili, il problema essendo costituito dal modo in cui le (limitate) risorse sono impiegate. In sostanza, prendendo a base per la determinazione del tetto di spesa valevole per il 2003 per ogni struttura solo il dato storico riferito al 1998 e non prevedendo alcuna valutazione ne' sui costi sopportati dalle strutture interessate per l'erogazione delle prestazioni sanitarie ne' sul flusso della domanda, la norma cristallizza in modo irragionevole la situazione del mercato, laddove una corretta ed efficiente gestione delle risorse finanziarie imporrebbe di acquistare le prestazioni dalle strutture - non importa se pubbliche o private - piu' efficienti, che dimostrano di incontrare il favore dell'utenza erogando prestazioni di migliore qualita' o che producono a costi minori di talche' il contrasto e' ravvisabile sia con riguardo al principio costituzionale di buon andamento della P.A. sia con il principio di uguaglianza. Giova evidenziare a tale riguardo che, con ordinanza istruttoria presidenziale 28 maggio 2005, n. 1751, il tribunale ha ordinato alla Regione Puglia di depositare il seguente materiale probatorio: atti e documenti relativi alla determinazione dei costi sopportati dal SSR nel 2003 per prestazioni ambulatoriali specialistiche rese dalle strutture pubbliche (distinte fra quelle erogate ai pazienti «interni» e a quelli «esterni»; atti e documenti relativi alla determinazione dei costi sopportati dal SSR nel 2003 per prestazioni ambulatoriali specialistiche rese da strutture private; atti e documenti relativi alle valutazioni comparative che, in vista dell'adozione della deliberazione di giunta regionale n. 1326/2003, la regione ha compiuto sui dati predetti. In esecuzione di tale ordinanza, la regione ha depositato tre tabulati che riguardano, rispettivamente, le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale privata, interna (poliambulatori delle AUSL) e ospedaliera; ciascuno dei tre tabulati riporta, per ciascuna AUSL, il numero di ricette redatte, il numero di prestazioni erogate, il numero degli assistiti, il numero medio di ricette per assistito, il valore calcolato secondo il tariffario lordo e l'ammontare del c.d. ticket. Non e' stato invece fornito al tribunale alcun chiarimento circa le valutazioni che l'Amministrazione regionale ha compiuto sui dati predetti in vista della determinazione definitiva dei tetti di spesa relativi al 2003, di modo che il tribunale dubita che tali valutazioni siano state effettivamente svolte. Ma, del resto, tale omissione e' giustificata proprio dal disposto di cui all'art. 30, comma 4, della l.r. n. 4/2003, che consente di fare riferimento esclusivamente al dato del 1998 (seppure la consistenza complessiva della parte del FSR destinata all'acquisto delle prestazioni specialistiche venga incrementata annualmente dalla giunta regionale in sede di adozione del DIEF), per cui l'illegittimita' dei provvedimenti amministrativi che della norma in questione hanno fatto applicazione puo' - come detto - essere ritenuta solo laddove la norma medesima venga dichiarata incostituzionale. Per cui, seppure non e' dimostrato che la quota del FSR riservata all'acquisto delle prestazioni sanitarie de quibus e' da considerare residuale rispetto allo stanziamento complessivo come invece ritiene la struttura ricorrente), ugualmente il meccanismo previsto dall'art. 30, comma 4, della l.r. n. 4/2003 appare confliggere con i principi fondamentali fissati dalla legislazione statale, ed in particolare con la disposizione di cui all'art. 8-quinquies comma 2, del d.lgs. n. 502/1992, nella parte in cui impone alle Amministrazioni competenti di procedere ad una valutazione comparativa dei costi e della qualita' prima di fissare il volume di prestazioni che ogni AUSL intende acquistare dalle strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima Azienda sanitaria locale; cio' al fine, ad esempio, di fissare un tetto «montante» superiore o inferiore rispetto al valore attuale delle prestazioni rese nel 1998 in ragione della maggiore o minore efficienza della struttura e quindi al fine di dare alle strutture piu' efficienti maggiore spazio nella fascia delle regressioni tariffarie che spetta alla giunta regionale di fissare finalita' quest'ultima ulteriore rispetto all'ambito proprio della norma che si sospetta di illegittimita' costituzionale). 4.3. - Nella realta' accade che, in assenza di tale valutazione comparativa, Regione Puglia e AA.UU.SS.LL. territoriali sono legittimate ad attribuire alle singole strutture un tetto «montante» pari al volume delle prestazioni erogate dalle stesse nel 1998 (seppure attualizzato alle tariffe vigenti venendo ad essere irrilevante il fatto che alcune strutture - siano esse pubbliche o private - abbiano espresso risultati positivi in termini di rapporto costi-benefici e altre strutture - siano esse pubbliche o private - abbiano invece espresso risultati negativi in termini di rapporto costi-benefici, 5. - In definitiva, il tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata nei sensi dianzi indicati la q.l.c. dell'art. 30, comma 4, della pugliese l.r. n. 4/2003 per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 Cost., per cui il presente giudizio va sospeso in attesa della decisione che la Corte costituzionale riterra' di adottare al riguardo.
P. Q. M. Solleva la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 4, della legge regionale della Puglia n. 4 del 2003 per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso e dispone che, a cura della segreteria, gli atti del giudizio siano trasmessi alla Corte costituzionale e che il presente atto sia notificato alle parti ed al presidente della giunta regionale della Puglia e sia comunicato al Presidente del consiglio regionale della Puglia. Cosi deciso in Lecce, in Camera di consiglio, il 13 luglio 2005. Il Presidente: Cavallari L'estensore: Castriota Scanderbeg 05C1163