N. 3 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 ottobre 2005
Ordinanza emessa il 13 ottobre 2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano nel procedimento tributario vertente tra Di Dio Antonio contro Agenzia delle Entrate - Ufficio di Milano 1 Contenzioso tributario - Commissioni tributarie - Componenti - Compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito - Incidenza sul principio di imparzialita' del giudice tributario - Riferimenti alla sentenza n. 60/1969 e all'ordinanza n. 326/1987. - Decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, art. 13, comma 2. - Costituzione, art. 111, comma secondo.(GU n.2 del 11-1-2006 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 3256/05 depositato il 24 marzo 2005 avverso silenzio rifiuto istanza n. 19/06/03 IRPEF 2001 contro Agenzia delle Entrate - Ufficio Milano 1, proposto dal ricorrente: Di Dio Antonio, via Celestino IV n. 9 - 20123 Milano, difeso da dott. Emilio Gnech, avv. Eugenio Briguglio, Gabriella De Mattia, studio Biscozzi Nobili, via Cino del Duca n. 8 - 20122 Milano, avverso silenzio rifiuto istanza rimb. n. 19/06/03, addiz. regionale 2001, contro Agenzia delle Entrate - Ufficio Milano 1, proposto dal ricorrente: Di Dio Antonio, via Celestino IV n. 9 - 20123 Milano, difeso da dott. Emilio Gnech, avv. Eugenio Briguglio, Gabriella De Mattia, studio Biscozzi Nobili, via Cino del Duca n. 8 - 20122 Milano. Di Dio Antonio in data 24 febbraio 2005 proponeva ricorso contro il silenzio-rifiuto sull'istanza di rimborso, da lui presentata all'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano 1, in data 19 giugno 2003. Il ricorrente, dopo aver affermato di aver presentato per il periodo d'imposta 2001 la dichiarazione dei redditi (Mod. UNICO Persone Fisiche 2002) dalla quale risultava un credito IRPEF di Euro 5.575,00 e di addizionale regionale all'IRPEF di Euro 95,00, concludeva chiedendo la condanna dell'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano 1, al pagamento delle somme anzidette oltre agli interessi e con vittoria delle spese processuali. L'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano 1, si costituiva in giudizio con comparsa depositata in data 9 maggio 2005 con la quale eccepiva l'inammissibilita' o l'improponibilita' del ricorso per violazione degli artt. 18 e 19 d.lgs. n. 546/1992 ed inoltre chiedeva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processua1i Per l'Ufficio l'istanza del contribuente sarebbe stata un «semplice» atto stragiudiziale finalizzato all'interruzione della prescrizione del diritto, non idoneo alla formazione del «silenzio-rifiuto» di cui all'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, mentre soltanto le istanze di rimborso presentate ai sensi dell'artt. 37 (ritenute dirette) e 38 (versamenti diretti) del d.P.R. n. 602/1973 e, per i crediti risultanti dalla dichiarazione dei redditi, soltanto le istanze di rimborso, nel caso previsto dall'art. 4 del d.P.R. n. 42/1988, cioe' per crediti da riporto non utilizzati (circostanza estranea al caso oggetto d'esame), sarebbero idonee alla formazione del silenzio-rifiuto. Secondo l'Ufficio il «silenzio» dell'amministrazione finanziaria sull'istanza di rimborso presentata dal contribuente non puo' quindi essere compreso, per il disposto degli artt. 18 e 19 d.lgs. n. 546/1992, tra gli atti autonomamente impugnabili. Il ricorrente presentava memoria di replica con la quale, in riferimento alla tesi interpretativa dell'Ufficio, sollevava, tra l'altro, seri dubbi di legittimita' costituzionale. L'eccezione dell'Ufficio tributario - se ritenuta fondata ed accolta - con la conseguente declaratoria di inammissibilita' o di improcedibilita' del presente ricorso potrebbe contribuire alla diminuzione del contenzioso tributario (ipotesi astrattamente positiva), perche' alla diminuzione degli atti impugnabili non puo' non seguire una diminuzione di ricorsi. Tuttavia per giudici che per una «discutibile» scelta legislativa sono retribuiti in base ai ricorsi decisi - cioe a cottimo - la diminuzione del contenzioso - obiettivamente - non puo' non avere effetti economici pregiudizievoli. Questo Collegio, per l'anzidetta considerazione e per le osservazioni che seguono, ritiene che la decisione del presente ricorso debba essere preceduta dalla soluzione di una questione di legittimita' costituzionale concernente l'imparzialita' del giudice. I giudici, tutti i giudici, in base ad un fondamentale principio comunemente condiviso, debbono non solo essere ma anche apparire indipendenti, obiettivi ed imparziali. Quindi non possono e non debbono avere interessi economici, neppure indiretti, connessi in qualche modo con la causa da decidere. La Corte costituzionale, in una sua non recente sentenza, dalla quale non si e' mai discostata, ha affermato che «Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto interesse alla causa da decidere, e deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi, come di timori di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a tutelare l'obiettivita' della decisione» (Sent. n. 60/1969). L'imparzialita' del giudice - anche se nell'ordinamento democratico della Repubblica italiana e' sempre stata ammessa, quanto meno implicitamente - con la legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, e' stata espressamente e solennemente affermata (o riaffermata). Una disposizione introdotta dalla citata legge stabilisce, infatti, che «Ogni processo si svolge (deve svolgersi)... davanti a giudice terzo e imparziale.» (art. 111, secondo comma, della Costituzione). Alcune leggi ordinarie, pero', per molti giudici (ed in particolare per i giudici tributari ed i giudici di pace) prevedono un sistema retributivo fondato sul cottimo, a parere di questo Collegio, incompatibile con la funzione giurisdizionale perche' fa sorgere nel giudice un interesse personale o, con l'espressione della Corte costituzionale, ªun «aspettativa di vantaggi», che invece bisognerebbe assolutamente evitare per «tutelare l'obiettivita' della decisione». I giudici «a cottimo», proprio perche' retribuiti a cottimo, obiettivaniente hanno interesse a decidere nel minor tempo il maggior numero di cause. Quando una delle parti avanza delle istanze o solleva delle eccezioni che fanno ritardare la definizione del giudizio il giudice, obiettivamente, ha interesse a respingerle oppure quando l'accoglimento di una domanda (o il rigetto di una domanda) - come nel caso oggetto d'esame - puo' favorire (o scoraggiare) la proposizione di altre cause e determinare un aumento (o una diminuzione) dei compensi o delle indennita' a lui dovuti il giudice non puo' essere o, quanto meno, non puo' apparire obiettivo ed imparziale. Alcuni giudici sono gia' stati definiti - forse a torto - «giudici dell'accoglimento», considerato l'accoglimento un mezzo per far lievitare il contenzioso e con esso l'ammontare dei loro compensi. Non si puo' peraltro escludere che alcuni giudici, per non apparire «interessati», possano essere indotti a decisioni in conttrasto con il loro personale interesse. Ma anche in tal caso le loro decisioni sarebbero pur sempre «viziate» dal sistema retributivo. Il sistema retributivo fondato sul cottimo, paradossalmente, ha consentito a magistrati onorari di percepire compensi di importo piu' elevato di quelli corrisposti a magistrati addetti alla Corte di cassazione. E, non a caso, il Legislatore, con la legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), per attenuare certe distorsioni, ma senza rimuoverne le cause e quindi senza abolire il cottimo, ha introdotto, per giudici di pace e per giudici tributari, il limite massimo di 72.000 euro all'anno. Il trattamento economico dei giudici tributari e' regolato dall'art. 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545. «1. Il Ministro delle finanze con proprio decreto di concerto con il Ministro del tesoro determina il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle commissioni tributarie. 2. Con il decreto di cui al comma 1, oltre al compenso mensile viene determinato un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi secondo criteri uniformi, che debbono tener conto... Il provvedimento e' liquidato in relazione ad ogni provvedimento emesso». L'anzidetta disposizione, pur a prescindere dalla violazione della «riserva assoluta» di legge prevista per «ogni magistratura» dall'art. 108, comma 1, Cost., e' di dubbia legittimita' costituzionale nella parte in cui (tutto il secondo comma) per i giudici tributari prevede il cottimo «un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito» in relazione all'art. 111, secondo comma, Cost. per il quale «Ogni, processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo ed imparziale.». Trattasi di una questione che, anche in considerazione del suggerimento o dell'esortazione della Corte costituzionale «deve esigersi che la legge garantisca l'assenza di qualsiasi aspettativa di vantaggi... preordinando gli strumenti atti a tutelare l'obiettivita' della decisione» (Sent. n. 60/1969), a questo Collegio appare «non manifestamente infondata». Inoltre trattasi di una questione «rilevante» ai fini della definizione del presente giudizio, al pari di tutte le questioni concernenti la composizione dell'organo giudicante, perche' la norma di cui all'art. 13, secondo comma, del d.lgs. n. 545/1992, nuoce all'obiettivita' della decisione (e all'immagine del giudice), e incide, quanto meno indirettamente, sul rapporto sul quale questo giudice e' chiamato a decidere. Questo Collegio non ignora che sulla medesima disposizione, ma con riferimento all'art. 108, secondo comma, Cost., la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata (Ord. n. 326/1987), ma per le argomentazioni esposte e con riferimento alla disposizione di cui all'art. 111, secondo comma, Cost., a parere di questo giudice, appare opportuna una nuova pronuncia.
P. Q. M. Dichiara «rilevante» e «non manifestamente infondata» la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, in relazione all'art. 111, secondo comma, della Costituzione; Ordina che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della segreteria alle parti (ricorrente e all'Agenzia delle Entrate, Ufficio di Milano 1) nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere. Milano, addi' 5 ottobre 2005 Il Presidente: Gilardi 06C0005