N. 429 ORDINANZA 16 - 25 novembre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  -  Udienza di prima comparizione - Fissazione a
  data  successiva  della  prima  udienza  di  trattazione - Ritenuta
  obbligatorieta'  del  rinvio  anche  in  assenza di interesse delle
  parti  -  Denunciato  contrasto  con  le  esigenze  di celerita' ed
  economia  dell'attivita' processuale, irragionevolezza, lesione del
  diritto  di  difesa  - Questione non rilevante nel giudizio a quo -
  Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. civ., artt. 180, secondo comma, terzo periodo, e 183.
- Costituzione, artt. 3, comma primo, 24, comma secondo, e 111, comma
  secondo.
(GU n.48 del 30-11-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 180,
secondo  comma,  terzo  periodo, e 183 del codice di procedura civile
promosso  con  ordinanza del 30 aprile 2004 dal Tribunale di Viterbo,
sezione  distaccata  di  Civita  Castellana,  nel procedimento civile
vertente  tra  Pensione «Il Colle» di Sorichetti Giorgio e P. M.,
iscritta  al  n. 998 del registro ordinanze 2004 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale,
dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 ottobre 2005 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che,  con ordinanza del 30 aprile 2004, il Tribunale di
Viterbo,  sezione  distaccata  di  Civita  Castellana,  ha  sollevato
questione   di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 180,  secondo
comma,  «cpv.  3»  (recte:  terzo  periodo),  del codice di procedura
civile,  nella  parte  in cui prevede che (il giudice istruttore) «in
ogni  caso  fissa a data successiva la prima udienza di trattazione»,
nonche'  dell'art. 183  cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 3,
primo   comma,   24,  secondo  comma  e  111,  secondo  comma,  della
Costituzione;
        che,  espone  il  rimettente,  in  sede  di  udienza di prima
comparizione  -  rilevata  dal  giudice  la ritualita' della notifica
dell'atto  di citazione e, conseguentemente, dichiarata la contumacia
del  convenuto  - l'attore aveva chiesto il rinvio della causa per la
compiuta articolazione dei mezzi istruttori;
        che,  osserva  il  rimettente,  in  punto  di  rilevanza,  il
combinato  disposto degli artt. 180 e 183 cod. proc. civ. comporta la
doverosita'  del  differimento  della  prima  udienza di trattazione,
cosi'  di  fatto precludendo al giudice la possibilita' di consentire
all'attore che ne faccia richiesta di procedere all'articolazione dei
mezzi istruttori nella successiva udienza (o addirittura nella stessa
udienza di prima comparizione);
        che,   secondo   il  rimettente,  gia'  prima  della  riforma
dell'art. 111  della  Costituzione, era stata evidenziata l'esistenza
di una fase processuale di trattazione, solo eventualmente frantumata
in  piu'  udienze  successive,  «ontologicamente  omogenee  e tali da
potersi  dilatare  o contrarre a seconda delle necessita' dialettiche
(...)    delle    parti»,    secondo   un   «vaglio   di   necessaria
consequenzialita», rimesso al prudente apprezzamento del giudice;
        che  il  nuovo testo dell'art. 111 della Costituzione avrebbe
reso  piu' attuale la possibilita' - in vista del contemperamento del
«predicato  della  ragionevole durata» del processo, «con il naturale
fluire  dei  vari momenti processuali» - di una non coincidenza delle
varie   scansioni,   logicamente  ineliminabili,  del  giudizio,  con
«momenti cronologicamente distanti»;
        che  la Corte di cassazione avrebbe condiviso tale approccio,
progressivamente  erodendo l'assunto della necessaria coincidenza tra
fasi processuali e udienze, fino a sancire - ma limitatamente ai soli
giudizi  in cui le parti si siano costituite, e dunque con esclusione
di  quelli  contumaciali  - la possibilita' di una deroga al disposto
dell'art. 180  cod.  proc.  civ.,  nella parte in cui prevede che «in
ogni  caso»  il  giudice  istruttore fissa a data successiva la prima
udienza  di trattazione; mentre «interpretazioni estensive» sarebbero
state  rese  dai giudici di merito che, nella prospettiva accolta dal
rimettente,  avrebbero  operato  una «completa rilettura della rigida
concatenazione  degli  artt. 180,  183  e  184, alla luce della nuova
normativa  costituzionale»,  in applicazione del criterio per cui tra
piu'  esegesi  ugualmente possibili, deve essere preferita quella che
assegna alla norma un contenuto conforme alla Costituzione;
        che,  osserva  ancora  il  giudice  a quo, se e' vero che con
ordinanza  n. 3  del  2002,  la  Corte  costituzionale  ha dichiarato
manifestamente   inammissibile   la   questione   della  legittimita'
dell'art. 180,  secondo  comma,  cod.  proc.  civ.,  ribadendo che e'
improprio  sollevare  dubbi  di  costituzionalita'  al  solo  fine di
sollecitare  il Giudice delle leggi a compiere un'attivita' meramente
interpretativa, e' anche vero che tale decisione ha avuto riguardo ai
soli  parametri costituzionali degli artt. 3 e 24, e non gia' anche a
quello   dell'art. 111,   come   rivisitato  a  seguito  della  legge
costituzionale 23 novembre 1999, n. 2;
        che,  secondo  il giudice a quo, nel nuovo assetto normativo,
l'inutile   protrazione   del   processo   costituirebbe   un   fatto
illegittimo,  in  quanto  in  contrasto con le esigenze di economia e
celerita'   dell'attivita'   processuale,   «che   si   reputano  ora
prevalenti»,  atteso  che  la  definizione  sollecita del contenzioso
costituisce   valore   autonomo  dell'ordinamento,  «suscettibile  di
comparazione  con  gli  altri principi», alla stregua di una generale
evoluzione  del  sistema,  che  ha  trovato  espressione,  sul  piano
normativo,  nella  riforma  del  giudice  unico  -  e nella connessa,
tendenziale   coincidenza   nella   medesima   persona,  del  giudice
istruttore  e  del «giudice-decisore» - e, a livello dogmatico, nella
ricostruzione  del  diritto alla ragionevole durata del processo come
diritto  assoluto  e  incomprimibile,  cui  si  correla l'obbligo per
parti,  giudici  e  organizzazione giudiziaria in genere, di svolgere
ciascuno  il proprio ruolo nel rispetto dell'art. 6 della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo;
        che,  conseguentemente, sarebbe «accentuato» il potere/dovere
del  giudice  di  passare  direttamente all'istruttoria o addirittura
alle  conclusioni, tutte le volte in cui ritenga di poter saltare «le
fasi prodromiche», laddove la formula «in ogni caso», che compare nel
testo  dell'art. 180  cod.  proc.  civ.,  sarebbe  espressiva  di una
rigidita'  incompatibile  col  nuovo  sistema  costituzionale  e tale
dunque da dover essere elisa;
        che,  come  rilevato  dai  commentatori  della sentenza della
Corte  di cassazione, 24 maggio 2000, n. 6808, contrasta con il nuovo
dettato  dell'art. 111  della  Costituzione  la  regola  per cui, nei
giudizi   contumaciali,  il  rinvio  all'udienza  di  trattazione  ex
art. 180  cod.  proc. civ. debba essere sempre disposto, anche quando
l'attore  abbia  dichiarato espressamente di non avervi interesse - e
anzi di avere un interesse opposto alla dilazione del processo - e il
convenuto,  con l'omessa costituzione, abbia dimostrato di non volere
accettare il contraddittorio;
        che,  a  rendere  costituzionalmente  legittima la norma, non
potrebbe   valere   la   presumibile   ratio   ad  essa  sottesa,  di
salvaguardare   uno  spazio  per  la  comparizione  personale  e  per
l'interrogatorio libero delle parti, posto che trattasi di incombenti
che  il giudice puo' ordinare in qualunque stato e grado del giudizio
ex  art. 117 cod. proc. civ., ne' la considerazione che l'eccessiva e
ingiustificata   dilazione   del  processo  non  sarebbe  determinata
dall'astratta possibilita' di scansione dell'attivita' processuale in
udienze  successive, ma piuttosto, quale mero inconveniente di fatto,
dal  modo  in  cui viene in concreto gestito il giudizio, e cioe' con
rinvii  che,  di  fatto,  e' impossibile disporre a distanza di pochi
giorni;
        che,  osserva  il rimettente, se e' vero che l'iter delineato
negli  artt. 180,  183  e  184 cod. proc. civ. e' stato costruito dal
legislatore  della  legge  26 novembre  1990,  n. 353  (Provvedimenti
urgenti  per il processo civile), e poi della legge 20 dicembre 1995,
n. 534  (Conversione  in  legge, con modificazioni, del decreto-legge
18 ottobre  1995,  n. 432,  recante  interventi  urgenti sul processo
civile  e  sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990,
n. 353,   relativa   al   medesimo   processo)   per   definire  fasi
ontologicamente   distinte,   quali   la   verifica   della  corretta
introduzione della causa nonche' la precisazione del thema decidendum
e  del thema probandum, con connesso regime di preclusioni, destinato
a  scattare  alla  chiusura di ciascuna fase, solo con l'accoglimento
della  prospettata questione «si potrebbe avere (...) un'applicazione
del  predicato  della ragionevole durata, prevalente sui principi del
contraddittorio  e  della  parita'  processuale»,  senza sovvertire i
consolidati  orientamenti  che  negano  ogni valenza sostanziale alla
contumacia,   laddove   essa   l'ha   solo  sul  piano  delle  regole
processuali;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale ha chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile o
manifestamente  infondata la prospettata questione, sottolineando che
lo  stesso rimettente si mostra consapevole della possibilita' che la
norma  censurata  sia  interpretata  nel senso che del rinvio si puo'
fare a meno, quando nessuna delle parti vi abbia interesse;
        che  rientra  certamente  nella libera e discrezionale scelta
del  legislatore  disporre  un  differimento  della trattazione della
causa  di  qualche  giorno,  nell'interesse a una «conferma meditata»
della scelta processuale operata dalle parti: rinvio che, oltre a non
compromettere il principio della ragionevole durata del processo, non
appare irragionevole, ne' in altro modo lesivo del diritto di difesa.
    Considerato  che  il  Tribunale di Viterbo, sezione distaccata di
Civita  Castellana,  dubita  della  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento  agli  articoli 3, comma primo, 24, comma secondo, e 111,
comma  secondo, della Costituzione, dell'articolo 180, secondo comma,
terzo  periodo,  del  codice  di  procedura civile nella parte in cui
prevede  che  (il  giudice  istruttore)  «in  ogni  caso fissa a data
successiva  la  prima  udienza  di  trattazione» e dell'art. 183 cod.
proc. civ.;
        che la questione e' manifestamente inammissibile;
        che,  infatti,  il Tribunale rimettente lamenta di dovere, in
base   al   consolidato   orientamento  della  Corte  di  cassazione,
necessariamente fissare l'udienza di trattazione per cio' solo che il
convenuto  e'  stato  ritualmente  dichiarato contumace, ma riferisce
che,  nel giudizio davanti a lui pendente, l'attore non aveva chiesto
l'immediata  assunzione,  nell'udienza  di  prima comparizione di cui
all'art. 180  cod.  proc.  civ.,  o anche solo l'ammissione dei mezzi
istruttori,  bensi'  la fissazione di un'udienza successiva per poter
articolare compiutamente le sue istanze istruttorie;
        che, pertanto, l'esigenza di fissare l'udienza di trattazione
-  «ontologicamente omogenea», ricorda lo stesso rimettente, a quella
di cui all'art. 184 cod. proc. civ., e quindi potenzialmente idonea a
renderla  superflua -  non  deriva, nel caso di specie, dal censurato
consolidato  orientamento  della  Suprema  Corte,  ma dalla legittima
richiesta  dell'attore di uno spatium deliberandi per definire le sue
istanze istruttorie;
        che,  quindi,  la  questione  di  legittimita' costituzionale
sollevata non e' rilevante nel giudizio a quo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 180,  secondo comma, terzo
periodo   e  183  del  codice  di  procedura  civile,  sollevata,  in
riferimento  agli  artt. 3,  comma  primo,  24, comma secondo, e 111,
comma  secondo, della Costituzione, dal Tribunale di Viterbo, sezione
distaccata di Civita Castellana, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 novembre 2005.
                        Il Presidente: Marini
                      Il redattore: Vaccarella
                      Il cancelliere:Fruscella
    Depositata in cancelleria il 25 novembre 2005.
                      Il cancelliere:Fruscella
05C1169