N. 469 SENTENZA 14 - 28 dicembre 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Giudizio   di   legittimita'   costituzionale  in  via  principale  -
  Intervento di soggetti privati - Inammissibilita'.
Regione  Umbria - Procedura di promulgazione dello Statuto - Delibera
  statutaria gia' dichiarata parzialmente illegittima - Promulgazione
  senza preventivo riesame e nuova approvazione - Ricorso del Governo
  -  Denunciata  violazione  della  procedura  di  cui  all'art. 123,
  secondo  comma,  della  Costituzione,  lesione  del  diritto  degli
  elettori  di  richiedere  referendum popolare - Ricorso proposto in
  base  alla  procedura  di impugnazione a posteriori delle ordinarie
  leggi  regionali, anziche' secondo lo speciale controllo preventivo
  di  legittimita'  costituzionale  previsto per lo statuto regionale
  dall'art. 127,  primo  comma, della Costituzione - Inammissibilita'
  della questione.
- Legge Regione Umbria 16 aprile 2005, n. 21.
- Costituzione,  artt. 123,  117,  primo comma, 127, 134, 136, 1, 3 e
  48.
Regione  Emilia-Romagna  - Procedura di promulgazione dello Statuto -
  Delibera  statutaria  gia'  dichiarata  parzialmente  illegittima -
  Promulgazione  senza  preventivo  riesame  e  nuova  approvazione -
  Ricorso  del Governo - Denunciata violazione della procedura di cui
  all'art. 123,   secondo  comma,  della  Costituzione,  lesione  del
  diritto  degli elettori di richiedere referendum popolare - Ricorso
  proposto  in base alla procedura di impugnazione a posteriori delle
  ordinarie  leggi  regionali, anziche' secondo lo speciale controllo
  preventivo  di  legittimita' costituzionale previsto per lo statuto
  regionale   dall'art. 127,   primo   comma,  della  Costituzione  -
  Inammissibilita' della questione.
- Legge Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n. 13.
- Costituzione,  artt. 123,  117,  primo comma, 127, 134, 136, 1, 3 e
  48.
(GU n.1 del 4-1-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Umbria  16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria), e
della   legge   della  Regione  Emilia-Romagna 31 marzo  2005,  n. 13
(Statuto  della  Regione  Emilia-Romagna),  promossi  con ricorsi del
Presidente  del Consiglio dei ministri, rispettivamente notificati il
18 e  il 30 maggio 2005, depositati in cancelleria il 24 maggio ed il
1° giugno 2005  ed iscritti il primo al numero 60 e l'altro al numero
66 registro ricorsi 2005.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della  Regione Umbria e della
Regione  Emilia-Romagna  nonche'  l'atto  di  intervento  di  Claudio
Abiuso,  Marcello Teti e Mara Guidarelli, in proprio e nella qualita'
di  rappresentanti  del  «Comitato  per  il  referendum sullo Statuto
regionale dell'Umbria»;
    Udito  nella  udienza  pubblica  del  29 novembre 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri,  l'avvocato Giandomenico Falcon per le
Regioni  Umbria  ed  Emilia-Romagna  e  l'avvocato Urbano Barelli per
Claudio  Abiuso,  Marcello Teti e Mara Guidarelli, in proprio e nella
qualita'  di  rappresentanti  del  «Comitato  per il referendum sullo
Statuto regionale dell'Umbria».

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato il 18 maggio 2005 e depositato il
24 maggio   2005,   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato,  per violazione degli articoli 123, 117, primo comma, 127,
134, 136, 1, 3 e 48 della Costituzione, la legge della Regione Umbria
16 aprile   2005,   n. 21   (Nuovo  Statuto  della  Regione  Umbria),
chiedendone «la dichiarazione di illegittimita' costituzionale».
    2. - Il ricorrente premette, in fatto, che la delibera statutaria
della  Regione  Umbria  e'  stata  a  suo  tempo  oggetto del ricorso
governativo, ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost., e che, con
la  sentenza  n. 378  del  2004,  depositata  il  6 dicembre  2004  e
pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  il  15 dicembre  2004, questa
Corte,  respinte  alcune  censure  e  dichiarate  inammissibili altre
censure,  ne ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale per quanto
riguarda  l'art. 66,  commi 1,  2 e 3. Lo stesso 15 dicembre il testo
della  sentenza  e'  stato  pubblicato nel Bollettino ufficiale della
Regione unitamente ad un avviso nel quale si comunicava che l'art. 66
era   stato   dichiarato   costituzionalmente   illegittimo,  con  la
precisazione  che «il presente avviso costituisce pubblicita' notizia
ai  fini degli adempimenti previsti dall'art. 123, terzo comma, della
Costituzione e dalla legge regionale 28 luglio 2004, n. 16».
    Riferisce  ancora  il  ricorrente  che, in data 29 dicembre 2004,
veniva   pubblicata   nel   Bollettino  ufficiale  della  Regione  la
«risoluzione»  10 dicembre 2004 del Consiglio regionale, con la quale
il Consiglio prendeva atto di quanto affermato dalla Corte e invitava
«il  Presidente  della  Giunta  regionale a promulgare lo Statuto nei
tempi  piu'  rapidi  possibili,  una  volta  esaurita  la  fase della
possibile  richiesta di referendum, ed ovviamente dopo lo svolgimento
dello stesso, ove richiesto».
    Infine,  nel  medesimo  Bollettino  ufficiale  del 18 aprile 2005
veniva  pubblicata  la  legge  impugnata, accompagnata dalla seguente
formula: «Il Consiglio regionale ha approvato ai sensi dell'art. 123,
secondo  comma della Costituzione; il Governo ha promosso giudizio di
legittimita'  costituzionale  conclusosi  con la sentenza della Corte
costituzionale  n. 378  del  29 novembre  2004;  nessuna richiesta di
referendum  e' stata presentata; il Presidente della Giunta regionale
promulga ...».
    3.  -  Nel  merito,  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri
denunzia,  innanzi tutto, l'illegittimita' costituzionale della legge
regionale  impugnata  per violazione delle regole sul procedimento di
approvazione  degli  statuti  regionali  previste dall'art. 123 della
Costituzione.   Ad   avviso   del   ricorrente,   infatti,  qualunque
dichiarazione   di   illegittimita'   costituzionale  della  delibera
statutaria  a seguito del ricorso governativo di cui al secondo comma
del  citato  art. 123, anche se limitata solo ad alcune disposizioni,
determinerebbe  comunque la necessita' di un nuovo esame da parte del
Consiglio  regionale al fine di definire compiutamente, attraverso le
due  deliberazioni  successive,  adottate ad intervallo non minore di
due  mesi,  il  testo  dello  statuto  che si intenda definitivamente
varare;  testo  che  dovrebbe  essere  reso  noto  per  la  eventuale
richiesta  di  referendum,  da  presentare entro tre mesi a decorrere
dalla pubblicazione notiziale dell'esatto testo definitivo adottato.
    Ne',  d'altra  parte,  si  osserva  nel  ricorso,  potrebbero mai
ritenersi  configurabili  casi  di  non  obbligatorieta' di una nuova
doppia  deliberazione  del  Consiglio  regionale  o  casi  in cui non
occorra  una  nuova  pubblicazione del testo statutario modificato, e
cio' per un duplice ordine di ragioni.
    Da  un primo punto di vista, in quanto le disposizioni statutarie
formerebbero «un unico ed inscindibile contesto - particolarmente per
quanto  concerne il contenuto necessario dello statuto attinente alla
forma  di  governo  ed  ai  principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento  della  Regione  -  che deve ritenersi coordinato in un
sistema  in  se' coerente», di modo che l'eliminazione ab extra anche
di  una  sola  norma imporrebbe una verifica circa la non alterazione
dell'equilibrio   voluto,   tramite   deliberazioni  assunte  con  le
maggioranze  e  secondo  le  speciali  regole  procedimentali fissate
nell'art. 123 Cost.
    La  legge  impugnata,  peraltro, contrasterebbe con la disciplina
costituzionale  del procedimento statutario anche da un secondo punto
di   vista,   poiche'   risulterebbe   pregiudicata   «l'esigenza  di
salvaguardia  della  garanzia costituzionale del libero esercizio del
diritto pubblico soggettivo di richiedere il referendum popolare»; in
particolare,  il  principio  di  chiarezza  ed univocita' del quesito
referendario,  di  valenza  generale  ed  assoluta,  escluderebbe «la
possibilita'  di  ricavare  il  quesito  referendario  concernente un
corpus normativo organico da interventi ortopedici o manipolatori del
tessuto  normativo,  risultanti  dalla combinazione di fonti diverse,
suscettibili  di compromettere la chiara comprensione dell'insieme di
norme   (e  quindi  del  quesito)  soggetto  alla  valutazione  degli
elettori»  e  non  risultanti,  invece,  da  una  chiara  e rinnovata
volonta'  normativa  del  Consiglio  regionale.  Cio'  arriverebbe  a
produrre  una «palese compromissione della liberta' del voto (art. 48
Cost.)»  e  la  «vulnerazione  del  principio  di  effettivita' della
sovranita' popolare (art. 1 Cost.)».
    Il  ricorrente  afferma altresi' che i comportamenti degli organi
della   Regione   Umbria  avrebbero  altresi'  violato  alcune  norme
contenute nella legge regionale 28 luglio 2004, n. 16 (Disciplina del
referendum  sulle  leggi  di  approvazione  o  di modificazione dello
statuto regionale).
    Da  ultimo, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva come
la  Regione  Umbria,  «dopo la risoluzione amministrativa 10 dicembre
2004   del  Consiglio  regionale,  neppure  approvata  a  maggioranza
assoluta  dei  suoi  componenti»,  avrebbe  totalmente  disatteso  le
indicazioni circa il modus procedendi fornite dal Consiglio di Stato,
Sez.  I,  nel  parere 12 gennaio 2005, n. 12054/04, reso su richiesta
della  Regione medesima, nel quale si concludeva per la necessita' di
dare corso ad un nuovo procedimento in «tutti i casi di modificazione
del testo della legge statutaria».
    Il  ricorrente  conclude,  pertanto,  per «l'illegittimita' della
promulgazione  della  legge  statutaria de qua operata, in violazione
dell'art. 123  e  vulnerando il principio di legalita' costituzionale
espresso  anche  dall'art. 117,  comma 1, Cost., prima del compimento
del  relativo  iter procedimentale costituzionalmente stabilito», non
essendo  intervenute  -  dopo  la  sentenza n. 378 del 2004 di questa
Corte  -  «ne' le conformi delibere successive a maggioranza assoluta
del  Consiglio  regionale  ne'  la pubblicazione del testo definitivo
dello  statuto  da  proporre  come  oggetto  dell'eventuale richiesta
referendaria,  con  conseguente  compromissione  dei diritti politici
degli elettori costituzionalmente garantiti (artt. 1, 48 e 123 Cost.)
e  violazione  dei  canoni  fondamentali di coerenza e ragionevolezza
(art. 3  Cost.)».  Inoltre, dal momento che la suddetta promulgazione
non  avrebbe  omesso  l'art. 66  gia'  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo,   sarebbe   «configurabile   anche  una  violazione  del
principio espresso dall'art. 136 Cost.».
    4.  -  Con  atto depositato il 17 giugno 2005 si e' costituita in
giudizio  la  Regione Umbria, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile    e    infondato,   rinviando   a   separata   memoria
l'illustrazione delle ragioni a sostegno della propria difesa.
    5.  -  Con  atto  depositato  il  28  giugno 2005  hanno spiegato
intervento  ad  adiuvandum  i sig. ri Claudio Abiuso, Marcello Teti e
Mara   Guidarelli,  in  proprio  ed  in  qualita'  di  promotori  del
referendum  sullo  statuto  dell'Umbria,  nonche'  di  rappresentanti
dell'apposito  «Comitato  per  il  referendum sullo Statuto regionale
dell'Umbria».
    Gli  intervenienti  -  richiamati i fatti che li hanno condotti a
promuovere,  con  autonomo  ricorso,  conflitto  di  attribuzione  ex
art. 134  Cost. avverso l'atto di promulgazione della legge regionale
n. 21 del 2005, nonche', per quanto occorra, avverso le modificazioni
introdotte  al  quesito  referendario e ai moduli per la richiesta di
referendum  ad  opera  dell'Ufficio  di  Presidenza  e del Segretario
generale  del  Consiglio  regionale  dell'Umbria  con  decisione  del
14 dicembre  2004  -  riconoscono  che  «la  Costituzione non prevede
espressamente   la  legittimazione  ad  intervenire  di  coloro  che,
elettori   regionali,  si  dichiarano  interessati  a  promuovere  il
referendum  confermativo  dello  statuto  regionale  come  previsto e
garantito   dall'art. 123   Cost.»;   tuttavia,  osservano  che  tale
legittimazione  all'intervento  sarebbe,  seppure eccezionalmente, da
ritenersi   implicita   nel   sistema  costituzionale,  in  quanto  -
«diversamente  opinando e racchiudendo il contraddittorio tra Governo
e  Regione Umbria» - «si escluderebbe dal contraddittorio processuale
un  soggetto  interessato  e  costituzionalmente  qualificato,  quale
l'esponenza  del  potere  legislativo del popolo, che ha il diritto e
l'interesse a promuovere la procedura referendaria confermativa della
legge  statutaria».  In questo senso rileverebbe la giurisprudenza di
questa   Corte,   la   quale   avrebbe   da  tempo  riconosciuto,  ai
sottoscrittori  della  richiesta di un referendum abrogativo di legge
nazionale,  la titolarita', nell'ambito della procedura referendaria,
di  una  funzione costituzionalmente rilevante e garantita, in quanto
essi  attivano  la  sovranita'  popolare  nell'esercizio  dei  poteri
referendari  e  concorrono  con  altri organi e poteri al realizzarsi
della  consultazione popolare (da ultimo, ordinanza n. 137 del 2000).
Trattandosi,  nel  caso di specie, di una funzione riconosciuta dalla
stessa  Costituzione,  all'art. 123,  in  guisa  di  diritto pubblico
soggettivo   perfetto  costituito  in  capo agli  elettori  regionali
promotori  di  una  richiesta referendaria confermativa dello statuto
regionale, solo alla Corte costituzionale dovrebbe spettare il potere
di  garantirne  il  corretto  esercizio contro impedimenti operati da
altri poteri.
    6.  -  Quanto  al  merito, gli intervenienti sostengono, in primo
luogo,  la  radicale  illegittimita' costituzionale del nuovo statuto
della Regione Umbria per una serie di distinte ragioni.
    Anzitutto,  osservano,  la  promulgazione  non  avrebbe potuto in
alcun  modo  ritenersi consentita dall'ordinamento e sarebbe comunque
lesiva del diritto soggettivo dei promotori del referendum, in quanto
avrebbe   impedito   irreparabilmente   l'esercizio  del  diritto  di
raccogliere  le  firme  nel  periodo  di tre mesi di cui all'art. 123
Cost. Ad avviso degli intervenienti, il termine per la raccolta delle
firme  non  sarebbe  neppure  cominciato  a  decorrere, in quanto non
sarebbe  mai  avvenuta  la  «pubblicazione  nel  Bollettino ufficiale
regionale  della  nuova doppia e conforme deliberazione consiliare» a
maggioranza assoluta, pubblicazione resasi necessaria a seguito della
sentenza  di  questa  Corte  n. 378 del 2004 di parziale annullamento
della delibera statutaria.
    A  sostegno  di questa ricostruzione gli intervenienti richiamano
il  parere  del  Consiglio  di  Stato,  n. 12054/04, il quale avrebbe
chiarito  che  «qualunque  dichiarazione  di  illegittimita' e quindi
qualunque  modificazione,  anche  parziale  e  meramente cassatoria o
eliminatoria,  comporta  l'impossibilita' di utilizzare il periodo di
tempo  gia'  trascorso  e  gli  atti  essenzialmente  compiuti,  e la
necessita'  di  dare inizio ad un nuovo procedimento, con conseguente
decorso ab inizio del termine di tre mesi».
    Cio'   renderebbe   evidente   che   l'oggetto   del   referendum
confermativo non avrebbe potuto e non potrebbe essere, dopo la citata
sentenza  di  questa  Corte,  il testo originario della deliberazione
statutaria  come  modificato  dalla  dichiarazione  di illegittimita'
costituzionale parziale, bensi' solo quello risultante da una nuova e
rinnovata  manifestazione  di  volonta'  del  Consiglio regionale, da
esprimersi con una nuova duplice delibera ex art. 123 Cost.
    Nell'atto di intervento si fa rilevare, inoltre, che non solo non
ci  sarebbe  stata  un nuova doppia delibera ma neppure una semplice.
Tale  infatti  non  potrebbe  essere  considerato l'atto di indirizzo
politico  adottato  dal  Consiglio  regionale il 10 dicembre 2004, di
mera  «risoluzione»  e  «presa  d'atto»  delle  notizie  riferite dal
Presidente  della  Giunta,  approvato con la maggioranza semplice dei
consiglieri  e  dunque  con  una  maggioranza non idonea ad esprimere
alcuna volonta' consiliare statutaria.
    Gli  intervenienti  affermano  anche  che  la  promulgazione  non
sarebbe  stata  comunque possibile durante il periodo di scioglimento
del  Consiglio  regionale,  in  particolare  poiche'  tale potere non
avrebbe potuto essere considerato tra quelli relativi «agli affari di
ordinaria amministrazione» spettanti alla Giunta e al suo Presidente.
Su  queste  premesse,  inoltre,  la  intervenuta modificazione in via
amministrativa  del  quesito  referendario  non  potrebbe  che essere
ritenuta   illegittima,   di  talche'  -  si  conclude  nell'atto  di
intervento  -  l'intero  procedimento  statutario  non sarebbe ancora
uscito  dalla  fase  consiliare, non si sarebbe mai aperto il termine
dei   tre  mesi  per  la  richiesta  di  referendum  confermativo  e,
soprattutto,  non  si sarebbe mai aperta la possibilita' di esercizio
del  potere  di  promulgazione  da  parte del Presidente della Giunta
regionale.
    A  giudizio degli intervenienti, infine, lo statuto della Regione
Umbria  non avrebbe potuto essere promulgato anche perche' vi sarebbe
un  difetto  di  conformita',  sotto  molteplici  profili, tra le due
deliberazioni consiliari del 2 aprile e del 29 luglio 2004.
    7.  -  Con  ricorso  notificato il 30 maggio 2005 e depositato il
1° giugno 2005,   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato,  per violazione degli articoli 123, 117, primo comma, 127,
134,   1,   3  e  48  della  Costituzione,  la  legge  della  Regione
Emilia-Romagna   31 marzo   2005,   n. 13   (Statuto   della  Regione
Emilia-Romagna),  chiedendone  «la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale».
    8. - Il ricorrente premette, in fatto, che la delibera statutaria
della  Regione  Emilia-Romagna,  e'  stata  a  suo  tempo oggetto del
ricorso  governativo  a questa Corte, ai sensi dell'art. 123, secondo
comma,  Cost.,  e  che  la  sentenza  n. 379  del 2004, depositata il
6 dicembre  2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre
2004,  respinte  alcune  censure  e  dichiarate  inammissibili  altre
censure,  ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45,
comma 2, terzo periodo, della citata delibera statutaria.
    Rileva  il  ricorrente che nel Bollettino ufficiale della Regione
del  1° aprile  2005  e'  stata  pubblicata  la  delibera statutaria,
accompagnata  dalla  seguente  formula:  «Il  Consiglio  regionale ha
approvato;  nessuna  richiesta  di referendum e' stata presentata; il
Presidente  della  Giunta  regionale  promulga  ...».  Il  ricorrente
osserva,   in  primo  luogo,  che  il  testo  della  legge  regionale
pubblicato   non  coincide  con  quello  originariamente  deliberato,
risultando   omesso   il  terzo  periodo  del  comma 2  dell'art. 45,
dichiarato  incostituzionale;  in  secondo  luogo,  che  nello stesso
Bollettino,   in   calce   alla  legge,  sotto  la  dicitura  «Lavori
preparatori»,  risulta  la  seguente  testuale  indicazione: «- presa
d'atto  della  sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 379  del 29
novembre  2004,  con deliberazione del Consiglio regionale n. 638 del
18 gennaio 2005».
    9.  -  Nel  merito,  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri
denunzia   l'illegittimita'   costituzionale  della  legge  regionale
impugnata   per   violazione   delle   regole   sul  procedimento  di
approvazione  degli  statuti  regionali  previste dall'art. 123 Cost.
nonche'  per  violazione degli artt. 117, primo comma, 134, 1, 3 e 48
Cost., con argomenti in tutto identici a quelli gia' fatti valere nel
ricorso  avverso  la  legge  di  adozione dello statuto della Regione
Umbria,  concludendo anche in questo caso per «l'illegittimita' della
promulgazione  della  legge  statutaria de qua operata, in violazione
dell'art. 123  e  vulnerando il principio di legalita' costituzionale
espresso  anche  dall'art. 117,  comma 1, Cost., prima del compimento
del  relativo  iter procedimentale costituzionalmente stabilito», non
essendo  intervenute - dopo la sentenza n. 379 del 2004, con la quale
questa  Corte aveva accolto parzialmente il ricorso del Governo sulle
disposizioni   dello   statuto   regionale   approvato   in   seconda
deliberazione  il  14 settembre  2004  -  «ne'  le  conformi delibere
successive  a  maggioranza  assoluta  del  Consiglio  regionale  ne',
comunque,  la  pubblicazione  del  testo  definitivo dello statuto da
proporre  come  oggetto  dell'eventuale  richiesta  referendaria, con
conseguente   compromissione  dei  diritti  politici  degli  elettori
costituzionalmente  garantiti  (artt. 1, 48 e 123 Cost.) e violazione
dei canoni fondamentali di coerenza e ragionevolezza (art. 3 Cost.)».
    Il  ricorrente  afferma  anche  che i comportamenti della Regione
Emilia-Romagna  si  sarebbero  posti  in  violazione  di alcune norme
contenute  nella  legge  regionale 27 ottobre 2000, n. 29 (Disciplina
del referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi
dell'art. 123  della Costituzione), dal momento che non ci si sarebbe
potuti  riferire  ad  un  nuovo  testo  statutario  consapevolmente e
definitivamente adottato dal Consiglio regionale.
    Da  ultimo, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva come
la   Regione   Emilia-Romagna,  «con  la  risoluzione  amministrativa
18 gennaio  2005  del  Consiglio  regionale,  che non risulta neppure
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di presa d'atto
della  sentenza  della  Corte  costituzionale»,  abbia  totalmente ed
inspiegabilmente  disatteso  le indicazioni circa il modus procedendi
fornite  dal  Consiglio di Stato, Sez. I, nel parere 12 gennaio 2005,
n. 12036/04,  reso  su richiesta della Regione medesima, nel quale si
concludeva  affermando  che  «l'approvazione  di un testo privo della
norma dichiarata non conforme a Costituzione richiede un procedimento
integralmente nuovo».
    10.  -  Con atto depositato il 21 giugno 2005 si e' costituita in
giudizio  la  Regione  Emilia-Romagna,  chiedendo  che il ricorso sia
dichiarato  inammissibile  e  infondato, rinviando a separata memoria
l'illustrazione delle ragioni a sostegno della propria difesa.
    11.  - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Umbria ha
depositato    una    memoria,   argomentando   circa   la   manifesta
inammissibilita' e, in subordine, l'infondatezza del ricorso, nonche'
circa l'inammissibilita' e l'infondatezza dell'atto di intervento.
    12.   -   Quanto  all'inammissibilita'  del  ricorso,  la  difesa
regionale   muove   dalla   duplice   considerazione   del  carattere
esclusivamente  preventivo  dell'impugnazione prevista dalla speciale
disciplina  dell'art. 123,  secondo  comma,  Cost., il cui termine di
trenta   giorni  decorrerebbe  dalla  pubblicazione  notiziale  della
delibera  statutaria  (sentenza  n. 304  del 2002 di questa Corte), e
della   inapplicabilita'  agli  statuti  regionali  dell'impugnazione
governativa  prevista,  in  via  generale, dall'art. 127 Cost. per le
leggi regionali.
    Nella specifica vicenda dell'approvazione del nuovo statuto della
Regione Umbria, l'eventuale nuova impugnazione non avrebbe potuto che
rivolgersi  avverso la legge statutaria quale risultava dall'atto che
costituiva «ad ogni effetto la seconda pubblicazione notiziale»; atto
da  rinvenirsi  nella  pubblicazione  della  sentenza di questa Corte
n. 378  del 2004, avvenuta nel Bollettino ufficiale della Regione del
15 dicembre 2004 unitamente alla comunicazione della dichiarazione di
illegittimita'   costituzionale   dell'art. 66,   con   la  esplicita
precisazione  che «il presente avviso costituisce pubblicita' notizia
ai  fini degli adempimenti previsti dall'art. 123, comma terzo, della
Costituzione  e  della  legge  regionale  28 luglio 2004, n. 16». Era
dunque da tale data, ad avviso della Regione Umbria, «che decorrevano
nuovamente i tre mesi per la richiesta di referendum e [...] i trenta
giorni per l'eventuale ulteriore impugnazione da parte del Governo».
    Il  ricorso  -  conclude  la difesa regionale - dovrebbe pertanto
essere  dichiarato  inammissibile  per palese tardivita' in relazione
all'art. 123,    secondo    comma,    Cost.,   nonche'   per   palese
inammissibilita'  dell'impugnazione  in relazione all'art. 127 Cost.,
dal  momento  che  il  Governo  avrebbe  dovuto  «proporre un secondo
ricorso   preventivo   ex   art. 123   Cost.,   senza   attendere  la
pubblicazione legale dello statuto per proporre un ricorso successivo
in  chiaro  contrasto  con  le  norme  costituzionali che regolano le
impugnazioni   rispettive  degli  statuti  e  delle  leggi  regionali
ordinarie».
    13.  -  Quanto  al  merito  del  ricorso  governativo, la Regione
contesta  la  fondatezza  delle  tesi  sostenute dal ricorrente e dal
Consiglio di Stato in sede consultiva.
    In  primo  luogo, sarebbe eccessiva ed erronea la tesi secondo la
quale  l'eliminazione  anche di una sola norma imponga «di rivedere i
nessi  che legavano la norma elisa ad altre disposizioni suscettibili
di essere incise nella loro valenza proprio dalla rimozione di essa».
Questa  tesi  non  terrebbe  conto,  infatti, della possibilita', che
esiste per qualunque legge, che una delle norme che la compongono sia
oggetto  di  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale in via
incidentale  o  in  via principale, con la conseguenza che «qualunque
pronuncia  di  illegittimita'  costituzionale  dovrebbe  imporre come
conseguenza  la  sospensione  dell'efficacia  dell'intera  legge,  in
attesa  che  l'organo competente valuti se, senza la norma dichiarata
incostituzionale,  il  resto  e'  ancora  meritevole  di  valere come
legge».
    Secondo  la  resistente,  soltanto  a questa Corte spetterebbe il
potere  di  valutare se la norma dichiarata incostituzionale presenti
connessioni  essenziali  con  altre  norme  della stessa legge ed, in
questo  caso, la stessa Corte provvederebbe ad estendere la pronuncia
di  illegittimita'  anche  a  tali  norme.  Cio', d'altronde, sarebbe
accaduto  proprio  nel  caso  in questione con la sentenza n. 378 del
2004,   la   quale   ha   esteso   la   pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale   all'intero   art. 66  dello  statuto  approvato  dal
Consiglio, pur se l'impugnazione ne coinvolgeva solo una parte.
    Le  censure  formulate  nel  ricorso  e ancor prima il parere del
Consiglio  di  Stato,  al  contrario,  confonderebbero  due  istituti
diversi:  il  rinvio  «come  strumento  di  blocco  del  procedimento
legislativo»  ed  il  giudizio  di  legittimita' costituzionale «come
strumento  rivolto  ad eliminare preventivamente o successivamente le
disposizioni     costituzionalmente     illegittime     (e     quelle
indissolubilmente  connesse),  senza  affatto  porre  in  discussione
l'entrata   in  vigore  o  la  vigenza  gia'  acquisita  delle  parti
rimanenti».
    In  definitiva,  la  Regione  sostiene  che,  con  riferimento al
procedimento  statutario,  dopo  la  dichiarazione  di illegittimita'
costituzionale  di  singole norme non vi sarebbe alcuna necessita' di
uno  specifico intervento del Consiglio regionale per «riattivare» il
procedimento,   ma   questo   dovrebbe  semplicemente  continuare  in
relazione  allo  statuto,  quale risulta dopo il giudizio della Corte
costituzionale. Vi sarebbe, dunque, «non un potere ma precisamente un
dovere  di  pubblicazione  ai fini del referendum, e successivamente,
una volta scaduto il termine per la richiesta o una volta superato il
referendum, un dovere di promulgazione a carico del Presidente».
    La   difesa   regionale   osserva,  inoltre,  come  il  dibattito
dottrinale  non  si  sia  incentrato  sulla  necessita'  di una nuova
delibera  legislativa  per confermare lo statuto «mutilato», ma sulla
necessita'  di una nuova delibera legislativa o di un mero ordine del
giorno  per  bloccare  eventualmente  la  promulgazione dello statuto
parzialmente  annullato.  Cio'  tanto  piu'  in una circostanza quale
quella   del   caso   concreto,   nella   quale  la  declaratoria  di
illegittimita'  effettuata da questa Corte con la sentenza n. 378 del
2004  e'  risultata  dovuta  alla  estraneita' della disciplina delle
incompatibilita'  dei  consiglieri  e  degli  assessori  alla materia
statutaria  per  incompetenza  assoluta  dello  statuto a dettare una
simile  disciplina spettante, invece, alla legge regionale ordinaria,
«nei  limiti  dei  principi  fondamentali  stabiliti  con legge della
Repubblica».
    Come  ulteriore  argomento  a sostegno della non necessita' della
riapprovazione   ex   art. 123   Cost.   dello  statuto  parzialmente
annullato,  la  Regione  richiama le previsioni contenute nelle leggi
della Regione Lazio n. 8 del 2004, della Regione Emilia-Romagna n. 29
del  2000,  della  Regione  Marche  n. 28  del  2002,  nonche'  della
Provincia  autonoma  di  Trento n. 13 del 2002, le quali stabiliscono
espressamente  -  senza  che  il  Governo  abbia  proposto censure al
riguardo  -  che, a seguito di una sentenza di annullamento parziale,
sia  necessaria  la riapprovazione ex art. 123 Cost. solo nel caso in
cui  il  Consiglio  intenda introdurre modifiche sostanziali al testo
gia' approvato e oggetto del giudizio di costituzionalita'.
    Altra  «conferma  istituzionale» della ricostruzione prospettata,
secondo la Regione, sarebbe rinvenibile nella pur discutibile prassi,
adottata  in Sicilia, della promulgazione parziale di leggi regionali
oggetto di impugnazione statale.
    La  Regione conclude sul punto affermando l'erroneita' della tesi
che  una  dichiarazione  di  illegittimita' parziale possa far venire
meno,  per  le  leggi  statutarie,  il  dovere di riattivazione della
procedura  referendaria  e, in seguito, di promulgazione a carico del
Presidente;  cio',  a maggior ragione, quando «non solo non sia stata
annullata   una  norma  riguardante  un  contenuto  necessario  dello
statuto»,  ma  sia  stata  annullata «una norma che non doveva essere
contenuta nello statuto».
    14.  - Ad avviso della Regione Umbria, sarebbe infondata anche la
censura  concernente  la lamentata violazione del diritto di chiedere
il referendum.
    Anzitutto,  l'asserita  mancanza  dell'intero termine di tre mesi
per la richiesta del referendum sarebbe del tutto infondata in fatto,
dal  momento che la Regione avrebbe considerato interrotto il termine
dopo la sentenza n. 378 del 2004 di questa Corte, facendolo decorrere
ex  novo  a  seguito  della  pubblicazione  avvenuta  nel  Bollettino
ufficiale del 15 dicembre 2004.
    Quanto alla pubblicazione dello statuto, la Regione sottolinea di
aver  appunto  pubblicato  nel  Bollettino ufficiale la notizia della
caducazione  dell'art. 66  e  che  dunque  il testo dello statuto era
quello  gia' a suo tempo pubblicato, con la soppressione del predetto
art. 66,  precisandosi  anche  che  tale comunicazione valeva ai fini
della  richiesta  di  referendum.  Nessuna  incertezza  poteva dunque
sussistere  circa  il  testo  sul  quale  eventualmente  chiedere  il
referendum.
    D'altronde,  fa osservare la resistente, non solo l'esercizio del
diritto  di  richiedere il referendum era possibile, «ma tale diritto
e'   stato   addirittura  esercitato  concretamente  e  senza  alcuna
difficolta»;  il Bollettino ufficiale del 22 dicembre documenterebbe,
infatti,  che  gia'  il  giorno 16 dicembre  coloro  che  intendevano
promuovere  il  referendum avevano regolarmente ritirato 1.500 moduli
per  la  raccolta delle firme, rendendo cosi' evidente che la mancata
raccolta  delle  firme  o  il  mancato  deposito  di una richiesta di
referendum  non  sarebbero  in  alcun  modo  addebitabili «a presunte
incertezze  sul  testo  su  cui  esso avrebbe dovuto svolgersi, ne' a
difetti della relativa pubblicazione».
    15.  -  La  Regione  Umbria  contesta,  infine, analiticamente la
fondatezza  delle  diverse censure del Governo concernenti l'asserita
violazione della legge regionale n. 16 del 2004.
    Le censure, in ogni caso, dovrebbero ritenersi inammissibili, dal
momento che si risolverebbero nella contestazione della violazione di
una   legge  regionale  ordinaria,  senza  che  essa  si  traduca  in
violazione di norme costituzionali.
    16.  -  Da  ultimo, la difesa regionale rileva l'inammissibilita'
dell'atto  di  intervento  in giudizio depositato dai sig. ri Abiuso,
Teti  e  Guidarelli  «in  proprio  ed  in  qualita'  di promotori del
referendum  sullo  statuto  dell'Umbria,  nonche'  di  rappresentanti
dell'apposito  Comitato  per  il  referendum  sullo statuto regionale
dell'Umbria», nonche' l'infondatezza dei motivi in esso svolti.
    L'inammissibilita'  dell'intervento  in  quanto  tale,  ad avviso
della  Regione,  discenderebbe  anzitutto  dalla  evidente carenza di
legittimazione  di  un Comitato promotore di referendum che lo stesso
Comitato   non   avrebbe  mai  richiesto,  non  avendo  provveduto  a
raccogliere  le  firme  necessarie pur avendo regolarmente ritirato i
relativi  moduli.  In  secondo  luogo,  l'intervento sarebbe comunque
tardivo  per  essere  avvenuto  oltre  il  termine  previsto  per  la
costituzione  del  resistente,  termine  che  sarebbe  scaduto  il 17
giugno 2005.  In  terzo  luogo, l'intervento di terzi nel giudizio di
costituzionalita' in via principale - e, in particolare, nel giudizio
sugli  statuti regionali - sarebbe comunque da escludere in base alla
giurisprudenza  di questa Corte, secondo la quale «anche nel giudizio
sulla  speciale  legge regionale disciplinata dall'articolo 123 della
Costituzione,  gli  unici  soggetti  che possono essere parti sono la
Regione,   in   quanto   titolare   della   potesta'   normativa   in
contestazione,  e  lo  Stato,  indicato dalla Costituzione come unico
possibile ricorrente».
    Quanto  alle  singole  censure  formulate dagli intervenienti, la
difesa  regionale contesta anzitutto l'ammissibilita' di quelle dalle
quali  deriverebbe  un ampliamento dell'oggetto del giudizio rispetto
al  tema  risultante  dal  ricorso  del  Governo, ampliamento che non
sarebbe   consentito   neppure   se   l'intervento  come  tale  fosse
considerato ammissibile.
    Per  cio'  che  riguarda  le  censure  coincidenti con quelle del
Governo,  la  difesa regionale le ritiene nel merito infondate, sulla
base di argomentazioni analoghe a quelle in precedenza riferite.
    La  Regione  si  sofferma sul fatto che la promulgazione da parte
del  Presidente  in  quanto  atto  dovuto, farebbe si' che «una legge
possa  e  debba  essere promulgata anche se il Consiglio regionale e'
sciolto».
    In  relazione  alla  modifica del quesito referendario, la difesa
della  Regione  osserva  che  tale  operazione  non  avrebbe  affatto
alterato la volonta' legislativa consiliare, ma avrebbe solo adeguato
formalmente il quesito alla sentenza di questa Corte, per esigenze di
chiarezza e a tutela degli stessi interessati al referendum.
    Sulla censura concernente il fatto che la delibera consiliare del
10 dicembre  2004  sia  stata  adottata  a  maggioranza  semplice, la
resistente  ribadisce  che,  con  tale  determinazione,  il Consiglio
sarebbe  intervenuto «solo per confermare al Presidente che non c'era
necessita'   (e   neppure  possibilita)  di  rideliberare  sul  punto
dell'incompatibilita'  e  che,  dunque,  il  Consiglio  non intendeva
riaprire il procedimento».
    Quanto, infine, al merito delle presunte difformita' tra la prima
e  la seconda delibera approvativa dello statuto, la Regione illustra
puntualmente  le  ragioni  per  le  quali  le  modifiche in questione
implicherebbero  «differenze  meramente  formali,  prive di qualunque
incidenza   sul   significato   normativo,   pienamente   legittimate
dall'art. 53 del regolamento interno del Consiglio».
    17.  -  In  prossimita' dell'udienza hanno depositato una memoria
anche   i   soggetti   intervenienti   in  giudizio,  insistendo  per
l'ammissibilita'  del loro intervento e per la fondatezza del ricorso
governativo,  sulla  base  di  argomentazioni  analoghe  a  quelle in
precedenza svolte.
    18.   -   Anche   la   Regione   Emilia-Romagna,  in  prossimita'
dell'udienza,  ha  depositato  una  memoria,  sostenendo la manifesta
inammissibilita' e, in subordine, l'infondatezza del ricorso proposto
dal  Governo  con argomentazioni in larga parte del tutto coincidenti
con quelle fatte valere dalla Regione Umbria.
    I soli profili di mancata coincidenza delle due memorie difensive
risiedono  nelle  peculiari vicende di fatto che hanno caratterizzato
il  procedimento  statutario  della Regione Emilia-Romagna rispetto a
quello della Regione Umbria e nella speciale disciplina dettata dalla
legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 29 del 2000.
    19.  -  Quanto  al primo profilo, la difesa regionale fa presente
che  il termine per la richiesta di referendum avrebbe ricominciato a
decorrere  -  in  virtu' dell'art. 11, comma 1, della legge regionale
n. 29  del 2000 - il 15 dicembre 2004, data della pubblicazione nella
Gazzetta  Ufficiale  della sentenza n. 379 del 2004. Tale sentenza e'
stata  poi  pubblicata  anche  nel  Bollettino  ufficiale  n. 173 del
21 dicembre  2004.  Infine,  prosegue  la Regione, benche' l'art. 11,
comma 1,  della  citata legge regionale non lo imponesse, la delibera
consiliare  di  «presa  d'atto»  della  sentenza n. 379 del 2004 e lo
stesso  testo  statutario privo dell'art. 45, comma 2, terzo periodo,
dichiarato  costituzionalmente illegittimo, sono stati pubblicati nel
Bollettino  ufficiale  del 15 febbraio 2005, «al fine di garantire la
massima trasparenza in ogni fase del procedimento statutario (e ferma
restando,  ovviamente,  la  decorrenza  del  termine  di tre mesi dal
15 dicembre 2004)».
    Di  qui,  ad  avviso della resistente, la palese inammissibilita'
del   ricorso   governativo,   dal  momento  che  «qualunque  censura
riguardante  lo  statuto  avrebbe  dovuto  [...]  essere proposta, ex
art. 123 Cost., al piu' tardi a seguito di tale ultima pubblicazione,
dunque entro trenta giorni a partire dal 15 febbraio 2005».
    Di  qui, sempre secondo la difesa regionale, anche l'infondatezza
della  censura  concernente  l'asserita  violazione  del  diritto  di
richiedere  il referendum; con la pubblicazione della sentenza n. 379
del  2004 nella Gazzetta Ufficiale e poi nel Bollettino ufficiale del
21  dicembre, si rendeva evidente «che il testo che poteva costituire
oggetto di referendum era lo statuto precedentemente pubblicato senza
la norma annullata dalla Corte. La pubblicazione della sentenza [...]
rendeva  non  solo  conoscibile ma anche assolutamente certo il testo
che  avrebbe  potuto,  dopo  la  sentenza  n. 379  del  2004,  essere
sottoposto  a referendum». D'altronde, la ripubblicazione dell'intero
testo  dello  statuto  non  era  prevista  dall'art. 11  della  legge
regionale  n. 29  del  2000  ai  fini  della decorrenza del termine e
dunque   solo   «per  uno  scrupolo  di  estrema  chiarezza»  sia  la
deliberazione  consiliare di presa d'atto, che il testo dello statuto
sarebbero  stati pubblicati nel Bollettino ufficiale del 15 febbraio,
«quando  era  ancora largamente aperto il termine per la richiesta di
referendum».
    20.  - La Regione Emilia-Romagna richiama poi, in modo specifico,
i  contenuti  della  legge  regionale n. 29 del 2000 a sostegno della
tesi  circa  la  non  necessita'  di riapprovare ex art. 123 Cost. lo
statuto  privo  della  norma  dichiarata incostituzionale. L'art. 11,
comma 5,  di  tale legge stabilisce che, «nel caso in cui la legge di
revisione  statutaria venga parzialmente dichiarata illegittima dalla
Corte   costituzionale,   il   Consiglio   regionale   delibera   sui
provvedimenti   consequenziali   da   adottare   nella  prima  seduta
successiva alla pubblicazione della sentenza della Corte»; si prevede
poi  che,  «qualora  il Consiglio deliberi di apportare modifiche non
derivanti  da  esigenze  di mero coordinamento testuale o formale, la
deliberazione legislativa di modifica si considera nuova legge, ed e'
quindi   approvata  e  pubblicata  secondo  il  procedimento  di  cui
all'articolo 1»  e  che  in questo caso «le attivita' e le operazioni
referendarie  eventualmente  compiute sulla deliberazione legislativa
oggetto di modifica perdono ogni validita».
    Considerate  tali  disposizioni, la Regione ritiene assolutamente
chiara  la  conseguenza  «che la necessita' di dare corso ad un nuovo
procedimento  statutario  c'e' solo in caso di modifiche sostanziali,
mentre,  in  caso  di  modifiche  meramente  formali e - a fortiori -
qualora  non  serva  alcuna  modifica,  il Consiglio puo' (e deve, in
virtu'  della  legge  regionale n. 29 del 2000) adottare una delibera
ordinaria».
    Il  ricordato  parere  del  Consiglio  di  Stato, ad avviso della
Regione,  avrebbe  equivocato il senso della legge, chiedendosi se la
modifica introdotta dalla sentenza costituzionale possa mai ritenersi
«formale»;   la   legge   in   questione,  invece,  muoverebbe  dalla
acquisizione   della   soppressione   della  norma  incostituzionale,
mostrando  cosi' l'incongruenza del fatto che il Consiglio si domandi
«se  a  seguito  di  cio' sia necessario o opportuno introdurre altre
modifiche,  di  carattere  sostanziale».  Proprio  sulla base di tale
equivoco  sul significato della disciplina regionale, il Consiglio di
Stato   avrebbe   erroneamente  ritenuto,  in  definitiva,  che  essa
costringesse  il  Consiglio  a  scegliere  fra  la rinnovazione della
procedura   ex  art. 123  o  l'«abbandono»  della  legge  statutaria,
addirittura  finendo  per  assimilare  la situazione conseguente alla
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  parziale  a quella
prevista  dall'art. 12  della  legge  regionale  n. 29  del 2000 (che
contempla  il  caso  della  abrogazione  o  modifica  -  da parte del
Consiglio regionale - dello statuto gia' approvato, entro la scadenza
del  termine per la richiesta di referendum), dunque «arbitrariamente
accostando un nuovo intervento legislativo statutario (che ovviamente
deve   essere   compiuto   attraverso  la  procedura  statutaria)  ai
provvedimenti  «consequenziali»  ad  un  annullamento  parziale dello
statuto».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  impugnato  con
distinti  ricorsi,  per  violazione  degli  articoli 123,  117, primo
comma,  127,  134,  136, 1, 3 e 48 della Costituzione, la legge della
Regione  Umbria  16 aprile  2005,  n. 21 (Nuovo Statuto della Regione
Umbria), e la legge della Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n. 13
(Statuto della Regione Emilia-Romagna), chiedendone «la dichiarazione
di illegittimita' costituzionale».
    Entrambi  i  testi  statutari  sono  stati  oggetto di precedenti
impugnative  del  Governo,  ai  sensi  dell'art. 123,  secondo comma,
Cost.,  e le conseguenti sentenze di questa Corte n. 378 e n. 379 del
2004,  accogliendo  in  minima  parte  le  questioni  di legittimita'
sollevate,   hanno   dichiarato   la   illegittimita'  costituzionale
rispettivamente   dell'art. 66,   commi 1,  2  e  3,  della  delibera
statutaria  della  Regione  Umbria,  e  dell'art. 45,  comma 2, terzo
periodo,  della  delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, in
quanto  disciplinanti  una  materia  che  «sfugge alle determinazioni
lasciate all'autonomia statutaria».
    Entrambi  i  testi statutari non sono stati oggetto di riesame da
parte  dei  rispettivi Consigli regionali tramite la procedura di cui
all'art. 123,   secondo   comma,   Cost.,   ma,   dopo  una  fase  di
pubblicazione notiziale degli esiti del giudizio di costituzionalita'
e  la  riapertura dei termini per l'eventuale richiesta di referendum
ai sensi dell'art. 123, terzo comma, Cost., sono stati promulgati dai
Presidenti delle rispettive Regioni.
    Il  Governo ha impugnato le due leggi regionali di adozione degli
statuti,  negando  che  si  possa,  sulla  base  dell'art. 123 Cost.,
procedere  alla  promulgazione  di una delibera statutaria dichiarata
parzialmente  illegittima  da  una  sentenza  di  questa  Corte senza
procedere  previamente  al  suo  riesame  e ad una nuova approvazione
secondo  la  procedura  di  cui  all'art. 123,  secondo  comma, Cost.
L'asserita  illegittimita'  della  procedura di promulgazione seguita
dalle   Regioni  avrebbe  inoltre  leso  il  diritto  degli  elettori
regionali  ad  esercitare il potere di richiedere referendum popolare
sul  testo  della  deliberazione  statutaria, secondo quanto previsto
dall'art. 123, terzo comma, Cost.
    2. - Sulla base di analoghe motivazioni, hanno presentato atto di
intervento  ad  adiuvandum nel giudizio relativo alla legge n. 21 del
2005  della  Regione Umbria i sig. ri Claudio Abiuso, Marcello Teti e
Mara   Guidarelli,  in  proprio  ed  in  qualita'  di  promotori  del
referendum  sullo  statuto  dell'Umbria,  nonche'  di  rappresentanti
dell'apposito  «Comitato  per  il  referendum sullo Statuto regionale
dell'Umbria».
    3.  -  Considerata l'identita' di materia, nonche' la sostanziale
analogia  delle  questioni  prospettate,  i  giudizi  possono  essere
riuniti  per  essere  affrontati  congiuntamente  e  decisi con unica
sentenza.
    4.  -  Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 29 novembre
2005  e  allegata  alla presente sentenza, in conformita' al costante
orientamento  di  questa  Corte,  e'  stato  dichiarato inammissibile
l'intervento  spiegato  dai  sig.  ri Claudio Abiuso, Marcello Teti e
Mara Guidarelli.
    A  differenza  di quanto affermato dalla difesa regionale, l'atto
di  intervento e' stato presentato in termini, conformemente a quanto
disciplinato dal quarto comma dell'art. 4 delle norme integrative per
i   giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale  (testo  da  ultimo
modificato   dalla  deliberazione 10  giugno 2004,  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  30  giugno 2004,  n. 151), ai sensi del quale il
deposito  deve  avvenire  «non oltre venti giorni dalla pubblicazione
nella   Gazzetta  Ufficiale  dell'atto  introduttivo  del  giudizio».
Peraltro,  come  questa  Corte  ha  piu' volte affermato (si veda, da
ultimo,  la  sentenza  n. 383  del 2005), il giudizio di legittimita'
costituzionale  delle  leggi promosso in via di azione e' configurato
come  svolgentesi  esclusivamente  fra  soggetti titolari di potesta'
legislativa,  fermi  restando per i soggetti privi di tale potesta' i
mezzi    di   tutela   delle   loro   posizioni   soggettive,   anche
costituzionali,   di  fronte  ad  altre  istanze  giurisdizionali  ed
eventualmente anche di fronte a questa Corte in via incidentale. Cio'
anche  con  specifico riferimento al giudizio previsto dall'art. 123,
secondo  comma,  Cost.  (cfr. sentenza n. 378 del 2004), disposizione
nella   quale  si  individua  nel  solo  Governo  il  titolare  della
legittimazione   soggettiva   a  ricorrere  contro  la  deliberazione
statutaria.
    Quanto  detto permette di prescindere dalla considerazione se nel
caso  specifico  si  sarebbero potuti ritenere sussistere i requisiti
soggettivi  degli  intervenienti, in relazione alla necessita' o meno
dell'avvenuta  raccolta  delle  sottoscrizioni  indispensabili per la
presentazione della richiesta referendaria.
    5. - Entrambi i ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri
sono inammissibili.
    Essi,  infatti,  sono  stati  proposti  non  gia' nell'ambito del
procedimento  di  controllo  preventivo  di cui all'art. 123, secondo
comma,  Cost.,  ma  nell'esercizio  del  potere che l'art. 127, primo
comma,  Cost. riconosce al Governo di impugnare a posteriori le leggi
regionali,  quindi assumendo come termine iniziale di riferimento per
l'esercizio  dell'azione  la  data  della  pubblicazione  della legge
regionale nel Bollettino Ufficiale della Regione interessata; cio' e'
del  tutto  evidente  per  entrambi  i ricorsi, sia in quanto essi si
riferiscono  esplicitamente  alle  leggi n. 21 del 2005 della Regione
Umbria  e  n. 13  del  2005 della Regione Emilia-Romagna, sia perche'
assumono  come  dies a quo per l'impugnativa la data di pubblicazione
delle  due  leggi regionali nei rispettivi Bollettini Ufficiali, sia,
infine,  perche'  richiamano  - fra i parametri costituzionali che si
assumono  violati  -  anche l'art. 127 Cost. Inoltre, uno dei ricorsi
(quello  rivolto  contro  la  legge  di  adozione dello Statuto della
Regione  Emilia-Romagna)  risulta,  di  fatto,  notificato  entro  il
termine di cui all'art. 127, primo comma, Cost.
    Le due azioni promosse dal Governo contrastano con il sistema dei
controlli   sulle   fonti   primarie   regionali   quale  attualmente
configurato  nel  Titolo  V  della  Parte  II  della  Costituzione e,
specificamente,  con  le  previsioni contenute nell'art. 123, secondo
comma, e nell'art. 127, primo comma, che individuano due ben distinte
procedure di controllo, mediante ricorso diretto del Governo a questa
Corte,  per  la  legge che adotta lo statuto regionale e per tutte le
altre  leggi  regionali. Come questa Corte ha gia' avuto occasione di
chiarire  espressamente  nella  sentenza  n. 304  del  2002,  per gli
statuti   regionali  continua  ad  esistere  uno  speciale  controllo
preventivo  di  legittimita' costituzionale (in ragione dei rilevanti
contenuti statutari e della posizione della fonte statutaria rispetto
all'ordinamento   della  Regione),  mentre  per  le  ordinarie  leggi
regionali  tale  controllo  e'  ormai  successivo,  dunque esperibile
soltanto  dopo  la pubblicazione della legge nel Bollettino Ufficiale
della  Regione.  Cio'  implica, altresi', la rilevante differenza che
viene  ad  assumere lo stesso significato del termine «pubblicazione»
nelle  due  disposizioni:  mentre per il ricorso del Governo volto ad
attivare   il   controllo   di  legittimita'  costituzionale  in  via
successiva  sulle  leggi  regionali  vale  come termine a quo la data
della  pubblicazione  nel  Bollettino Ufficiale del testo della legge
previamente promulgata, per il ricorso preventivo nei confronti delle
deliberazioni  statutarie  vale  come  termine a quo la pubblicazione
notiziale  della  delibera  statutaria  non ancora promulgata (questa
Corte ha infatti chiarito, sempre nella sentenza n. 304 del 2002, che
sia   «l'interpretazione   testuale»   che   «l'architettura   logica
dell'art. 123 della Costituzione» inducono «a ritenere che il termine
pubblicazione  di  cui  ai  commi  secondo  e  terzo indichi forme di
pubblicita' notiziale»).
    L'esplicita previsione di uno speciale e meno favorevole (perche'
preventivo)  sistema di controllo sulla legge statutaria comporta che
a  questa  legge,  una  volta  promulgata e pubblicata nel Bollettino
Ufficiale,   non  possa  applicarsi  anche  il  controllo  successivo
previsto  per  le  altre  leggi regionali dall'art. 127, primo comma,
Cost. D'altra parte, e' tutto il disegno costituzionale relativo alle
forme di autonomia delle Regioni che, nel silenzio delle disposizioni
costituzionali,  si  pone come ostacolo ad una estensione di forme di
controllo tipiche di una fonte legislativa ad un'altra.
    Peraltro,  occorre considerare che il controllo preventivo di cui
al  secondo  comma  dell'art. 123  Cost.  e'  senz'altro  reiterabile
(diversamente  da  quanto  e' sembrata asserire la difesa regionale),
seppure  solo  a certe condizioni, cosi' come nel passato, nel vigore
del  previgente  art. 127  Cost., era ben nota la possibilita' di una
nuova  impugnativa  (per  quanto limitata) da parte del Governo delle
leggi  regionali  rideliberate  dal Consiglio regionale dopo il primo
rinvio  governativo. Non puo' escludersi, infatti, che il testo della
deliberazione  statutaria,  gia'  sottoposto ad un primo scrutinio di
questa Corte, venga successivamente modificato ad opera del Consiglio
regionale  e  che  questo  nuovo  testo susciti dubbi di legittimita'
costituzionale   sul   piano  sostanziale  in  relazione  alle  nuove
disposizioni,  con  la  conseguente  possibilita'  per  il Governo di
promuovere  una  nuova  impugnazione limitatamente alle norme che non
avrebbero    potuto   formare   oggetto   del   precedente   ricorso;
analogamente,  non  puo' escludersi per il Governo la possibilita' di
presentare  un  nuovo  ricorso  facendo valere eventuali vizi formali
relativi  al  procedimento  di adozione dello statuto e successivi al
primo  giudizio  di  questa Corte. Anche in questi casi, tuttavia, il
dies  a  quo  per  l'azione  del  Governo  non  potrebbe  che  essere
costituito  dalla  data  della necessaria pubblicazione notiziale, ad
opera della Regione, dell'atto da cui risulti il testo statutario che
la Regione intenda deliberato come definitivo.
    In  entrambi  i  casi di specie la suddetta seconda pubblicazione
notiziale si e' verificata.
    Nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione Umbria del 15 dicembre
2004,  n. 54,  e' stata pubblicata la sentenza n. 378 di questa Corte
unitamente   ad   un   avviso  nel  quale  si  comunicava  l'avvenuta
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 66 della
delibera  statutaria,  con la esplicita precisazione che «il presente
avviso  costituisce  pubblicita'  notizia  ai  fini degli adempimenti
previsti dall'art. 123, comma terzo, della Costituzione e della legge
regionale  28 luglio  2004,  n. 16».  In  ogni  caso,  nel Bollettino
Ufficiale  della Regione Umbria del 29 dicembre 2004, n. 56, e' stata
anche pubblicata la deliberazione del Consiglio regionale 10 dicembre
2004,  n. 430,  con  la  quale  - esplicitata la constatazione che lo
statuto,  «nel  testo  privato  dalle disposizioni di cui all'art. 66
dichiarate  illegittime dalla Corte costituzionale», era da ritenersi
«completo»  e  non  avrebbe  potuto  «prevedere  sul  punto niente di
diverso»,  si  invitava  «la  Presidente  della  Giunta  regionale  a
promulgare  lo  statuto  nei  tempi  piu' rapidi possibili, una volta
esaurita la fase della richiesta di referendum, ed ovviamente dopo lo
svolgimento dello stesso, ove richiesto».
    Nel   Bollettino   Ufficiale  della  Regione  Emilia-Romagna  del
15 febbraio  2005,  n. 24,  e'  stata pubblicata la deliberazione del
Consiglio  regionale  18 gennaio  2005,  n. 638, contenente la «presa
d'atto»  della sentenza di questa Corte n. 379 del 2004, con allegato
il  testo della delibera statutaria privato della disposizione di cui
all'art. 45,  comma 2,  terzo  periodo, dichiarata costituzionalmente
illegittima.
    E'  del  tutto evidente che in entrambi i casi il Governo avrebbe
potuto  promuovere  il  ricorso  di cui al secondo comma del medesimo
art. 123,  sollevando  le  questioni  di  legittimita' costituzionale
oggetto  dei  giudizi  qui  riuniti  nel  termine  dei  trenta giorni
successivi  alle  suddette  pubblicazioni  notiziali,  termine invece
ampiamente  scaduto  al  momento  della  proposizione dei due ricorsi
avverso le leggi di adozione degli statuti in questione.
    Va  osservato,  peraltro,  che  la tipicita' dell'azione prevista
dall'art. 123,    secondo    comma,    Cost.    e    la   conseguente
inutilizzabilita'  del  ricorso  ex  127,  primo comma, Cost., per le
deliberazioni  di  adozione delle leggi statutarie non esclude - come
asserito  dall'Avvocatura generale dello Stato - che possa impugnarsi
la  promulgazione  e la successiva vera e propria pubblicazione di un
testo  statutario in ipotesi incostituzionale per vizi non rilevabili
tramite  il procedimento di cui all'art. 123, secondo comma, Cost; in
simili  casi  (peraltro  senza  dubbio  marginali)  al  Governo resta
comunque  la  eventuale  possibilita'  di utilizzare lo strumento del
conflitto  di  attribuzione,  analogamente a quanto nel passato si e'
ammesso  per  le  ipotesi, in qualche misura analoghe, concernenti la
asserita   lesione  dei  poteri  governativi  relativi  al  controllo
preventivo  sulle  leggi  regionali  ai sensi del previgente art. 127
Cost. (sentenza n. 40 del 1977).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara    inammissibili    le    questioni    di   legittimita'
costituzionale della legge della Regione Umbria 16 aprile 2005, n. 21
(Nuovo  Statuto  della  Regione  Umbria), e della legge della Regione
Emilia-Romagna 31 marzo    2005,   n. 13   (Statuto   della   Regione
Emilia-Romagna), sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri,
in relazione agli articoli 123, 117, primo comma, 127, 134, 136, 1, 3
e 48 della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2005.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
                                                             Allegato
          Ordinanza letta all'udienza del 29 novembre 2005
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Considerato  che  il  giudizio  di costituzionalita' delle leggi,
promosso   in   via   di  azione,  e'  configurato  come  svolgentesi
esclusivamente  fra  soggetti titolari di potesta' legislativa, fermi
restando,  per  i  soggetti privi di tale potesta', i mezzi di tutela
delle  loro  posizioni soggettive, anche costituzionali, di fronte ad
altre  istanze  giurisdizionali  ed  eventualmente  anche di fronte a
questa Corte in via incidentale;
        che,  d'altronde,  anche nel giudizio previsto dall'art. 123,
secondo comma, della Costituzione, questa Corte ha gia' avuto modo di
chiarire  che gli unici soggetti legittimati ad esserne parti sono la
Regione,   in   quanto   titolare   della   potesta'   normativa   in
contestazione,  e  lo  Stato,  indicato dalla Costituzione come unico
possibile ricorrente (cfr. sentenza n. 378 del 2004);
        che   pertanto   il   Comitato  promotore  di  un  referendum
regionale,  a  prescindere  dal se e dal numero delle firme raccolte,
alla  stregua della normativa in vigore e conformemente alla costante
giurisprudenza  di  questa Corte (da ultimo, cfr. sentenza n. 383 del
2005), non e' comunque legittimato ad intervenire.
                          Per questi motivi
    Dichiara  inammissibile  l'intervento  spiegato  nel giudizio dai
sig.  ri  Claudio Abiuso, Marcello Teti e Mara Guidarelli, in proprio
ed  in  qualita'  di  promotori  del  referendum  sullo Statuto della
Regione Umbria, nonche' di rappresentanti dell'apposito «Comitato per
il referendum sullo Statuto regionale dell'Umbria».
                        Il Presidente: Marini
05C1247