N. 29 SENTENZA 23 gennaio - 1 febbraio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Costituzione  in  giudizio  della Regione Abruzzo - Difetto di valida
  procura ad litem - Inammissibilita'.
- Legge  11 marzo  1953,  n. 87, artt. 25, 31 e 34; norme integrative
  per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 23, comma 1.
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza  economica  - Societa' a capitale interamente pubblico
  proprietarie  di  reti, impianti e dotazioni patrimoniali destinati
  all'esercizio  dei  servizi  pubblici - Partecipazione alle gare ad
  evidenza  pubblica  per la scelta del gestore o del socio privato -
  Divieto  -  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata  violazione  della
  competenza  legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela
  della  concorrenza»,  nonche'  del  principio di eguaglianza per la
  negazione  di  una  disciplina  transitoria  - Non fondatezza della
  questione.
- Legge Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23, art. 4, comma 4.
- Costituzione, artt. 3 e 117, secondo comma, lettera e).
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza  economica  - Societa' a capitale interamente pubblico
  gia'  affidatarie  in  via  diretta  della  gestione di un servizio
  pubblico  -  Partecipazione  alle  gare ad evidenza pubblica per la
  scelta  del  gestore  -  Divieto - Ricorso del Governo - Violazione
  della  competenza  legislativa  esclusiva dello Stato nella materia
  «tutela  della  concorrenza»,  per  mancata  previsione  del regime
  transitorio  previsto  dal  legislatore  statale  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua - Assorbimento di ulteriore profilo.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 23,  art. 7,  comma 4,
  lettera b).
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e), (art. 3).
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza  economica  - Societa' mista titolare della gestione -
  Partecipazione  azionaria  del socio privato - Limite minimo del 40
  per  cento  del capitale sociale - Ricorso del Governo - Denunciata
  violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella
  materia  «tutela della concorrenza», della competenza statale nella
  determinazione dei principi fondamentali per il coordinamento della
  finanza   pubblica,   irragionevolezza   -   Non  fondatezza  della
  questione.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 23,  art. 7,  comma 1,
  lettera b).
- Costituzione,  artt. 3  e  117,  secondo  comma, lettera e) e terzo
  comma.
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza  economica  - Societa' a capitale interamente pubblico
  affidatarie  in  via diretta della gestione di un servizio pubblico
  locale  -  Conferimento  di  incarichi  professionali  a  persone o
  societa'  legate da dipendenza o collaborazione con l'ente titolare
  del  capitale  sociale - Divieto - Ricorso del Governo - Denunciata
  violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella
  materia «ordinamento civile» - Non fondatezza della questione.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 23,  art. 7,  comma 4,
  lettera d).
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l).
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza  economica  - Societa' a capitale interamente pubblico
  affidatarie  in  via diretta della gestione di un servizio pubblico
  locale  -  Conferimento  di  incarichi  professionali  a  persone o
  societa'  legate da dipendenza o collaborazione con l'ente titolare
  del  capitale  sociale - Divieto - Ricorso del Governo - Denunciato
  contrasto  con  il  trattato  istitutivo  dell'Unione  europea  per
  violazione  dei  principi  di  liberta'  di  stabilimento  e libera
  prestazione  dei servizi - Carenza di elementi minimi argomentativi
  - Inammissibilita' della questione.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 23,  art. 7,  comma 4,
  lettera d).
- Costituzione, art. 117, primo comma.
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza  economica  - Societa' a capitale interamente pubblico
  affidatarie  della  gestione  di  un  servizio  pubblico  locale  -
  Assunzione  di  personale  dipendente - Rispetto delle procedure di
  evidenza  pubblica imposte agli enti locali - Ricorso del Governo -
  Denunciata  violazione della competenza legislativa esclusiva dello
  Stato  nella  materia  «ordinamento  civile» - Non fondatezza della
  questione.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 23,  art. 7,  comma 4,
  lettera f).
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera l).
Regione  Abruzzo - Amministrazione pubblica - Servizi pubblici locali
  a  rilevanza economica - Societa' affidatarie del servizio pubblico
  -  Legali  rappresentanti  e  componenti  degli  organi esecutivi -
  Ineleggibilita'  a  cariche elettive negli enti locali territoriali
  titolari  del  capitale  sociale  - Ricorso del Governo - Invasione
  della  competenza  legislativa  esclusiva dello Stato nella materia
  «organi  di  governo»  degli  enti  territoriali  -  Illegittimita'
  costituzionale.
- Legge  Regione  Abruzzo  5 agosto  2004,  n. 23,  art. 7,  comma 4,
  lettera g).
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera p).
(GU n.6 del 8-2-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, e
dell'art. 7, comma 1, lettera b), e comma 4, lettere b), d), f) e g),
della  legge  della  Regione  Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23 (Norme sui
servizi   pubblici   locali  a  rilevanza  economica),  promosso  dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso notificato il
18 ottobre   2004,   depositato  nella  cancelleria  della  Corte  il
successivo  21  ottobre,  ed  iscritto al n. 100 del registro ricorsi
2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13 dicembre  2005  il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Sandro  Pasquali per la
Regione Abruzzo.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso notificato il 18 ottobre 2004 e depositato il
successivo  21  ottobre,  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato  gli  articoli 4,  comma 4,  e  7,  comma 1,  lettera b), e
comma 4,  lettere b),  d),  f), g), della legge della Regione Abruzzo
5 agosto  2004,  n. 23 (Norme sui servizi pubblici locali a rilevanza
economica), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo
del  20 agosto  2004,  n. 22,  per  violazione degli articoli 3, 117,
primo  comma  -  anche  in  relazione  agli  articoli da 52 a 66 (ora
articoli  da  43  a  55)  del Trattato dell'Unione europea -, secondo
comma,  lettere e), l) e p), nonche' terzo comma, della Costituzione,
chiedendo che ne venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale.
    2.  -  Il  ricorrente osserva, preliminarmente, che la legge reg.
Abruzzo  n. 23  del  2004 detta disposizioni normative in un settore,
servizi  pubblici  locali  a  rilevanza  economica, che per i profili
relativi   alla  tutela  della  concorrenza  -  materia  oggetto,  ex
art. 117,   secondo   comma,   lettera e),   della  Costituzione,  di
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato  -  e'  disciplinato
dall'art. 113  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico   delle  leggi  sull'ordinamento  degli  enti  locali),  norma,
quest'ultima,   di   principio,  non  derogabile  dalla  legislazione
regionale  (il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri richiama la
sentenza n. 272 del 2004).
    3.  -  Tanto  premesso,  l'Avvocatura  dello  Stato  sospetta  di
illegittimita' costituzionale l'art. 4, comma 4, e l'art. 7, comma 4,
lettera b), della legge regionale in esame.
    La  difesa  dello Stato rileva come l'art. 4, comma 4, vieti alle
societa'  a  capitale  interamente  pubblico  (e  rispettive societa'
collegate  e  controllate), proprietarie di reti, impianti, dotazioni
patrimoniali  e  beni  essenziali  all'espletamento  di  un  servizio
pubblico locale, di partecipare alle gare disciplinate dall'art. 113,
comma 5,  del  d.lgs.  n. 267  del  2000,  per la scelta del soggetto
gestore  del  servizio,  ovvero per la scelta del socio privato delle
societa' a capitale misto pubblico/privato.
    A  sua  volta, l'art. 7, comma 4, lettera b), vieta alle medesime
societa',  affidatarie  dirette  della  gestione  (in  ipotesi  anche
integrata) del servizio pubblico locale, di partecipare alle gare, ad
evidenza  pubblica, per la scelta del soggetto gestore del servizio e
per la scelta del socio privato delle societa' a capitale misto.
    Tuttavia,  rileva  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, ai
sensi  del comma 15-quater, dell'art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000,
analogo divieto - previsto dal comma 6 per le societa' che gestiscono
servizi  pubblici locali in virtu' di un affidamento diretto o di una
procedura  non  ad  evidenza  pubblica,  nonche'  per  le  societa' a
capitale  interamente  pubblico  affidatarie  dirette  della gestione
delle  reti,  degli  impianti  e  delle altre dotazioni patrimoniali,
ovvero  per le imprese titolari della gestione a seguito di procedure
ad evidenza pubblica - «non opera sino al 31 dicembre 2006».
    Da   tali  rilievi  il  ricorrente  deduce  che  le  disposizioni
impugnate  - che riguardano le societa' proprietarie delle reti e non
solo   quelle   titolari   della   relativa  gestione  -  impediscono
l'esercizio  di  un'attivita'  economica  sul  territorio  abruzzese,
contrastano  con  l'unicita'  del  mercato  e violerebbero, pertanto,
l'art. 117,   secondo  comma,  lettera e),  della  Costituzione,  che
riserva  allo  Stato  la potesta' legislativa esclusiva nella materia
«tutela della concorrenza».
    Per  altro  verso, le norme in oggetto, negando l'esigenza di una
disciplina  transitoria  riconosciuta,  invece,  dalla legge statale,
lederebbero  «uno  dei  canoni  fondamentali  di cui all'art. 3 della
Costituzione».
    4.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri censura anche
l'art. 7,  comma 1,  lettera b),  della  legge reg. Abruzzo n. 23 del
2004,  che  stabilisce  un  limite  minimo (40 per cento del capitale
sociale)  alla  partecipazione  azionaria  del  socio  privato  nelle
societa'  a  capitale sociale misto pubblico/privato, cui puo' essere
conferita  la titolarita' della gestione del servizio pubblico locale
a rilevanza economica.
    Tale   limitazione,   non   contemplata  dall'art. 113,  comma 5,
lettera b)  del  d.lgs.  n. 267 del 2000, contrasterebbe con l'art. 3
della  Costituzione, in quanto appare irrazionale stabilire un limite
minimo, anziche' massimo, alla partecipazione privata.
    La  disposizione  in  esame,  inoltre,  sarebbe  suscettibile  di
alterare  il regime di libero mercato, nonche' contraddittoria con la
scelta  del  legislatore  statale  di consentire anche apporti di non
elevato  rilievo  finanziario  da  parte  di  soggetti  in  possesso,
peraltro, delle necessarie capacita' tecniche.
    Ad avviso della difesa dello Stato, quindi, vi sarebbe la lesione
della  competenza  statale in ordine alla determinazione dei principi
fondamentali  per  il coordinamento della finanza pubblica (art. 117,
terzo   comma,   della   Costituzione),   nonche'   della  competenza
legislativa   esclusiva  dello  Stato  nella  materia  «tutela  della
concorrenza»    (art. 117,    secondo   comma,   lettera   e,   della
Costituzione).
    5.  -  Il ricorrente impugna l'art. 7, comma 4, lettera d), della
legge  reg.  Abruzzo  de  qua,  che  vieta  alle  societa' a capitale
interamente   pubblico   di  conferire  incarichi  professionali,  di
collaborazione  e di qualsiasi altro genere, a persone e/o a societa'
legate  da  rapporti di dipendenza e/o di collaborazione con l'ente o
gli  enti  titolari del capitale sociale, in quanto tali obbligati ad
esercitare  sulle  societa'  un controllo analogo a quello esercitato
sui propri servizi.
    Poiche',  secondo  l'Avvocatura  dello Stato, il mancato rispetto
della  norma  darebbe  luogo  alla nullita' dell'atto costitutivo del
rapporto,  si  profilerebbe,  ad  opera  del  legislatore  regionale,
un'invasione  della competenza legislativa nella materia «ordinamento
civile»,  riservata in via esclusiva allo Stato, ex art. 117, secondo
comma, lettera l), della Costituzione.
    La  disposizione  in esame, inoltre, verrebbe a configurare delle
incompatibilita'  nell'esercizio  delle  professioni,  che attengono,
ugualmente, al piano dell'ordinamento civile.
    Potrebbe,  infine,  ipotizzarsi  un  contrasto  con i principi di
liberta'  di  stabilimento  e  libera prestazione dei servizi, di cui
agli artt. da 52 a 66 (ora artt. da 43 a 55) del Trattato dell'Unione
europea,   con   violazione   dell'art. 117,   primo   comma,   della
Costituzione.
    6.  -  A  sostegno  della  ritenuta illegittimita' costituzionale
dell'art. 7,  comma 4, lettera f), della legge regionale in esame, la
difesa  dello  Stato deduce che detta disposizione - la quale prevede
che  le  societa'  a  capitale  interamente pubblico, affidatarie del
servizio pubblico locale, siano obbligate al rispetto delle procedure
di  evidenza  pubblica  imposte  agli enti locali per l'assunzione di
personale  dipendente  - pone a carico di societa' private obblighi e
oneri  non  previsti  per  l'instaurazione dei rapporti di lavoro nel
settore  privato,  ed  invaderebbe, quindi, la competenza legislativa
esclusiva  dello  Stato nella materia «ordinamento civile» (art. 117,
secondo comma, lettera l, della Costituzione).
    7.  -  Infine  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri deduce
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  comma 4,  lettera g),
della medesima legge regionale, in quanto detta norma - nel prevedere
l'ineleggibilita'  a sindaco, presidente della Provincia, consigliere
comunale,  provinciale e circoscrizionale dei Comuni e delle Province
titolari  del  capitale  sociale  delle  societa'  affidatarie  della
gestione  del  servizio  pubblico,  per  i legali rappresentanti ed i
componenti degli organi esecutivi delle societa' medesime - lederebbe
la  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ex art. 117, secondo comma,
lettera p),  della  Costituzione,  «in materia di organi di governo e
funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane».
    8.   -   Si  e'  costituita  nel  giudizio  la  Regione  Abruzzo,
depositando  in cancelleria comparsa con apposta a margine la procura
speciale  alle  liti rilasciata dal Presidente della Giunta regionale
«per  rappresentare  e  difendere  la  Regione  Abruzzo  nel presente
giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale concernente il ricorso per
incostituzionalita'  promosso  dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri avverso la legge regionale n. 22 del 5 agosto 2004».
    La  difesa  regionale  ha  chiesto  che la Corte «voglia in parte
dichiarare»     manifestamente     infondate    le    questioni    di
costituzionalita'   sollevate   dal   Presidente  del  Consiglio  dei
ministri.
    9.  -  In  ordine  alla prospettata illegittimita' costituzionale
dell'art. 4,  comma 4,  della legge suddetta, la Regione ha osservato
che  la  lettura offerta dall'Avvocatura non puo' essere condivisa, e
che  deve  essere, invece, privilegiata un'interpretazione conforme a
Costituzione.
    Il  legislatore  regionale  ha  ritenuto, infatti, non necessario
ribadire  il termine iniziale di operativita' del divieto, poiche' lo
stesso  era  gia'  stabilito  dalla normativa statale di principio in
materia, in modo inderogabile.
    Con   riguardo   alle   censure   rivolte   all'art. 7,  comma 4,
lettera b),  della  legge  reg. n. 23 del 2004, la Regione ha dedotto
che - in particolare, rispetto al rilievo che l'estensione soggettiva
del divieto ricomprende le societa' proprietarie delle reti, anziche'
solo  quelle titolari della relativa gestione - «si riscontra una non
perfetta aderenza con la normativa statale».
    10.  -  La  Regione  ritiene,  altresi',  che  l'art. 7, comma 1,
lettera b),  della legge impugnata, ricalchi esattamente il contenuto
della corrispondente disposizione statale (art. 113, comma 5, lettera
b,  del  d.lgs.  n. 267  del  2000)  discostandosene, unicamente, per
l'introduzione  di  una  soglia  minima di partecipazione al capitale
sociale del socio privato.
    La   norma   regionale   andrebbe,   quindi,   letta   come   una
specificazione  di  dettaglio  della disciplina statale di principio,
che  tace  al  riguardo,  attribuendo  una connotazione giuridica ben
precisa al concetto di «societa' mista».
    11.  -  In  merito  alle  censure  formulate rispetto all'art. 7,
comma 4,  lettera d),  la  difesa regionale ha osservato che la norma
costituisce,   in  primo  luogo,  emanazione  diretta  del  principio
costituzionale  di  buon andamento della pubblica amministrazione, ex
art. 97,  primo  comma,  della  Costituzione, e, nello specifico, che
essa e' estrinsecazione di quel presupposto naturale che caratterizza
la   stessa   essenza   giuridica  del  controllo,  il  quale  esige,
quantomeno, l'alterita' tra controllante e controllato.
    12.   -   Rispetto  alla  dedotta  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 7, comma 4, lettera f), della legge reg. n. 23 del 2004, la
resistente  ha  rilevato  come, con riguardo alle societa' a capitale
interamente  pubblico,  vada  tenuto  distinto  l'aspetto  formale da
quello  sostanziale,  di  modo  che  il  ricorso, da parte degli enti
pubblici, a forme organizzative proprie del diritto privato, non vale
a dissolverne totalmente la natura pubblicistica.
    13.  -  Infine,  rispetto  all'impugnativa  dell'art. 7, comma 4,
lettera g),  la  Regione  osserva  che  la  norma  non  contrasta con
l'assetto  costituzionale,  poiche'  si  limita  a ribadire figure di
ineleggibilita'  gia' previste a livello statale (cfr. artt. 60, 61 e
63 del d.lgs. n. 267 del 2000).

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha proposto
questione  di  legittimita'  costituzionale  di  diverse disposizioni
della  legge  della  Regione  Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23 (Norme sui
servizi  pubblici  locali a rilevanza economica), che disciplinano le
modalita' di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a
rilevanza economica alle societa' a capitale interamente pubblico o a
capitale  misto  pubblico/privato,  nonche' il regime giuridico delle
medesime.
    La  citata  legge regionale, secondo quanto disposto dall'art. 2,
regola il servizio di gestione dei rifiuti urbani, il servizio idrico
integrato,  nonche'  i  servizi  di  trasporto  pubblico locale, come
specificati, tutti qualificati «a rilevanza economica».
    In   particolare,   il   ricorrente  impugna  l'art. 4,  comma 4,
l'art. 7,  comma 4,  lettere b),  d),  f)  e  g),  nonche'  l'art. 7,
comma 1,   lettera b),   della   legge   regionale,  prospettando  la
violazione   dell'art. 3,  dell'art. 117,  primo  comma  -  anche  in
relazione  agli  articoli  da  52  a  66  (ora  artt. da 43 a 55) del
Trattato istitutivo dell'Unione europea -, secondo comma, lettere e),
l) e p), e terzo comma, della Costituzione.
    2. - In via preliminare deve essere dichiarata inammissibile - ai
sensi  degli  artt. 25,  31  e  34 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e
dell'art. 23,  comma 1, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale - la costituzione in giudizio della Regione
Abruzzo.
    La  procura  speciale  alle  liti, apposta a margine dell'atto di
costituzione,  infatti,  e'  stata  rilasciata  dal  Presidente della
Giunta  regionale,  per  la rappresentanza e la difesa della Regione,
nel  giudizio  di  costituzionalita'  della legge reg. 5 agosto 2004,
n. 22  (la  cui  rubrica  reca  «Nuove  disposizioni  in  materia  di
politiche  di  sostegno all'economia ittica»), e non della legge reg.
5 agosto 2004, n. 23.
    Il  difetto  di  una  valida  procura  alle  liti, rende, quindi,
tamquam   non  esset  l'attivita'  processuale  svolta  dalla  difesa
regionale.
    3. - Le censure proposte devono essere esaminate, in primo luogo,
con riferimento alle disposizioni contenute negli artt. 4, comma 4, e
7,  comma 4,  lettera b),  che violerebbero la competenza legislativa
esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza», quale
desumibile   dalla   disciplina  dettata  dall'art. 113  del  decreto
legislativo   18 agosto   2000,   n. 267  (Testo  unico  delle  leggi
sull'ordinamento   degli   enti   locali),   nonche'  l'art. 3  della
Costituzione,  «negando  l'esigenza  di  una  disciplina  transitoria
riconosciuta invece dalla legge statale».
    In   particolare,   l'art. 4,   comma 4,  della  legge  regionale
impugnata  stabilisce che le societa' a capitale interamente pubblico
-  alle  quali  gli enti locali abbiano conferito la proprieta' delle
reti,  degli  impianti,  delle  dotazioni  patrimoniali  e  dei  beni
essenziali  all'espletamento di un servizio pubblico locale - nonche'
le societa' controllate e collegate con le medesime, non sono ammesse
a  partecipare alle gare (ad evidenza pubblica) indette per la scelta
del  soggetto  gestore  del  servizio, ovvero per la scelta del socio
privato   delle   societa'   a   capitale  misto,  gare  disciplinate
dall'art. 113, comma 5, del citato d.lgs. n. 267 del 2000.
    L'art. 7, comma 4, lettera b), a sua volta, vieta alle societa' a
capitale   interamente   pubblico   di  cui  al  precedente  comma 1,
lettera c),  in quanto gia' affidatarie dirette della gestione (anche
integrata)  di  un servizio pubblico locale a rilevanza economica, di
partecipare  alle gare ad evidenza pubblica indette per la scelta del
soggetto cui conferire la gestione dei servizi.
    4.  - Il ricorrente si duole, in sostanza, che la legge regionale
avrebbe introdotto limitazioni non previste, o con una non consentita
efficacia immediata, rispetto alla disciplina statale, in ordine alla
partecipazione delle societa' costituite da enti pubblici, a capitale
interamente  pubblico, alle gare di cui innanzi, nella ipotesi in cui
le medesime:
        a) siano   proprietarie   di   reti,   impianti  e  dotazioni
patrimoniali  (divieto assoluto in ragione del richiamo all'art. 113,
comma 5, del d.lgs. n. 267 del 2000);
        b) siano  gia' affidatarie della gestione di servizi pubblici
locali (divieto relativo in ragione dell'art. 7, comma 1, lettera c),
della medesima legge reg. n. 23 del 2004).
    Il  primo  divieto  (art. 4,  comma 4) non sarebbe previsto dalla
normativa  statale  dettata  dal  citato  d.lgs.,  mentre  il secondo
(art. 7,   comma 4,   lettera b),  potrebbe  essere  ricondotto  alla
previsione  dell'art. 113,  comma 6,  dello  stesso  d.lgs., la quale
pero', in ragione del successivo comma 15-quater, operera' soltanto a
partire dal 1° gennaio 2007.
    5.  -  Cio'  precisato,  appare  opportuno,  in  via preliminare,
richiamare,  sia  pure  in sintesi, la disciplina statale dei servizi
pubblici  locali  di rilevanza economica, con particolare riguardo al
regime  giuridico  delle  procedure  per l'affidamento della gestione
delle reti, nonche' per l'affidamento della gestione del servizio.
    6.  -  La  disciplina  in questione e' contenuta nel Titolo V del
d.lgs.  n. 267  del  2000  e,  in  particolare,  nell'art. 113 che ha
subito,   nel  corso  del  tempo,  varie  modificazioni  per  effetto
dell'art. 35  della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria   2002),   dell'art. 14,   comma 1,   del   decreto-legge
30 settembre  2003,  n. 269  (Disposizioni  urgenti  per  favorire lo
sviluppo  e  per  la  correzione  dell'andamento dei conti pubblici),
convertito,  con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326,
nonche'  dell'art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2004).
    7.  - Proprio l'art. 14, comma 1, del citato decreto-legge n. 269
del  2003, secondo cui le disposizioni dell'art. 113, sulle modalita'
di  gestione  ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica,   «concernono   la   tutela   della   concorrenza  e  sono
inderogabili  ed  integrative  delle discipline di settore», e' stato
sottoposto al vaglio di costituzionalita'.
    E questa Corte, con la sentenza n. 272 del 2004, ha affermato che
tale    disposizione    si   puo'   sostanzialmente   ritenere   «una
norma-principio   della   materia,   alla   cui   luce  e'  possibile
interpretare  il  complesso  delle  disposizioni  in esame nonche' il
rapporto  con  le  altre normative di settore, nel senso cioe' che il
titolo  di  legittimazione  dell'intervento  statale  in  oggetto  e'
fondato  sulla tutela della concorrenza, di cui all'art. 117, secondo
comma,  lettera e),  della  Costituzione,  e che la disciplina stessa
contiene   un   quadro  di  principi  nei  confronti  di  regolazioni
settoriali    di    fonte   regionale.   L'accoglimento   di   questa
interpretazione  comporta,  da  un  lato,  che  l'indicato  titolo di
legittimazione  statale  e'  riferibile  solo  alle  disposizioni  di
carattere  generale  che  disciplinano  le  modalita'  di  gestione e
l'affidamento  dei servizi pubblici locali di «rilevanza economica» e
dall'altro  lato che solo le predette disposizioni non possono essere
derogate da norme regionali».
    La  Corte  ha  ritenuto,  altresi',  che  «alle  stesse finalita'
garantistiche  della  concorrenza appare ispirata anche la disciplina
transitoria,  che,  in  modo  non irragionevole, stabilisce i casi di
cessazione    delle   concessioni   gia'   assentite   in   relazione
all'effettuazione  di  procedure  ad  evidenza  pubblica e al tipo di
societa' affidataria del servizio».
    In  conclusione,  pertanto,  alla  potesta' legislativa esclusiva
dello  Stato  nella materia «tutela della concorrenza», devono essere
ricondotte   le   disposizioni   statali   di   principio   contenute
nell'art. 113  del d.lgs. n. 267 del 2000, in quanto le medesime, pur
incidendo  sulla  materia dei servizi pubblici locali, che appartiene
alla  competenza  residuale delle Regioni, disciplinano l'affidamento
della  gestione  dei servizi pubblici locali, di rilevanza economica,
secondo  un  sistema  teso  a  salvaguardare la concorrenzialita' del
mercato.
    8.  -  Orbene, il richiamato art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000,
nel  testo risultante dalle varie modifiche subite nel tempo, delinea
una  complessa  disciplina  dei  servizi pubblici locali di rilevanza
economica che risulta caratterizzata, in linea generale:
        dalla  separazione  tra  la  proprieta'  di reti, impianti ed
altre dotazioni patrimoniali, riservata all'ente locale (o trasferita
da  quest'ultimo  a  societa' a capitale interamente pubblico, che e'
incedibile), e la gestione del servizio pubblico;
      da  un  tendenziale  accorpamento  della  gestione  delle  reti
all'erogazione   del   servizio   pubblico  locale,  prevedendosi  la
tipizzazione, ad opera della normativa di settore, dei casi in cui le
suddette attivita' possono, invece, essere eccezionalmente disgiunte.
    In  detto  sistema,  quindi,  si  possono distinguere tre aspetti
nella  regolamentazione  dei  servizi  pubblici  locali,  che possono
essere cosi' individuati:
        proprieta' di reti, impianti e dotazioni patrimoniali;
        gestione della rete;
        erogazione del servizio.
    Dall'esame  del  contenuto  del  citato  art. 113,  in  combinato
disposto  con  altre  norme  nel  medesimo  articolo richiamate, sono
desumibili, i seguenti principi:
        la  proprieta'  delle  reti,  degli  impianti  e  delle altre
dotazioni  patrimoniali  spetta agli enti locali (art. 113, comma 2),
che  possono  conferirla  pero' - come si e' precisato - a societa' a
capitale interamente pubblico (art. 113, comma 13);
        le  discipline  di  settore  possono  stabilire i casi in cui
l'attivita'  di  gestione  delle  reti  e  degli impianti puo' essere
separata  dalla  erogazione del servizio (art. 113, comma 3); qualora
sia stata prevista detta separazione, per la gestione gli enti locali
si  avvalgono,  con  affidamento diretto, delle societa' proprietarie
delle  reti,  di  societa' a capitale interamente pubblico costituite
allo  scopo,  oppure,  mediante  procedure  di  evidenza pubblica, di
imprese idonee (art. 113, commi 13 e 4);
        il  conferimento della titolarita' del servizio pubblico, per
l'erogazione dello stesso, e' affidato (art. 113, comma 5):
          a) a    societa'    di    capitali   individuate   mediante
l'espletamento di gare ad evidenza pubblica;
          b) a  societa'  di  capitale  misto pubblico/privato, nelle
quali  il  socio  privato  sia  scelto  attraverso  gare  ad evidenza
pubblica;
          c) a societa' a capitale interamente pubblico, a condizione
che  gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulle
societa'  un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi
e  che  la  societa'  realizzi la parte piu' importante della propria
attivita' con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;
        le societa' che in Italia o all'estero gestiscono a qualsiasi
titolo  servizi  pubblici locali in virtu' di un affidamento diretto,
di  una  procedura  non ad evidenza pubblica o a seguito dei relativi
rinnovi,  nonche'  le  societa' controllate o collegate alle medesime
ovvero  i  soggetti  titolari  della  gestione delle reti (quando sia
disgiunta  dall'erogazione del servizio) non possono partecipare alle
gare  ad  evidenza  pubblica  per  l'affidamento  della  gestione del
servizio pubblico di cui al comma 5 (art. 113, comma 6);
        il  divieto  da  ultimo  richiamato  opera  per  entrambe  le
categorie  di soggetti ivi indicate soltanto a partire dal 1° gennaio
2007,  a  meno  che non si tratti «dell'espletamento delle prime gare
aventi  ad oggetto i servizi forniti dalle societa' partecipanti alla
gara  stessa»  (comma  15-quater,  aggiunto all'art. 113 dall'art. 4,
comma 234, della legge n. 350 del 2003).
    9.  -  Orbene,  lo  scrutinio  di legittimita' costituzionale, in
ordine alle disposizioni della legge regionale ora oggetto di censure
da  parte  dello  Stato,  deve essere condotto alla luce del suddetto
quadro normativo statale, che - come si e' sopra visto - trova la sua
fonte  nel  parametro  costituzionale  dell'art. 117,  secondo comma,
lettera  e),  della  Costituzione, al quale ha fatto fondamentalmente
riferimento,  nel  suo  ricorso,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri.
    10.  -  Cio'  chiarito,  deve  essere, innanzitutto, esaminata la
questione  di legittimita' costituzionale proposta dal ricorrente con
riferimento all'art. 4, comma 4, della legge regionale impugnata.
    Tale questione non e' fondata.
    La  disposizione regionale oggetto di impugnazione esclude che le
societa'  a  capitale  interamente  pubblico, cui sia stata conferita
dagli  enti  locali  la  proprieta'  di  reti,  impianti  e dotazioni
patrimoniali,  destinati  all'esercizio dei servizi pubblici, possano
partecipare  alle gare ad evidenza pubblica indette per la scelta del
soggetto  gestore  del  servizio o del socio privato delle societa' a
capitale misto pubblico/privato.
    Dalla formulazione della disposizione in esame e, in particolare,
dalla specificazione degli ulteriori compiti e poteri che le societa'
a  capitale totalitario pubblico possono esercitare (tra i quali puo'
essere  compreso  anche quello di espletare le gare per la scelta del
soggetto  affidatario  dell'erogazione  del  servizio,  ex  art. 113,
comma 13)  si desume che il legislatore statale non ha specificamente
previsto la possibilita' per le suddette societa' di partecipare alle
gare   per  l'affidamento  della  gestione  del  servizio;  ne',  per
converso, ha escluso in modo espresso tale possibilita'.
    In  tale  situazione,  versandosi pur sempre in materia riservata
alla   competenza   residuale   delle  Regioni,  nel  silenzio  della
legislazione  statale  al  riguardo,  puo'  ritenersi ammissibile che
queste  ultime,  esercitando  la  loro  discrezionalita' legislativa,
integrino  la  disciplina  dettata dallo Stato, prevedendo il divieto
per  le  societa' proprietarie delle reti di partecipare alle gare in
questione.  D'altronde,  siffatta  determinazione  si  presenta anche
coerente  con il principio d'ordine generale, pure se derogabile, che
postula la separazione tra soggetti proprietari delle reti e soggetti
erogatori del servizio.
    Si deve, pertanto, escludere che sussista il denunciato contrasto
tra  la disposizione regionale impugnata (art. 4, comma 4) e le norme
contenute nell'art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000.
    11. - Va esaminata ora la questione relativa all'art. 7, comma 4,
lettera b), della stessa legge regionale.
    La questione e' fondata nei termini che seguono.
    La   norma  impugnata,  nel  vietare  alle  societa'  a  capitale
interamente  pubblico, gia' affidatarie in via diretta della gestione
di  un  servizio  pubblico,  di  partecipare  alle  gare  ad evidenza
pubblica  per  la scelta del soggetto gestore del servizio, contrasta
con   le   disposizioni  contenute  nell'art. 113  (segnatamente  nel
comma 15-quater)  del  d.lgs.  n. 267  del  2000  e,  dunque,  con il
parametro  costituzionale  dell'art. 117,  secondo comma, lettera e),
della Costituzione.
    Occorre  ricordare,  in  proposito,  che  questa  Corte (sentenza
n. 272  del  2004)  ha  ritenuto  che, allo scopo di salvaguardare le
esigenze della concorrenza, operano non solo le disposizioni previste
a  regime  sulle  modalita' di affidamento della gestione dei servizi
pubblici  locali,  ma anche le relative disposizioni aventi carattere
soltanto transitorio.
    La   previsione  contenuta  nel  comma 6  dell'art. 113,  cui  si
riconnette  l'impugnata  norma  regionale, nel disporre il divieto di
partecipare alle gare di cui al precedente comma 5, tende a garantire
la  piu' ampia liberta' di concorrenza nell'ambito di rapporti - come
quelli  relativi al regime delle gare o delle modalita' di gestione e
conferimento  dei  servizi - di rilevante incidenza sul mercato (cfr.
la  citata  sentenza  n. 272  del  2004).  Ma  proprio  una  corretta
attuazione del nuovo regime di divieti ha richiesto, ragionevolmente,
come  disposto  dal  legislatore  statale  con il comma 15-quater del
medesimo  art. 113,  una  disciplina  transitoria  per  consentire un
complessivo  riequilibrio e un progressivo adeguamento del «mercato».
Cio' comporta che la mancata previsione, nella legge regionale, di un
analogo  regime  transitorio, che definisca le modalita' temporali di
efficacia  del  divieto  in  esame,  e'  idonea ad arrecare un vulnus
all'indicato parametro costituzionale.
    Va,    pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 7,   comma 4,   lettera b),   della  legge  impugnata,  per
violazione    dell'art. 117,   secondo   comma,   lettera e),   della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  non  prevede che il divieto ivi
contemplato  si  applica  a  decorrere dal 1° gennaio 2007, salvo nei
casi  in  cui  si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad
oggetto  i  servizi  forniti  dalle  societa'  partecipanti alla gara
stessa.
    Resta    assorbito    l'ulteriore   profilo   di   illegittimita'
costituzionale  prospettato  dal  ricorrente  con riguardo all'art. 3
della Costituzione.
    12. - Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, altresi',
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  comma 1,  lettera b),
della  legge  in esame, che stabilisce un limite minimo (40 per cento
del  capitale  sociale)  per  la  partecipazione  azionaria del socio
privato,  da  scegliere  con  procedura  di  evidenza pubblica, della
societa'  mista  cui  puo'  essere  conferita  la  titolarita'  della
gestione  del  servizio  pubblico  di  rilevanza economica. Ad avviso
dell'Avvocatura  dello  Stato,  la  norma  contrasta  con l'art. 113,
comma 5,  lettera b),  del  d.lgs.  n. 267  del 2000, violando sia la
competenza   statale   riguardo   alla  determinazione  dei  principi
fondamentali  per  il coordinamento della finanza pubblica (art. 117,
terzo comma, della Costituzione), sia la competenza esclusiva statale
nella  materia  «tutela  della concorrenza» (art. 117, secondo comma,
lettera  e,  della Costituzione). La disposizione in esame lederebbe,
altresi', l'art. 3 della Costituzione.
    13. - La questione non e' fondata.
    Occorre    rilevare   come   l'art. 113,   comma 5,   lettera b),
nell'individuare tra i possibili soggetti, cui conferire direttamente
la  gestione  del  servizio  pubblico  locale, le societa' a capitale
misto  pubblico/privato, non stabilisca alcun limite percentuale, ne'
massimo  ne' minimo, alla partecipazione al capitale sociale da parte
del  socio privato, limitandosi soltanto a richiedere che detto socio
sia  scelto  con  le procedure dell'evidenza pubblica. La mancanza di
una  qualsiasi  previsione  statale  in  merito  alla consistenza del
capitale  privato  nell'ambito  della  compagine  sociale consente al
legislatore  regionale, nell'esercizio della sua discrezionalita', di
stabilire quote minimali di partecipazione. Ne' puo' ritenersi che la
specificazione  operata  dalla  norma  impugnata  possa  considerarsi
intrinsecamente  irragionevole:  la previsione di un siffatto limite,
al  di  la'  delle  sue  implicazioni  sul  piano  della concorrenza,
risponde,  infatti, all'esigenza di evitare che partecipazioni minime
o  addirittura  simboliche si possano risolvere in una elusione delle
modalita'  complessive  di  conferimento  della gestione del servizio
pubblico locale.
    14. - Ulteriore questione di legittimita' costituzionale e' stata
proposta   nei  confronti  dell'art. 7,  comma 4,  lettera d),  della
medesima   legge  regionale,  che  vieta  alle  societa'  a  capitale
interamente  pubblico,  alle  quali  sia  affidato  in via diretta la
gestione di un servizio pubblico locale, il conferimento di incarichi
professionali,  di  collaborazione  e  di  qualsiasi  altro genere in
favore  di  persone  e/o di societa' legate da rapporti di dipendenza
e/o  di  collaborazione  con  l'ente o gli enti titolari del capitale
sociale,  in quanto tali obbligati all'esercizio del controllo di cui
al precedente comma 1, lettera c).
    Deduce la difesa dello Stato che, poiche' si puo' ricondurre alla
trasgressione  del  divieto  la  nullita'  dell'atto  costitutivo del
rapporto  vietato,  si  profila  un'invasione  della competenza nella
materia  «ordinamento  civile», la quale spetta in via esclusiva allo
Stato,  ai  sensi  dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera l), della
Costituzione.
    La  norma,  inoltre,  verrebbe a configurare una incompatibilita'
nell'esercizio  della  professione,  che  attiene ugualmente al piano
dell'ordinamento  civile.  Puo',  inoltre,  profilarsi, ad avviso del
ricorrente, un contrasto con i principi di liberta' di stabilimento e
libera  prestazione  dei  servizi  di  cui agli artt. da 52 a 66 (ora
artt.  da  43  a 55) del Trattato istitutivo dell'Unione europea, con
conseguente    violazione    dell'art. 117,    primo   comma,   della
Costituzione.
    15. - La questione non e' fondata.
    Le  censure,  dedotte con riferimento alla competenza legislativa
statale  esclusiva  nella  materia  «ordinamento civile», non possono
accogliersi,  in quanto la prospettata nullita' del contratto d'opera
professionale  e'  meramente  ipotetica,  ne' e' prevista dalla norma
impugnata.   D'altronde,   le   conseguenze  della  stipulazione  del
contratto   de quo,   come  vietato,  dovranno  essere  eventualmente
verificate  in  sede  di  giudizio  davanti alla competente autorita'
giudiziaria  ordinaria.  Neppure  puo'  ritenersi che si versi in una
ipotesi  di  non  consentite  limitazioni  all'esercizio di attivita'
professionali,   giacche'   non   vi  e'  alcun  divieto  imposto  al
professionista in quanto tale, ma alla societa', sulla quale ricadono
le conseguenze della violazione del divieto.
    Inammissibile deve, invece, considerarsi il profilo della censura
relativo  alla  dedotta  violazione dell'art. 117, primo comma, della
Costituzione,   per   contrasto   con   i  principi  di  liberta'  di
stabilimento  e  libera prestazione dei servizi (ora articoli da 43 a
55,  gia'  articoli da 52 a 66, del Trattato dell'Unione europea), in
quanto  trattasi di profilo sfornito di elementi minimi argomentativi
(cfr.,  ex  multis,  sentenza  n. 176  del 2004 e ordinanza n. 23 del
2005).
    La   norma   impugnata   trova,  in  realta',  la  sua  esclusiva
giustificazione   nella   esigenza  di  evitare  che  si  determinino
situazioni  di conflitto di interessi tra controllori e controllati e
di  garantire,  fin  dove  possibile,  trasparenza  nei  rapporti tra
societa'  incaricate  della gestione dei servizi in questione ed enti
pubblici titolari del capitale sociale.
       16.   -   Con  la  successiva  censura  il  ricorrente  deduce
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  comma 4,  lettera f),
della  legge  regionale  in esame, in quanto la stessa, nel prevedere
che  le  societa'  a  capitale  interamente pubblico, affidatarie del
servizio  pubblico,  sono  obbligate  al  rispetto delle procedure di
evidenza  pubblica  imposte  agli  enti  locali  per  l'assunzione di
personale  dipendente,  pone  a carico di societa' private obblighi e
oneri  non  previsti  per  l'instaurazione dei rapporti di lavoro nel
settore  privato  ed  invade  quindi  la competenza esclusiva statale
nella  materia «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera
l, della Costituzione).
    17. - La questione non e' fondata.
    La  disposizione  in  esame non e' volta a porre limitazioni alla
capacita'  di  agire  delle persone giuridiche private, bensi' a dare
applicazione  al  principio  di  cui  all'art. 97  della Costituzione
rispetto  ad  una  societa'  che,  per  essere a capitale interamente
pubblico,  ancorche'  formalmente privata, puo' essere assimilata, in
relazione al regime giuridico, ad enti pubblici.
    D'altronde,  questa  Corte,  sulla  base  della  distinzione  tra
privatizzazione  formale  e privatizzazione sostanziale, e dunque con
riferimento  al suindicato principio, ha riconosciuto la legittimita'
della  sottoposizione  al  controllo della Corte dei conti degli enti
pubblici  trasformati  in  societa'  per azioni a capitale totalmente
pubblico (sentenza n. 466 del 1993).
    18.  -  Infine, con il ricorso viene impugnato l'art. 7, comma 4,
lettera g),    della    legge    regionale,    che,   nel   prevedere
l'ineleggibilita'  a sindaco, presidente della Provincia, consigliere
comunale,  provinciale e circoscrizionale dei comuni e delle Province
titolari  del  capitale  sociale  delle  societa'  affidatarie  della
gestione  del  servizio  pubblico,  per  i legali rappresentanti ed i
componenti   degli   organi   esecutivi   delle   societa'  medesime,
invaderebbe  la  competenza  esclusiva  statale  di cui all'art. 117,
secondo  comma,  lettera p), della Costituzione, in materia di organi
di  governo  e  funzioni  fondamentali  di  Comuni, Province e Citta'
metropolitane.
    19. - La questione e' fondata.
    L'impugnata   norma   regionale,   disciplinando   un   caso   di
ineleggibilita'  a  cariche  elettive  in  enti  locali territoriali,
invade  la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia
«organi  di  governo»  di  Comuni,  Province  e Citta' metropolitane,
prevista    dall'art. 117,    secondo    comma,   lettera p),   della
Costituzione.  Ne'  rileva  che,  in parte, la disposizione impugnata
coincide   con  quanto  previsto  dalla  legislazione  statale  negli
artt. 60,  61  e  63  del  d.lgs.  n. 267  del 2000, dal momento che,
vertendosi  in  materia  riservata  in  modo esclusivo allo Stato, la
Regione  non  e'  legittimata ad adottare nella materia stessa alcuna
disciplina, ancorche' in parte coincidente con quella statale.
    Va,    pertanto,   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 7,  comma 4,  lettera g), della legge della Regione Abruzzo
n. 23 del 2004.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile la costituzione in giudizio della Regione
Abruzzo;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 4,
lettera b),  della  legge  della Regione Abruzzo 5 agosto 2004, n. 23
(Norme  sui  servizi  pubblici  locali  a rilevanza economica), nella
parte  in  cui  non  prevede che il divieto ivi previsto si applica a
decorrere  dal  1° gennaio  2007,  salvo  nei  casi  in cui si tratti
dell'espletamento  delle  prime  gare  aventi  ad  oggetto  i servizi
forniti dalle societa' partecipanti alla gara stessa;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 4,
lettera g), della medesima legge regionale;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 4,  comma 4,  della  medesima legge regionale, proposta dal
Presidente  del  Consiglio  dei ministri, in relazione agli artt. 3 e
117,  secondo  comma,  lettera e), della Costituzione, con il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 7,  comma 1,  lettera b),  della  medesima legge regionale,
proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione agli
artt. 3  e  117,  secondo  comma,  lettera e),  e  terzo comma, della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 7,   comma 4,   lettera d),  proposta  dal  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  in riferimento all'art. 117, primo comma -
anche  in  relazione  agli articoli da 52 a 66 (ora artt. da 43 a 55)
del  Trattato  dell'Unione  europea  -,  e secondo comma, lettera l),
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 7,  comma 4,  lettera f),  della  medesima legge regionale,
proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione all'
art. 117,  secondo  comma,  lettera l),  della  Costituzione,  con il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso,  in  Roma,  nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° febbraio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0068