N. 580 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 giugno 2005

Ordinanza del 7 giugno 2005 (pervenuta alla Corte costituzionale il 5
dicembre  2005)  emessa  dal  giudice  di  pace di Milano sui ricorsi
riuniti  proposti  da  F.lli  Piazza  S.p.A.  contro Comune di Cesano
Boscone

Commercio  -  Regione  Lombardia  -  Obbligo  di  chiusura  festiva e
  domenicale  degli  esercizi  di vendita al dettaglio - Violazione -
  Sanzioni  amministrative pecuniarie direttamente proporzionali alla
  dimensione  dell'esercizio (vicinato, media e grande) - Sospensione
  dell'attivita'  di  vendita  da  due  a  sette  giorni  in  caso di
  reiterazione  della violazione - Contrasto con i principi stabiliti
  dalla  legislazione  statale  in  materia  (d.lgs.  n. 114/1998)  -
  Ingiustificato piu' grave trattamento sanzionatorio degli operatori
  commerciali della Lombardia rispetto a quelli delle altre Regioni -
  Ingiustificato   diverso  trattamento  sanzionatorio  della  stessa
  violazione    in   dipendenza   della   dimensione   dell'esercizio
  commerciale - Violazione del principio della libera prestazione dei
  servizi  sancito  dall'art. 30  del  Trattato  CE  - Violazione del
  principio di liberta' d'iniziativa economica privata.
- Legge della Regione Lombardia 24 marzo 2004, n. 5, art. 7.
- Costituzione, artt. 3, 11, 41 e 117.
(GU n.51 del 21-12-2005 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Nel  ricorso  ex  art. 22,  legge  n. 689/1981  promosso da F.lli
Piazza S.p.A., con l'avv. Domenico Barboni, attrice opponente, contro
Comune  di  Cesario Boscone, con il funzionario delegato, resistente,
ha  emesso  la  seguente  ordinanza  ex art. 23, legge 11 marzo 1953,
n. 87.
    La  societa'  F.lli  Piazza  S.p.A.con  ricorso ex art. 22, legge
n. 689/1981  depositato  il  29  luglio 2004, chiedeva l'annullamento
della  ordinanza  prot. n. 3303/2004 RG del 13 luglio 2004 notificata
il  14  luglio  2004  con  il  quale  il  Comune di Cesano Boscone le
ingiungeva di pagare nel termine di 30 giorni dalla notifica la somma
complessiva  Euro  10.009,50  per violazione dell'art. 11, comma C 4,
d.lgs. n. 14/1998 correlato all''art. 7, l.r. n. 5 del 2004 in quanto
l'odierna  ricorrente  -  quale  esercente  l'attivita' di vendita al
dettaglio  (grande  struttura)  -  non  aveva  osservato  la chiusura
domenicale dell'esercizio.
    La  ricorrente  a conforto del ricorso rilevava che il richiamato
art. 7 della legge regionale si poneva in contrasto con vari articoli
della  Costituzione  e  comunque risultava configgente con l'art. 22,
comma 3, del d.lgs. n. 114 del 1998.
    Il Comune di Cesano Boscone, pur rivendicando la legittimita' del
proprio operato, si costituiva in udienza rimettendosi a giustizia in
ordine alla eccepita incostituzionalita'.
    La  ricorrente  incardinava  avanti  al Giudice di pace di Milano
altre  tre  opposizioni, in tutto identiche a quella di cui sopra, in
quanto   relative   alla   impugnazione   di   identiche   violazioni
amministrative   ancorche'   accertate   in  tempi  successivi.  Tali
ulteriori  opposizioni  venivano tutte riunite ai sensi dell'art. 274
c.p.c.  avanti  il  giudice  sottoscritto  in  quanto preventivamente
adito.
    Essendo   il  thema  decidendum  dei  presenti  processi  riuniti
incentrato  sulla  legittimita'  costituzionale o meno del richiamato
art. 7   della   l.r.   24  marzo  2004  n. 5,  questo  giudice  deve
preliminarmente    procedere    all'inquadramento   della   questione
considerando  che, ormai da anni, in tutte le metropoli europee e nei
comuni  ad  esse limitrofe, sono sorti interi quartieri non abitativi
caratterizzati  dal  loro accesso attraverso strade a doppia corsia e
destinati  esclusivamente  a  sede  di  edifici commerciali nei quali
societa'  multinazionali  o  comunque di grandi dimensioni offrono ai
consumatori  la  piu'  vasta  gamma  dei  loro prodotti assortiti. Il
pubblico  che  accede a detti luoghi e' quindi attratto da molteplici
ragioni - concettualmente distinte da quelle che lo spingono a fare i
propri  acquisti  nelle  tradizionali  botteghe  -  costituite  dalla
comodita'  di ampi parcheggi particolarmente apprezzati per il carico
sulle  vetture degli acquisti fatti, dal grande assortimento di merce
e dalla flessibilita' di orario.
    Tale  realta',  come  e'  noto,  ha  sensibilmente  modificato il
sistema  della  distribuzione  nel  senso che il tradizionale negozio
(rectius   bottega)   ha   cessato   di   essere   l'unica  fonte  di
approvvigionamento per i consumatori in quanto ha finito per divenire
il  luogo alternativo ai grandi empori ed al quale il pubblico accede
e  si  indirizza  o  per  acquisti  particolarmente  selettivi  o per
effettuare acquisti quantitativamente limitati.
    Alla  luce di quanto precede i limiti alla concessione di licenze
commerciali ed i limiti agli orari di apertura non possono quindi che
essere  legiferati  ed  interpretati  alla  luce di questa realta' la
quale  caratterizza  il  Comune di Cesano Boscone, nel quale, come e'
notorio,  sussiste una grande arteria periferica a scorrimento veloce
dotata  di  grandi  parcheggi  che circondano gli empori delle grandi
societa'  e  delle  multinazionali  che destinano i loro edifici alla
grande  distribuzione.  In detto quartiere infatti, ed in conformita'
alla  tendenza  generale piu' sopra ricordata, non vi sono abitazioni
con  botteghe  a  piano terreno ma solo edifici commerciali destinati
alla funzione commerciale piu' sopra ricordata.
    E'  quindi  alla luce di tale realta' che deve essere valutata la
eccepita  incostituzionalita' dell'art. 7 della richiamata l.r. anche
con  riferimento ai principi generali di diritto comunitario recepiti
dal nostro ordinamento tra l'altro attraverso la legge 31 marzo 1998,
n. 114.
    La  incompatibilita'  fra  l'art. 7  della  richiamata  l.r. ed i
principi  costituzionali  presenti  invece  nel d.lgs. 31 marzo 1998,
n. 114,  appare  evidente  da  un  confronto sinottico fra l'apparato
sanzionatorio   delle  due  disposizioni  legislative  anzidette.  Ed
infatti  mentre  il  d.lgs.  114/1998  ribadisce  il  principio della
liberta'   di   iniziativa   economica   di   cui  all'art. 41  della
Costituzione - fissando come regola generale la liberta' di orario di
apertura  e  limitandosi  a  prevedere la chiusura domenicale con una
sanzione economica e senza ulteriori misure limitative della liberta'
di  impresa  -  il ricordato art. 7 della l.r. n. 5 del 2004 non solo
aumenta  in  misura  piu' che notevole la sanzione economica ma a) la
differenzia  nel  suo  ammontare  a  seconda  della  tipologia  degli
esercizi  di  vicinato,  della  struttura media o grande dell'impresa
commerciale,  e,  b)  prevede,  in  caso di reiterazione, la sanzione
della sospensione dell'attivita' di vendita.
    Tale  discrasia  appare  a questo giudice incostituzionale per le
seguenti ragioni.
    1)  Innanzitutto  la  norma  della  l.r.  appare in contrasto con
l'art. 3  della  Costituzione  in  quanto  viene  con essa violato il
principio di eguaglianza. Detta norma infatti sanziona gravemente gli
operatori  commerciali  della  Regione  Lombardia  in  ordine  a quei
medesimi  fatti  che  possono  essere  ovviamente  commessi  in altre
regioni  per  le quali vigono le meno severe sanzioni della legge del
d.lgs. n. 114/1998.
    Il  principio  di eguaglianza appare inoltre violato in quanto la
previsione  di  sanzioni  pecuniarie  progressivamente  crescenti  in
relazione  alla  tipologia  dell'esercizio commerciale, racchiude una
ingiustificata   discriminazione  del  trattamento  sanzionatorio  in
relazione  a  contravvenzioni  del  tutto  identiche. Inoltre cio' e'
previsto  con  un  criterio  del  tutto  irrazionale in quanto non si
comprende perche' debba essere piu' grave la sanzione inflitta ad una
grande  impresa  in  un  quartiere  come quello de quo (nel quale non
esiste  un  problema  di  concorrenza con la tradizionale bottega dei
quartieri  destinati alla abitazione) rispetto al caso degli esercizi
di vicinato.
    2)  La  incostituzionalita'  della norma regionale appare inoltre
ravvisabile  in  relazione  all'art. 30 del Trattato Istitutivo della
Comunita'   europea   costituzionalizzato   attraverso   il  richiamo
dell'art. 11 della Costituzione medesima.
    Ed  infatti  la libera prestazione dei servizi di cui al predetto
art. 30  puo'  essere  derogata solo da motivi di ordine pubblico, di
pubblica  sicurezza,  e di tutela della salute laddove l'art. 7 della
l.r.   sanziona   l'apertura   domenicale   anche   con  la  chiusura
dell'esercizio   applicando,  cosi',  un  limite  non  consentito  al
richiamato principio della libera prestazione dei servizi.
    3)  La norma regionale inoltre appare incompatibile con l'art. 41
della  Costituzione  in  quanto  limita  attraverso la sanzione della
chiusura  dell'attivita'  commerciale  quella  liberta' di iniziativa
economica  che  in  base  alla  richiamata  norma costituzionale puo'
essere  limitata  soltanto  allorquando detta attivita' si svolga «in
contrasto  con  l'utilita'  sociale  o  in  modo da recare danno alla
sicurezza,  alla  liberta',  alla dignita' umana». Al riguardo non e'
chi  non  veda  come l'apertura domenicale di un grande emporio in un
quartiere  destinato  a  quel  tipo  di  distribuzione  ricordato  in
premessa  non  possa  in  alcun  modo  rappresentare un contrasto con
utilita' sociale o un danno alla dignita' umana.
    4)  Infine  si  osserva  che  la  l.r.  contraddice  il principio
dell'art. 117  della  Costituzione,  il  quale,  come noto, impone al
legislatore   regionale   di   essere   coerente  o  con  i  principi
fondamentali  di  unita'  dell'ordinamento  e  di coordinamento degli
interessi  particolari  delle  regioni  con  il  preminente interesse
generale  dello Stato. Tale contrasto infatti appare a questo giudice
ravvisabile  nel  fatto che mentre per lo Stato l'apertura domenicale
puo' dar luogo soltanto a modeste sanzioni pecuniarie, per la Regione
Lombardia  tale  fatto  da'  luogo a quella gravissima sanzione della
sospensione  della  liberta'  di  iniziativa  economica,  come  sopra
costituzionalmente  tutelata,  e  sopprimibile  soltanto  in  ipotesi
totalmente  diverse da quelle considerate dal richiamato art. 7 della
l.r.
    Osserva  infine  questo  giudice che il presente giudizio proprio
perche'  incentrato  sulla  eccepita  illegittimita' incostituzionale
delle  disposizioni  di cui all'art. 7, l.r. 24 marzo 2004, n. 5, non
puo'  essere  definito  indipendentemente dall'anzidetta questione di
costituzionalita'.
    Detta   questione   inoltre   non   appare   a   questo   giudice
manifestamente infondata in ragione delle considerazioni esposte piu'
sopra.
                              P. Q. M.
    Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  ai  sensi
dell'art. 23,   legge   11   marzo   1953,  n. 87,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  l.r. 24 marzo 2004, n. 5,
per  contrasto  con  gli  artt. 3,  11,  41 e 117 della Costituzione;
ordina   che  gli  atti  del  processo  siano  trasmessi  alla  Corte
costituzionale  e sospende il processo medesimo a mente dell'art. 23,
legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata a cura della
cancelleria  alle  parti  al  Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle Camere.
        Milano, addi' 6 giugno 2005
                 Il giudice di pace: Polastri Menni
05C1203