N. 1021 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 2003
Ordinanza emessa il 14 ottobre 2003 (pervenuta alla Corte costituzionale il 23 novembre 2004) dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli sul ricorso proposto da Costruzioni Cerimele S.p.A. in liquidazione contro Ufficio delle entrate di Napoli 1. Contenzioso tributario - Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere - Spese processuali - Mantenimento a carico della parte che le ha anticipate - Obbligatorieta' anche se la cessazione della materia del contendere consegua ad annullamento dell'atto impositivo disposta di ufficio dalla P.A. in sede di autotutela - Irragionevole ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla normativa vigente per il processo civile - Violazione dei principi di uguaglianza e di difesa. - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, comma 3. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.2 del 12-1-2005 )
DISPOSITIVO Si riserva. ORDINANZA n. 199/31/03 Sciogliendo la riserva in data 14 ottobre 2003, rilevato che con ordinanza n. 151/31/1997, fu rilevata non manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalita' del terzo comma, art. 46 d.lgs. n. 546/92, sollevata dal ricorrente, e che, pertanto deve essere disposta la sospensione del giudizio con la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per i relativi adempimenti. P. Q. M. Sospende il giudizio in corso fra Cerimele S.p.a. e Ufficio delle entrate Napoli 1, ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale, nonche' la notifica dell'ordinanza n. 151/31/97: 1. all'ufficio notifiche civili c/o Corte di appello di Napoli (Presidenza del Consiglio dei ministri); 2. alla segreteria generale della Camera dei deputati; 3. alla segreteria generale del Senato della Repubblica; 4. all'ufficio impositore. ORDINANZA n. 151/31/97 La Commissione Provinciale di Napoli 31° Sezione, sciogliendo la riserva da cui al verbale di udienza del 18 novembre 1997: Premette che con atto del 27 novembre 1996 la societa' Costruzioni Cerimele S.p.A. in liquidazione ha impugnato dinanzi a questa Commissione l'iscrizione a ruolo anno 1996, del I Ufficio I.V.A. di Napoli, con cartella di pagamento, notificata il 28 ottobre 1996, per l'importo di L. 1.401.962.497 inerente ad I.V.A. per l'anno d'imposta 1984, deducendo: a) l'iscrizione e' stata effettuata per intero e non per un terzo malgrado sia stato proposto ricorso contro l'avviso di rettifica che ha accertato la maggiore imposta; b) la prescrizione del diritto ad iscrivere nei ruoli l'imposta; c) la mancata notifica della cartella nei tempi prevsti dall'art. 25 d.P.R. n. 602/1973; d) l'illegittimita' dell'avviso di rettifica che ha originato l'iscrizione a ruolo; e) la legittimita' dell'operato della societa' che ha applicato l'aliquota ridotta per la cessione dei fabbricati; f) la fondatezza dei motivi addotti riconosciuti da due decisioni della Commissione tributaria. Costituitasi ritualmente il 28 novembre 1994, la ricorrente ha - a seguito del rigetto della richiesta di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato e di avviso di trattazione della controversia - instato per la discussione in pubblica udienza, depositando ritualmente memorie illustrative e documentazione. L'amministrazione resistente non si e' costituita. In sede di discussione, il rappresentante della Societa' (Vittorio Carlomagno, dottore commercialista) ha concluso per lo accoglimento del ricorso e per la condanna dell'amministrazione finanziaria al pagamento delle spese, come da nota esibita. La Commissione si e' riservata la decisione. Cio' premesso, osserva la Commissione: risulta dalla predetta documentazione che in data 6 dicembre 1996 il I Ufficio IVA di Napoli ha disposto lo sgravio, in favore della societa' ricorrente, dello intero importo iscritto a ruolo e formante oggetto della presente impugnativa, a seguito di istanza del 7 novembre 1996 diretta al Comitato Autotutela. Trattasi di un atto che, nell'esercizio del potere di autotutela dell'amministrazione, e' sopraggiunto all'introduzione della predetta controversia ed ha determinato la cessazione della materia del contendere, per avere, l'istante, nel corso del giudizio, conseguita integralmente la specifica tutela invocata; si' da far venir meno, oggettivamente, la necessita' di una pronunzia del giudice su quanto costituiva oggetto della controversia. Insorge, pero', la problematica sul potere di questa Commissione di valutare la soccombenza virtuale e di liquidare le spese della lite; potere, che la ricorrente sostiene sussistere, deducendo il palese e grave errore dell'impugnata iscrizione a ruolo, produttivo di una necessaria attivita' difensiva e producendo nota delle spese (per complessive L. 108.725.840) liquidabili anche in rapporto all'imponente entita' dell'imposta ingiunta. Senonche', l'art. 46 d.lgs. n. 546/1992, nello stabilire, nel primo comma, in presenza della cessazione della materia del contendere, l'estinzione del giudizio, specifica nel terzo comma che le spese del giudizio come sopra estinto «restano a carico della parte che le ha anticipate salvo diverse disposizioni di legge». Appare dunque evidente che questa specifica e tassativa disposizione introduce una disciplina diversa, in materia di cessazione del contendere, da quella dell'ordinario giudizio civile, non rinvenendosi, nel codice di rito, un'analoga disposizione preclusiva della valutazione della soccombenza virtuale. E infatti «ius receptum» il principio secondo cui sussiste il potere del giudice civile di decidere, una volta accertato e pronunciato il venir meno dell'oggetto della lite, la questione - che eventualmente puo' sopravvenire - delle spese di giudizio, da risolversi con il criterio della soccombenza virtuale, posto che tale potere del giudice inerisce, in via generica, alla pronuncia della sentenza che, comunque, «chiude il processo» (art. 91 CPC). Orbene, poiche' nel processo tributario solo il contribuente, soggetto all'imposizione tributaria, assume la veste di ricorrente e la cessazione della materia del contendere puo' avvenire - e avviene con maggior frequenza per effetto di ravvedimento dell'amministrazione finanziaria nel corso della controversia attraverso l'istituto dell'autotutela (come appunto, nel caso di specie), vi e' fondato sospetto d'illegittimita' costituzionale della norma in questione, la quale, nello stabilire una posizione irragionevolmente privilegiata per la Amministrazione finanziaria, si traduce in una duplice menomazione del diritto del contribuente: per un verso, esonera ingiustamente l'Amministrazione resistente dall'onere delle spese anticipate dalla controparte, con conseguente unilaterale favoritismo per la stessa resistente, in relazione al principio di uguaalianza di trattamento tra le parti nel processo (art. 3 Cost.); inoltre, limita il diritto di difesa del contribuente che, costretto, in virtu' del nuovo rito (art. 12), ad assumere un difensore tecnico per la lite (come quella in esame) di valore superiore a L. 5.000.000, non si vede garantito nel recupero delle spese nell'ipotesi in questione, e puo' rimanere scoraggiato per un'efficace ed idonea difesa tecnica, in violazione dell'art. 24 Costituzione.
P. Q. M. Letto l'art. 23 legge n. 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 46, comma 3 d.lgs. n. 546/1992, nella parte in cui preclude ai giudici, nella declaratoria di estinzione della controversia per cessazione della materia del contendere, di condannare l'amministrazione virtualmente soccombente al pagamento delle spese, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Costituzione. Manda alla segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' di comunicarla ai Presidenti delle Camere. Cosi' deciso in Napoli il 9 dicembre 1997 Il Presidente: Tedesco Il giudice relatore: Battaglia 05C1418