N. 256 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 maggio 2004

Ordinanza  del 20 maggio 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale il
26  aprile  2005)  emessa  dal Consiglio di Stato sui ricorsi riuniti
proposti  da  Impre.Co.  Societa'  Consortile  a r.l. ed altri contro
Regione Campania ed altri
Espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Regione  Campania - Piani
  regolatori delle aree di sviluppo industriale - Vincoli preordinati
  all'espropriazione  -  Proroga  di  validita'  dei piani esistenti,
  anche   se   medio   tempore   scaduti  -  Violazione  del  diritto
  all'indennizzo  in caso di espropriazione - Incidenza sul principio
  di  uguaglianza  e  sui  principi di imparzialita' e buon andamento
  della pubblica amministrazione - Richiamo alle sentenze della Corte
  costituzionale nn. 179/1999 e 411/2001.
- Legge  della  Regione  Campania  13 agosto  1998,  n. 16,  art. 10,
  comma 9;  Legge  della  Regione  Campania,  11 agosto  2001, n. 10,
  art. 77, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 42, comma terzo, e 97.
(GU n.20 del 18-5-2005 )
                        IL CONSIGLIO DI STATO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sui  ricorsi in appello
iscritti   ai   N.R.G.   10787   e   10788  dell'anno  2002  proposti
rispettivamente:
        il   primo   (N.R.G.   10787/2002),   da  Impre.Co.  societa'
consortile  a  r.l.,  in persona del legale rappresentanti in carica,
rappresentato  e  difeso  dagli  avv.  prof.  Angelo Piazza e Antonio
Romano,  con  i quali e' elettivamente domiciliata in Roma, Piazza di
Spagna n. 35;
    Contro  Regione  Campania, in persona del presidente della giunta
regionale  in  carica, rappresentata e difesa dall'avv. Maria D'Elia,
con  la  quale e' elettivamente domiciliata in Roma, via del Tritone,
n. 61;  e  Comune  di Gricignano di Aversa, in persona del sindaco in
carica,  rappresentato  e difeso dall'avv. Benito Aleni, con il quale
e'  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via  Gregorio  VII, n. 133
(studio  Di  Rico); nonche' Santagata Maria, Santagata Maria Rosaria,
Santagata Giuseppe, Santagata Antonio, Barbato Maria, Petrarca Maria,
Petrarca  Concetta,  Colella  Stefano, Di Domenico Agostino, Di Luise
Mario,  Palmiero  Luciano,  Munno  Giuseppe, Tolaneri Giuseppe, tutti
rappresentati  e  difesi  dall'avv. Giuseppe Palma, con il quale sono
elettivamente  domiciliati  in Roma, viale Angelico, n. 38 (presso lo
studio  Napolitano);  e  Soc.  coop.  Agricola a r.l. Il Frutteto, in
persona  del  legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa
dall'avv. Giuseppe Palma, con il quale sono elettivamente domiciliati
in  Roma,  viale Angelico, n. 38 (presso lo studio Napolitano); e nei
confronti  di  Petrarca  Giovanni,  Coppola Umberto, Sardo Salvatore,
Moretti  Andrea,  Carlea  Andrea,  Mauriello  Andrea,  Sardo  Nicola,
Mauriello  Carmine,  Iorio Carmela, Chiara Eufemia, non costituiti in
giudizio;  e  altresi'  C.I.P.E.,  Comitato  Interministeriale per la
Programmazione  Economica,  in  persona  del Ministro dell'economia e
delle  finanze in carica; Comune di Carinaro, in persona del sindaco;
entrambi non costituiti in giudizio;
        il secondo (N.R.G. 10788/2002), dal Consorzio ASI di Caserta,
in  persona  del  legale  rappresentante  in  carica, rappresentato e
difeso  dagli  avv.  prof. Fabio  Roversi  Monaco,  Giovanni Allodi e
Arturo  Massimo,  con  i  quali e' elettivamente domiciliato in Roma,
piazza di Spagna n. 35;
    Contro  Comune di Gricignano di Aversa, in persona del sindaco in
carica,  rappresentato  e difeso dall'avv. Benito Aleni, con il quale
e'  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via  Gregorio  VII, n. 133
(studio  Di  Rico);  e  Santagata  Maria,  Santagata  Maria  Rosaria,
Santagata Giuseppe, Santagata Antonio, Barbato Maria, Petrarca Maria,
Petrarca  Concetta,  Colella  Stefano, Di Domenico Agostino, Di Luise
Mario,  Palmiero  Luciano,  Munno  Giuseppe, Tolaneri Giuseppe, tutti
rappresentati  e  difesi  dall'avv. Giuseppe Palma, con il quale sono
elettivamente  domiciliati  in Roma, viale Angelico, n. 38 (presso lo
studio  Napolitano);  e  C.I.P.E.,  Comitato  Interministeriale della
Programmazione  Economica,  in  persona  del Ministro dell'economia e
delle  finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  presso i cui uffici e' domiciliato ope legis in Roma, via dei
Portoghesi,  n. 12;  e nei confronti di Soc. coop. Agricola a r.l. Il
Frutteto,   in   persona   del   legale   rappresentante  in  carica,
rappresentata  e  difesa  dall'avv. Giuseppe Palma, con il quale sono
elettivamente  domiciliati  in  Roma, viale Angelico n. 38 (presso lo
studio  Napolitano);  e  altresi'  Regione  Campania,  in persona del
presidente   della   giunta  regionale,  Petrarca  Giovanni,  Coppola
Umberto,  Sardo  Salvatore,  Moretti Andrea, Carlea Andrea, Mauriello
Andrea,  Sardo  Nicola,  Mauriello  Carmine,  Iorio  Carmela,  Chiara
Eufemia,   tutti   non   costituiti   in   giudizio;   entrambi   per
l'annullamento  della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
della Campania, sez. V, n. 6882 del 5 novembre 2002;
    Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
    Visti  gli  atti di costituzione in entrambi i giudizi del Comune
di  Gricignano  di Aversa, dei signori Maria Santagata, Maria Rosaria
Santagata,  Giuseppe  Santagata,  Antonio  Santagata,  Maria Barbato,
Maria  Petrarca,  Concetta  Petrarca,  Stefano  Colella,  Agostino Di
Domenico,  Mario Di Luise, Luciano Palmiero, Giuseppe Munno, Giuseppe
Tolaneri  e  della  Soc.  Coop.  Il  Frutteto,  nonche'  quello della
Regione,  nel  solo  ricorso N.R.G. 10787/2002, ove ha spiegato anche
appello   incidentale   e  del  C.I.P.E.,  nel  solo  ricorso  N.R.G.
n. 10788/2002;
    Viste  le  memorie  prodotte dalle parti a sostegno delle proprie
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore   alla   pubblica   udienza  del  25  novembre  2003  il
consigliere Carlo Saltelli;
    Uditi  gli  avvocati  Piazza,  anche per delega dell'avv. Roversi
Monaco;  Romano,  De  Lorenzo,  su  delega  dell'avv.  Palma, Aleni e
Argenzio, su delega dell'avv. D'Elia;
    Visto il dispositivo di sentenza n. 387 del 27 novembre 2003;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. V, con
la  sentenza  n. 6882  del  5  novembre  2002, accogliendo il ricorso
proposto  dal  signori  Raffaele  Tolaneri,  Giuseppe  Munno, Luciano
Palmiero,  Carmine  Mauriello,  Mario Di Luise, Agostino Di Domenico,
Nicola  Sardo,  Andrea  Mauriello,  Andrea  Carlea,  Stefano Colella,
Andrea  Moretti,  Concetta Petrarca, Maria Petrarca, Salvatore Sardo,
Maria Barbato, Agnese Barbato, Antonio Santagata, Giuseppe Santagata,
Maria  Rosaria Santagata, Maria Santagata, Coppola Umberto e Giovanni
Petrarca,  proprietari  in agro del Comune di Gricignano di Aversa ed
in   quello  di  Marinaro,  di  alcuni  fondi  ricompresi  nel  piano
regolatore dell'area di sviluppo industriale di Caserta, ha annullato
i  decreti  prot.  3483  del 15 maggio 2001 del sindaco del Comune di
Carinaro  e  n. 212  del  13 marzo  2002  del presidente della giunta
regionale  della Campania (quest'ultimo surrogandosi all'inadempiente
sindaco  del  Comune  di  Gricignano  di  Aversa),  con  cui e' stata
disposta l'occupazione d'urgenza, per la durata di anni cinque, delle
aree,  ricadenti  rispettivamente nel Comune di Carinaro ed in quello
di    Gricignano    di   Aversa),   occorrenti   alla   realizzazione
dell'intervento  produttivo  «Filiera  del sistema moda e dei servizi
collegati»,  nell'agglomerato  industriale  di  Aversa  Nord, tra cui
anche  i  fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della
procedura espropriativa.
    Ad  avviso  del  tribunale,  infatti,  gli  impugnati  decreti di
occupazione di urgenza non erano supportati da una valida ed efficace
dichiarazione  di  pubblica  utilita',  in quanto il piano regolatore
dell'area di sviluppo industriale di Caserta, su cui asseritamente si
fondavano,  approvato  una prima volta con decreto del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  del  16 gennaio  1968  e successivamente, a
seguito  di  un'estensione  dell'area  interessata,  con  decreto del
28 luglio  1970, era irrimediabilmente scaduto fin dal 28 luglio 1980
e  ad  esso  non  potevano  trovare  applicazione  ne'  le successive
«proroghe»  disposte  con  leggi statali e tanto meno quella prevista
dal  comma  9,  dell'art. 10,  della  legge  regionale della Campania
13 agosto 1998, n. 16, autenticamente interpretato dall'art. 77 della
successiva  legge  regionale  11 agosto  2001, n. 10, alla stregua di
un'interpretazione costituzionalmente orientata.
    Avverso   tale   statuizione   hanno   proposto  appello  in  via
principale, con separati atti, l'Impre.Co. S.r.l., e il Consorzio per
l'area  di  sviluppo  industriale  di  Caserta,  nonche'  la  Regione
Campania  in  via  incidentale, costituendosi nel giudizio di appello
intentato  dall'Impre.Co.  S.r.l.:  tutti,  riproponendo  le analoghe
eccezioni   svolte   in  primo  grado,  hanno  rivendicato  la  piena
legittimita'   degli  impugnati  decreti  di  occupazione  d'urgenza,
sollevando   tre   identici   motivi   di   gravame,  lamentando,  in
particolare:  a)  la  mancata  declaratoria dell'inammissibilita' per
tardivita'  del  ricorso introduttivo del giudizio di primo grado; b)
la  erronea  declaratoria della sussistenza nella controversia de qua
della giurisdizione amministrativa, laddove, vertendosi in una tipica
situazione  di mero comportamento senza potere posto in essere da una
pubblica amministrazione sussisteva solo la giurisdizione del giudice
ordinario;  c)  l'erronea declaratoria dell'inesistenza di una valida
ed  efficace  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  in ragione della
ritenuta   scadenza   del   piano   regolatore   consortile,   frutto
dell'altrettanto  erronea  interpretazione e falsa applicazione delle
norme  contenute  nelle  leggi  regionali  n. 16 del 1998 e n. 10 del
2001,  concernenti la proroga dell'efficacia dei piani regolatori dei
consorzi  delle aree per lo sviluppo industriale, ivi compresi quelli
gia' scaduti.
    Gli   appellanti   hanno  inoltre  lamentato  l'erroneita'  della
pronuncia  relativa  all'accoglimento della domanda risarcitoria, con
cui  e'  stato  ordinato  il  rilascio delle aree occupate, rilevando
l'unicita'  dell'intervento  produttivo  da  realizzare.  In  tutti i
predetti  giudizi  si  sono  costituiti  il  Comune  di Gricignano di
Aversa,  i signori Maria Santagata, Maria Rosaria Santagata, Giuseppe
Santagata, Antonio Santagata, Maria Barbato, Maria Petrarca, Concetta
Petrarca,  Stefano  Colella,  Agostino  Di  Domenico, Mario Di Luise,
Luciano  Palmiero,  Giuseppe Munno, Giuseppe Tolaneri e la Soc. Coop.
Il  Frutteto;  nel  giudizio  instaurato  dall'Impre.Co. a r.l. si e'
costituita anche la Regione Campania.
    Pronunciandosi  sulle  singole  istanze  cautelari proposte dagli
appellanti,  con  le  ordinanze  rispettivamente n. 434 (sull'appello
proposto   dall'Impre.Co.,  societa'  consortile  a  r.l.)  e  n. 435
(sull'appello   proposto   dal   Consorzio  per  l'area  di  sviluppo
industriale di Caserta), tutte in data 4 febbraio 2003, la sezione ha
sospeso  l'efficacia dell'impugnata sentenza. I predetti appelli sono
stati  introitati per la decisione di merito all'udienza pubblica del
25 novembre 2003.

                            D i r i t t o

    I. - La sezione osserva che, con sentenza non definitiva, in pari
data,  sono  stati  gia'  riuniti  gli  appelli  ed e' stata ritenuta
sussistente  nella  controversia  de qua la giurisdizione del giudice
amministrativo;  sono  stati  altresi'  respinti  i motivi di appello
relativi  alla  dedotta  omessa declaratoria di inammissibilita', per
tardivita' dei ricorsi di primo grado.
    Quanto  al  terzo  motivo  di  appello, tuttavia, diversamente da
quanto ritenuto dai primi giudici, la sezione e' dell'avviso che esso
sia  astrattamente  fondato,  non  potendo  ragionevolmente dubitarsi
dell'applicazione   al   piano   regolatore   dell'area  di  sviluppo
industriale  di  Caserta  (approvato  una prima volta con decreto del
Presidente   del   Consiglio  dei  ministri  del  16 gennalo  1968  e
successivamente,  a  seguito  di un'estensione dell'area interessata,
con  decreto  del  28 luglio  1970)  delle disposizioni contenute nel
comma 9, dell'art. 10, della legge regionale della Campania 13 agosto
1998,   n. 16,   autenticamente   interpretato   dall'art. 77   della
successiva  legge  regionale  11 agosto 2001, n. 10: su queste ultime
tuttavia grava il sospetto di contrarieta' ai principi costituzionali
di  cui agli articoli 3, 42, terzo comma, e 97 secondo quanto appreso
indicato.
    II.  -  Come  esposto  sinteticamente  in narrativa, con il terzo
motivo  di  appello, affidato ad identiche argomentazioni, la Regione
Campania,  il Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Caserta
e la societa' consortile a r.l. Impre.Co., hanno rivendicato la piena
legittimita'  dei  decreti  di  occupazione d'urgenza, prot. 3483 del
15 maggio 2001 e n. 212 del 13 marzo 2002, emessi rispettivamente dal
sindaco  del  Comune  di  Carinaro  e  dal  presidente  della  giunta
regionale  della Campania (quest'ultimo surrogandosi all'inadempiente
sindaco  del  Comune  di  Gricignano  di  Aversa),  con  cui e' stata
disposta  l'occupazione  d'urgenza delle aree ricadenti nel Comune di
Carinaro  ed  in  quello  di  Gricignano di Aversa, occorrenti per la
realizzazione  della  «Filiera  del sistema moda e servizi collegati»
nell'agglomerato  industriale di Aversa Nord (tra cui anche l'area di
proprieta'  degli  originari  ricorrenti),  osservando  che  i  primi
giudici  avevano erroneamente ritenuto che esso non fosse sorretto da
una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilita'.
    Infatti,  a  loro  avviso,  la predetta dichiarazione di pubblica
utilita'  era  da  rinvenire  nel  piano  regolatore  consortile  del
Consorzio  per  l'Area  di sviluppo industriale di Caserta, approvato
prima  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri del 16
gennaio  1968  e  poi con un successivo decreto del 28 luglio 1970 (a
seguito  dell'ampliamento  dell'area  interessata), la cui efficacia,
gia'  piu' volte prorogata con leggi statali, sarebbe stata da ultimo
ulteriormente  prorogata  per  effetto  dell'art. 10,  comma 9, della
legge  regionale  della  Campania 13 agosto 1998, n. 16, interpretato
autenticamente  dalla  successiva  legge  regionale  11 agosto  2001,
n. 10:  i  primi  giudici  avrebbero  erroneamente ed immotivatamente
disapplicato  tale  normativa, pervenendo inopinatamente ad affermare
l'inesistenza  di  una valida, efficace e perdurante dichiarazione di
pubblica utilita'.
    Infatti,  a  loro  avviso,  la predetta dichiarazione di pubblica
utilita'  era  da  rinvenire  nel  piano  regolatore  consortile  del
Consorzio  per  l'Area  di sviluppo industriale di Caserta, approvato
prima  con  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri del 16
gennaio  1968  e  poi con un successivo decreto del 28 luglio 1970 (a
seguito  dell'ampliamento  dell'area  interessata), la cui efficacia,
gia'  piu' volte prorogata con leggi statali, sarebbe stata da ultimo
ulteriormente  prorogata  per  effetto  dell'art. 10,  comma 9, della
legge  regionale  della  Campania 13 agosto 1998, n. 16, interpretato
autenticamente  dalla  successiva  legge  regionale  11  agosto 2001,
n. 10:  i  primi  giudici  avrebbero  erroneamente ed immotivatamente
disapplicato  tale  normativa, pervenendo inopinatamente ad affermare
l'inesistenza  di  una valida, efficace e perdurante dichiarazione di
pubblica utilita'.
    Al riguardo la sezione rileva quanto segue.
    II.1. - Com'e' noto, le opere comprese nei piani regolatori delle
aree e dei nuclei di sviluppo industriale previsti dal d.P.R. 6 marzo
1978,  n. 218,  sono  considerate  di  pubblica  utilita', urgenti ed
indifferibili  per effetto dell'art. 53 del citato d.P.R. n. 218, con
la  conseguenza  che,  ai  fini  dell'adozione di un provvedimento di
espropriazione, l'approvazione dei piani implica la valutazione della
preminenza  dell'interesse  pubblico su quello privato (C.d.S., IV, 3
giugno 1996, n. 720).
    I  terreni  compresi nei predetti piani sono, pertanto, vincolati
alla  realizzazione  delle opere ivi previste; tuttavia, come tutti i
vincoli  della  proprieta'  privata,  anche  quelli  in questione non
possono avere durata indeterminata, perche' in questo caso il vincolo
stesso    avrebbe   un   effetto   direttamente   ed   immediatamente
espropriativo:  per  tale  ragione,  con  l'introduzione dell'art. 25
della  legge  3  gennaio  1978,  n. 1, e' stato fissato il termine di
efficacia  decennale  dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di
sviluppo industriale.
    La  scadenza  di  detti  vincoli  non  e'  di  ostacolo alla loro
riadozione  in  ragione  di  motivate esigenze di pubblico interesse,
previo    completo   riesame   dell'assetto   urbanistico   dell'area
industriale,  per  evitare  la  sostanziale elusione dell'intervenuta
scadenza  del precedente piano (C.d.S., II, 24 ottobre 1990, n. 438),
con  conseguente  vulnus  dei  principi  costituzionali in materia di
rispetto  della  proprieta'  privata;  ben puo' ipotizzarsi anche una
proroga  dell'efficacia  dei  piani in questione, con la precisazione
che  essa,  che  per  sua  stessa  natura  si  configura come un atto
accessorio  rispetto ad un altro atto, principale, valido ed efficace
(C.G.A.,  25  gennaio  1990,  n. 2),  non  puo' legittimamente essere
adottata quando il piano originario sia gia' scaduto.
    II.2. - Nel caso di specie, posto che non e' stato contestato che
l'opera  per  la  cui  realizzazione  e'  stato emanato il contestato
decreto  di  occupazione  di  urgenza  rientra  nell'ambito del piano
regolatore  dell'area  di  sviluppo  industriale  di  Caserta  e  che
quest'ultimo,  originariamente  approvato  con decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  del  16 gennaio  1968, successivamente
integrato,  relativamente all'agglomerato di Aversa Nord e di Caserta
Sud per le zone di San Marco e Marcianise, era stato oggetto di nuova
approvazione  con  il successivo decreto del 28 luglio 1970, non puo'
ragionevolmente  dubitarsi  che  lo  stesso, per effetto dell'art. 25
della  legge 3 gennaio 1978, n. 1 (e dell'art. 52, secondo comma, del
d.P.R.  6  marzo  1978, n. 218) sia effettivamente scaduto in data 28
luglio 1980, come correttamente ritenuto dai primi giudici sulla base
di  un  consolidato  indirizzo  giurisprudenziale  di  questa  stessa
sezione  (decisioni  4723  e  4724  del 7 settembre 2000; 3349 del 21
giugno 2001), dal quale non vi e' motivo per discostarsi.
    La sezione invero, con le ricordate decisioni ha gia' escluso che
al piano consortile in esame sia applicabile l'art. 11 della legge 31
maggio  1990, n. 128, che ha prorogato al 31 dicembre 1990 il termine
di  validita'  dell'art. 25  della  legge  3  gennaio 1978, n. 1, non
potendo  ammettersi  la  prorogabilita'  di un provvedimento non piu'
efficace  perche'  scaduto e ritenendo non meritevole di accoglimento
la  tesi  (sostanzialmente riproposta dagli attuali appellanti) circa
l'applicabilita',   al   caso  di  specie,  della  ulteriore  proroga
triennale  di  validita'  dei  piani  consortili prevista dal secondo
comma  dell'art. 52  del  d.P.R.  6  marzo  1978,  n. 218  (nel testo
novellato  dall'art. 25  della legge 3 gennaio 1978, n. 1), termine a
sua   volta  prorogato  dal  decreto-legge  13 febbraio  1981,  n. 19
(art. 2) di tre anni (15 gennaio 1984), dal decreto-legge 28 febbraio
1986, n. 48 (art. 1) per un altro anno, dall'art. 1 del decreto-legge
20 novembre  1987, n. 474, fino al 30 giugno 1988, dall'art. 13 della
legge   10   febbraio  1989,  n. 48,  fino  al  31  dicembre  1989  e
dall'art. 11  della  legge 31 maggio 1990, n. 128 fino al 31 dicembre
1990.
    Cio'   in  quanto  la  predetta  norma  (id  est,  secondo  comma
dell'art. 52   del   d.P.R.   6   marzo  1978,  n. 218)  deve  essere
correttamente   interpretata   alla  luce  del  complessivo  disposto
dell'art. 52  che: a) fissa in linea generale in dieci anni la durata
dell'efficacia  dei  piani  regolatori  consortili  (primo comma); b)
fissa  altresi'  alla  data  del 15 gennaio 1981 (triennio successivo
all'entrata  in  vigore della legge 3 gennaio 1978, n. 1) la scadenza
dell'efficacia dei piani approvati da oltre un decennio rispetto alla
data  del  15 gennaio 1978; c) conferma, in linea generale, la durata
decennale  dei  piani  approvati da meno di un decennio rispetto alla
data  del  15 gennaio 1978 (com'e' quello del Consorzio per l'Area di
sviluppo  industriale  di  Caserta)  puntualizzando  che detta durata
(decennale) non potra' essere inferiore ad un triennio dalla predetta
data (del 15 gennaio 1978).
    II.3.    -    Deve   essere   quindi   esaminata   la   questione
dell'applicabilita'   al   predetto  piano  regolatore  dell'area  di
sviluppo  industriale  di Caserta della proroga di efficacia disposta
dall'art. 10,  comma  9,  della  legge regionale 16 marzo 1998, n. 16
(recante  «Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale»)
interpretato  autenticamente  dal  secondo  comma  dell'art. 77 della
successiva   legge  regionale  11  agosto  2001,  n. 10  (concernente
«Disposizioni di finanza regionale, anno 2001), cosi come prospettata
dalle parti appellanti.
    Il predetto art. 10, rubricato «Piani regolatori delle aree e dei
nuclei industriali», al comma 9, dopo aver fissato in via generale la
efficacia dei piani dei Consorzi in dieci anni, espressamente afferma
«La  validita'  dei  piani  esistenti e' prorogata per tre anni dalla
data di entrata in vigore»; il secondo comma dell'art. 77 della legge
regionale  n. 10 del 2001, fornendone l'interpretazione autentica, ha
disposto  che  «la  proroga  di  validita'  ed  efficacia  dei  Piani
regolatori delle Aree e dei Nuclei di cui all'art. 10, comma 9, della
legge  regionale  13  agosto  1998, n. 16, e' intesa nel senso che la
stessa  si  applica a tutti i Piani esistenti, anche se medio tempore
scaduti».
    I  primi  giudici, superando ogni questione circa la legittimita'
costituzionale   della  predetta  normativa,  sollevata  dalla  parte
ricorrente  in  primo  grado,  hanno ritenuto che l'espressione medio
tempore  scaduti  non potesse riferirsi indiscriminatamente a tutti i
piani  dei  consorzi  delle  aree  di  sviluppo  industriale comunque
scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma dovesse
riferirsi  esclusivamente, in virtu' di un'interpretazione conforme a
Costituzione,  a quei piani venuti in scadenza tra il 1° gennaio 1991
(data  di  scadenza  dell'ultima  proroga  degli stessi stabilita con
norma  statale  e cioe' con la legge 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25
agosto  1998,  data  di  entrata  in  vigore della legge regionale 13
agosto  1998,  n. 16,  essendo l'intenzione del legislatore regionale
quella di eliminare ogni incertezza in materia, raccordando in questo
modo,  ai  fini  della efficacia dei piani esistenti, la legislazione
statale  a quella regionale: pertanto, poiche' il piano del Consorzio
per  l'Area  di Sviluppo industriale di Caserta, scaduto il 28 luglio
1970  non  rientrava  in  tale  lasso  di  tempo,  ad esso non poteva
applicarsi la citata normativa di proroga.
    La sezione non condivide tale assunto.
    II.3.1.  -  Invero,  com'e' noto, il canone fondamentale che deve
guidare   l'operatore   giuridico   nella   delicata   operazione  di
interpretazione   di   un  testo  legislativo  e'  quello  letterale,
coordinato    e    completato   dall'indagine   sull'intenzione   del
legislatore:  l'art. 12  delle  disposizioni  sulla legge in generale
dispone,  infatti, al primo comma che «nell'applicare la legge non si
puo'  ad  essa  attribuire altro senso se non quello fatto palese dal
significato  proprio  delle  parole secondo la connessione di esse, e
dall'intenzione del legislatore».
    L'interprete, dunque, per applicare ad un caso concreto una certa
norma  deve  svolgere  una  duplice  operazione:  con  la  prima deve
accertare  il  contenuto  della disposizione da applicare, secondo il
significato  delle parole che la compongono (elemento oggettivo); con
la seconda, poi, deve appurare l'intenzione del legislatore (elemento
soggettivo),  verificando  cioe'  quale  fosse  la  finalita'  che il
legislatore  si  proponeva  e  se  essa si rinviene nelle espressioni
letterali usate.
    Per  una  corretta  operazione di interpretazione nessuno di tali
elementi    (oggettivo    e   soggettivo)   puo'   mancare,   perche'
l'interpretazione  di  una  norma  fondata  esclusivamente  sul  dato
letterale  renderebbe  incomprensibile  la  ratio della norma stessa,
impedendole  concretamente  di  conseguire  le  finalita' che l'hanno
giustificata;   una   interpretazione  fondata  esclusivamente  sulla
intenzione  del  legislatore,  oltre  a frustare l'affidamento che la
norma  e'  capace  di  ingenerare (e di cui l'interprete non puo' non
farsi  carico),  potrebbe  pregiudicare  i  suoi  stessi fondamentali
caratteri di generalita' ed astrattezza.
    Ad  avviso  della  sezione,  poi,  la necessita' che l'operazione
interpretativa  sia  condotta  in  modo  corretto  e nel rispetto dei
canoni  indicati  dall'art. 12  delle  disposizioni  sulla  legge  in
generale  e'  tanto  piu'  sentita  quando essa provenga dal giudice,
atteso  che  l'interpretazione  da questi datane, ultra ovvero contra
l'intenzione del legislatore, potrebbe configurare una violazione del
principio  della separazione dei poteri che rappresenta il fondamento
dell'attuale   ordinamento   democratico:   l'ammissibilita'  di  una
interpretazione conforme a Costituzione (tra le varie opzioni che, in
un  caso  concreto,  possono  ricollegarsi  ad  una specifica norma e
quindi  indipendentemente dall'applicazione dello stringente criterio
letterale   ovvero   dall'apparentemente   contraria  intenzione  del
legislativo,   e   cio'  al  fine  di  evitare  la  dichiarazione  di
incostituzionalita' della norma stessa), lungi dal contraddire quanto
fin  qui  osservato, lo conferma in quanto, secondo la giurisprudenza
del  giudice  delle  leggi,  deve ritenersi, in via di principio, che
l'intenzione  del  legislatore  non  possa  essere in contrasto con i
principi  costituzionali (e solo quando sia stato appurato che di una
norma  non  e' possibile fornire alcuna interpretazione conforme alla
Costituzione,  solo  allora si potra' giungere all'annullamento della
stessa).
    Per  completezza,  poi,  deve  ricordarsi che non puo' negarsi al
legislatore  il  potere  di  porre norme retroattive che precisino il
significato  di  norme  preesistenti  ovvero  che impongano una delle
possibili varianti di senso del testo originario, fermo restando che,
in tali casi, poiche' il principio della irretroattivita' della legge
non  ha  fondamento costituzionale, salvo il caso della legge penale,
il problema da risolvere non riguarda la natura interpretativa o meno
della  legge,  quanto piuttosto i limiti dei suoi effetti retroattivi
in  relazione  ai  principi  di  ragionevolezza  o  ad  altri  valori
costituzionalmente   protetti   e   garantiti   (da   ultimo,   Corte
costituzionale 4 agosto 2003, n. 291).
    II.3.2.   -   Alla  luce  di  tali  osservazioni  la  sezione  e'
dell'avviso  che  sulla  base  del  significato  proprio delle parole
contenute nell'art. 10, comma 9, della legge 13 agosto 1998, n. 16, e
dell'effettiva    intenzione    del    legislatore,    autenticamente
interpretato dal secondo comma dell'art. 77 della successiva legge 11
agosto  2001,  n. 10, non puo' ragionevolmente dubitarsi che lo scopo
delle  ricordate disposizioni era proprio quello di rendere validi ed
efficaci  i  piani che i Consorzi per le aree di sviluppo industriale
avevano  gia'  elaborato  anche  da  tempo  e  che,  dunque,  fossero
suscettibili di immediata attuazione.
    Proprio  tale  ultima circostanza, cioe' l'immediata attuabilita'
delle  previsioni  dei  piani  consortili, per un verso, giustifica e
sorregge  l'espressione  non  tecnica usata dal legislatore che, come
ricordato,  parla  di «piani esistenti» e, per altro verso, impedisce
l'individuazione   di   qualsiasi  lasso  di  tempo  entro  il  quale
individuare  la  eventuale  scadenza  dei piani consortili al fine di
legittimare  la  loro proroga legislativa: in realta' la voluntas del
legislatore   e'  stata  -  evidentemente  -  quella  di  «prorogare»
(impropriamente  ovvero  di far rivivere) tutti i piani approvati, in
qualsiasi  tempo  scaduti:  cio'  del resto ben puo' giustificarsi in
considerazione  del  fatto  che  la  legge  13  agosto  1998,  n. 16,
costituisce  il  primo  intervento normativo regionale nell'ambito di
una materia cosi' delicata qual e' quella dei consorzi per le aree di
sviluppo  industriale  (sul  punto e' sufficiente richiamare l'art. 1
della legge stessa).
    E'  appena  il  caso  di  osservare, del resto, che l'ardita tesi
sostenuta dai primi giudici, lungi dall'essere ancorata ad un qualche
dato positivo (non e' stato fatto alcun richiamo neppure ad eventuali
lavori  preparatori),  piuttosto  che  costituire  espressione di una
interpretazione  della  norma  conforme  a  Costituzione,  finisce in
concreto per comportare una disapplicazione della legge in questione,
in   quanto  incostituzionale,  sostituendo  inammissibilmente  nella
regolazione  di  un caso concreto la volonta' del giudicante a quella
del legislatore.
    Il   motivo  di  gravame  in  esame  deve  pertanto  considerarsi
meritevole  di  accoglimento, essendo sicuramente applicabile al caso
di specie la normativa contenuta nel comma 9 dell'art. 10 della legge
regionale 13 agosto 1998, n. 16, come autenticamente interpretato dal
secondo  comma dell'art. 77 della legge 11 agosto 2001, n. 10, con la
conseguenza  della piena efficacia ovvero della rinnovata vigenza del
piano  regolatore  consortile  del  Consorzio  per l'area di sviluppo
industriale  di  Caserta,  approvato  una prima volta con decreto del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  in  data 16 gennaio 1978 e
successivamente,  a  seguito  di  un  ampliamento  territoriale dello
stesso, con decreto del 28 luglio 1970.
    II.4.  -  Tale  circostanza  impone  alla  sezione di deliberare,
d'ufficio,   la   questione   di  legittimita'  costituzionale  della
ricordata  normativa  regionale  (timidamente delineata, senza alcuna
specifica  argomentazione  al riguardo, dal ricorrente in primo grado
con  riferimento  agli  articoli  3,  24,  97,  101,  104 e 113 della
Costituzione)  con riferimento agli articoli 3, 42, terzo comma, e 97
della  Costituzione in relazione all'ammissibilita' di una cosiffatta
compressione  del  diritto  di  proprieta',  che puo' essere sussunta
nell'ipotesi della reiterazione dei vincoli espropriativi.
    Infatti,  com'e'  stato gia' in precedenza rimarcato, poiche' per
effetto  delle  disposizioni contenute nel comma 9 dell'art. 10 della
legge   regionale   13   agosto   1998,  n. 16,  come  autenticamente
interpretato  dal  secondo  comma  dell'art. 77 della legge 11 agosto
2001, n. 10, all'originario piano regolatore del Consorzio per l'area
di  sviluppo  industriale  di  Caserta, approvato originariamente con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 1968
e  successivamente,  a seguito dell'ampliamento dell'area interessata
con  l'estensione all'agglomerato di Aversa Nord e di Caserta Sud per
le  zone  di San Marco e Marcianise (la cui validita', come accennato
in  precedenza,  era  da tempo scaduta), e' stata conferita una nuova
ulteriore  vigenza  di un triennio dall'entrata in vigore della legge
13  agosto  1998,  n. 16,  il  diritto  di proprieta' degli originari
ricorrenti  e' stato nuovamente compresso, atteso che le aree di loro
proprieta'   sono   state   nuovamente  vincolate  e  assoggettate  a
procedimenti  espropriativi  per  la  realizzazione,  in particolare,
della «Filiera del sistema moda e servizi collegati».
    II.4.1.  -  Al  riguardo,  premesso  che,  com'e'  noto, ai sensi
dell'art. 42,  terzo comma, della Costituzione, la proprieta' privata
puo'  essere,  nei  casi  preveduti  dalla legge, e salvo indennizzo,
espropriata  per  motivi  di interesse generale, deve rammentarsi che
l'art. 53  del  d.P.R.  6 marzo 1978, n. 218, stabilisce che le opere
comprese  nei  piani  regolatori  delle aree e dei nuclei di sviluppo
industriale   sono  considerate  di  pubblica  utilita',  urgenti  ed
indifferibili,  con  la conseguenza, per un verso, che l'approvazione
dei  predetti  piani regolatori comporta la valutazione di preminenza
dell'interesse pubblico su quello privato dispone e, per altro verso,
che  i terreni compresi in tali strumenti sono sottoposti ad evidenti
vincoli espropriativi.
    Pertanto,  la  questione  che la sezione deve deliberare consiste
nello stabilire se la normativa regionale, disponendo automaticamente
e  senza  alcun incombente, istruttorio e/o procedimentale in capo ai
consorzi  per  le  aree di sviluppo industriale, la proroga dei piani
regolatori  consortili  esistenti,  anche  se  medio tempore scaduti,
abbia  o  meno  violato  il principio della temporaneita' dei vincoli
espropriativi,  nonche'  l'obbligo della puntuale motivazione in caso
di reiterazione e quello di prevedere il giusto indennizzo.
    La Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 20 maggio 1999
ha  espressamente  affermato,  al  riguardo,  che la reiterazione dei
vincoli  decaduti  (preordinati  all'espropriazione  o  con carattere
sostanzialmente   espropriativi)   ovvero  la  loro  proroga  in  via
legislativa  non  costituiscono  fenomeni per cio' solo inammissibili
dal  punto  di vista costituzionale, potendo, in concreto sussistere,
ragioni  giustificative, accertate attraverso la opportuna e motivata
valutazione  procedimentale  dell'amministrazione  competente  ovvero
apprezzate  dalla  discrezionalita'  del  legislatore  entro i limiti
della non irragionevolezza e della non arbitrarieta'.
    Sempre   secondo   il   giudice   delle  leggi,  devono,  invece,
considerarsi  inammissibili  dal  punto  di  vista  costituzionale le
reiterazioni dei vincoli espropriativi nei casi di proroga sine die o
all'infinito  (nel senso cioe' della reiterazione di proroghe a tempo
indeterminato  che si aggiungano le une alle altre), ovvero quando il
limite   temporale   di  efficacia  delle  disposte  reiterazioni  e'
indeterminato,  cioe'  non  sia  certo, preciso e sicuro e quindi sia
sostanzialmente  irragionevole,  sempreche'  ovviamente non sia stato
previsto  l'indennizzo  (oltre  il  periodo tollerabile di durata del
vincolo stesso).
    In  altri  termini, il giudice delle leggi ha ammesso che la mera
scadenza  dei vincoli preordinati all'espropriazione contenuti in uno
strumento  di  pianificazione urbanistica non priva l'amministrazione
competente  alla  realizzazione  di progetti o interventi relativi ad
esigenze  generali  (in  funzione  dei  quali  e'  previsto  il piano
regolatore  stesso)  del  potere  di  reiterazione  degli stessi, ove
persistano  (ovvero  sopravvengano anche) situazioni che ne impongano
la realizzazione anche se per finalita' diverse da quelle originarie,
sempreche'   tuttavia   la  predetta  reiterazione  sia  puntualmente
motivata   circa   la  necessita'  e  l'attualita'  di  acquisire  la
proprieta'   privata   (da   valutare  sulla  base  di  una  apposita
istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell'interesse
pubblico   rispetto   a   quello   privato   da  sacrificare)  e  sia
contemporaneamente   previsto  anche  la  corresponsione  del  giusto
indennizzo al cittadino sacrificato.
    Con  successiva  pronuncia  n. 411  del 18 dicembre 2001 la Corte
costituzionale,  proprio  alla  stregua  degli enunciati principi, ha
dichiarato  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 52 del d.P.R. 6
marzo   1978,   n. 218,   proprio   nella   parte   in  cui  consente
all'Amministrazione  di  reiterare  i  vincoli  scaduti,  preordinati
all'espropriazione   o   che   comportino  l'inedificabilita',  senza
previsione di indennizzo.
    II.4.2.  - Cio' precisato, la sezione e' dell'avviso che nel caso
di  specie, i delineati presupposti, idonei a rendere compatibili con
le    previsioni   costituzionali   la   reiterazione   dei   vincoli
espropriativi scaduti, non sussistano.
    Invero,  come  si  e' gia' avuto modo di evidenziare, il comma 9,
dell'art. 10,  della  legge  regionale della Campania 13 agosto 1998,
n. 16,  nell'ambito  della  regolamentazione dell'efficacia dei piani
dei  consorzi  delle  aree  di  sviluppo  industriale  e  dei  nuclei
industriali,  fissata in via generale in dieci anni, ha stabilito sic
et simpliciter che «la validita' dei piani esistenti e' prorogata per
tre anni dalla data di entrata in vigore».
    Pur  a  volersi  ammettere,  che  con  riferimento a tale singola
disposizione (autenticamente interpretata dall'art. 77 della legge 11
agosto 2001, n. 10, nel senso che la predetta proroga di validita' si
applica  a  tutti  i piani esistenti, anche se medio tempore scaduti,
cosi'  ricomprendendovi  anche  quello  che  costituisce  oggetto del
gravame  in  esame),  la legge in esame possa essere considerata come
una   legge   provvedimento   (sulla   cui   compatibilita'   con  la
Costituzione,  da  ultimo  anche  C.d.S.,  sez.  IV,  11  marzo 2003,
n. 1321),  cio'  non  toglie che in concreto essa manchi di qualsiasi
elemento  volto  a  provare  l'effettivo  svolgimento di una puntuale
procedura  di valutazione degli interessi pubblici e privati in gioco
in  relazione  alla  necessita'  ed  all'attualita'  da  parte  della
pubblica  amministrazione  di  disporre  della proprieta' privata per
realizzare  un  progetto  di  interesse generale, difettando altresi'
della  conseguente  adeguata  motivazione;  manca  inoltre  qualsiasi
previsione di indennizzo per la ulteriore compressione delle facolta'
di godimento del diritto di proprieta'.
    Ne'  i  delineati  presupposti  possono in qualche modo ricavarsi
aliunde  ovvero  dal  contesto  normativo  in cui si collocano le due
disposizioni  in  esame; ne' risultano dai lavori preparatori, di cui
non vi e' traccia.
    Al contrario, la proroga generalizzata di tutti i piani esistenti
porta  ad  escludere  una  valutazione  analitica  delle esigenze che
possano giustificare la proroga dei singoli piani.
    Non  puo'  ragionevolmente  dubitarsi, sotto tale profilo, che la
richiamata   normativa   ha   cosi'   comportato   una  inammissibile
reiterazione   dei   vincoli   espropriativi  scaduti,  assoggettando
ingiustificatamente,  in  palese contrasto delle previsioni contenute
nell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, le aree rientranti nel
piano  regolatore  dell'area  di sviluppo industriale di Caserta (tra
cui  quelle  della  originaria ricorrente), approvato una prima volta
con  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio
1968  e poi, a seguito di un ampliamento dell'estensione territoriale
dell'area consortile, con decreto del 28 luglio 1970, ad un ulteriore
vincolo  espropriativo, senza che siano state accertate e evidenziate
le  ragioni  di  pubblico  interesse che giustificavano il perdurante
sacrificio  della  proprieta'  privata  e  senza alcuna previsione di
indennizzo.
    Risultano,  altresi',  violati,  ad avviso della sezione, anche i
principi  di  ragionevolezza,  cui  deve attenersi intrinsecamente la
discrezionalita'  del  legislatore, nonche' i principi di legalita' e
di  buon  andamento,  cui  deve ispirare, ai sensi dell'art. 97 della
Costituzione, l'azione amministrativa.
    Invero,  come  si e' gia' avuto modo di evidenziare, la normativa
in  esame  proroga  automaticamente  e  indiscriminatamente qualsiasi
piano regolatore dei consorzi per le aree di sviluppo industriale per
il  fatto  della  sua semplice esistenza, indipendentemente dal fatto
che   essi   siano   eventualmente   gia'   scaduti  e  per  di  piu'
indipendentemente  dal  momento  in  cui  essi  siano  gia'  venuti a
scadenza.
    E'  noto,  al  riguardo,  che  la  proroga  di  un  provvedimento
amministrativo,   quale   provvedimento   di  secondo  grado,  accede
necessariamente  ad un precedente provvedimento esistente e efficace,
incidendo  proprio  sulla  sua  efficacia:  la  previsione  della cui
legittimita'  si  dubita,  appare pertanto evidentemente irrazionale,
rappresentando  una  vera  e  propria  contraddizione  in termini, la
proroga di un provvedimento non piu' efficace.
    In   realta',   utilizzando   in   modo   distorto  lo  strumento
dell'interpretazione   autentica  di  una  propria  precedente  norma
legislativa, il legislatore regionale, con disposizione innovativa (e
non  meramente  interpretativo)  ha  sostanzialmente  «riadottato» un
precedente atto amministrativo, che aveva definitivamente esaurito il
suo periodo di efficacia ed era quindi del tutto incapace di produrre
propri  effetti  giuridici,  conferendogli  una  nuova efficacia (con
effetto    retroattivo)   attraverso   una   ficitio   iuris   (cioe'
l'interpretazione  di  una  norma  giuridica che poteva logicamente e
razionalmente  riguardare  solo i piani validi ed efficaci al momento
della  entrata  in  vigore  della legge 13 agosto 1998, n. 16): tutto
cio'  al  di  fuori  delle norme procedimentali che ne disciplinavano
l'emanazione  e  dunque  in  patente  violazione  dell'art. 97  della
Costituzione.
    Cio'   senza   contare   che  altrettanto  irragionevolmente,  in
stridente  contrasto  con  il  principio  di  uguaglianza sostanziale
sancito  dall'art. 3, comma 2, della Costituzione, la riadozione o la
rinnovata  efficacia  attribuita  al  piano  regolatore  dell'area di
sviluppo industriale di Caserta e' avvenuta ad oltre venti anni dalla
sua   originaria   scadenza,   senza  che  sia  stata  svolta  alcuna
valutazione  sulla  necessita' dell'intervento pubblico da realizzare
in relazione al sacrificio imposto al privato.
    II.4.3. - Sotto i delineati profili la sezione e' dell'avviso che
la   questione   di  legittimita'  costituzionale  della  piu'  volte
ricordata  normativa,  di  cui  al comma 9, dell'art. 10, della legge
regionale  della  Campania  13  agosto  1998,  n. 16,  autenticamente
interpretata dall'art. 77, della successiva legge regionale 11 agosto
2001, n. 10, sia effettivamente non manifestamente infondata.
    Non  puo'  dubitarsi,  poi,  della sua rilevanza atteso che, come
emerge  dall'esposizione  fin  qui  svolta,  la  sua  applicazione e'
decisiva ai fini della decisione della controversia in esame.
    III.  -  Deve essere disposta la rimessione degli atti alla Corte
costituzionale   per   la   decisione  della  predetta  questione  di
legittimita' costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23  della  legge  11  marzo  1953,  n. 87, dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 10,  comma  9,  della legge regionale della
Campania  13 agosto 1998, n. 16, e dell'art. 77, comma 2, della legge
regionale  della  Campania  11  agosto 2001, n. 10, e, per l'effetto,
sospende  il  giudizio e dispone la immediata trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale.
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in giudizio, al Presidente del Consiglio dei
ministri,  ai  Presidenti  del  Senato  e  della  Camera,  nonche' al
presidente  della giunta regionale della Campania e al presidente del
consiglio regionale della Campania.
        Cosi' deciso in Roma, addi' 25 novembre 2003.
                        Il Presidente: Riccio
                       L'estensore: Saltelli
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