N. 34 ORDINANZA 23 gennaio - 1 febbraio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giurisdizione  -  Sanzioni  irrogate  dall'Agenzia  delle entrate per
  impiego   di   lavoratori  irregolari  -  Controversie  -  Ritenuta
  giurisdizione  del  giudice  tributario  -  Denunciata  lesione del
  diritto  di  difesa,  indebita  sottrazione  al  giudice  naturale,
  violazione  del  divieto  di  istituire  giudici  speciali - Omessa
  verifica  da parte del rimettente della possibilita' di seguire una
  diversa   interpretazione   conforme  a  Costituzione  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Decreto-legge  22 febbraio  2002,  n. 12  (convertito  nella  legge
  23 aprile 2002, n. 73) art. 3, comma 5.
- Costituzione, artt. 24, 25 e 102.
Sanzioni   amministrative   -  Impiego  di  lavoratori  irregolari  -
  Modalita'  per  la  quantificazione  della  sanzione  -  Denunciata
  irragionevole  equiparazione di situazioni diseguali - Sopravvenuta
  pronuncia  di  incostituzionalita' incidente sul quadro normativo -
  Restituzione degli atti al giudice rimettente.
- Decreto-legge  22 febbraio  2002,  n. 12  (convertito  nella  legge
  23 aprile 2002, n. 73) art. 3, comma 3.
- Costituzione, art. 3.
Sanzioni   amministrative   -  Impiego  di  lavoratori  irregolari  -
  Procedimento  di  irrogazione  della  sanzione  -  Previa  notifica
  dell'atto  di contestazione della violazione - Mancata previsione -
  Denunciata  irragionevole  limitazione  del  diritto  di  difesa  -
  Manifesta infondatezza della questione.
- Decreto-legge  22 febbraio  2002,  n. 12  (convertito  nella  legge
  23 aprile 2002, n. 73) art. 3, comma 5.
- Costituzione, art. 24.
(GU n.6 del 8-2-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 3 e
5  (recte:  art. 3, commi 3 e 5), del decreto-legge 22 febbraio 2002,
n. 12  (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di
emersione  di  attivita' detenute all'estero e di lavoro irregolare),
convertito   con   modificazioni   in  legge  23 aprile  2002,  n. 73
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
22 febbraio   2002,   n. 12,  recante  disposizioni  urgenti  per  il
completamento  delle  operazioni  di  emersione di attivita' detenute
all'estero  e  di  lavoro  irregolare),  promossi  con  ordinanze del
13 luglio   2004   dalla   Commissione   tributaria   provinciale  di
Caltanissetta  sul  ricorso  proposto  da  Highlander di Dolcemascolo
Sergio  & C. s.n.c. contro l'Agenzia delle entrate di Caltanissetta e
del  7 febbraio  2005  dalla  Commissione  tributaria  provinciale di
Firenze  sui ricorsi riuniti proposti da STAM di Grementieri Oriano &
C.  s.n.c. ed altri contro l'Agenzia delle entrate - Ufficio di Borgo
San  Lorenzo,  iscritte  ai nn. 1 e 281 del registro ordinanze 2005 e
pubblicate  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 6 e 22, 1ª
serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 16 novembre 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto   che   la   Commissione   tributaria   provinciale   di
Caltanissetta,   con  ordinanza  del  13 luglio  2004,  ha  sollevato
questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, commi 3 e 5
(recte:  art. 3,  commi 3  e  5), del decreto-legge 22 febbraio 2002,
n. 12  (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di
emersione  di  attivita' detenute all'estero e di lavoro irregolare),
convertito in legge dall'art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, in
relazione agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione;
        che  il  rimettente  premette che il legale rappresentante di
una  societa'  in  nome  collettivo  ha  proposto opposizione avverso
l'avviso  di  irrogazione  della  sanzione,  determinata in 66.518,00
euro,  emesso  dall'Ufficio  delle  entrate  di Caltanissetta in data
27 settembre  2003,  in  applicazione  dell'art. 1,  comma 3, (recte:
art. 3, comma 3) del decreto-legge n. 12 del 2002;
        che   tale   sanzione  era  stata  comminata  in  seguito  ad
un'ispezione  effettuata  dall'INPS,  nel corso della quale era stata
accertata  la  presenza,  nell'azienda, di tre lavoratori subordinati
irregolari;
        che  il  giudice  a  quo  sostiene che l'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  n. 12  del  2002,  nel  determinare  le  modalita'  di
quantificazione della sanzione per l'impiego di lavoratori dipendenti
non   risultanti   dalle   scritture   o   da   altra  documentazione
obbligatoria,  sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., sia in quanto
privo  «di  intrinseca  ragionevolezza»,  sia in quanto comporterebbe
trattamenti sanzionatori diversi per situazioni identiche;
        che   tale   disposizione,  nel  rapportare  l'entita'  della
sanzione  al  periodo compreso tra l'inizio dell'anno e la data della
contestazione,  sarebbe  ingiustificatamente  penalizzante per coloro
nei cui confronti la contestazione sia effettuata alla fine dell'anno
rispetto  a  coloro che abbiano ricevuto tale contestazione nei primi
mesi dell'anno;
        che  il  rimettente  rileva che il comma 5 della disposizione
censurata  attribuisce la competenza ad irrogare la suddetta sanzione
all'Agenzia  delle  entrate, la quale vi procede secondo le modalita'
di  cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni
generali  in  materia di sanzioni amministrative per le violazioni di
norme   tributarie,  a  norma  dell'art. 3,  comma 133,  della  legge
23 dicembre   1996,   n. 662),  fatta  eccezione  per  le  previsioni
dell'art. 16, comma 2, del medesimo decreto;
        che  tale previsione, oltre a porsi in contrasto con l'art. 7
della  legge  27 luglio  2000,  n. 212  (Disposizioni  in  materia di
statuto  dei  diritti  del contribuente), violerebbe l'art. 24 Cost.,
dal momento che, irragionevolmente, non consentirebbe all'interessato
di  conoscere  i  dati  di  fatto  e  gli  atti  giustificativi della
contestazione, incidendo in tal modo sul diritto di difesa;
        che  la disposizione censurata violerebbe, inoltre, l'art. 25
Cost.,  «laddove  attribuisce  la competenza per la irrogazione della
sanzione  all'Ufficio  delle entrate», dal momento che tale sanzione,
benche'  autonoma,  sarebbe  riconducibile  alla «violazione di norme
previdenziali  e  sul  lavoro»  per  le  quali e' prevista la diversa
competenza  del  giudice ordinario del lavoro, con la conseguenza che
si  determinerebbe  una  «indebita  sottrazione  del  trasgressore al
giudice naturale all'uopo gia' costituito»;
        che   la   attribuzione   della   cognizione  delle  relative
controversie  alle  commissioni  tributarie determinerebbe, altresi',
una  ulteriore  violazione  dell'art. 24  Cost.,  dal momento che nei
procedimenti  avanti  a  tali  giudici  sarebbe vietato dedurre prove
testimoniali   (art. 7  del  decreto  legislativo  31 dicembre  1992,
n. 546,  recante  «Disposizioni sul processo tributario in attuazione
della   delega   al   Governo   contenuta  nell'art. 30  della  legge
30 dicembre  1991,  n. 413») e non sarebbe consentito produrre atti e
documenti  non  esibiti  in  sede di contestazione o di redazione del
verbale  ispettivo  (art. 32,  comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, recante «Disposizioni comuni in materia di accertamento delle
imposte sui redditi»);
        che   il   rimettente,   infine,  ritiene  che  le  questioni
prospettate  siano  rilevanti  ai  fini  della  decisione del ricorso
oggetto del giudizio a quo;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   che  ha  eccepito,  innanzitutto,  l'inammissibilita'  delle
questioni  sollevate  dalla  Commissione tributaria di Caltanissetta,
sia  perche' essa avrebbe omesso di ricostruire i fatti di causa, con
conseguente  carenza  di motivazione sulla rilevanza della questione,
sia  in  quanto le censure prospettate sarebbero del tutto generiche,
poiche'  prive  di «qualsiasi concreta motivazione in ordine alla non
manifesta infondatezza della questione»;
        che,  nel  merito, l'Avvocatura osserva in primo luogo che la
previsione  di  una  sanzione  ulteriore,  dotata  di  adeguata forza
dissuasiva,  sarebbe  giustificata  sia  dalla  esigenza  di favorire
l'emersione  del lavoro irregolare che avrebbe effetti negativi sulla
tutela  dei  diritti  fondamentali  costituzionalmente garantiti, sia
dalla   necessita'   di   contrastare  un  fenomeno  che,  attraverso
l'evasione  fiscale  e  contributiva,  determina  l'indebolimento del
meccanismo  di  finanziamento ed erogazione dei servizi pubblici e di
assistenza fiscale;
        che  il meccanismo di quantificazione della sanzione previsto
dall'art. 3,  comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 consentirebbe
di  ovviare  alle  difficolta' di individuazione degli esatti termini
temporali  del  rapporto  lavorativo  irregolare  e  di neutralizzare
condotte  elusive  e  che,  comunque,  il  legislatore  avrebbe ampia
discrezionalita' nella determinazione delle sanzioni;
        che,   conseguentemente,   le  censure  relative  all'art. 3,
comma 3, sarebbero infondate;
        che  infondata  sarebbe,  altresi',  la  lamentata violazione
dell'art. 24   Cost.   ad   opera   dell'art. 3,  comma 5,  il  quale
riguarderebbe  soltanto il momento della irrogazione della sanzione e
sarebbe  giustificato  da un'esigenza di snellezza, in considerazione
del  fatto che, comunque, la violazione sarebbe gia' stata accertata,
nei suoi elementi di fatto, dalla contestazione contenuta nel verbale
che  costituirebbe «l'unico fondamento dell'atto sanzionatorio» e che
sarebbe gia' noto alla parte;
        che anche la censura sollevata in relazione all'art. 25 Cost.
sarebbe destituita di ogni fondamento, dal momento che il legislatore
potrebbe  liberamente  individuare l'organo amministrativo competente
alla  irrogazione delle sanzioni, mentre il regime delle impugnazioni
sarebbe conseguente a tale individuazione;
        che,  nel  caso  di  specie,  la  scelta  del legislatore non
sarebbe  palesemente  illogica  e,  d'altra parte, anche nel giudizio
avanti  alle  commissioni  tributarie,  cosi'  come avanti al giudice
ordinario,  il  cittadino godrebbe delle garanzie connesse al diritto
di difesa;
        che  la  Commissione  tributaria  provinciale  di  Firenze ha
sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,
comma 3, della legge n. 73 del 2002 (recte: dell'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  n. 12  del  2002),  in  relazione  agli artt. 25 e 102
Cost.;
        che il rimettente riferisce di essere chiamato a decidere sul
ricorso proposto dal legale rappresentante e dal socio amministratore
di  una  societa' in nome collettivo avverso l'atto con cui l'Agenzia
delle  entrate  di  Borgo  S.  Lorenzo  aveva  irrogato  la  sanzione
amministrativa   di   euro  23.361,98,  in  ragione  dell'impiego  di
lavoratori  dipendenti  non risultanti dalle scritture obbligatorie e
la  cui  presenza  era  stata riscontrata nei locali dell'azienda nel
corso di un'ispezione svolta da ispettori dell'INPS;
        che  gli  opponenti, oltre a contestare la nullita' dell'atto
impugnato   per   insussistenza  del  presupposto  impositivo,  hanno
eccepito  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 3, del
decreto-legge  n. 12  del  2002,  per  violazione  degli artt. 3 e 27
Cost.,   nonche'   il  difetto  di  giurisdizione  delle  commissioni
tributarie;
        che, cio' premesso, il giudice a quo sostiene che la sanzione
prevista   dalla   norma   in  questione  sarebbe  correlata  ad  una
«violazione  di  natura contributiva/lavorativa» la cui contestazione
sarebbe  affidata  agli  organi  preposti  ai  controlli  in  materia
fiscale,  contributiva e del lavoro, mentre competente ad irrogare la
sanzione sarebbe l'Agenzia delle entrate;
        che,  tuttavia, tale ufficio non sarebbe in grado di definire
e  motivare alcuni aspetti rilevanti della sanzione, quali il calcolo
del  costo  del  lavoro e l'inquadramento contrattuale del lavoratore
sulla  cui  base e' quantificata la sanzione, che sarebbero decisi da
un  altro  organo,  con conseguente lesione del diritto di difesa del
ricorrente   e  impossibilita'  per  la  commissione  tributaria  «di
svolgere la propria funzione»;
        che  queste «disfunzioni» sarebbero conseguenza del fatto che
alle   commissioni  tributarie  verrebbero  assegnate  competenze  in
contrasto   con   quelle   loro   proprie  che  sarebbero  di  natura
esclusivamente tributaria;
        che,  infatti, se, da un lato, l'art. 2 del d.lgs. n. 546 del
1992  indica  quale  oggetto  della giurisdizione tributaria anche le
sanzioni  amministrative  «comunque  irrogate»  da uffici finanziari,
d'altro  canto - ad avviso del rimettente - cio' dovrebbe valere solo
per  le sanzioni «attinenti e/o correlate alla materia tributaria che
rappresenta l'area caratteristica ed esclusiva della giurisdizione»;
        che   il   superamento   di  tale  limite  determinerebbe  la
violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge
sancito  dall'art. 25  Cost.  e  del  divieto  di  istituire  giudici
speciali  posto dall'art. 102 Cost., secondo quanto chiarito anche da
questa  Corte  con  l'ordinanza  n. 144  del  1998,  la quale avrebbe
affermato  che  i giudici tributari costituiscono «organi speciali di
giurisdizione»  preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione
e che il legislatore puo' sottoporre a revisione, modificandone anche
le  competenze,  «purche'  resti  fermo  il nocciolo originario delle
competenze stesse e cioe' quelle in materia tributaria»;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  eccepito  l'inammissibilita'  della  questione,  dal
momento   che   il   rimettente  non  avrebbe  previamente  accertato
l'impossibilita'   di   dare   della   disposizione   censurata   una
interpretazione diversa e costituzionalmente corretta;
        che,  in ogni caso, sostiene la difesa erariale, la questione
avrebbe  ad  oggetto  una  norma  gia'  dichiarata costituzionalmente
illegittima dalla Corte con la sentenza n. 144 del 2005;
    Considerato   che   la   Commissione  tributaria  provinciale  di
Caltanisetta   censura  l'art. 3,  commi 1  e  5,  del  decreto-legge
22 febbraio  2002,  n. 12  (Disposizioni urgenti per il completamento
delle  operazioni  di emersione di attivita' detenute all'estero e di
lavoro  irregolare),  convertito  in  legge  dall'art. 1  della legge
23 aprile 2002, n. 73;
        che  la  Commissione  tributaria  provinciale di Firenze, pur
censurando  formalmente  l'art. 3,  comma 3,  del  medesimo  decreto,
tuttavia,  sostanzialmente  denuncia il comma 5 di tale articolo, dal
momento  che  lamenta la attribuzione all'Agenzia delle entrate della
competenza ad irrogare la sanzione da essa prevista;
        che,  pertanto,  stante la parziale identita' delle questioni
prospettate  dai  rimettenti,  deve  essere  disposta la riunione dei
relativi giudizi;
        che  entrambi  i  giudici  a  quibus, dalla attribuzione alla
Agenzia  delle  entrate della competenza ad applicare la sanzione per
l'impiego  di  lavoratori  irregolari  prevista  dall'art. 3 del d.l.
n. 12   del  2002,  deducono  la  conseguenza  che  sussisterebbe  la
giurisdizione  del  giudice tributario a conoscere delle controversie
concernenti  tale  sanzione,  dal  momento  che  l'art. 2  del d.lgs.
31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre  1991,  n. 413), cosi' come modificato dall'art. 12 della
legge  28 dicembre  2001,  n. 448 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002),
attribuirebbe   a  tale  giudice  la  cognizione  delle  controversie
concernenti  «le  sanzioni amministrative comunque irrogate da uffici
finanziari»;
        che,  tuttavia,  i  rimettenti affermano espressamente che la
sanzione introdotta dal decreto-legge n. 12 del 2002 sarebbe connessa
a  violazioni  di  norme previdenziali e del lavoro, e pertanto, essi
stessi  sembrano  escludere  che detta sanzione inerisca alla materia
dei tributi;
        che,  addirittura,  la  Commissione tributaria provinciale di
Firenze  richiama  la  giurisprudenza  costituzionale  concernente la
giurisdizione  tributaria  e,  specificamente, l'ordinanza n. 144 del
1998  nella  quale questa Corte, pur riconoscendo al legislatore, con
riguardo  alle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione,
il  potere  discrezionale  di  «sopprimerle  come  di  trasformarle e
riordinarle,  o di ristrutturarle nuovamente, anche nel funzionamento
e nella procedura», ha individuato, quale limite a tale potere quello
di  «non  snaturare  (in quanto elemento essenziale e caratterizzante
della   giurisdizione  speciale)  le  materie  attribuite  alla  loro
rispettiva   competenza»,   materie  che,  con  riguardo  al  giudice
tributario,  sono  state  individuate  in  quelle  riconducibili alle
«controversie tributarie»;
        che  i  giudici  a  quibus  hanno  omesso  di  trarre da tali
premesse  le  dovute  conseguenze  interpretative,  valorizzando,  in
particolare,  la  natura  tributaria  del rapporto cui deve ritenersi
imprescindibilmente    collegata   la   giurisdizione   del   giudice
tributario, e limitandosi, invece, a considerare il solo dato formale
e   soggettivo,   relativo  all'ufficio  competente  ad  irrogare  la
sanzione;
        che,  in  definitiva,  i  rimettenti  non  hanno  compiuto il
doveroso  tentativo  di  verificare  la  possibilita'  di seguire una
interpretazione  diversa  da quella da essi accolta e, pertanto, sono
venuti  meno  all'onere  che  incombe  su  ogni  giudice di esplorare
eventuali  interpretazioni conformi a Costituzione prima di sollevare
questioni di legittimita' costituzionale davanti a questa Corte;
        che,  alla  luce  di quanto precede, la questione concernente
l'art. 3,  comma 5,  del  decreto-legge  n. 12 del 2002, in relazione
alla   asserita   attribuzione   alle  Commissioni  tributarie  della
giurisdizione   sugli   atti   di   irrogazione  delle  sanzioni  ivi
contemplate, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile;
        che  la Commissione tributaria di Caltanissetta ha, altresi',
sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,
comma 3,  del  decreto-legge  n. 12 del 2002, in relazione all'art. 3
Cost.,  nella  parte in cui determina le modalita' di quantificazione
della  sanzione per l'impiego di lavoratori dipendenti non risultanti
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria;
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte,  con  sentenza n. 144 del 2005, ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale  della  norma  «nella  parte  in  cui  non  ammette la
possibilita' di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto
inizio  successivamente  al  primo gennaio  dell'anno in cui e' stata
constatata  la  violazione»,  affermando  che  il  meccanismo di tipo
presuntivo previsto dalla norma censurata, con finalita' di ulteriore
inasprimento  della  sanzione,  determina  la  lesione del diritto di
difesa,  in  quanto  preclude  all'interessato  ogni  possibilita' di
provare  circostanze  che  attengono alla propria effettiva condotta,
idonee  ad  incidere  sulla entita' della sanzione che dovra' subire,
determinando,  altresi',  la  irragionevole  equiparazione,  ai  fini
dell'applicazione  della  sanzione, di situazioni tra loro diseguali,
con  riferimento a soggetti che utilizzano i lavoratori irregolari da
momenti  diversi e per i quali la constatazione della violazione sia,
in ipotesi, avvenuta nella medesima data;
        che,  pertanto,  con  riguardo  a tale questione, deve essere
disposta  la  restituzione  degli  atti al giudice rimettente, per un
nuovo esame della rilevanza alla luce del mutato quadro normativo;
        che  la  Commissione  tributaria di Caltanissetta ha, infine,
sollevato,  in relazione all'art. 24 Cost., questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  comma 5,  del  decreto-legge  n. 12 del
2002,  nella  parte in cui - nel disporre che l'Agenzia delle entrate
irroghi  la  sanzione di cui al comma 3 secondo le modalita' previste
dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia
di  sanzioni  amministrative per le violazioni di norme tributarie, a
norma dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) -
esclude  esplicitamente  l'applicazione  dell'art. 16,  comma 2,  del
medesimo decreto;
        che   il   citato   art. 16  disciplina  il  procedimento  di
irrogazione  delle  sanzioni  amministrative connesse a violazioni di
norme  tributarie, prevedendo, al comma 2, la necessita' che l'organo
procedente  effettui  la  previa  notifica dell'atto di contestazione
della  relativa  violazione «con indicazione, a pena di nullita', dei
fatti  attribuiti  al  trasgressore,  degli elementi probatori, delle
norme   applicate,   dei  criteri  che  ritiene  di  seguire  per  la
determinazione delle sanzioni e della loro entita' nonche' dei minimi
edittali previsti dalla legge per le singole violazioni»;
        che  l'esclusione  della  applicazione  di tale disposizione,
lungi  dal  costituire  un'irragionevole  limitazione  del diritto di
difesa,   trova   la   propria   giustificazione   nell'esigenza   di
semplificazione   del  procedimento  di  irrogazione  della  sanzione
prevista  dall'art. 3,  comma 3,  del  decreto-legge  n. 12 del 2002,
nonche' nella circostanza che gran parte degli elementi che di regola
sono   portati  a  conoscenza  del  destinatario  tramite  l'atto  di
contestazione,  nel caso in esame sono da quello gia' conosciuti, per
essere   emersi   nel   corso   dell'ispezione  svolta  dagli  organi
accertatori  nei  locali  dell'azienda  e  per essere documentati nel
relativo verbale;
        che, pertanto, la disposizione censurata non determina alcuna
violazione  del  diritto  di difesa, tenuto anche conto del fatto che
essa  disciplina  una  fase pre-giurisdizionale e non limita in alcun
modo il ricorso all'autorita' giudiziaria avverso il provvedimento di
irrogazione della sanzione;
        che,  in  conclusione,  la questione si rivela manifestamente
infondata.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 5, del decreto-legge
22 febbraio  2002,  n. 12  (Disposizioni urgenti per il completamento
delle  operazioni  di emersione di attivita' detenute all'estero e di
lavoro  irregolare),  convertito  in  legge  dall'art. 1  della legge
23 aprile  2002,  n. 73,  sollevata, in relazione agli artt. 24, 25 e
102 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di Caltanissetta
e  dalla Commissione tributaria di Firenze, con le ordinanze indicate
in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 5, del decreto-legge
n. 12  del  2002,  sollevata,  in  relazione all'art. 24 Cost., dalla
Commissione  tributaria di Caltanissetta, con l'ordinanza indicata in
epigrafe;
    Ordina  la restituzione degli atti alla Commissione tributaria di
Caltanissetta,   limitatamente   alla   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  comma 3, del citato decreto-legge n. 12
del 2002, sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 1° febbraio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0073