N. 60 SENTENZA 6 - 16 febbraio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Ordinamento   giudiziario   -   Magistrati   -   Giudice  di  pace  -
  Incompatibilita'    all'esercizio   delle   funzioni   -   Coniuge,
  convivente,  parenti  fino al secondo grado o affini entro il primo
  grado svolgenti abitualmente attivita' professionale per imprese di
  assicurazione - Incompatibilita' con riguardo all'intero territorio
  nazionale, anziche' limitata al circondario del tribunale nel quale
  e'  esercitata l'attivita' professionale - Lesione del principio di
  eguaglianza  in  relazione  alla  disciplina  dell'incompatibilita'
  territoriale  rispetto  a  congiunti impegnati nella professione di
  avvocato   -   Illegittimita'   costituzionale   in   parte  qua  -
  Assorbimento delle altre censure.
- Legge  21 novembre  1991,  n. 374, art. 8, comma 1, lettera c-bis),
  nel  testo  introdotto  dall'art. 6  della  legge 24 novembre 1999,
  n. 468.
- Costituzione, art. 3 (artt. 102 e 107, primo e terzo comma).
(GU n.8 del 22-2-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 8, comma 1,
lettera c-bis), della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del
giudice  di  pace),  nel  testo  introdotto  dall'art. 6  della legge
24 novembre  1999,  n. 468  (Modifiche  alla  legge 21 novembre 1991,
n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in
materia   di  competenza  penale  del  giudice  di  pace  e  modifica
dell'articolo 593  del  codice  di  procedura  penale),  promosso con
ordinanza  del  4 ottobre 2004 dal Tribunale amministrativo regionale
del Lazio, sul ricorso proposto da Giovanna Moggi contro il Ministero
della  Giustizia  ed altri, iscritta al n. 130 del registro ordinanze
2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, 1ª
serie speciale, dell'anno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'11 gennaio 2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con
ordinanza  depositata  il  4 ottobre  2004, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 102 e 107,
primo  e  terzo  comma,  della  Costituzione,  dell'art. 8,  comma 1,
lettera c-bis), della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del
giudice  di  pace),  nel  testo  introdotto  dall'art. 6  della legge
24 novembre  1999,  n. 468  (Modifiche  alla  legge 21 novembre 1991,
n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in
materia   di  competenza  penale  del  giudice  di  pace  e  modifica
dell'articolo 593 del codice di procedura penale).
    Il  Tribunale e' investito del ricorso proposto contro un decreto
del   Ministro  della  giustizia  (e  contro  gli  atti  allo  stesso
collegati)  con  il  quale,  in  data 6 luglio 2002, la ricorrente e'
stata  dichiarata  decaduta dall'ufficio di giudice di pace, in forza
di  una incompatibilita' sopravvenuta per effetto della norma oggetto
del presente giudizio.
    Il  rimettente  premette  come  la  legge  n. 468  del 1999 abbia
introdotto  nel  corpo del comma 1 dell'art. 8 della legge n. 374 del
1991,  che  regola  i  casi di incompatibilita' con l'esercizio delle
funzioni  di giudice di pace, una nuova disposizione (lettera c-bis),
in  forza  della  quale  l'ufficio e' precluso a «coloro che svolgono
attivita'  professionale per imprese di assicurazione o banche oppure
hanno  il coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini
entro  il  primo  grado che svolgono abitualmente tale attivita». Con
l'art. 24 della stessa legge n. 468 del 1999 e' stata prevista, per i
giudici  di  pace  in  servizio alla data della sua entrata in vigore
(cioe'   al  21 dicembre  1999),  la  possibilita'  di  rimuovere  le
situazioni  di  sopravvenuta  incompatibilita'  entro  un  termine di
sessanta giorni.
    In  fatto,  la  ricorrente  aveva  spontaneamente  comunicato  al
Consiglio superiore della magistratura, con nota del 10 gennaio 2000,
che  due  suoi  figli  svolgevano  professionalmente  l'attivita'  di
«agente»  per  conto di una compagnia assicuratrice, impegnandosi «ad
astenersi da tutte le cause» che coinvolgessero detta compagnia.
    Nel   procedimento   conseguentemente  apertosi  per  l'eventuale
declaratoria di decadenza, a norma dell'art. 9 della legge n. 374 del
1991,  la  ricorrente  aveva  sostenuto  che la nuova disposizione di
legge  non dovesse intendersi riferita agli «agenti», data l'assoluta
indifferenza  di  costoro rispetto alle controversie tra assicurati e
compagnia   di  riferimento,  e  data  la  possibilita'  del  ricorso
all'astensione per il caso di liti concernenti la mancata riscossione
dei  premi.  Cionondimeno,  il Consiglio giudiziario territorialmente
competente  aveva proposto l'adozione del provvedimento di decadenza,
ed in conformita' si era deliberato, in data 14 giugno 2001, da parte
del  Consiglio superiore della magistratura: atti, questi, prodromici
al decreto ministeriale sopra citato.
    La difesa della ricorrente, nel giudizio a quo, ha eccepito sotto
molteplici   profili   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8,
comma 1,  lettera  c-bis),  della legge n. 374 del 1991. Il Tribunale
rimettente,  dopo  avere affermato in via preliminare che detta norma
deve  intendersi  certamente riferita anche agli agenti assicurativi,
ha  ritenuto  non manifestamente infondati i dubbi di legittimita' di
seguito esposti.
    1.1.  - I commi 1-bis e 1-ter dell'art. 8 citato, pure introdotti
dall'art. 6  della  legge  n. 468  del  1999, hanno limitato la nuova
incompatibilita'  prevista  per  gli avvocati al solo esercizio delle
funzioni  di  giudice  di  pace  nel  circondario  ove loro stessi, o
persone  a  loro vicine (associati, coniuge, convivente, parenti fino
al  secondo  grado  ed  affini  entro  il  primo  grado), svolgono la
professione forense.
    In  primo  luogo,  dunque, la legge di riforma ha consentito agli
avvocati    investiti    della    funzione    onoraria   di   evitare
l'incompatibilita'  sopravvenuta  mediante  un trasferimento di sede,
negando  invece  tale possibilita' ai giudici di pace che svolgessero
attivita'  professionale  per  imprese  di  assicurazione o banche, o
fossero legati a persone dedite abitualmente alla citata attivita'.
    Configurando tale differenza di trattamento, la disciplina de qua
contrasterebbe  con  l'art. 3  Cost.,  in  quanto avrebbe regolato in
termini  radicalmente divergenti situazioni assimilabili dal punto di
vista  delle esigenze di tutela dell'imparzialita'. Semmai - a parere
del  rimettente  - un trattamento piu' severo si sarebbe giustificato
per  gli esercenti la professione forense, istituzionalmente chiamati
a  prestazioni  retribuite  per  la  difesa  di  interessi  di parte,
eventualmente  ramificati sul territorio, mentre i professionisti del
ramo  bancario  o  assicurativo,  interessati alla giurisdizione solo
nella  qualita' di giudici, sarebbero statisticamente meno esposti al
rischio  di  entrare in conflitto di interessi nel concreto esercizio
della funzione.
    1.2.  -  Le  norme  introdotte nell'art. 8 della legge n. 374 del
1991  dall'art. 6  della  legge  n. 468 del 1999 consentono a chi sia
privo  d'una  qualifica  professionale  rilevante  di  esercitare  le
funzioni  di  giudice  di  pace  in  un circondario ove persone a lui
collegate  svolgano  la  professione  forense, con la sola necessita'
(prevista  dall'art. 10  della  citata legge n. 374) di astenersi nel
caso  di  concreto conflitto di interessi. Di contro, al soggetto non
professionista  che  si  trovi  in  relazione qualificata con persone
impegnate  nel  ramo  assicurativo  o  bancario,  l'assunzione  delle
funzioni  di  giudice  di  pace  e'  preclusa  ovunque  dette persone
svolgano la propria attivita'.
    Anche  sotto  questo  profilo  la  disciplina  contrasterebbe con
l'art. 3   Cost.,   dato   il  diseguale  trattamento  di  situazioni
assimilabili   dal   punto   di   vista   delle  esigenze  di  tutela
dell'imparzialita'.  I  giudici  collegati a professionisti nel campo
bancario   ed   assicurativo,   anzi,  sarebbero  credibilmente  piu'
indipendenti  dall'influsso  dei  congiunti  di  quanto  non  siano i
giudici collegati ad avvocati.
    1.3.  - L'art. 8, comma 1, lettera c-bis), della legge n. 374 del
1991,  delinea  per  i  giudici di pace una causa di incompatibilita'
che,  a  mente degli artt. 16 e 17 del regio decreto 30 gennaio 1941,
n. 12  (Ordinamento  giudiziario),  non  e' prevista per i magistrati
ordinari.  Tale  diversita'  di trattamento, a parere del rimettente,
sarebbe  priva  di  ragionevolezza,  essendo  gli  interessati  tutti
giudici  chiamati  a  svolgere  la  propria funzione in condizioni di
imparzialita', e non potendosi comprendere perche' solo una parte tra
essi  sarebbe  incapace  di  assicurare  una  decisione serena per il
rapporto intrattenuto con persone operanti nel settore assicurativo o
bancario. In particolare non potrebbe attribuirsi ai giudici di pace,
neppure  sulla  base  del diverso sistema di reclutamento rispetto ai
magistrati  ordinari,  una  maggior  «tendenza»  soggettiva  a subire
influenze,  ne' un rischio statisticamente piu' elevato di imbattersi
in  cause  pertinenti  ad  attivita' nel campo assicurativo. Anche in
questa  prospettiva,  dunque,  la  normativa impugnata si porrebbe in
contrasto con l'art. 3 Cost.
    1.4.  -  Da  ultimo,  sempre  secondo il rimettente, il regime di
incompatibilita' riguardante le persone esercenti una professione nel
ramo  assicurativo  o  bancario,  o  collegate  a  persone  dedite  a
professioni dello stesso genere, violerebbe il principio per il quale
«i giudici si differenziano solamente per le funzioni e non anche per
la  dignita'  della  carica  e  dunque  per  le prerogative di status
accordabili»  (principio  desumibile  dagli artt. 102, primo comma, e
107, primo e terzo comma, Cost.).
    1.5.  -  Tutte  le  questioni  indicate  sarebbero rilevanti, nel
giudizio  a  quo, perche' dalla dichiarazione di illegittimita' della
norma  che  configura la situazione di incompatibilita' discenderebbe
l'invalidazione   dei   provvedimenti   impugnati  dalla  ricorrente,
dichiarata  decaduta  dall'ufficio di giudice di pace in quanto madre
di due agenti assicurativi, uno dei quali operante nel territorio del
circondario  nel  cui  ambito  l'interessata  esercitava  la funzione
onoraria.
    2.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio.
    Secondo  la  difesa erariale la normativa impugnata distingue tra
situazioni   di   incompatibilita'   assoluta,  riferite  a  soggetti
(senatori,  deputati,  consiglieri  eletti,  esercenti  di  attivita'
bancarie  o  assicurative)  la  cui  attivita'  normalmente  comporta
contatti  con  un  numero  di  persone assai elevato, e situazioni di
incompatibilita'  relativa,  previste per soggetti la cui professione
implica  contatti  meno  numerosi, e per i quali comunque e' posto un
divieto   localmente   circoscritto   di   esercitare   le   funzioni
giudiziarie.   Le   divergenze   della  disciplina  sarebbero  dunque
riferibili   ad   un   corretto   esercizio   della  discrezionalita'
legislativa.  Quanto  alle  differenze  di trattamento tra giudici di
pace  e  magistrati  ordinari,  queste  sarebbero  giustificate dalle
peculiarita'  che  segnano lo status e la carriera dei soggetti posti
in comparazione.
    Riguardo    alla    pretesa   violazione   dell'art. 102   Cost.,
l'Avvocatura  dello  Stato rileva che l'incompatibilita' in questione
e'   posta  dalle  norme  dell'ordinamento  giudiziario,  cosi'  come
prescritto  dalla  disposizione  costituzionale.  Privo di pertinenza
sarebbe infine il riferimento al primo e al terzo comma dell'art. 107
Cost.,  le  cui  previsioni  in materia di inamovibilita', dispensa o
sospensione dal servizio, trasferimento, distinzione tra i magistrati
in  base  soltanto  alle funzioni esercitate, non avrebbero attinenza
alla materia della incompatibilita'.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  con
ordinanza  depositata  il  4 ottobre  2004, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 102 e 107,
primo  e  terzo  comma,  della  Costituzione,  dell'art. 8,  comma 1,
lettera c-bis), della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del
giudice  di  pace),  nel  testo  introdotto  dall'art. 6  della legge
24 novembre  1999,  n. 468  (Modifiche  alla  legge 21 novembre 1991,
n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in
materia   di  competenza  penale  del  giudice  di  pace  e  modifica
dell'articolo 593 del codice di procedura penale).
    2. - La questione e' fondata nei termini di seguito precisati.
    2.1.  -  L'art. 8, comma 1, lettera c-bis) della legge n. 374 del
1991  stabilisce una causa di incompatibilita' assoluta all'esercizio
delle  funzioni  di giudice di pace per coloro che svolgono attivita'
professionale  per imprese di assicurazione o banche; la stessa norma
configura  una  uguale causa di incompatibilita' per coloro che hanno
«il coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro
il   primo   grado   che   svolgono   abitualmente   tale  attivita».
L'incompatibilita'  sia  personale  che  parentale  riguarda l'intero
territorio  nazionale  e non puo' essere rimossa, di conseguenza, ne'
con  il trasferimento dello stesso soggetto ad altra sede, ne' con il
trasferimento di uno dei congiunti prima elencati.
    Come  e'  noto,  la  ratio  delle norme che stabiliscono cause di
incompatibilita'  all'esercizio di determinate funzioni, consiste, in
generale,  nella  necessita'  di  prevenire  possibili  conflitti  di
interesse, per garantire l'imparzialita' dei poteri pubblici e, nello
specifico  della  funzione giurisdizionale, nell'esigenza di tutelare
la  sostanza  e l'immagine dell'indipendenza dei giudici, a qualunque
categoria essi appartengano.
    All'interno   dei   principi   fondamentali  prima  ricordati  si
collocano  le  discipline  particolari  che,  secondo  le  scelte del
legislatore,  devono  applicarsi  ai  vari  tipi di giudici esistenti
nell'ordinamento.
    2.2.  -  Secondo  la giurisprudenza di questa Corte, la posizione
dei  magistrati  che  svolgono  professionalmente ed in via esclusiva
funzioni  giurisdizionali non e' raffrontabile a quella di coloro che
svolgono  funzioni  onorarie,  ai fini della valutazione del rispetto
del   principio   di  eguaglianza  invocato  dal  giudice  rimettente
(ordinanze  n. 479  del  2000  e n. 272 del 1999). Situazioni diverse
devono  essere  disciplinate  in  modo  diverso,  per  evitare che un
giudizio  di forzata parificazione possa produrre, a sua volta, nuove
e piu' gravi disparita' di trattamento giuridico.
    Per  tale ragione, non e' possibile procedere ad una comparazione
tra le cause di incompatibilita' dettate dalla legge sull'ordinamento
giudiziario  per  i  magistrati  ordinari  e  quelle  previste  dalla
normativa  speciale  per  i  giudici  di  pace. In particolare, e con
riferimento  alla  fattispecie  oggetto del presente giudizio, non e'
produttivo  rilevare  l'inesistenza,  per  i  magistrati ordinari, di
cause  di incompatibilita' parentale, riferite a specifiche attivita'
professionali    extragiudiziarie.    Cio'    per    la    potenziale
onnicomprensivita'  della  giurisdizione  ordinaria,  che  renderebbe
arbitraria qualunque indicazione specifica di attivita' professionali
o  economiche  di  parenti  o  affini  del  magistrato  come causa di
incompatibilita' per lo stesso.
    Lo status del magistrato ordinario comprende, peraltro, una serie
di  guarentigie  che  rende meno stringente l'esigenza di tutelare la
sua indipendenza con lo strumento delle incompatibilita'.
    Riguardo  al  profilo  indicato,  pertanto,  la  questione non e'
fondata.
    3.  -  Maggiore  consistenza assume invece la comparazione con le
cause  di  incompatibilita'  dettate  dalla  legge  per  categorie di
giudici onorari diverse da quella dei giudici di pace. Trattandosi di
figure  affini,  ogni  diversita'  di  regime  giuridico  deve essere
valutata  con estrema attenzione, allo scopo di individuare eventuali
disparita'  in  contrasto con il precetto generale dell'art. 3, primo
comma, Cost.
    3.1.  -  L'attivita'  professionale  non occasionale per conto di
imprese  di  assicurazione  o  bancarie  e'  presa  in considerazione
dall'art. 43-quater   del   regio   decreto  30 gennaio  1941,  n. 12
(Ordinamento   giudiziario)   introdotto   dall'art. 8   del  decreto
legislativo  19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione
del  giudice  unico  di primo grado), quale causa di incompatibilita'
personale  per  i  giudici  onorari di tribunale. La disposizione ora
citata differisce da quella riguardante il giudice di pace per alcuni
profili:  anzitutto  non e' prevista alcuna forma di incompatibilita'
parentale;  in  secondo  luogo  acquistano rilevanza anche i tre anni
precedenti la nomina; sono infine contemplati, in senso preclusivo, i
rapporti  intrattenuti  con  istituti  o  societa' di intermediazione
finanziaria.
    Come  si  puo'  agevolmente  osservare,  la  norma  riguardante i
giudici  onorari  di  tribunale e' maggiormente restrittiva in ordine
alle  incompatibilita' personali, mentre e' largamente concessiva per
quelle  parentali,  del  tutto  assenti dalla previsione. Non si puo'
negare  tuttavia  l'eadem  ratio  che  ha ispirato il legislatore nel
dettare  le  due  diverse  normative: evitare che persone operanti in
settori delicati e rilevanti della vita economica e finanziaria della
societa'  civile  possano  trovarsi in una situazione di conflitto di
interessi   nel   dover   decidere  controversie  sorte  in  contesti
professionali nei quali continuino ad essere inseriti. Appare inoltre
scelta  non  irragionevole  del legislatore prevedere maggior rigore,
nel delineare le incompatibilita' personali, per i giudici onorari di
tribunale  rispetto  ai  giudici  di pace, a causa del maggior valore
delle controversie rientranti nella loro competenza.
    3.2.   -   Ferma   restando   l'insindacabilita'   delle   scelte
discrezionali  del  legislatore,  quando  sorrette da valutazioni non
irragionevoli  sulla  opportunita'  di evitare possibili conflitti di
interesse   e   di   mantenere   alta   la   fiducia   dei  cittadini
nell'indipendenza sostanziale dei giudici onorari, si deve notare che
la  previsione di una incompatibilita' parentale assoluta ed estesa a
tutto il territorio nazionale, dettata solo per i giudici di pace, si
presenta  come  una  deroga,  estranea  al  sistema delle norme sulle
incompatibilita'  dei  giudici,  sia  professionali che onorari. Tale
tipo  di  incompatibilita'  esclude dalla possibilita' di ottenere la
nomina  a giudice di pace una categoria potenzialmente molto vasta di
cittadini,  in  possesso  degli  ulteriori requisiti di legge, per la
semplice  circostanza di avere parenti o affini operanti, nel settore
in questione, in qualunque luogo della Repubblica.
    L'interessato  non  puo'  rimuovere la causa di incompatibilita',
giacche',   stante   l'estensione   nazionale  di  quest'ultima,  non
raggiungerebbe  tale scopo chiedendo il trasferimento ad altro ambito
territoriale,  ne'  potrebbe  conseguire  lo  stesso obiettivo con la
rinuncia alle proprie cariche o posizioni professionali. L'unico modo
per  poter  aspirare  alla  nomina  sarebbe  quello  di convincere il
parente o l'affine a rinunciare alla propria attivita' professionale.
    Caratteristica fondamentale delle cause di incompatibilita' e' la
possibilita'  per  l'interessato di rimuoverle con un proprio atto di
rinuncia  ad  una  attivita'  o professione o con il trasferimento ad
altra   sede.  La  scelta  del  tipo  di  attivita'  incompatibili  o
dell'ambito   territoriale   di  incidenza  dell'incompatibilita'  e'
rimessa  alla  discrezionalita'  del  legislatore.  Tuttavia  occorre
stabilire    se   l'impossibilita'   di   rimuovere   la   causa   di
incompatibilita'  menomi  in modo irragionevole la sfera giuridica di
una  categoria  di  cittadini,  negando  agli  stessi  il  diritto di
accedere  ad un determinato ufficio per cause indipendenti dalla loro
volonta'  e  sulle quali non e' dato loro di incidere, essendo legate
alla libera determinazione di terzi.
    3.3.  -  Di  fronte  alla gravita' della compressione della sfera
giuridica  dei  soggetti  di cui sopra, che li pone in una situazione
deteriore  senza  confronti  nel  sistema,  bisogna valutare se siano
proporzionate  le  ragioni  giustificative  adducibili in funzione di
bilanciamento  per  la  tutela  di  altri  valori  costituzionalmente
protetti.
    I  giudici  di  pace,  ai  sensi  dell'art. 7, secondo comma, del
codice  di  procedura  civile, sono competenti a decidere le cause di
risarcimento  del  danno  prodotto  dalla  circolazione  di veicoli e
natanti entro il valore di 15.493,71 euro. Essi hanno pure competenza
penale,  ai sensi dell'art. 1 del decreto legislativo 28 agosto 2000,
n. 274  (Disposizioni  sulla competenza penale del giudice di pace, a
norma   dell'art. 14   della  legge  24 novembre  1999,  n. 468),  in
relazione  ad  una  serie  di  attivita'  soggette  ad  assicurazione
obbligatoria.  Per  effetto  di  tale  duplice  competenza,  civile e
penale, i giudici onorari in questione si trovano a dover trattare un
numero  percentualmente  molto  elevato  di  procedimenti inerenti ad
attivita'   collegate,   in   un   modo   o  nell'altro,  al  settore
assicurativo.   Cio'  rende  ragionevole  la  scelta  legislativa  di
escludere  coloro  che  esercitano  la  propria  professione  in tale
settore  dalla possibilita' di assumere l'ufficio di giudice di pace.
Appartiene  pure  all'insindacabile  discrezionalita' del legislatore
rafforzare  la  garanzia  di  imparzialita'  dei  giudici  sino a non
delimitare  l'ambito territoriale di efficacia dell'incompatibilita',
per  optare  in  favore  di  una incompatibilita' personale assoluta,
analoga  a  quella  dei  giudici  onorari  di tribunale per lo stesso
settore di attivita'.
    E'  irrazionale, invece, il sacrificio incondizionato del diritto
di  accedere  all'ufficio  di  giudice  di  pace  di una categoria di
cittadini   identificati   non   per   una   situazione  personale  o
professionale,  ma  solo  per la relazione esistente con «il coniuge,
convivente,  parenti  fino  al  secondo grado o affini entro il primo
grado».
    L'esclusione  di particolari categorie di soggetti da determinati
uffici  puo' essere effetto di condizioni personali degli stessi, che
li   rendono   del   tutto   inadatti,  secondo  la  valutazione  del
legislatore, a svolgere quelle specifiche funzioni, o di situazioni e
relazioni delle quali l'interessato deve liberarsi per poter accedere
all'ufficio  cui  aspira.  L'istituzionalizzazione  di un sospetto di
influenzabilita'  dei  parenti  o  affini di soggetti che operano nel
ramo   assicurativo,   tuttavia,   appare  insufficiente  contrappeso
rispetto  alla  restrizione  della  sfera  giuridica  degli aspiranti
giudici di pace, in confronto alle altre categorie di giudici onorari
e si presenta, piu' in generale, come negazione dello stesso concetto
di  incompatibilita'  contraddittoriamente utilizzato dal legislatore
nell'art. 8 della citata legge n. 374 del 1991.
    4.  - Non rileva in proposito la disciplina riguardante i giudici
onorari  di  tribunale.  La legge non prevede alcuna incompatibilita'
parentale  per  tale  categoria di giudici onorari con riferimento ad
attivita'   professionali  nel  settore  assicurativo,  mentre  detta
condizioni   di   maggior  rigore  per  l'incompatibilita'  personale
riferita   al   medesimo  settore.  Tali  differenze  incidono  sulla
valutazione   in  ordine  alla  ragionevolezza  della  diversita'  di
trattamento,  che resiste allo scrutinio di costituzionalita' perche'
contenente  tre  elementi  di  differenziazione  -  diversita'  delle
funzioni, mancanza di ogni incompatibilita' parentale, maggior rigore
nella  incompatibilita'  personale  - che escludono la comparabilita'
con la disciplina prevista per i giudici di pace.
    5.  -  Se si restringe l'analisi comparativa al campo dei giudici
di  pace,  si puo' notare come le incompatibilita' parentali previste
per  l'altra  attivita'  professionale  presa in considerazione dalla
legge,  quella di avvocato, siano invece limitate al circondario. Per
il resto valgono le norme ordinarie sull'astensione e la ricusazione,
atte  ad evitare concreti conflitti di interesse con riferimento alle
singole controversie.
    La  ratio  dell'incompatibilita',  in  effetti,  non e' quella di
fugare ogni concepibile sospetto di indebite influenze nell'esercizio
della  funzione  giurisdizionale, ma quella, piu' modesta, di evitare
le piu' frequenti, prevedibili, situazioni di conflitto di interesse,
la  cui  moltiplicazione da una parte creerebbe ritardi e disfunzioni
nell'amministrazione  della giustizia, dovuti a ricorrenti astensioni
o  ricusazioni, dall'altra finirebbe per nuocere alla stessa immagine
del giudice imparziale.
    Per raggiungere tale, piu' limitato, obiettivo, il legislatore ha
ritenuto  ragionevole circoscrivere le incompatibilita' parentali dei
giudici  di pace, rispetto a congiunti impegnati nella professione di
avvocato,  con  riguardo al solo circondario nel quale sia esercitata
detta   professione.  L'introduzione  dell'incompatibilita'  su  base
nazionale,  per  chi  abbia congiunti operanti nel ramo assicurativo,
determina  un  salto  di  qualita',  perche'  implica,  come  effetto
secondario,   la   non   rimovibilita'   della  preclusione,  con  un
trattamento  giuridico  fortemente deteriore rispetto a quello di chi
abbia  congiunti  avvocati,  in  contrasto con l'art. 3, primo comma,
Cost.
    In applicazione del principio di eguaglianza, dunque, il criterio
territoriale  adottato per gli avvocati, in punto di incompatibilita'
parentale,  va  esteso  ai  soggetti  impegnati professionalmente nel
settore assicurativo.
    6.  -  Restano  assorbite le altre censure di incostituzionalita'
formulate dal giudice rimettente.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 1,
lettera c-bis), della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del
giudice  di  pace),  nel  testo  introdotto  dall'art. 6  della legge
24 novembre  1999,  n. 468  (Modifiche  alla  legge 21 novembre 1991,
n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in
materia   di  competenza  penale  del  giudice  di  pace  e  modifica
dell'articolo 593 del codice di procedura penale), nella parte in cui
stabilisce l'incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice
di pace - per il caso in cui «il coniuge, convivente, parenti fino al
secondo  grado  o  affini  entro  il  primo  grado»  dell'interessato
svolgano   abitualmente   attivita'   professionale  per  imprese  di
assicurazione   -   con  riguardo  all'intero  territorio  nazionale,
anziche'   limitarla  al  circondario  del  tribunale  nel  quale  e'
esercitata detta attivita' professionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 16 febbraio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0136