N. 98 ORDINANZA 6 - 10 marzo 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  e pene - Evasione - Delitto commesso da persona assoggettata a
  provvedimento  restrittivo  per  un  reato  dal  quale e' stata poi
  assolta  con sentenza divenuta irrevocabile - Denunciata disparita'
  di  trattamento  in  danno  del  cittadino  ingiustamente detenuto,
  compressione   della   liberta'   personale,   della   liberta'  di
  circolazione  e  soggiorno,  del  diritto di difesa, violazione dei
  diritti   dell'imputato  e  dei  principi  del  giusto  processo  -
  Questione   meramente  interpretativa  con  petitum  ambivalente  e
  indeterminato - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. pen., art. 385.
- Costituzione, artt. 3, 13, 16, 24, 27 e 111.
(GU n.11 del 15-3-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano  VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 385 del codice
penale  promosso  con  ordinanza del 13 gennaio 2004 dal Tribunale di
Forli',  sezione  distaccata  di  Cesena,  nel  procedimento penale a
carico  di  De  Cesari Pio, iscritta al n. 583 del registro ordinanze
2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, 1ª
serie speciale, dell'anno 2004;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'8 febbraio 2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Forli',  sezione  distaccata di
Cesena,  con ordinanza del 13 gennaio 2004, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 385  del  codice  penale,  in
riferimento agli artt. 3, 13, 16, 24, 27 e 111 della Costituzione;
        che   nel   giudizio  a  quo,  secondo  quanto  riferito  dal
rimettente, si procede per il delitto di evasione a carico di persona
che,   al   momento   del   fatto   contestato,  era  assoggettata  a
provvedimento restrittivo con riguardo ad un reato dal quale e' stata
poi assolta con sentenza divenuta irrevocabile;
        che, a parere del Tribunale, non e' chiaro se l'art. 385 cod.
pen.,  sanzionando la sola condotta di chi sia legalmente arrestato o
detenuto,   abbia   riguardo   alla  mera  legittimita'  formale  del
provvedimento  restrittivo,  o  piuttosto si riferisca anche alla sua
legittimita'  sostanziale,  la  quale farebbe difetto nei casi in cui
venga  esclusa la responsabilita' dell'interessato per il reato posto
a fondamento del trattamento cautelare;
        che  il  rimettente,  pertanto, sollecita «una sentenza della
Corte   costituzionale  additiva  e/o  interpretativa  a  chiarimento
definitivo  della  norma»,  posto  che,  «nel  caso in cui si dovesse
ritenere   fondata  la  prima  interpretazione»,  sarebbe  dubbia  la
legittimita' costituzionale della norma stessa;
        che  infatti,  secondo  il Tribunale, qualora il requisito di
legalita'  del  provvedimento  restrittivo fosse inteso in senso solo
formale,  la  norma  incriminatrice dell'evasione violerebbe numerose
disposizioni  costituzionali:  l'art. 3 Cost., in quanto il cittadino
illegalmente  detenuto dovrebbe «avere gli stessi diritti e le stesse
liberta» dei cittadini non arrestati o detenuti; l'art. 13 Cost., non
valendo un provvedimento «sostanzialmente illegale e quindi ingiusto»
ad assicurare che la restrizione di liberta' sia attuata per mezzo di
un provvedimento giurisdizionale motivato; l'art. 16 Cost., dovendosi
assicurare  al cittadino ingiustamente arrestato o detenuto la stessa
liberta'   di  circolazione  e  soggiorno,  in  qualsiasi  parte  del
territorio  nazionale,  che  spetta  ai  cittadini  non  arrestati  o
detenuti;  l'art. 24  Cost.,  in  quanto  al  cittadino  arrestato  o
detenuto   dovrebbero   garantirsi  «le  stesse  facolta'  di  difesa
processuale  del  cittadino  non arrestato o non detenuto»; l'art. 27
Cost.,  dato  che, non potendo essere considerato colpevole fino alla
sentenza  definitiva  di  condanna,  l'imputato  non  dovrebbe essere
privato  degli  «stessi diritti e delle stesse liberta' del cittadino
non  arrestato  o detenuto»; l'art. 111 Cost., in quanto non potrebbe
definirsi «giusto» un processo destinato a culminare con una condanna
per  evasione  di  un  cittadino  che, essendo innocente, non avrebbe
dovuto essere sottoposto a restrizione della liberta';
        che  il  rimettente  giudica la questione non «manifestamente
irrilevante»,  ed  anzi risolutiva per la decisione sull'accusa mossa
all'imputato;
        che nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   chiedendo   che  le  questioni  sollevate  siano  dichiarate
infondate;
        che,  secondo la difesa erariale, il rimettente confonderebbe
il  piano  della legalita' della detenzione con quello del fondamento
delle  accuse cui si riferisce il provvedimento cautelare, fondamento
che  assume  rilievo  solo nel processo direttamente concernente tali
accuse;
        che,   accedendo   alla   prospettiva   di  una  legittimita'
«sostanziale»  del  provvedimento  violato  attraverso la condotta di
evasione, si determinerebbe, sempre secondo l'Avvocatura dello Stato,
una sorta di «pregiudizialita' necessaria», che la legge non prevede,
invece,   ne'   per   l'evasione   ne'   per   altri   reati   contro
l'amministrazione della giustizia.
    Considerato che il giudice rimettente prospetta a questa Corte un
dubbio   interpretativo  riguardante  l'art. 385  del  codice  penale
nascente   dalla  considerazione  che  la  norma  in  questione,  nel
sanzionare  la  condotta di chi evade, essendo legalmente arrestato o
detenuto  per  un  reato,  non chiarisce, a suo dire, se la legalita'
dell'arresto  o  della  detenzione  debba  essere  valutata sul piano
formale  (nel  senso  che  presupponga  un  provvedimento restrittivo
emesso  nel  rispetto della legge) o sostanziale (nel senso che trovi
origine  in  un provvedimento restrittivo fondato nel merito e quindi
giusto);
        che il giudice a quo non risolve il dubbio interpretativo, ma
lo   sottopone   impropriamente   a   questa  Corte,  senza  prendere
preventivamente   posizione   in   ordine   al  problema  ermeneutico
enunciato;
        che  il  petitum  contenuto  nell'ordinanza  di rimessione si
presenta  peraltro  ambivalente  e  indeterminato,  come emerge dalla
richiesta di una sentenza «additiva e/o interpretativa»;
        che  per  i  suesposti  motivi la questione e' manifestamente
inammissibile,  a  prescindere da ogni ulteriore considerazione sugli
esiti   paradossali   di   una   interpretazione  che  ponesse  quale
presupposto  del  reato  di  evasione non la legalita' dell'arresto o
della detenzione, ma la fondatezza delle accuse.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 385   del   codice  penale,
sollevata,  in  riferimento  agli artt. 3, 13, 16, 24, 27 e 111 della
Costituzione,  dal Tribunale di Forli', sezione distaccata di Cesena,
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 marzo 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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