N. 15 ORDINANZA 11 - 20 gennaio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Successione  ereditaria  - Successione per rappresentazione - Coniuge
  di  colui  che non abbia potuto accettare l'eredita' - Esclusione -
  Denunciata  disparita'  di  trattamento  rispetto  ai discendenti -
  Pluralita'   di   soluzioni   la   cui   scelta   appartiene   alla
  discrezionalita' del legislatore - Manifesta inammissibilita' della
  questione.
- Cod. proc. civ., artt. 467 e 468.
- Costituzione, art. 3, primo comma.
(GU n.4 del 25-1-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanna  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 467 e 468
del  codice  civile,  promosso  con ordinanza del 7 febbraio 2005 dal
Tribunale  di  Reggio  Calabria, nel procedimento civile vertente tra
Lucisano Elisa e Scagliola Francesco ed altri, iscritta al n. 222 del
registro  ordinanze  2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 17, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visto l'atto di costituzione di Lucisano Elisa;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13 dicembre  2005  il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Udito l'avvocato Michele Salazar per Lucisano Elisa.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di Reggio Calabria, nel corso di un
procedimento  in  materia  successoria,  con ordinanza del 7 febbraio
2005,  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 3, primo comma, della
Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale  degli
artt. 467  e  468  del codice civile nella parte in cui non prevedono
«la  capacita' di rappresentazione in favore del coniuge del soggetto
che  non  abbia  potuto  accettare  l'eredita' o, in subordine, nella
parte in cui non prevedono la capacita' di rappresentazione in favore
del  coniuge  del soggetto che non abbia potuto accettare l'eredita',
in  assenza  di  discendenti  dei  figli  legittimi,  legittimati  ed
adottivi, nonche' naturali del defunto»;
        che  il  rimettente  premette che il giudizio a quo era stato
promosso  da  Elisa  Lucisano,  la quale aveva esposto che il proprio
coniuge,  Domenico  Scagliola,  era deceduto senza testamento in data
21 gennaio 1998;
        che alla successione legittima di quest'ultimo, in assenza di
prole,  erano  stati  chiamati,  nella misura di due terzi, la stessa
moglie, e, nella misura di un terzo - e, quindi, di un sesto ciascuno
-  la  madre,  Concetta  De  Stefano,  e  il  fratello  del de cuius,
Francesco Scagliola;
        che,  in  data  6 febbraio  2000, era venuta a mancare, senza
testamento,  la  predetta  De  Stefano, alla quale erano succeduti in
parti  uguali  il figlio premorto, Domenico, coniuge della istante, e
l'altro figlio Francesco;
        che,  poiche'  il  patrimonio della De Stefano era costituito
dalla  predetta  quota  di  un  sesto  dei  beni immobili ricevuti in
eredita'  dal  figlio  premorto,  ed  i  beni facenti parte di quella
eredita'  erano  rimasti  in  comunione  incidentale tra gli eredi, e
cioe'  la Lucisano e il cognato Francesco Scagliola, la istante aveva
chiesto che il Tribunale - dichiarata l'apertura della successione di
Domenico Scagliola, stabilito che eredi di questo erano la moglie per
due  terzi,  nonche'  la  madre e il fratello, ciascuno per un sesto,
dichiarata  aperta la successione di Concetta De Stefano, e stabilito
che  eredi di quest'ultima erano, in parti uguali, il figlio premorto
Domenico  e  il fratello Francesco - disponesse lo scioglimento della
comunione,  con  assegnazione  in  natura  dei  beni  indicati  nella
citazione  alla  istante  per  la  quota  e  nella misura alla stessa
spettante,  e cioe' di due terzi riferiti alla successione al marito,
e  di  un  mezzo  di  un sesto, per la successione alla De Stefano in
luogo del coniuge, figlio premorto di quest'ultima;
        che il convenuto, Francesco Scagliola, per cio' che rileva in
questa  sede,  aveva eccepito, in via preliminare, che nessun diritto
successorio  la Lucisano poteva vantare in relazione al decesso della
suocera,   poiche'   non   operava   nella  specie  l'istituto  della
rappresentazione,  non  rientrando  il  coniuge  tra  le categorie di
soggetti   che,   alla   stregua  dell'art. 468  cod.  civ.,  possono
subentrare  per  rappresentazione in luogo del chiamato che non possa
accettare l'eredita';
        che, con comparsa conclusionale, l'attrice aveva sollevato la
questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 467 e 468 cod.
civ. «nella parte in cui non prevedono che, in assenza di discendenti
dei figli, la rappresentazione si estenda al coniuge del soggetto che
non  ha potuto accettare perche' premorto rispetto al de cuius di cui
sarebbe stato erede»;
        che  il  rimettente  ha  ritenuto  rilevante la questione nel
giudizio a quo - nel quale veniva in discussione l'applicazione delle
norme  di cui si tratta con riferimento alla successione ab intestato
della  signora  De  Stefano,  essendo  il  figlio di questa, Domenico
Scagliola,  premorto  alla  madre,  lasciando la moglie senza figli -
alla  stregua  della  considerazione  che l'applicazione delle stesse
norme  nella formulazione attuale avrebbe comportato la esclusione in
capo alla  Lucisano  della  qualita'  di  erede  della De Stefano per
rappresentazione  del  proprio  coniuge,  qualita' che, al contrario,
avrebbe  dovuto  esserle  riconosciuta  in caso di allargamento della
sfera  di  operativita'  della  rappresentazione, nel senso auspicato
dall'attrice;
        che  il  giudice  a quo ha, peraltro, ritenuto di ampliare la
questione   rispetto   alla  formulazione  proposta  dalla  Lucisano,
lasciando  detta  formulazione come ipotesi subordinata rispetto alla
richiesta di declaratoria di illegittimita' della normativa di cui si
tratta   nella   parte   in   cui   non   prevede   la  capacita'  di
rappresentazione  in  favore  del  coniuge del soggetto che non abbia
potuto accettare l'eredita';
        che  nella  ordinanza  di rimessione si richiama la posizione
della  dottrina  dominante  dopo  l'entrata  in vigore del codice del
1942,  secondo  la quale il fondamento sociale della rappresentazione
sarebbe da individuare nella protezione della stirpe legittima del de
cuius,  al fine di realizzare la continuita' familiare dell'eredita';
nonche'  la legge di riforma del diritto di famiglia, che ha previsto
la  delazione  per  rappresentazione anche al di fuori della famiglia
legittima,  ed in concorso con essa, ammettendola anche in favore del
figlio  naturale  riconosciuto  o dichiarato, ed anche in presenza di
figli legittimi;
        che, quindi, pur riconoscendo che l'ampiezza soggettiva della
deroga  ai principi generali sull'ordine dei successibili che risulta
dagli  artt.  467  e 468 cod. civ. rientra nella discrezionalita' del
legislatore,  il  giudice  a  quo  rileva  che  l'esercizio  di  tale
discrezionalita'  e'  insindacabile  fino  a  che  la  diversita'  di
trattamento  riguardi  soggetti  che  non  si  trovino nella medesima
situazione  giuridica  o  che  non siano in astratto meritevoli dello
stesso trattamento;
        che, in proposito, osserva il rimettente che, a seguito della
riforma del diritto di famiglia, la posizione successoria del coniuge
e' radicalmente mutata, essendo egli divenuto un erede necessario, ed
essendo  ormai  indicato,  nel nuovo testo degli artt. 536 e 565 cod.
civ.,  al  primo posto nell'elenco dei legittimari e dei successibili
ab  intestato: sicche' si evidenzia nel nuovo regime un'assimilazione
della  posizione  del  coniuge  a  quella dei figli, anche se manca a
tutt'oggi   una  equiparazione  totale,  avuto  anche  riguardo  alla
circostanza  che le prerogative successorie del coniuge nei confronti
della famiglia del de cuius sono meno forti, concorrendo egli con gli
ascendenti  e  i  fratelli  e  sorelle  del  defunto, laddove i figli
prevalgono su ogni altro successibile;
        che,  in tale contesto, appare al rimettente contrastante con
l'art. 3,  primo  comma, della Costituzione la mancata inclusione del
coniuge  tra  le  categorie  di  soggetti  che  possono succedere per
rappresentazione,  ove  si  consideri,  da  un  lato,  che  la  ratio
dell'istituto  si  e'  progressivamente  spostata  dalla tutela della
famiglia del defunto a quella del mancato successore; dall'altro, che
lo  scopo  di  conservare  la  continuita'  familiare  dell'eredita',
garantendo  il  trapasso  dei patrimoni di padre in figlio, e' venuto
meno,  in  generale,  con il maggior valore attribuito alla posizione
successoria del coniuge;
        che  il rimettente aggiunge che, anche quanto ai rapporti tra
«rappresentante»  e  de cuius, la posizione del coniuge del figlio di
quest'ultimo   non   e'  cosi'  disomogenea  rispetto  a  quella  dei
«discendenti  del rappresentato» da giustificare la totale esclusione
dalla successione;
        che  il  codice civile individua tra i predetti un vincolo di
affinita',  laddove tra figlio naturale e genitore o fratello/sorella
del  proprio  genitore  non  vi  e',  in  genere,  alcun  rapporto di
parentela;
        che,  inoltre, pur non escludendo del tutto la successione di
ascendenti e fratelli e/o sorelle, l'esistenza del coniuge superstite
comporta  comunque  una  forte  limitazione  di diritti successori di
costoro anche in mancanza di figli (v. art. 544 cod. civ.);
        che  ove,  poi,  si ritenesse di far prevalere le ragioni dei
discendenti  su quelle del coniuge, comunque non sarebbe giustificata
la  esclusione  del coniuge dal novero dei rappresentanti in mancanza
di  altri  soggetti  capaci di succedere per rappresentazione, si' da
escludere la divisione per stirpi;
        che  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte, si e' costituita la
parte  privata del procedimento a quo, che ha chiesto la declaratoria
di illegittimita' costituzionale degli artt. 467 e 468 cod. civ., per
violazione  dell'art. 3,  primo comma, e dell'art. 29, secondo comma,
della  Costituzione,  con  argomentazioni  adesive a quelle riportate
nella ordinanza di rimessione;
        che,   nell'imminenza   dell'udienza,   la  stessa  parte  ha
depositato  memoria,  con  la  quale insiste per l'accoglimento della
questione proposta.
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Reggio Calabria dubita della
legittimita'  costituzionale degli artt. 467 e 468 del codice civile,
per  violazione  dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, in via
principale,  nella parte in cui escludono il coniuge di colui che non
abbia   potuto   accettare   l'eredita'   dal   novero  dei  soggetti
(discendenti   legittimi   o  naturali)  che  possono  succedere  per
rappresentazione  al  de  cuius,  per  la irragionevole disparita' di
trattamento  rispetto  a detti soggetti; e, in via subordinata, nella
parte  in  cui  gli  stessi  articoli  escludono  che, in mancanza di
discendenti dei figli legittimi, legittimati o adottivi del de cuius,
possa  succedere per rappresentazione il coniuge del soggetto che non
ha potuto accettare l'eredita';
        che  il  fondamento  politico-sociale della rappresentazione,
tradizionalmente  ravvisato  nella  esigenza di tutela della famiglia
del  defunto,  e'  stato,  con  il  tempo,  come  sottolineato  dalla
dottrina, progressivamente ricondotto a diversa funzione, spostandosi
l'interesse tutelato dal nucleo familiare del defunto alla stirpe del
mancato successore;
        che  di  tale  diversa impostazione si e' fatta carico questa
Corte  che  con  la sentenza n. 79 del 1969 - superando il precedente
contrario  indirizzo  espresso  dalla  sentenza  n. 54  del 1960 - ha
dichiarato   la  illegittimita'  costituzionale,  per  contrasto  con
l'art. 30,  terzo comma, della Costituzione, dell'art. 467 del codice
civile  nella  parte  in cui esclude dalla rappresentazione il figlio
naturale  di  chi,  figlio  o fratello del defunto, non potendo o non
volendo  accettare  l'eredita'  o  il  legato,  non abbia discendenti
legittimi;
        che  la  riforma  del  diritto di famiglia e' andata oltre il
giudicato  costituzionale  del  1969  ed  ha  aggiunto ai discendenti
legittimi,  quali soggetti in cui favore opera la rappresentazione, i
discendenti  naturali,  a  prescindere  dalla  assenza di discendenti
legittimi;
        che  le  innovazioni  apportate  al diritto successorio dalla
legge  19 maggio  1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), con
riferimento  alla posizione del coniuge superstite, hanno condotto ad
una  riconsiderazione  completa  di  tale posizione, ove si consideri
che,  nel sistema previgente alla riforma del diritto di famiglia, il
disfavore  verso  il  coniuge del defunto emergeva dal divario tra il
trattamento  a  lui riservato e quello attribuito ai figli legittimi,
spettando al primo solo l'usufrutto di una quota dell'eredita';
        che  il  legislatore  della  riforma  ha eliminato l'istituto
dell'usufrutto  a  favore del coniuge, elaborando una normativa volta
ad equiparare la posizione del coniuge, nell'ambito della successione
legittima e di quella necessaria, a quella dei successibili legati al
defunto dal rapporto di discendenza (cfr., in proposito artt. 581, in
tema   di  successione  legittima,  e  542  cod.  civ.,  in  tema  di
successione necessaria);
        che   dalle  predette  considerazioni  e  dal  rilievo  della
posizione successoria attribuita al coniuge dalla riforma del diritto
di famiglia, il giudice a quo e' indotto a sospettare, in riferimento
all'art. 3,  primo  comma, della Costituzione, sotto il profilo della
irragionevole   disparita'   di   trattamento,  della  illegittimita'
costituzionale  della mancata inclusione del coniuge fra le categorie
di  soggetti  in cui favore si applica la rappresentazione; o, quanto
meno,  della illegittimita' costituzionale di tale mancata inclusione
nella ipotesi di mancanza di discendenti del de cuius;
        che  tali conclusioni non possono essere condivise, dovendosi
tenere   presente  che  altre  norme  continuano  ad  attribuire  una
posizione  successoria privilegiata al figlio rispetto al coniuge (si
pensi  a quelle che ammettono alla successione legittima, in concorso
con il coniuge, altre categorie di successibili, quali gli ascendenti
legittimi e i fratelli del defunto, categorie che sono invece escluse
dalla presenza di figli legittimi o naturali);
        che,   in   tale   situazione,   non   esiste  una  soluzione
costituzionalmente obbligata, quanto alla ammissione del coniuge alla
successione per rappresentazione;
        che, del resto, questa Corte, nella sentenza n. 259 del 1993,
con    riferimento   alla   sollevata   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 467  cod.  civ.,  nel  testo anteriore alla
riforma  del  diritto  di  famiglia,  nella  parte in cui esclude dal
diritto  di  rappresentazione  i figli naturali di chi, discendente o
fratello del defunto, non potendo o non volendo accettare l'eredita',
lasci  o  abbia  discendenti  legittimi,  ha  ritenuto  la  esclusiva
spettanza  al  potere  legislativo  della  costituzione di una nuova,
autonoma    classe   di   successibili,   dichiarando   pertanto   la
inammissibilita' della questione;
        che  analogo  rilievo va ribadito con riguardo alla questione
all'odierno esame, non potendo certamente considerarsi venuto meno il
potere   discrezionale  del  legislatore  per  il  solo  fatto  della
inclusione del coniuge nella categoria dei legittimari (art. 536 cod.
civ.)  e  dei successibili (art. 565 cod. civ.), dal momento che tale
inclusione  non  impone  ex  se  la ricomprensione del coniuge fra le
categorie indicate dall'art. 468 cod. civ;
        che  lo  stesso giudice rimettente, prospettando la questione
di  costituzionalita', in via principale, per il fatto che il coniuge
di  colui  che  non abbia potuto accettare l'eredita' non sia incluso
nel novero dei soggetti che possono succedere per rappresentazione al
de  cuius  e,  in via subordinata, per il fatto che lo stesso coniuge
non  possa  succedere  per  rappresentazione  al  defunto  neanche in
mancanza  di  discendenti dei figli legittimi, legittimati o adottivi
di quest'ultimo, mostra di rendersi conto delle varie possibilita' di
bilanciamento     nella    scelta,    spettante    al    legislatore,
dell'ampliamento  delle  categorie  di  cui al predetto art. 468 cod.
civ;
        che  tale bilanciamento coinvolge una valutazione complessiva
eccedente  i  poteri  di  questa  Corte,  essendo  prospettabile  una
pluralita'    di   soluzioni,   la   cui   scelta   appartiene   alla
discrezionalita' legislativa (cfr. sentenza n. 377 del 1994);
        che    la   proposta   questione   va   pertanto   dichiarata
manifestamente inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  articoli 467  e  468  del codice
civile,  sollevata,  in  riferimento  all'art. 3,  primo comma, della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Reggio Calabria con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta l'11 gennaio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 gennaio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0037