N. 74 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2005
Ordinanza emessa il 13 dicembre 2005 dal tribunale di Pescara nel procedimento penale a carico di Bucci Liliala Processo penale - Giudizio abbreviato - Richiesta dell'imputato subordinata a una integrazione probatoria - Possibilita' per la parte civile di chiedere l'ammissione di prova contraria - Mancata previsione - Disparita' di trattamento tra le parti - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio del contraddittorio nella formazione della prova. - Codice di procedura penale, art. 438, comma 5. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.12 del 22-3-2006 )
IL TRIBUNALE Visti gli atti del procedimento a carico di Bucci Liliala, imputata, in qualita' di agente della Love Italia s.n.c., per il reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 11 c.p. e 485 c.p., la quale, a mezzo del suo difensore, ha avanzato richiesta di definizione del procedimento allo stato degli atti subordinata alla escussione di due testimoni sulla circostanza che i prodotti di cui alla rubrica non erano in dotazione ai venditori; Preso atto della richiesta avanzata dal difensore della parte civile costituita di ammissione a prova contraria, nonche' della richiesta, in caso di diniego, di sollevare questione di legittimita' costituzionale relativamente al quinto comma dell'art. 438 c.p.p., laddove prevede che, nella ipotesi di rito abbreviato condizionato, spetti solo al pubblico ministero la possibilita' di essere ammesso a prova contraria, in relazione agli artt. 3, 24 e 111 Cost. O s s e r v a Ritiene questo giudice che la questione prospettata dal difensore della parte civile costituita meriti di essere sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, in quanto fondata e rilevante. Invero, l'art. 3 Cost. sancisce il principio della uguaglianza di ogni cittadino dinanzi alla legge ed il successivo art. 24 conferisce a ciascun cittadino il potere di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, qualificando la difesa come un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. In base all'art. 111 Cost., come di recente riformulato, il processo deve svolgersi nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parita' dinanzi ad un giudice terzo e imparziale. Posti questi principi a fondamento della attuazione della giurisdizione, si rileva che nella ipotesi di richiesta da parte dell'imputato di rito abbreviato, e' preclusa ad una delle parti del processo - in particolare la parte civile - la possibilita', riconosciuta solo al pubblico ministero, di essere ammessa a prova contraria qualora la richiesta stessa sia subordinata ad una integrazione probatoria (art. 438, quinto comma, c.p.p.). Non potendo il giudice accogliere la richiesta di giudizio abbreviato presentata dall'imputato e nel contempo ammettere l'esame dei testimoni, indicati dalla parte civile, atteso che la parte offesa ha solo la facolta' di accettare o meno il rito abbreviato, ma non anche quella di formulare istanze probatorie (cfr. in termini Cass. pen., sez. II, 10 novembre 2004, n. 320), e' evidente che la norma dell'art. 438 c.p.p., quinto comma, determina una anomala sperequazione tra le parti del processo, privando la parte civile del diritto di esercitare il contraddittorio sulle prove addotte «a sorpresa» dalla controparte. Tale diritto, da non intendersi come mera facolta' formale di esprimersi, ma come effettivo potere di interloquire, deve essere riconosciuto in via autonoma a ciascuna delle parti processuali, atteso che il quinto comma dell'art. 438 c.p.p. attribuisce al pubblico ministero la facolta' e non l'obbligo di chiedere l'ammissione a prova contraria. Nel momento in cui ad una delle parti processuali e' inibito l'esercizio di tale diritto, il richiamato principio della parita' delle parti, unitamente al diritto al contraddittorio, resta privo di contenuti concreti, con conseguente violazione dell'art. 111 Cost. Le argomentazioni sviluppate dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 115 del 9 maggio 2001, non riguardano l'ipotesi in esame, in quanto in quella occasione la Corte si e' occupata, tra le altre, delle questioni relative alla eliminazione del contraddittorio delle parti nella ammissione al rito abbreviato e alla mancata previsione del potere del pubblico ministero di chiedere una integrazione probatoria, concludendo, nell'affermare l'infondatezza delle questioni stesse, per la ragionevolezza della scelta legislativa di non riconoscere al pubblico ministero il diritto di chiedere l'ammissione di prove a carico dell'imputato, fermo restando il diritto all'ammissione di prova contraria, sul presupposto che il pubblico ministero ha gia' esercitato il potere e assolto al dovere di svolgere tutte le attivita' necessarie in vista delle determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione penale. Ribadito che non e' in contrasto con i principi costituzionali l'attribuzione al solo imputato della facolta' di subordinare la richiesta di giudizio abbreviato ad un'integrazione probatoria, in coerenza con la posizione di maggior rischio rivestita da tale soggetto processuale, si rileva, proprio sulla base dei principi ampiamente ricordati nella citata sentenza, che la mancata previsione della ammissione a prova contraria della parte civile a seguito di richiesta di rito abbreviato condizionato ad integrazione probatoria determina una discriminazione tra le parti che si pone in insanabile contrasto con il principio enunciato nell'art. 111 Cost. del contraddittorio delle parti nella formazione della prova nel processo penale. Quanto, infine, alla rilevanza della questione proposta con riferimento al presente giudizio, si osserva che il processo non puo' essere definito indipendentemente dalla soluzione della prospettata questione di legittimita' costituzionale, dovendosi prendere atto che, a fronte della richiesta di rito abbreviato condizionato alla escussione di due testimoni, mai escussi nel corso delle indagini preliminari, la pubblica accusa ha esercitato la facolta' di ammissione a prova contraria, cosi' ancor piu' evidenziandosi il mancato rispetto del principio del contraddittorio.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 87/1953, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio sino all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale. Dispone che a cura della cancelleria copia della ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pescara, addi' 13 dicembre 2005 Il giudice: Salvia 06C0233