N. 29 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 dicembre 2005

Ordinanza  emessa  il  12  dicembre 2005 dal tribunale amministrativo
regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia  sul  ricorso  proposto da Tim
Italia S.p.A. contro Regione Friuli-Venezia Giulia ed altro

Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Norme  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia in materia di infrastrutture per la telefonia
  mobile - Previsione dell'adozione dei piani comunali di settore per
  la  localizzazione  degli  impianti, previa definizione delle linee
  guida contenute nel regolamento di attuazione della legge regionale
  censurata  -  Denunciato  contrasto  con  il principio fondamentale
  stabilito  dal  legislatore  statale  e da quello comunitario della
  copertura  di  tutto  il  territorio  nazionale  (e  di conseguenza
  regionale)  da  parte della rete di telefonia mobile e della regola
  generale dell'ammissibilita', dal punto di vista urbanistico, salvo
  eccezioni  -  Violazione  dei  principi  di  liberta'  d'iniziativa
  economica privata e di tutela della concorrenza.
- Legge  della  Regione Friuli-Venezia Giulia 6 dicembre 2004, n. 28,
  artt. 3, lett. a), e 4.
- Costituzione,  artt. 41  e  117,  commi secondo, lett. e), e terzo;
  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  adottato con legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4, primo comma.
Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Norme  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia in materia di infrastrutture per la telefonia
  mobile  -  Necessita'  della  concessione o autorizzazione edilizia
  comunale  per  l'installazione  dell'impianto  - Denunciata mancata
  previsione  della  Conferenza  di  servizi - Introduzione di pareri
  vincolanti  dell'Agenzia  regionale per la protezione dell'ambiente
  (ARPA)  e  dell'Azienda  per  i  servizi  sanitari territorialmente
  competente,  con  oneri  finanziari  per  gli  stessi  a carico del
  richiedente   -   Mancata   espressa  previsione  dell'unicita'  di
  procedimento  e di titolo autorizzatorio - Contrasto con i principi
  fondamentali  della legislazione statale e comunitaria in materia -
  Violazione   del   principio  di  liberta'  d'iniziativa  economica
  privata.
- Legge  della  Regione Friuli-Venezia Giulia 6 dicembre 2004, n. 28,
  artt. 5, commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7.
- Costituzione,  artt. 41  e  117,  commi secondo, lett. e), e terzo;
  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  adottato con legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4, primo comma.
Radiotelevisione  e  servizi  radioelettrici  -  Norme  della Regione
  Friuli-Venezia Giulia in materia di infrastrutture per la telefonia
  mobile   -   Divieto  di  localizzazione  degli  impianti  in  zone
  interessate  da  biotipi  istituiti  ai sensi della legge regionale
  30 settembre  1996,  n. 42  -  Denunciato  contrasto con i principi
  stabiliti  dalla  legislazione  statale  e comunitaria in materia -
  Violazione   del   principio  di  liberta'  d'iniziativa  economica
  privata.
- Legge  della  Regione Friuli-Venezia Giulia 6 dicembre 2004, n. 28,
  art. 8, comma 2.
- Costituzione,  artt. 41  e  117,  commi secondo, lett. e), e terzo;
  Statuto  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  adottato con legge
  costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, art. 4, primo comma.
(GU n.7 del 15-2-2006 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 280/2005 di
Tim  Italia  S.p.A.,  rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe De
Vergottini ed Enzio Volli, con elezione di domicilio presso lo studio
del secondo in Trieste;
    Contro  la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del
presidente  legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dagli  avv.ti  Michela Del Neri e Daniela Iuri, dell'Avvocatura della
Regione,  con elezione di domicilio presso la sede dell'Avvocatura in
Trieste;
    e  notiziandone  il  Ministero delle comunicazioni in persona del
Ministro   pro   tempore,   rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato, domiciliataria ex lege per l'annullamento
degli  articoli  2,  3,  9  e  11  dell'Allegato 5 del regolamento di
attuazione della legge regionale n. 28/2004 approvato con decreto del
presidente della regione 19 aprile 2005, n. 094/Pres;
    Visto  il  ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la
Segreteria;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione;
    Viste le memorie prodotte dalle parti tutte;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi,  alla  pubblica  udienza del 2 novembre 2005 - relatore il
consigliere Oria Settesoldi - i difensori delle parti presenti;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    Il  ricorso  e'  rivolto  contro la regolamentazione regionale in
epigrafe  citata  esecutiva  della  legge  regionale 6 dicembre 2004,
n. 28, che si ritiene contenga vizi di illegittimita' costituzionale.
    Vengono dedotti i seguenti motivi:
        1)   Immediata   lesivita'   e   diretta  applicabilita'  del
regolamento. Interesse al ricorso.
    In primis si afferma che il regolamento di attuazione della legge
regionale  n. 28/2004 (disciplina in materia di infrastrutture per la
telefonia  mobile),  dettando  dettagliate  disposizioni  ad  effetto
immediato,  risulterebbe  ex se immediatamente lesivo degli interessi
della  ricorrente  societa'.  Si  cita  in  primo luogo le previsione
stessa  del  Piano comunale quale strumento per la localizzazione dei
siti,  in quanto conterrebbe disposizioni eccessivamente specifiche e
tali  da  ostacolare  lo  sviluppo  della  rete.  In secondo luogo vi
sarebbero le disposizioni che ignorano l'istituto della conferenza di
servizi  e  la possibilita' di richiedere documentazione integrativa,
omissioni  lesiva  degli  interessi dei gestori. Inoltre l'all. 5 del
Regolamento  aggrava  i  procedimento  richiedendo  oltre  al  parere
obbligatorio e vincolante dell'ARPA anche quello dell'ASS.
    Tali   disposizioni   sarebbero   di   immediata  applicazione  e
comporterebbero l'impugnabilita' in via autonoma del Regolamento.
        2)  Violazione  dell'art. 117,  comma 3,  della Costituzione.
Violazione degli articoli 3 e 8 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 e
degli art. 86 e 87 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259.
    Il regolamento in questione, e per presupposto la legge regionale
n. 28/2004,  sarebbe  illegittimo  nella parte in cui, in particolare
all'art. 3,  viola  gli  articoli 3  e  8  della  legge  n. 36/2001 e
l'art. 86  del  Codice  delle  comunicazioni  elettroniche, norme che
prevedono   che  spetti  alle  regioni  «l'esercizio  delle  funzioni
relative all'individuazione dei siti» e l'indicazione, con legge, dei
criteri  localizzativi e degli standard urbanistici, mentre spetta ai
comuni   «adottare   un   regolamento   per  assicurare  il  corretto
insediamento  urbanistico  e  territoriale degli impianti». Invece il
regolamento   regionale   prevede   che   attraverso   un   atto   di
pianificazione  si  stabilisca  a  priori  e  senza  possibilita'  di
modifiche  successive  il  posizionamento  degli  impianti,  cosa che
comporta  una  rigidita'  della  pianificazione  e  localizzazione in
contrasto  con  i  principi  stabiliti  dal  legislatore  statale sia
all'art. 8  della  legge  n. 36/2001 sia all'art. 86 del codice delle
comunicazioni elettroniche.
        3)   Violazione   dell'art.  1  e  3  della  legge  regionale
n. 28/2004;   violazione  dell'art.  41  della  legge  n. 166/2002  e
dell'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003.
    Le norme regolamentari attuative della legge regionale n. 28/2004
violerebbero  i  principi contenuti nella legge statale in materia di
ordinamento  delle  comunicazioni  elettroniche emanato in attuazione
delle  direttive comunitarie nn. 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e
2002/22/CE.   Queste   riconoscono,   in  termini  generali,  che  le
autorizzazioni  e  le  licenze  per  la  fornitura  del  servizio  di
telecomunicazioni   devono   fondarsi   su   criteri  oggettivi,  non
discriminatori  e  trasparenti,  come  ricorda  il considerando n. 22
della  direttiva  2002/21/CE.  Il legislatore regionale, ignorando le
disposizioni    costituzionali   in   tema   di   ordinamento   delle
comunicazioni  elettroniche le ha invece disciplinate sotto il titolo
formale  della  materia  urbanistica.  Si  ricorda  al  riguardo  che
l'art. 117, comma 3 della Cost. riconosce alla competenza concorrente
la materia dell'«ordinamento della comunicazione», con la conseguenza
che i principi generali devono essere adottati con normativa statale,
lasciando  alle  regioni  la potesta' di emanare norme di dettaglio e
attuative.  Tale  regime  di  competenza in tema di ordinamento della
comunicazione,  come chiarito dalla corte costituzionale con sentenza
n. 36/2001,  vale  anche  per  le  regioni  speciali  e  le  province
autonome, sicche' la regione avrebbe dovuto tener presente i principi
fondamentali  contenuti nel Codice delle comunicazioni e specificarli
nella legge regionale n. 28/2004.
    Non sarebbe stato rispettato l'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003 che
prevede  l'esperimento  di un'unica procedura autorizzatoria relativa
agli  impianti  di stazione radio base con possibilita' di richiedere
integrazione   della   documentazione  prodotta  ed  introducendo  la
conferenza   di   servizi   in  caso  di  motivato  dissenso  di  una
amministrazione interessata.
        4)  Violazione  degli  artt. 4  e  87 del d.lgs. n. 259/2003.
Violazione     dell'art. 117,     comma 3     della     Costituzione.
Contraddittorieta'.  Eccesso  di  potere. Violazione del principio di
semplificazione. Aggravamento del procedimento.
    Nel   disciplinare   il   procedimento  di  rilascio  dei  titoli
abilitativi   all'installazione   degli   impianti  di  telefonia  il
regolamento,  e  di  presupposto,  la legge regionale, ignorerebbe il
principio   di  semplificazione  introdotto  dall'art. 4  del  d.lgs.
n. 259/2003   e   dalle  direttive  comunitarie  di  riferimento,  in
attuazione  del quale principio il legislatore nazionale, all'art. 87
cit.,  disegna il procedimento di rilascio come un procedimento unico
e speciale rispetto a quelli in materia di installazione di manufatti
edili, come gia' chiarito nel motivo precedente.
    Inoltre    il   procedimento   verrebbe   aggravato   anche   per
l'introduzione  del doppio parere obbligatorio e vincolante richiesto
sia all'ARPA sia alla ASS.
    5)  Violazione  dell'art.  5  della  legge regionale n. 28/2004 e
dell'art. 87   del   d.lgs.   n. 259/2003.   Eccesso  di  potere  per
contraddittorieta', carenza di presupposti e travisamento dei fatti.
    L'art. 9,  comma 2  del  regolamento  sarebbe illegittimo perche'
condiziona  la  realizzabilita'  dell'impianto  alla  verifica  di un
presupposto   (la   compatibilita'  dell'impianto  con  il  Piano  di
localizzazione) non richiesto dall'art. 87 cit. e nemmeno dalla legge
regionale   n. 28/2004   il   cui   art. 5   si  limita  a  prevedere
l'acquisizione  dei  pareri  vincolanti  e  la  verifica di eventuali
incompatibilita'.
    Inoltre  si  introduce  il giudizio di compatibilita' riferito ai
singoli  impianti  il  che  presuppone che il piano di localizzazione
individui  specificamente  i  singoli impianti che i gestori potranno
realizzare  mentre  il  piano, a termini dell'art. 3 del Regolamento,
dovrebbe  essere  rivolto  solo  alla  individuazione delle aree dove
localizzare gli impianti.
    6)  Sviamento  di  potere.  Incompetenza.  Violazione della legge
n. 36/2001 e del d.lgs. n. 259/2003. Violazione del d.P.C.m. 8 luglio
2003. Violazione del principio di ragionevolezza.
    Le  disposizioni  regolamentari  oggetto di censura sarebbero poi
contraddittorie  e  viziate  per  sviamento  di potere in quanto, pur
disciplinando apparentemente aspetti di natura urbanistica, sarebbero
immediatamente  intese  a  produrre effetti anche nella materia della
tutela  della  salute. Infatti, sebbene le disposizioni regolamentari
facciano  fugace  riferimento  nell'art. 2 agli obblighi di copertura
del  territorio  nazionale, di fatto prevederebbero strumenti tali da
limitarne,  quando  non  impedirne  del  tutto,  la realizzazione. In
particolare  il  regolamento,  in  attuazione dell'art. 8 della legge
regionale  n. 28/2004, individua divieti di installazione definendone
a priori l'incompatibilita'.
    La previsione di incompatibilita' assoluta degli edifici indicati
dall'art. 8   della   legge   e  dall'art. 3  del  regolamento  e  la
suddivisione   del  territorio  comunale  in  aree  a  localizzazione
incompatibile,  aree  preferenziali e aree neutre, configurerebbe uno
sviamento   di  potere  perche'  il  legislatore  regionale,  facendo
improprio  ricorso  alla  potesta'  urbanistica  che  lo  statuto gli
riconosce,  avrebbe  in  realta'  inteso intervenire a fini di tutela
della   salute   che  e'  gia'  disciplinata,  quanto  ai  limiti  di
esposizione ai campi magnetici, nel d.P.C.m. 8 luglio 2003.
        7)  Violazione  e  falsa  applicazione  dell'art. 4, comma 2,
lettera c) della legge regionale n. 28/2004.
    L'  art. 9 del Regolamento sarebbe illegittimo nella parte in cui
omette  l'esplicito riferimento alla localizzazione di nuovi impianti
tramite accordi coi gestori.
        8)  Violazione sotto diverso profilo dell'art. 41 della legge
n. 166/2002 e dell'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003 in quanto principio
fondamentale. Eccesso di potere per perplessita' e contraddittorieta'
manifesta.
    La  normativa  regolamentare e quella legislativa di cui la prima
e'   attuazione   non   enuncerebbero  con  chiarezza  la  disciplina
procedimentale  da  seguire  e,  in  particolare,  se il procedimento
previsto   dalla  normativa  regionale  sia  un  procedimento  unico,
speciale  ed  esaustivo  per  il  rilascio  del titolo autorizzatorio
oppure  se  esso debba essere completato con l'ulteriore rilascio del
titolo   edilizio   concessorio   ai   sensi  della  legge  regionale
n. 52/1991.
        9)  Eccezione  di  incostituzionalita'  per  violazione dello
statuto  speciale  in  relazione alla estensione operata dall'art. 10
della legge cost. n. 3/2001 e dell'art. 117, comma 3.
    Si  ribadisce  che,  come  gia' precisato, la legge regionale non
terrebbe  presente  i  principi  fondamentali  contenuti nel codice e
nella   legge   quadro   n. 36/2001   e   non  ne  attuerebbe  alcuna
specificazione,   come   invece  dovrebbe  avvenire  nell'ipotesi  di
competenza legislativa concorrente.
    Inoltre  la legge regionale violerebbe il principio fissato dalla
Corte  costituzionale nella sentenza n. 307/2003 con riferimento alla
tutela  della competenza regionale in tema di disciplina dell'uso del
territorio   perche'   introdurrebbe   disposizioni   ostative   alla
realizzazione degli impianti.
        10)  Eccezione  di  incostituzionalita'  per violazione delle
norme  a  tutela  della concorrenza. Violazione degli artt. 41 e 117,
comma 2, della Costituzione.
    La  normativa  regionale  avrebbe  previsto  un  aggravamento del
procedimento   che,   oltre   a  violare  il  riparto  di  competenza
Stato-regioni  ex  art. 117, comma 3, sarebbe in contrasto con quanto
previsto  in  materia  di  tutela  della  concorrenza  che,  in  base
all'art. 117, comma 2, e' competenza esclusiva dello Stato.
    Verrebbe  violato  anche  quanto  disposto  dall'art. 41 Cost. in
materia di liberta' di iniziativa economica.
    Si e' costituita in giudizio l'amministrazione regionale intimata
controdeducendo per il rigetto del ricorso. Il Ministero si e' invece
costituito  depositando  memoria  ad  adiuvandum di cui la regione ha
eccepito   l'inammissibilita'   nell'assunto   che,   trattandosi  di
cointeressato,  avrebbe  dovuto  notificare  atto  di  intervento nei
termini per la proposizione del ricorso.

                            D i r i t t o

    1)  Osserva  in primis il Collegio che il ricorso e' ammissibile,
dal   momento   che  le  impugnate  disposizioni  regolamentari  sono
immediatamente  lesive degli interessi della ricorrente, perche' tale
lesione  deriva  direttamente dalla procedura che viene approntata, a
partire  dalla stessa previsione di una pianificazione aprioristica e
vincolante,    con    la   conseguente   anticipazione   al   momento
pianificatorio   delle   scelte   relative   alle   installazioni   e
modificazioni degli impianti.
    Gli articoli del regolamento di attuazione oggetto della presente
impugnativa  concernono infatti (artt. 2 e 3) la previsione del piano
comunale  di  settore  per la localizzazione degli impianti ex art. 4
della  legge  regionale n. 28/2004, la previsione degli accordi con i
gestori   da   recepirsi   nel   piano  (art. 9),  la  procedura  per
l'ottenimento della concessione o autorizzazione edilizia (art. 11) e
le  procedure  per  l'accertamento  della conformita' del progetto di
impianto  radio  mobile  ai limiti di campo elettromagnetico indicati
dal d.P.C.m. 8 luglio 2003.
    2)Il  ricorso  mira sostanzialmente a denunciare l'illegittimita'
delle     succitate    norme    regolamentari    siccome    derivante
dall'incostituzionalita' delle norme della legge regionale n. 28/2004
a  cui  esse sostanzialmente si attengono. In via meramente residuale
vengono  dedotte  anche  alcune  censure  di  violazione  della legge
regionale   sopracitata   che   pero'  si  riferiscono  unicamente  a
disposizioni regolamentari marginali, tanto che la loro decisione non
e'  in grado di influire sul generale esito del gravame a prescindere
dall'esame delle eccezioni di incostituzionalita'.
    3)  In  ogni  caso il Collegio ritiene opportuno iniziare l'esame
del  ricorso  proprio  dai  motivi  attinenti alle dedotte violazioni
della normativa ex legge regionale n. 28/2004.
    Con  la  censura  dedotta  sub  5)  parte  ricorrente  deduce  la
violazione   dell'art.   5   della   legge   regionale  n. 28/2004  e
dell'art. 87  del d.lgs. n. 259/2003 nell'assunto che il regolamento,
all'art. 9,   secondo   comma,   subordinerebbe   il  rilascio  della
concessione   o   autorizzazione   edilizia   alla   verifica  di  un
presupposto,  cioe'  il  giudizio  di  compatibilita' del realizzando
impianto  con  il  contenuto  del  piano di localizzazione, ulteriore
rispetto   a   quanto   richiesto  dalla  legge  regionale  citata  e
dall'art. 87  del  codice  delle  comunicazioni  elettroniche  per il
rilascio del titolo abilitativo.
    Questa  previsione sarebbe altresi' viziata per eccesso di potere
per   manifesta   contraddittorieta',   carenza   dei  presupposti  e
travisamento   dei   fatti   in   quanto  introduce  il  giudizio  di
compatibilita'  riferito  ai singoli impianti e quindi presuppone che
il  piano  individui  espressamente  i singoli impianti che i gestori
potranno   realizzare   mentre   il   piano  stesso,  ex  art. 3  del
regolamento,  dovrebbe  intendersi  rivolto alla individuazione delle
aree dove localizzare gli impianti e non alla individuazione a priori
delle stazioni radiobase.
    Con  il  sesto  motivo  vengono  prese  di  mira  le disposizioni
regolamentari  che  prevedono  la  possibilita'  di  individuare zone
precluse   all'installazione  degli  impianti,  con  indicazioni  che
mascherebbero  nell'ambito  delle  previsioni di natura urbanistica i
loro  reali intenti afferenti alla materia della tutela della salute,
di  competenza  statale  e  gia'  disciplinata  esaustivamente con la
previsione  dei  limiti  di  esposizione al campi elettromagnetici ex
d.P.C.m. 8 luglio 2003.
    Infine,  con  la  censura  n. 7,  si deduce la violazione e falsa
applicazione  dell'art. 4,  comma 2,  lett.  c) della legge regionale
n. 28/2004  nell'assunto  che,  mentre  detta  norma  prevede  che la
localizzazione  delle  infrastrutture  sia  definita  sulla  base  di
protocolli   d'intesa   con   i  gestori,  l'art. 9  del  regolamento
ometterebbe  la  previsione  dei protocolli di intesa con riferimento
alla localizzazione di nuovi impianti, con cio' limitandone la previa
necessita' all'ipotesi di razionalizzazione di quelli esistenti.
    4)  Osserva  il  Collegio,  peraltro,  che  nessuna delle censure
soprariepilogate  concretizza un'effettiva violazione della normativa
dettata  con  la  legge  regionale  n. 28/2004.  Infatti  e'  proprio
l'art. 4, comma 2, lett. c) della legge che include nel piano «... la
localizzazione  delle strutture per l'installazione di impianti fissi
per  telefonia  mobile  e ponti radio e le loro eventuale modifiche».
Sulla   rispondenza   di   tale  previsione  all'art. 87  del  d.lgs.
n. 259/2003  si vedra' ovviamente in prosieguo, in ogni caso e' ovvio
che,   se   nel   piano   devono   essere   previste   le  specifiche
localizzazioni,  solo  gli  impianti  previsti  potranno  essere  poi
realizzati,  sicche'  la  valutazione  di  compatibilita' appare, per
cosi' dire, in re ipsa.
    Anche  la  previsione delle localizzazioni incompatibili discende
dall'art. 8  della  legge  regionale.  Infine, per quanto concerne la
settima  censura  va  detto che l'asserzione di parte ricorrente, che
ritiene  che la previsione dell'art. 9 del Regolamento in ordine alla
promozione  di protocolli di intesa con i gestori al fine di produrre
accordi  da recepirsi nel piano al fine di «regolamentare lo sviluppo
e  la  gestione  ottimale  delle  reti»  non  varrebbe  ad  includere
nell'ambito  delle intese succitate anche la localizzazione dei nuovi
impianti,  non  ha  alcun  fondamento.  Al contrario, e' ovvio che il
riferimento  allo  sviluppo  delle  reti  attiene  proprio  ai  nuovi
impianti,  che  quindi  sono  indubbiamente  inclusi  nell'ambito dei
protocolli di intesa.
    5)  Verificato  quindi,  come  sopra visto, che il regolamento va
ritenuto  sostanzialmente  conforme  alla  legge  regionale di cui e'
attuativo,  il  Collegio  deve affrontare l'esame delle altre censure
con   cui   si   deduce  sotto  vari  rispetti  che  le  disposizioni
regolamentari  censurate  costituirebbero per l'appunto attuazione di
previsioni  legislative  regionali  da  ritenersi  costituzionalmente
illegittime.
    6)  E'  innegabile  la  rilevanza  in  causa  delle  eccezioni di
illegittimita' costituzionale dal momento che solo la loro fondatezza
potrebbe mediatamente portare all'accoglimento del ricorso.
    7)  Rimane  pertanto da effettuare la valutazione di spettanza di
questo giudice in ordine alla possibile non manifesta infondatezza di
tali eccezioni.
    Il  Collegio  osserva anzitutto che la principale censura attiene
sostanzialmente  alla violazione delle disposizioni costituzionali in
tema   di   disciplina   del  riparto  delle  competenze  legislative
Stato-regioni  e,  conseguentemente,  dei  principi  fondamentali  in
ordine  all'ordinamento  delle  comunicazioni  elettroniche,  operata
mediante  l'accorpamento di tutta la normativa relativa alle stazioni
radio   mobili   all'interno   della  disciplina  urbanistica,  cosi'
discostandosi  dai  principi generali fissati dal legislatore statale
riguardo alla disciplina delle telecomunicazioni.
    L'art. 117,  terzo  comma  della  Costituzione  attribuisce  alla
competenza   legislativa   «concorrente»  delle  regioni  la  materia
dell'«ordinamento  della  comunicazione»  e,  di conseguenza, riserva
alla  normativa  statale  la  previsione  dei  principi  generali che
debbono   essere   puntualmente  rispettati  in  sede  di  formazione
regionale,  sicche'  la  competenza  legislativa  regionale  puo'  al
riguardo   esplicarsi   unicamente  nel  puntuale  rispetto  di  tali
principi.  Tale  competenza  legislativa  si applica, al momento, nei
termini  sopracitati  anche  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia in
virtu'  della  previsione  dell'art. 10  della  l.  cost.  n. 3/2001,
trattandosi  di  ampliamento  della  sfera di autonomia regionale con
l'attribuzione  di  una materia per la quale lo statuto regionale non
attribuiva alla Regione alcun tipo di competenza legislativa.
    In  materia  di urbanistica la Regione Friuli-Venezia Giulia gode
invece    del    ben    maggior    raggio   d'azione   riconosciutole
dall'attribuzione statutaria di una competenza legislativa primaria.
    L'esame  della  legge  regionale 6 dicembre 2004, n. 28 dimostra,
quanto  meno  inizialmente,  l'apparente  consapevolezza da parte del
legislatore  regionale  del  fatto  che la legge in questione sarebbe
andata  ad  impingere non soltanto nella materia urbanistica, perche'
non  viene fatto riferimento unicamente all'art. 4, primo comma n. 12
dello  Statuto speciale adottato con l. Cost n. 1/1963 ma viene anche
proclamata  l'armonia  con  i  principi di cui alla legge 22 febbraio
2001,  n. 36 ed al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Non vi
sarebbe  stata  infatti  alcuna  necessita'  di armonizzarsi con tali
principi  se  non  fosse  stato  ad  essi  riconosciuto  carattere di
principi  fondamentali  in  materia in cui l'apposizione degli stessi
spettava allo Stato.
    Di  fatto  appare  peraltro  innegabile  che il sistema normativo
scaturente  dalla  legislazione  statale  sopracitata  e quello della
legge  regionale n. 28/2001 presentano differenze abbastanza marcate,
restando da vedere se dette differenze possono ritenersi afferenti ai
principi fondamentali fissati dalla legislazione statale, per lo meno
per   quanto   attiene   alla  prima  valutazione  di  non  manifesta
infondatezza di spettanza di questo giudice.
    8)  Ritiene  il  Collegio che il quadro dei principi fondamentali
fissati   dalla   legislazione   in   materia  di  ordinamento  delle
comunicazioni  sia  stato  delineato  con  una  certa chiarezza dalle
precedenti pronuncie della Corte costituzionale (C. cost. n. 307/2003
e   C.  cost.  n. 336/2005),  con  l'ulteriore  precisazione  che  la
normativa  adottata  con  il  codice delle comunicazioni elettroniche
recepisce   le  direttive  comunitarie  in  materia,  nell'ottica  di
arrivare al superamento delle posizioni di monopolio del settore e di
garantire,  nell'intero  territorio  della  comunita'  e  - quindi, a
maggior  ragione  - nell'ambito dei singoli paesi che ne fanno parte,
un'effettiva  situazione  di  concorrenza mediante l'attuazione di un
processo  di  liberalizzazione del settore con l'armonizzazione delle
procedure  amministrative  ed  evitando  ritardi  nella realizzazione
delle infrastrutture di comunicazione elettronica.
    9)  Si  puo'  quindi agevolmente riconoscere come primo di questi
principi  fondamentali  che  emergono  dalla  normativa statale e che
rispondono   agli   obblighi   comunitariamente   assunti,  anzitutto
l'interesse  alla  realizzazione  delle reti di telecomunicazione. Al
riguardo la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 336/2005,
ha   affermato   che  «In  particolare,  i  principi  di  derivazione
comunitaria sono stati espressamente recepiti dall'art. 4 del decreto
impugnato,  il  quale  prevede  che  la  disciplina delle reti (e dei
servizi)  e'  volta  a  salvaguardare  i  diritti  costituzionalmente
garantiti  di  "liberta'  di  comunicazione", nonche' di "liberta' di
iniziativa  economica  e  suo  esercizio  in  regime  di concorrenza,
garantendo   un   accesso   al   mercato  delle  reti  e  servizi  di
comunicazione    elettronica   secondo   criteri   di   obiettivita',
trasparenza,  non  discriminazione  e proporzionalita'" (comma 1). Il
terzo comma dello stesso art. 4 dispone, inoltre, tra l'altro, che la
suddetta  disciplina  e' volta anche a "promuovere la semplificazione
dei  procedimenti  amministrativi  e  la  partecipazione  ad essi dei
soggetti  interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive,
non  discriminatorie  e  trasparenti  nei confronti delle imprese che
forniscono  reti  e  servizi di comunicazione elettronica", nonche' a
"promuovere  lo  sviluppo  in  regime di concorrenza delle reti e dei
servizi  di  comunicazione  elettronica,  ivi compresi quelli a larga
banda  e  la  loro diffusione sul territorio nazionale, dando impulso
alla coesione sociale ed economica anche a livello locale"».
    Ulteriormente  argomentando  sempre la Corte costituzionale nella
sentenza  citata  ha  chiarito  espressamente  che  «...  la puntuale
attuazione  delle prescrizioni urbanistiche, secondo cui le procedure
di  rilascio  del  titolo  abilitativo  per  la  installazione  degli
impianti  devono  essere  improntate  al  rispetto  dei  canoni della
tempestivita'  e  della  non  discriminazione,  richiede di regola un
intervento  del  legislatore statale che garantisca l'esistenza di un
unitario     procedimento     sull'intero    territorio    nazionale,
caratterizzato,  inoltre, da regole che ne consentano una conclusione
in  tempi  brevi»  e,  in forza di cio', ha ravvisato nelle norme del
capo V  del  titolo  II  del Codice delle telecomunicazioni - fra cui
rientra  quindi  anche  l'art. 87  e  la normativa procedimentale ivi
delineata  -  natura di norme di principio legittimamente poste dallo
Stato alla legislazione concorrente delle Regioni.
    E'  ben  vero  che la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto
che  nel settore in questione si intersecano diverse materie rispetto
alle  quali  i  titoli  di competenza legislativa dello Stato e delle
Regioni  non  hanno  tutti  la  stessa  natura. Peraltro, anche se la
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia ha competenza esclusiva nel
campo  dell'urbanistica  e quindi, a differenza di quanto avviene per
le  regioni a statuto ordinario in relazione alla materia di «governo
del   territorio»,   non   e'  vincolata  al  rispetto  dei  principi
fondamentali  al  riguardo  posti  dalla  normativa  statale,  non va
dimenticato che anche siffatta competenza primaria incontra il limite
non  solo  delle  grandi  riforme economiche e sociali ma anche degli
obblighi  internazionali,  nel  quale genus indubbiamente vanno fatti
rientrare anche i vincoli comunitari.
    In  ogni caso il Collegio osserva che non e' possibile ricondurre
tutta  la  disciplina inerente all'installazione degli impianti per i
servizi  di  comunicazione  elettronica  unicamente  nell'alveo della
materia  urbanistica  sicche'  - trattandosi di una materia per cosi'
dire  «mista»  -  anche  le  previsioni piu' prettamente urbanistiche
devono,  a parere  del Collegio, mostrare di tener conto dei principi
fondamentali  che  riguardano  l'ordinamento delle comunicazioni; del
resto,  come  gia' accennato, la Regione stessa ha mostrato di essere
apparentemente  consapevole della natura della competenza legislativa
esercitata,  avendo  espressamente  affermato  di aver armonizzato la
propria  legislazione  con  i  principi di cui alla legge 22 febbraio
2001,  n. 36  ed al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 ( art.
1, legge regionale n. 28/2004).
    10)  Passando  adesso  all'esame dei singoli articoli della legge
regionale sui quali si appuntano le censure di incostituzionalita' si
evidenziano   anzitutto   gli  artt. 3  e  4  della  legge  regionale
n. 28/2004  -  laddove  viene  previsto il piano comunale di settore,
l'art.  5  -  per  la previsione della necessita' della concessione o
autorizzazione  edilizia  comunale per l'installazione dell'impianto,
per  la  mancata  previsione  della  conferenza  di  servizi,  per la
previsione  dei  pareri  vincolanti  dell'Agenzia  regionale  per  la
protezione dell'ambiente (ARPA) e dell'Azienda per i servizi sanitari
territorialmente  competente  e  per  la  mancata espressa previsione
dell'unicita' di procedimento e di titolo autorizzatorio e l'art. 8 -
per la previsione delle localizzazioni incompatibili.
    11)  In  effetti  l'art. 3  cit.  prevede  l'adozione  dei  piani
comunali  di  settore  per  la  localizzazione  degli  impianti  - da
adottarsi   previa   definizione  delle  linee  guida  da  parte  del
regolamento  oggetto  diretto  della  presente  impugnativa  -  ed il
successivo art. 4 definisce chiaramente il ruolo di tali piani che, a
prescindere  dalle  dichiarazioni  di intenti di cui ai punti a) e b)
del  secondo  comma, costituiscono lo strumento che, come chiarito al
punto  c)  del  secondo  comma,  identifica  la «localizzazione delle
strutture  per l'installazione di impianti fissi per telefonia mobile
e ponti radio e le loro eventuali modifiche».
    Questo  vuol  dire  che, in luogo della regolamentazione comunale
cui l'art. 8, comma 6, della legge regionale 22 febbraio 2001, n. 36,
riconosceva  il  possibile  ruolo  di  smaltimento «per assicurare il
corretto  insediamento  urbanistico  e  territoriale degli impianti e
minimizzare     l'esposizione     della    popolazione    ai    campi
elettromagnetici»,  ovviamente  mediante  la  fissazione  di  criteri
generali  per  guidare le scelte di installazione, la legge regionale
ha  previsto  il  ricorso  ad  una  pianificazione di tipo nettamente
urbanistico  esecutivo, con il conseguente vincolo della possibilita'
di  installazione  al  rispetto  delle  scelte  localizzative fatte a
priori,   indipendentemente   da   qualsiasi  accertamento  circa  la
proprieta'  e  la  disponibilita' dei siti e senza la possibilita' di
tener  conto di modifiche attinenti le necessita' tecnologiche, salvo
il  ricorso  ad  una  procedura  di modifica del piano o l'attesa del
previsto   aggiornamento   annuale,  con  buona  pace  del  principio
comunitario di tempestivita'.
    Ritiene  il Collegio che dalla procedura sopradelineata si evinca
quindi  un atteggiamento di sostanziale preclusione all'installazione
delle  infrastrutture  per  la telefonia mobile che sono ammesse solo
nelle  localizzazioni  a tale scopo espressamente previste dal piano,
che  si spinge fino a contemplare i singoli impianti poiche', dicendo
che  il  piano  «definisce  ...la  localizzazione delle strutture per
l'installazione   di  impianti  fissi  per  telefonia  mobile...»  si
intende,  evidentemente, fare riferimento alla ubicazione dei singoli
impianti;  l'intendimento  del  legislatore  regionale viene ribadito
anche  dalla  previsione  regolamentare  che  richiede possano essere
realizzati  solo  gli  impianti riconosciuti compatibili dal piano il
che,  come sopra si e' visto sub 4), risponde proprio alla scelta del
legislatore  regionale di includere nel piano le localizzazioni delle
strutture. Sembra invece al Collegio che il principio fondamentale al
riguardo  fissato  in  materia di ordinamento delle comunicazioni dal
legislatore statale e da quello comunitario sia di segno opposto, nel
senso  di ritenere che tutto il territorio nazionale - e quindi anche
regionale  -  debba  essere coperto dalla rete di telefonia mobile e,
conseguentemente,   che   anche   dal   punto  di  vista  urbanistico
territoriale,   la   regola   debba   essere  quella  della  generale
ammissibilita'  salvo  l'eccezione alla base dell'esclusione. In tale
ottica   si   spiega   e   si   giustifica   la   previsione  di  una
regolamentazione  a  livello  comunale  che  permetta di enucleare le
situazioni   di   esclusione   ma   non   l'opposta   scelta  di  una
pianificazione  puntuale  che  quindi  delinei sul territorio le sole
localizzazioni previste.
    La   scelta   regionale   pare  in  contrasto  con  il  principio
fondamentale,    fissato    in    relazione   all'ordinamento   delle
comunicazioni  elettroniche  dalla  normativa statale attuativa delle
direttive  comunitarie,  di  massimo interesse al completamento delle
reti  di  cui  trattasi,  con conseguente necessita' che la procedura
relativa   alla   realizzazione  delle  relative  infrastrutture  sia
improntata   a  criteri  di  efficienza  e  tempestivita',  che  sono
espressioni anche del principio costituzionale di diritto di liberta'
di  iniziativa  economica  e della tutela della concorrenza, rispetto
alla  quale  vi  e' la riserva di competenza legislativa statale. Per
quanto   attinente  alla  materia  urbanistica  tali  discrepanze  si
configurano anche come violazioni degli obblighi internazionali dello
Stato  al  cui  rispetto  lo Statuto subordina la suddetta competenza
legislativa.
    Per tutte le considerazioni che precedono il Collegio ritiene non
manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale
degli  artt. 3,  lett.  a)  e  4 della legge ragionale n. 28/2004 per
contrasto  con  il  comma  secondo  lett.  e) ed il terzo comma dell'
art. 117 e con l'art. 41 Cost. e l'art. 4, primo comma, dello statuto
speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con l.
cost. 31 gennaio 1963, n. l.
    12)   La  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5  della  legge
regionale n. 28/2004 viene contestata con riguardo a varie previsioni
che  attengono  alla  necessita'  della  concessione o autorizzazione
edilizia  comunale  per  l'installazione  dell'impianto, alla mancata
previsione  della conferenza di servizi, alla introduzione dei pareri
vincolanti  dell'Agenzia  regionale  per  la protezione dell'ambiente
(ARPA)   e  dell'Azienda  per  i  servizi  sanitari  territorialmente
competente  ed  alla  mancata  espressa  previsione  dell'unicita' di
procedimento e di titolo autorizzatorio.
    Osserva   anzitutto  il  Collegio  che  dall'art. 87  del  d.lgs.
n. 259/2003   sembra   effettivamente  ricavarsi  l'esistenza  di  un
principio   fondamentale  che,  nell'ottica  della  tempestivita'  ed
efficienza  procedimentale  sopra  ricordata, impone il ricorso ad un
unico  procedimento autorizzativo prodromico alla realizzazione degli
impianti  radioelettrici  di  cui  si  discute,  il  che peraltro non
esclude  di  per  se'  che  tale  procedimento - di sicura competenza
comunale  -  venga  ascritto  nell'alveo  dei  procedimenti edilizi e
quindi si concluda con il rilascio di un titolo abilitativo edilizio,
purche' questo sia effettivamente l'atto conclusivo del procedimento.
Peraltro   la  paventata  duplicazione  procedimentale  contraria  ai
principi  sopracitati  non  scaturisce  dall'art. 5 e da nessun altro
articolo della legge regionale per quanto attiene all'ottenimento del
titolo  autorizzativo  alla  realizzazione  dell'intervento; di fatto
sembra  comunque  al  Collegio che una duplicazione procedimentale vi
sia,  ma  non  derivi dall'imposizione della necessita' di munirsi di
titolo  abilitativo  edilizio quanto dalla gia' esplorata imposizione
che  tale  titolo  e quindi il presupposto iter procedimentale faccia
seguito  ad una pianificazione di tipo sostanzialmente esecutivo come
quella  precedentemente  descritta  sub  11; essa peraltro non deriva
dall'articolo  in esame ma dall'art. 4, rispetto al quale il Collegio
ha gia' formalizzato i propri dubbi di costituzionalita'.
    In  questo  modo peraltro e' innegabile che l'iter procedimentale
complessivamente  necessario per l'installazione delle stazioni radio
mobile  risulta  considerevolmente aggravato rispetto alla previsione
di  principio  di  un  procedimento snello e funzionale emergente dai
principi  ex legge statale in attuazione delle direttive comunitarie.
Si  e'  infatti  creato  un  doppio filtro: dapprima uno di carattere
pianificatorio  che,  come  si  e'  gia'  visto, la legge statale non
prevede  e  poi un ulteriore filtro di tipo concessorio. Quest'ultimo
iter   procedimentale   risulta   poi  a  sua  volta  particolarmente
aggravato,  da  un  lato,  perche'  e'  stata  introdotta la espressa
richiesta  dell'acquisizione dei pareri vincolanti sia dell' ARPA che
dell'Azienda  per  i  servizi  sanitari,  mentre l'art. 87 del d.lgs.
n. 259/2003  si  limitava  a  richiedere  un  unico  accertamento  di
compatibilita' tecnica - previsto dall'art. 87 del d.lgs. n. 259/2003
con   il  parere  dell'ARPA  -  e,  dall'altro,  perche'  la  mancata
previsione  della  possibilita'  di  far  ricorso  all'istituto della
conferenza  dei servizi priva la procedura di un'importante strumento
finalizzato  a  ricondurre  i  possibili  momenti  di  dissenso ad un
particolare  tipo  di  contraddittorio,  utile sia nell'ottica di una
decisione  che  contemperi  tutti  gli  interessi  in  gioco e sia la
sintesi  di tutte istanze partecipative coinvolte, sia nell'ottica di
arrivare  a questo importante risultato di composizione di interessi,
a   volte   contrapposti,  nel  minor  tempo  possibile  e  senza  la
possibilita'  di  impasse  procedimentali.  Anche tale istituto, come
chiarito nella sentenza della Corte costituzionale n. 336/2005, e' da
ritenersi espressione di un principio fondamentale di semplificazione
e  di  celerita'  che  e'  di diretta derivazione comunitaria e, come
tale,   sembra   al   Collegio  rientrare  nell'ambito  dei  principi
fondamentali  che  la  competenza  legislativa  concorrente espletata
dalla  Regione nell'ambito della competenza attinente all'ordinamento
delle  comunicazioni  doveva  rispettare;  esso  costituisce comunque
principio   cardine   cui  dovrebbe  ritenersi  improntata  anche  la
legislazione  urbanistica  in  virtu'  del  rispetto  degli  obblighi
internazionali, anche per le indubbie ricadute in termini di ostacolo
al principio di liberta' di iniziativa economica ed alla tutela della
concorrenza.  A  tutto quanto sopra, con indubbie ricadute in termini
di  durata  e snellezza del procedimento, si aggiunge anche l'aumento
dell'onerosita'  dello stesso, derivante dall'imposizione al gestore,
ex  art. 5, comma 4, di farsi carico anche degli oneri finanziari dei
due pareri che gli si impone di ottenere.
    Per quanto sopra il Collegio ritiene non manifestamente infondata
l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi 2, 3,
4,   5,   6   e  7  della  legge  regionale  n. 28/2004  nei  termini
sopraprecisati per violazione dei commi 2, lett. e) e 3 dell'art. 117
Cost.,  dell'art. 41  Cost. e dell'art. 4, primo comma, dello statuto
speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia adottato con l.
Cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
    13)  Per  quanto  infine  riguarda l'eccepita incostituzionalita'
dell'art. 8   della  legge  regionale  28  per  quanto  attiene  alla
suddivisione   del  territorio  comunale  in  aree  a  localizzazione
incompatibile  e  per  la previsione di inedificabilita' assoluta per
gli  edifici  ed  aree  cosiddette  sensibili  indicati al comma l il
Collegio  osserva  che  gia'  con  la precedente sentenza della Corte
costituzionale n. 307/2003 il problema era stato affrontato e risolto
nel  senso  dell'affermata  competenza  regionale a normare l'uso del
territorio,  indicando  criteri  di localizzazione anche in negativo,
senza che cio' contrasti con l'obbligo del rispetto dei valori soglia
fissati dallo Stato.
    Il    Collegio    ritiene    pertanto    che    l'eccezione    di
incostituzionalita'   dell'art. 8   nei  termini  sopraprecisati  sia
manifestamente infondata.
    Pertanto,  a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
il  Tribunale  amministrativo  regionale  dispone  la sospensione del
presente  giudizio  e  la  remissione della questione all'esame della
Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    A  norma  dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva
questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, lett. a),
dell'art. 4  e  dell'art.  5,  commi  2,  3,  4, 5, 6 e 7 della legge
regionale n. 28/2004 per violazione del secondo comma, lett. e) e del
terzo  comma  dell'art. 117  Cost., dell'art. 41 Cost. e dell'art. 4,
primo   comma,   dello   statuto   speciale  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia adottato con legge Cost. 31 gennaio 1963, n. 1.
    Sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone  che  a  cura della
segreteria   gli   atti  dello  stesso  siano  trasmessi  alla  Corte
costituzionale  per  la risoluzione della prospettata questione e che
la  presente  ordinanza  sia  notificata  alle parti ed al presidente
della  Regione  Atonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ed al presidente del
Consiglio regionale.
    Cosi'  deciso  in  Trieste, in Camera di consiglio, il 2 novembre
2005.
                        Il Presidente: Borea
L'estensore: Settesoldi
06C0082