N. 441 SENTENZA 30 novembre - 9 dicembre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giudizio  di legittimita' costituzionale in via incidentale - Oggetto
  -    Regolamento    di   natura   sostanzialmente   legislativa   -
  Ammissibilita' della questione.
Giudizio   di   legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
  Eccezione  di  inammissibilita'  per  difetto  di  rilevanza  della
  questione nel giudizio a quo - Reiezione.
Giustizia  amministrativa  - Giudizio di ottemperanza - Instaurazione
  del  contraddittorio  -  Comunicazione  al  Ministero  competente -
  Mancata  previsione  dello strumento della notificazione a mezzo di
  ufficiale  giudiziario,  ritenuto  piu' idoneo - Denunciata lesione
  dei  principi della difesa in giudizio e del contraddittorio, quale
  presupposto del giusto processo - Non fondatezza della questione.
- Regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, art. 91.
- Costituzione, artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma.
(GU n.50 del 14-12-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 91 del regio
decreto  17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento per la procedura dinanzi
alle  sezioni  giurisdizionali  del Consiglio di Stato), promosso con
ordinanza  del 27 gennaio 2005 dal Tribunale Amministrativo Regionale
della  Sicilia,  sul  ricorso  proposto  dalla Farmacia Perricone, in
persona   della  titolare  dott.ssa  Maria  Agata  Perricone,  contro
l'Azienda  USL  n. 9  di  Trapani,  iscritta  al  n. 208 del registro
ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 16, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 ottobre 2005 il giudice
relatore Luigi Mazzella.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso del 15 giugno 2004 al Tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia,  la  Farmacia  Perricone, in persona della
titolare  dott.ssa  Maria  Agata Perricone, esponeva di aver ottenuto
dal  giudice  competente  il decreto n. 2/2002 con il quale era stato
ingiunto  all'Azienda  unita'  sanitaria  locale  n. 9  di Trapani il
pagamento  in  suo  favore  di  sorte  capitale  ed interessi per una
fornitura  di  presidi  sanitari  in favore di assistiti del Servizio
sanitario  nazionale,  oltre  alle spese del procedimento. Non avendo
ottenuto detto pagamento nemmeno a seguito della notifica di diffida,
la  ricorrente  chiedeva affermarsi l'obbligo dell'amministrazione di
provvedere  con  nomina  di  un  commissario ad acta per l'ipotesi di
ulteriore inadempienza.
    Il  Tribunale  amministrativo  regionale della Sicilia - rilevato
che   il  ricorso  risultava  introdotto  mediante  deposito  diretto
dell'originale   presso   la   sua   segreteria,   senza   la  previa
notificazione  del  medesimo  atto all'amministrazione convenuta - ha
ritenuto  che,  pur  essendo state rispettate le prescrizioni dettate
dall'art. 91  del  regio  decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento
per  la  procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio
di Stato), non era stato correttamente instaurato il contraddittorio,
anche  se,  di  fatto,  la  copia  del ricorso era stata trasmessa ai
destinatari  i  quali  ne  avevano avuta, quindi, piena cognizione, e
pertanto ha dubitato della legittimita' costituzionale della medesima
norma  in  riferimento  agli  artt. 24, secondo comma, e 111, secondo
comma, della Costituzione.
    Ha   osservato   il   Tribunale   amministrativo  regionale  che,
nonostante  la  formulazione  testuale  del  citato  art. 91,  alcuni
Tribunali   amministrativi   regionali   richiedono,   comunque,   la
notificazione   del   ricorso   per   esecuzione  del  giudicato,  in
considerazione   della   «natura   giurisdizionale»   della  sentenza
conclusiva  del procedimento di ottemperanza. Ha aggiunto, pero', che
tale  orientamento non trova riscontro nei giudici amministrativi del
grado di appello.
    Il  Consiglio  di  Stato, infatti, con giurisprudenza prevalente,
non  ritiene  necessaria la notificazione, ad istanza del ricorrente,
del  ricorso all'amministrazione tenuta all'esecuzione del giudicato,
considerando  sufficiente  la  comunicazione  della  proposizione del
ricorso a cura della segreteria del giudice amministrativo
    Il  Tribunale  amministrativo regionale ha ricordato, ancora, che
non  mancano  pero'  pronunzie  del  giudice  di  appello  le  quali,
evidenziando   la   contrarieta'  delle  previsioni  dell'art. 91  al
principio    costituzionale    della    necessaria   integrita'   del
contraddittorio    processuale,   superano   il   problema   in   via
interpretativa,  richiedendo  che  il  contraddittorio  tra le parti,
anche   all'interno   del   meccanismo   dell'art. 91,  sia  comunque
assicurato  attraverso  la  verifica  che  la controparte abbia avuto
effettiva conoscenza della domanda stessa.
    Secondo  il Tribunale amministrativo regionale rimettente la tesi
maggioritaria  circa  la sufficienza della sola comunicazione ai fini
della  rituale  instaurazione  del  giudizio  di  ottemperanza appare
contraria  ad  alcuni  principi  costituzionali  in tema di attivita'
giurisdizionale e di giusto processo, desumibili dagli artt. 24 e 111
della Costituzione. A suo giudizio il rispetto dei principi enunciati
in  queste  norme  costituzionali non sarebbe garantito adeguatamente
dal  meccanismo  di cui all'art. 91 del regio decreto n. 642 del 1907
nel  quale la conoscenza del ricorso da parte dell'amministrazione e'
affidata   esclusivamente   alla   comunicazione   della  segreteria,
effettuata  a  mezzo  di  lettera raccomandata. Sarebbero necessarie,
invece,  le  formalita'  e  le garanzie proprie della notificazione a
mezzo  di  ufficiale giudiziario (consegna della copia conforme di un
atto,  con  particolari garanzie e formalita' ad opera di un pubblico
ufficiale  che dell'avvenuta operazione redige apposita relazione). E
cio'    anche    nell'ipotesi    che   si   acceda   alla   soluzione
giurisprudenziale    che    considera   validamente   assicurato   il
contraddittorio  nell'ambito  del  meccanismo  di cui all'art. 91 del
regio   decreto  n. 642  del  1907,  purche'  assistito  dalla  prova
dell'effettiva   e  tempestiva  conoscenza  della  domanda  da  parte
dell'interessato. In definitiva, anche se la controparte sia stata in
grado,  sotto  l'aspetto  temporale,  di  elaborare la propria difesa
prima  della  discussione  innanzi  al  giudice, siffatta soluzione -
modellata  sul  principio desumibile dall'art. 156, terzo comma, cod.
proc.  civ.  (sanatoria  della  nullita' dell'atto che abbia comunque
raggiunto  lo  scopo  cui  sia  destinato) - non appare al rimettente
applicabile  alla  fattispecie in esame dove la notificazione, con le
forme proprie del codice di rito, e' del tutto assente.
    In  conclusione,  secondo  il giudice a quo, la notificazione del
ricorso introduttivo con le modalita' proprie del codice di procedura
civile,  o  con  quelle di cui agli artt. 8 e segg. del regio decreto
n. 642  e  del  1907,  resta  l'unico  mezzo  idoneo ad assicurare il
rispetto dei richiamati principi costituzionali.
    Quanto   all'ammissibilita'   della  questione,  a  giudizio  del
Tribunale  amministrativo  regionale,  la  circostanza  che  la Corte
costituzionale  abbia  piu'  volte  esaminato - con esiti diversi, ma
sempre  entrando nel merito delle tematiche sottoposte - questioni di
costituzionalita' relative al regio decreto n. 642 del 1907 (sentenze
n. 406  del 1998, n. 251 del 1989, n. 146 del 1987 e ordinanza n. 359
del  1998)  renderebbe  ultroneo  l'esame  del problema relativo alla
natura sostanzialmente legislativa da riconoscersi allo stesso.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale  ha  concluso  per  l'infondatezza della questione,
osservando  che  la notifica per ufficiale giudiziario non e' l'unico
mezzo  per  garantire  la  pienezza del contraddittorio e richiamando
l'insegnamento  di  questa  Corte, secondo cui, anche con riguardo al
diritto  di  difesa, non puo' non riconoscersi al legislatore la piu'
ampia  discrezionalita'  per  fini  di speditezza nella conformazione
degli istituti processuali e nell'articolazione del processo.

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia dubita -
in  riferimento  agli  artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma,
della  Costituzione  - della legittimita' costituzionale dell'art. 91
del   regio  decreto  17 agosto  1907,  n. 642  (Regolamento  per  la
procedura  dinanzi  alle  sezioni  giurisdizionali  del  Consiglio di
Stato),  in  materia  di giudizio di ottemperanza, il quale prescrive
testualmente:
    «Il  ricorso  e' depositato nella segreteria della quinta sezione
con   la   copia  del  giudicato.  Il  segretario  ne  da'  immediata
comunicazione  al  Ministero competente, il quale, entro venti giorni
dalla  ricevuta  comunicazione,  puo' trasmettere le sue osservazioni
alla  segreteria.  Spirato  il  termine,  il  Presidente, in fine del
ricorso, destina il consigliere per farne relazione alla sezione, nel
giorno che all'uopo designa.».
    Il   Tribunale   amministrativo   regionale  della  Sicilia,  nel
sollevare  i  ricordati  dubbi  circa  la  corretta instaurazione del
contraddittorio per contrasto con gli artt. 24, secondo comma, e 111,
secondo  comma,  Cost.,  aggiunge  il  rilievo  che  il  giudizio  di
ottemperanza  -  come osservato da questa Corte nella sentenza n. 406
del  1998  -  puo'  assumere diversi modi di essere in relazione alla
situazione  concreta,  alla  statuizione  giudiziale da attuare, alla
natura  dell'atto  originariamente  censurato. In particolare osserva
che  il  giudizio  di  ottemperanza puo' costituire semplice giudizio
esecutivo  che si aggiunge al procedimento espropriativo disciplinato
dal codice di procedura civile; puo' essere preordinato al compimento
di  operazioni  materiali  o  all'adozione  di atti giuridici di piu'
stretta  esecuzione  della  sentenza;  e puo' essere finalizzato alla
sollecitazione  di attivita' provvedimentale amministrativa, anche di
natura  discrezionale, al fine del conseguimento di effetti ulteriori
e    diversi    rispetto    al   provvedimento   originario   oggetto
d'impugnazione.
    Il  giudizio  di  ottemperanza,  nelle  materie  attribuite  alla
giurisdizione  amministrativa, puo' addirittura essere utilizzato, in
difetto  di completa individuazione del contenuto della prestazione o
dell'attivita' oggetto del dovere dell'amministrazione, per integrare
il   precetto   discendente   dal   giudicato  azionato.  Il  giudice
amministrativo,  cioe',  in  sede  di  giudizio di ottemperanza, puo'
esercitare  cumulativamente,  ove  ne  ricorrano  i  presupposti, sia
poteri   sostitutivi  che  poteri  ordinatori  e  cassatori  e  puo',
conseguentemente,  integrare l'originario disposto della sentenza con
statuizioni   che   ne   costituiscono   non   mera  «esecuzione»  ma
«attuazione»  in senso stretto, dando luogo al cosiddetto giudicato a
formazione progressiva.
    Aggiunge  il  rimettente che il giudizio di ottemperanza, infine,
puo'  implicare  la  sostituzione dello stesso giudice nell'esercizio
dei  poteri  dell'amministrazione  -  anche  per  il  tramite  di  un
commissario  ad  acta,  ormai  pacificamente ritenuto «ausiliario del
giudice»   -   gia'   nell'ipotesi   «minimale»  (quale  la  presente
fattispecie)  del compimento degli atti necessari al pagamento di una
somma di denaro discendente da una puntuale pronunzia di condanna. Il
giudice  dell'ottemperanza,  in  altre  parole,  assicura il concreto
soddisfacimento  delle pretese della parte vittoriosa, ai sensi degli
artt. 24, 100 e 103 della Costituzione.
    Dalla  complessita'  dei  fini del giudizio di ottemperanza e dei
poteri  che  in  esso  si  esercitano,  il  Tribunale  amministrativo
regionale  trae la conseguenza che solo uno strumento di informazione
come  la  notificazione  a  mezzo  di  ufficiale giudiziario (o messo
comunale)  puo'  riuscire  ad  assicurare  all'interessato  la  piena
consapevolezza  della  introduzione  di  un  articolato  procedimento
giurisdizionale.
    2.  -  In  punto  di ammissibilita', nell'ordine logico, il primo
problema  e'  quello  della  natura  del regolamento n. 642 del 1907,
problema   che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  ritiene  di
superare, dandone per ammessa la natura sostanzialmente legislativa.
    In  proposito  si  rileva  che  la Corte, dopo un primo contrario
orientamento volto a desumere la natura regolamentare della normativa
dalla  formulazione  dell'art.16,  primo comma, della legge di delega
7 marzo  1907, n. 62 per l'emanazione del decreto n. 642 del 1907, ha
sempre  dato  ingresso  allo  scrutinio del medesimo regolamento, nel
presupposto della sua natura legislativa (v. sentenza n. 406 del 1998
nella  quale  la  Corte  ha collaudato la legittimita' costituzionale
degli  stessi  artt. 90  e  91  del  regio  decreto  n. 642 del 1907,
ancorche'  sotto  il  diverso profilo della denunciata violazione del
diritto   di   difesa   conseguente  alla  mancata  previsione  della
esecutivita'  delle sentenze di primo grado non passate in giudicato,
ormai  introdotta nel procedimento civile ordinario; ordinanza n. 359
del 1998, nella quale la Corte, entrando nel merito, ha affrontato la
questione  di  costituzionalita'  di  una  diversa  disposizione  del
medesimo regio decreto). Da tale piu' recente indirizzo, la Corte non
ravvisa motivi per discostarsi.
    3.  -  Quanto alla rilevanza della questione di costituzionalita'
nel  giudizio a quo, la stessa a prima vista potrebbe apparire dubbia
atteso che il rimettente da' atto esplicitamente del fatto che, nella
specie,  oltre  alla  comunicazione prescritta dall'art. 91, la copia
del  ricorso nella sua interezza era stata trasmessa ai destinatari i
quali, dunque, ne avevano avuta cognizione piena.
    Ma  il  giudice  a quo, nel dare conto del ricordato orientamento
interpretativo  del Consiglio di Stato (principio del contraddittorio
rispettato  tutte le volte in cui in concreto l'amministrazione abbia
avuto  conoscenza  effettiva  dell'atto),  si attesta su una tesi ben
piu' radicale.
    Il     Tribunale     amministrativo    regionale    non    chiede
(inammissibilmente)    alla    Corte   di   risolvere   un   problema
interpretativo,  avallando  l'una  o l'altra tesi in discussione, ma,
dopo  aver  esplorato  in modo esaustivo tutte le possibili soluzioni
ermeneutiche  dell'art. 91,  ritiene che nessuna di esse sia idonea a
risolvere il problema in modo costituzionalmente corretto.
    Da  tale  impostazione  dell'ordinanza  discende la rilevanza nel
giudizio  a  quo  della questione costituzionale sottoposta all'esame
della   Corte.   Da  una  pronuncia  di  accoglimento  o  di  rigetto
deriverebbero, infatti, conseguenze diverse nel giudizio medesimo, in
termini   di   improcedibilita'   del   ricorso  per  violazione  del
contraddittorio o di piena ammissibilita' di esso.
    4.  -  Quanto  al  merito,  occorre  sgomberare  il  campo  dalla
concezione,  in  passato  condivisa da dottrina e giurisprudenza, che
riteneva   il   giudizio   di  ottemperanza  come  caratterizzato  da
sommarieta'  e  da un tenore non pienamente contenzioso, sicche' tale
procedimento veniva definito «a contraddittorio attenuato».
    E'   invece   oggi   pacifica   la  sua  natura  di  procedimento
contenzioso.  Il  che  rende  imprescindibile  il  pieno rispetto del
contraddittorio.
    Il  problema  quindi  e' quello di verificare se, nel giudizio di
ottemperanza, nella fase dell'instaurazione del rapporto processuale,
lo  strumento della comunicazione sia idoneo, al pari di quello della
notificazione, ad assicurare il rispetto del principio che impone, di
fronte  a  una  iniziativa  processuale,  la  conoscenza da parte del
resistente   del   contenuto   della  pretesa  articolata  per  poter
approntare  in  tempo utile le proprie difese, secondo i principi del
giusto processo.
    Strutturalmente,  nella  disciplina  del  codice  di rito (che il
rimettente   vorrebbe   estendere   al   giudizio  di  ottemperanza),
differenze  formali tra comunicazione e notificazione non mancano, ma
esse  non  incidono  sulla  sostanziale  identita'  di  risultato tra
comunicazione  e  notificazione, quando, come nella soluzione offerta
dal  Consiglio  di  Stato, con una interpretazione costituzionalmente
orientata  dell'art. 91,  si  richieda  la  comunicazione dell'intero
atto.
    Ma  il  problema  di  tutela  del  contraddittorio  sollevato dal
rimettente   non   puo'  ritenersi  pienamente  soddisfatto  da  tale
interpretazione.
    Il  Consiglio  di Stato, infatti, non si spinge fino ad affermare
che   l'art. 91   del   regio   decreto   n. 642  del  1907  implichi
necessariamente   l'obbligatorieta'   della  comunicazione  integrale
dell'atto,  ma  si  limita a sostenere che, in tutti i casi in cui la
comunicazione abbia assicurato la conoscenza effettiva della domanda,
la   stessa  possa  ritenersi  validamente  effettuata  e  rispettosa
dell'art. 24 Cost. Il Consiglio di Stato, in altri termini, non offre
una  soluzione  esaustiva  del  problema  di  tutela  prospettato dal
rimettente,  in  quanto  fa  dipendere  il rispetto del principio del
contraddittorio  dalle  modalita' concrete di comunicazione osservate
dalle  segreterie  dei  giudici  amministrativi.  La  scelta  di tali
modalita'  da parte di organi meramente esecutivi, inoltre, espone le
parti  vittoriose nei processi amministrativi di merito ad un rischio
processuale.
    Affermare  che  la  comunicazione  puo' essere effettuata in modo
integrale,  senza statuire l'obbligatorieta' di tale forma, significa
esporre  la  parte  privata  interessata,  che  non  ha  il potere di
controllare  il  modo  in  cui  le segreterie degli uffici giudiziari
amministrativi    eseguono   l'adempimento,   al   rischio   di   una
comunicazione  effettuata in modo non rispettoso del contraddittorio,
con  la  conseguente possibilita' che la vocatio in ius attuata possa
essere ritenuta invalida nel corso del giudizio.
    Si  tratta  di  verificare  se  la  risposta possa essere fornita
ancora   in   via   interpretativa  salvaguardando  lo  strumento  di
informazione prescelto dal legislatore del 1907.
    A  questo  proposito va ricordato che proprio in tema di giudizio
di  ottemperanza,  ma  relativamente  agli  obblighi  derivanti dalle
sentenze   della   Commissione   tributaria,  l'art. 70  del  decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), ha esplicitamente
previsto  la  comunicazione  del  ricorso  nella  sua interezza. Tale
norma,  chiaramente  ispirata nella sua struttura a quella del citato
art. 91,     ne     accredita    un'interpretazione    evolutiva    e
costituzionalmente orientata.
    La  soluzione  adottata  dal  legislatore  in  materia tributaria
lascia  intendere  che,  ai  fini  del  rispetto  del  principio  del
contraddittorio, non sia indispensabile la procedura di notificazione
(con tutti i costi e le lentezze che tale strumento comporta), ma sia
necessaria   e  sufficiente  la  comunicazione  dell'atto  nella  sua
interezza.
    La   comunicazione,   dunque,   al   pari   della  notificazione,
costituisce  senz'altro mezzo idoneo ad assicurare quelle garanzie di
conoscenza  e di ufficialita' necessarie per il rispetto dei principi
della  difesa  in  giudizio  ex  art. 24,  secondo comma, Cost. e del
contraddittorio, quale presupposto del «giusto processo» ex art. 111,
secondo  comma,  Cost.,  a  condizione  che  la  stessa  assicuri una
informazione completa e tempestiva del ricorso che ne forma oggetto.
    L'assimilazione   della   comunicazione  alla  notificazione  nei
termini  che precedono consente tra l'altro di estendere alla prima i
principi - ampiamente affermati anche di recente da questa Corte - in
ordine  all'effettivita'  dell'avvenuta conoscenza dell'atto da parte
del  destinatario,  anche  nel  caso  di  trasmissione  a mezzo posta
(sentenza  n. 476 del 2002; ordinanze nn. 210, 153, 132, 118 e 97 del
2005).
    In  conclusione,  e'  chiaro  che, nonostante l'origine risalente
dell'art. 91, la forma di comunicazione dallo stesso prescelta appare
compatibile con il vigente ordinamento costituzionale, solo che la si
interpreti  nel  senso  di  prevedere un obbligo di comunicare l'atto
nella  sua  interezza,  in  tempo  utile e in modo da consentire alla
pubblica  amministrazione  una  effettiva  conoscenza della domanda e
l'articolazione tempestiva dei mezzi di difesa.
    La  norma  impugnata non e' quindi viziata di incostituzionalita'
nei sensi sopra esposti.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art.  91  del  regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 (Regolamento
per  la  procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio
di  Stato),  sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma e
111,  secondo  comma della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale della Sicilia con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2005.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Mazzella
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 9 dicembre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C1200