N. 86 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2006
Ordinanza emessa il 12 gennaio 2006 dal tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di Petronio Giuseppe ed altro Reati e pene - Prescrizione - Modifiche normative comportanti un regime piu' favorevole in tema di termini di prescrizione dei reati - Disciplina transitoria - Inapplicabilita' delle nuove norme ai processi, per reati puniti con pena edittale massima di sei anni, gia' pendenti in primo grado ove, alla data di entrata in vigore della novella, vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento - Irragionevole disparita' di trattamento tra imputati. - Legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, comma 3. - Costituzione, art. 3.(GU n.14 del 5-4-2006 )
IL TRIBUNALE Con decreto ex art. 429 c.p.p. emesso in data 28 aprile 2004 dal G.u.p. di Bologna Giuseppe Petronio e Domenico Lo Re sono stati rinviati a giudizio ciascuno in relazione al reato di cui all'art. 372 c.p. per avere, deponendo dinanzi al Pretore di Bologna entrambi in data 12 novembre 1996, affermato il falso e taciuto il vero: il primo sostenendo di avere entro il dicembre 1993 provveduto all'imbiancatura dei muri del fabbricato costruito da Vincenzo Lo Re; il secondo di avere nel dicembre 1993 pranzato in condizioni confortevoli col fratello Vincenzo Lo Re nel suddetto fabbricato; manufatto, questo, in relazione alla cui cui realizzazione abusiva per caratteristiche e tempi di ultimazione (settembre 1994) Vincenzo Lo Re veniva condannato ai sensi degli artt. 20 lett. b) legge n. 47/1985 e 483 c.p. La lettura dei verbali delle udienze permette di ricostruire gli sviluppi del dibattimento in corso nei modi e nei tempi di seguito specificati. Essendosi la prima udienza (c.d. di smistamento) dell'11 giugno 2004 risolta nella mera declaratoria di contumacia, l'apertura del dibattimento risulta di fatto avvenuta nell'udienza del 3 febbraio 2005, nella quale dal giudice precedente assegnatario del processo sono state ammesse le prove ed e' stato sentito come teste il V.U. Ghini. Quest'ultimo, dopo aver riferito dell'accertamento dell'abuso mediante rilievi eseguiti nel settembre/ottobre 1994, ha indicato in Romano Colliva (possessore di un fondo attiguo a quello sul quale insiste il fabbricato abusivo) la principale fonte informativa sui fatti (s'intuisce, anche con riferimento alla collocazione temporale dell'intervento edilizio). Nell'udienza del 6 ottobre 2005, essendo divenuto lo scrivente il giudice assegnatario del processo, si e' provveduto a formalizzare la declaratoria d'apertura del dibattimento e a rinnovare l'ammissione delle prove. Stante l'assenza del teste Colliva, si e' disposto il rinvio al 5 gennaio 2006. Come e' noto, in data 7 dicembre 2005 (nelle more tra l'udienza dibattimentale del 6 ottobre 2005 e quella del 5 gennaio 2006) e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge n. 251/2005, il cui art. 10 per un verso collega l'entrata in vigore al giorno seguente la pubblicazione, per altro verso prevede che, laddove per effetto delle nuove disposizioni i termini di prescrizione risultino piu' brevi, le disposizioni stesse si applichino ai procedimenti e ai processi pendenti, salvo che si tratti di processi pendenti in appello, avanti la Corte di cassazione o che vi sia stata in primo grado la dichiarazione di apertura del dibattimento. In relazione al caso in esame si puo' constatare che: alla stregua della normativa precedente la legge n. 251/2005 il delitto ex art. 372 c.p., suscettibile di prescrizione ordinaria decennale ai sensi dell'art. 157, comma 1, n. 3 c.p., si prescriverebbe in quindici anni con l'intervento di cause interruttive ai sensi dell'art. 160 ult. comma c.p.; poiche' il termine decennale risulta nel caso di specie interrotto (da ultimo) dal decreto che dispone il giudizio del 28 aprile 2004, il reato per il quale si procede si prescriverebbe, ai sensi dell'art. 160 u.c. c.p. nel testo previgente, in data 12 novembre 2011; se al caso in esame fossero applicabili le nuove disposizioni dettate dalla legge n. 251/2005, il termine ultimo di prescrizione sarebbe di 7 anni e 6 mesi e risulterebbe pertanto spirato (Poiche' il massimo della pena edittale per il delitto consumato di cui all'art. 372 c.p. e' pari a 6 anni di pena detentiva e poiche' a tale situazione l'art. 157 c.p. - nel nuovo testo introdotto dalla legge n. 251/2005 - collega il termine prescrizionale ordinario di 6 anni; poiche' non ricorrono profili oggettivi che determinino l'aumento del termine ordinario ai sensi del nuovo art. 157 comma 6 c.p.; poiche' non ricorrono profili soggettivi od oggettivi che ai sensi dei nuovi artt. 160 comma 3 e 161 comma 2 c.p. dilatino in via straordinaria l'aumento del termine prescrizionale per effetto di cause interruttive; l'allungamento dovuto a cause interruttive sarebbe pari a ÷ dell'indicato termine ordinario). Sulla scorta delle risultanze sopra richiamate, nell'udienza del 5 gennaio 2006 la difesa degli imputati ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, legge n. 251/2005 in relazione all'art. 3 Cost. nella parte in cui preclude, con riferimento ai casi di apertura del dibattimento avvenuta prima dell'8 dicembre 2005, l'applicazione della piu' favorevole disciplina del termine prescrizionale di 6 anni allungato di un quarto, disciplina introdotta dall'art. 6, legge n. 251 cit., mediante novellazione degli artt. 157, 160 comma 3 e 161 comma 2 c.p. Sentito il p.m. d'udienza, il quale si e' espresso per la manifesta infondatezza dell'eccezione, questo giudice, considerata la complessita' della questione, si e' riservato di provvedere all'odierna udienza di rinvio. La questione appare rilevante nel presente processo. Per quanto sopra esposto: la declaratoria d'apertura del dibattimento e' avvenuta prima dell'entrata in vigore della legge n. 251/2005; escludendo l'applicabilita' della piu' favorevole disciplina dettata da tale legge, il termine ultimo di prescrizione spirerebbe al compimento del quindicesimo anno dalla ipotizzata commissione del reato, cioe' il 12 novembre 2011 e di qui sorgerebbe la necessita' di proseguire il dibattimento e giungere all'emissione di sentenza sul merito dell'accusa; ove invece fosse applicabile, nonostante l'apertura del dibattimento intervenuta prima dell'8 dicembre 2005, la piu' favorevole nuova disciplina «a regime», il termine ultimo di prescrizione di 7 anni e 6 mesi (6 anni + ÷) sarebbe irrimediabilmente spirato e, mancando una rinuncia dell'interessato alla prescrizione, mancando altresi' allo stato gli approfondimenti istruttori occorrenti anche per emettere una sentenza di assoluzione nel merito, il dibattimento dovrebbe immediatamente approdare all'emissione di sentenza ex art. 531 c.p.p. di non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato a causa di prescrizione. La questione appare non manifestamente infondata. La c.d. legge ex Cirielli ha delimitato l'area applicativa della nuova disciplina della prescrizione, ove piu' favorevole, fissando nell'intervenuta apertura del dibattimento di primo grado lo spartiacque rispetto all'applicazione della normativa precedente; cosi' determinando situazioni nelle quali, come nel caso in esame, il superamento del menzionato momento processuale avvenuto prima dell'8 dicembre 2005 determina addirittura il raddoppio del termine prescrizionale allungato. La ratio del legislatore, come reso intuibile dal dibattito che ha animato gli sviluppi del disegno di legge nell'imminenza dell'approvazione, appare riconducibile alla dichiarata esigenza di fissare un criterio selettivo che eviti di porre nel nulla una massa qualificata di «prodotto semilavorato processuale», massa realizzata nel rispetto della vecchia disciplina sulla prescrizione. Se e' ben chiaro che l'art. 10 cit. sottende l'esigenza di raccordare alla novella una parziale salvaguardia dei processi in corso, ci si deve chiedere se il criterio di selezione adottato sia rispettoso del principio costituzionale di uguaglianza o comunque se implichi un necessario sacrificio del principio di uguaglianza in funzione del principio, pur esso di rango costituzionale, di buona amministrazione. La disparita' di trattaninto introdotta dall'art. 10 della legge n. 251/2005 si rapporta ovviamente all'art. 2, comma 3, c.p. Detto art. 10 limita l'efficacia di sopravvenute disposizioni piu' favorevoli all'ipotetico reo, escludendone tutti coloro per i quali il dibattimento di primo grado risulti aperto prima dell'8 dicembre 2005. Il rilievo di diritto sostanziale della normativa concernente la materia in esame (essendo, non a caso, la prescrizione, una causa estintiva del reato) appare concettualmente sedimentato nella giurisprudenza. Persino quando il legislatore e' intervenuto indirettamente sull'estensione dei termini prescrizionali (come ha fatto quando ha ridisegnato - con il d.l. n. 99/1974 e con la relativa legge n. 220/1974 - la disciplina delle circostanze del reato), il riflesso sostanziale ex art. 2, comma 3, c.p. che le novita' normative piu' favorevoli all'imputato dovevano avere riguardo alla piu' breve prescrizione risulta acutamente puntualizzato dalla Cassazione, senza oscillazioni, a partire dalla sentenza delle SS.UU. dep. il 7 dicembre 1979 (cfr. le massime nn. 10623 e 10624 del 1979). Cio' premesso, il sacrificio del principio di eguaglianza appare, per il modo in cui e' stato legislativamente articolato, del tutto irrazionale e rimesso a criteri di elezione assolutamente distonici rispetto alla ratio dell'istituto della prescrizione, quale permane anche dopo la novella. La disciplina di questa materia continua a essere ispirata a una logica complessiva cosi' sintetizzabile: a) il reato si estingue quando dalla commissione di esso trascorre un termine ordinario che il legislatore apprezza per la relativa fattispecie come sintomatico di un sopravvenuto disinteresse punitivo; b) il termine in questione si allunga entro un limite predeterminato se nel corso del termine prescrizionale ordinario intervengono atti procedimentali o processuali legalmente tipizzati (cause interruttive), atti i quali implicano concettualmente un'attivazione qualificata dell'interesse punitivo; c) al di la' del termine allungato di prescrizione il legislatore presume juris et de jure il disinteresse punitivo dello Stato e sancisce conseguentemente l'estinzione del reato a prescindere dalla quantita' e qualita' degli avanzamenti processuali intervenuti; potendo risorgere l'interesse punitivo soltanto per «provocazione processuale» da parte dell'imputato, attraverso la rinuncia alla prescrizione. Nel ritagliare un'area applicativa alle vecchie norme piu' favorevoli all'imputato, il legislatore della novella pare avere: 1) individuato come sintomatico di apprezzabile avanzamento della pretesa punitiva un momento processuale (l'apertura del dibattimento) privo di qualsiasi rilievo nella disciplina (vecchia e nuova) delle cause interruttive della prescrizione, cioe' nella disciplina di quei fattori i quali, proprio in quanto considerati rivelatori di pregnanti avanzamenti della pretesa punitiva, determinano la ridecorrenza del termine ordinario prescrizionale (la conseguenza e' che elementi, come ad esempio un vizio di notificazione, del tutto estranei alla logica della «manifestazione qualificata dell'interesse al perseguimento» possono influire sul differimento della fase di apertura del dibattimento e possono determinare l'estensione, talora cospicua dei termini prescrizionali); 2) rapportato quel momento processuale (valutandolo decisivo persino al fine del raddoppio del termine prescrizionale, come nel caso in trattazione) in nessun modo al tempo trascorso dal commesso reato e neppure alla precedente causa interruttiva, bensi' a un elemento temporale del tutto casuale (il giorno seguente la pubblicazione della legge nella G.U.); con la conseguenza che la mancata apertura del dibattimento alla data dell'8 dicembre 2005, determinando talora il marcatissimo accorciamento del termine prescrizionale, puo' discriminare nel senso di un piu' breve corso prescrizionale un procedimento/processo non necessariamente «inattivo» o «lento», neppure se la lentezza venga parametrata ai piu' brevi termini della prescrizione talora previsti dalla sopravvenuta disciplina: per ricorrere a un esempio dei piu' aderenti alla pratica quotidiana, si pensi a un delitto con attenuante speciale ai sensi del quinto comma dell'art. 73 legge stup. (in relazione al primo comma dello stesso articolo) per il quale l'arresto e la presentazione per il rito direttissimo siano del 7 dicembre 2005, con rinvio dell'udienza senza apertura del dibattimento per concessione del termine a difesa. A parita' di altre condizioni, analogo arrestato che il 7 dicembre 2005 non chieda il termine a difesa e lasci aprire il dibattimento si troverebbe discriminato sfavorevolmente. Dovendosi considerare che per entrambi i soggetti l'istituzione giudiziaria si e' mossa con identica solerzia e dovendosi valutare la previsione edittale di pena detentiva massima pari a 6 anni come elemento ulteriormente accomunante i due casi, la richiesta di termine a difesa (dato estraneo alla manifestazione dell'interesse statuale al perseguimento e alla punizione dei reati) varrebbe nell'esempio di cui sopra a spostare il termine ordinario prescrizionale da 6 a 10 anni e quello allungato da 7 anni e 6 mesi a 15 anni; 3) ignorato l'elementare esigenza, riconducibile al principio di eguaglianza, per la quale il termine allungato di prescrizione, come ridimensionato, in vari casi, dalla nuova disciplina «a regime» rispetto alla normativa precedente, non puo' che valere uniformemente per tutti quei reati i quali, per componenti sostanziali oggettive e soggettive, siano stati dal legislatore ritenuti meritevoli di appartenere a uno stesso «comparto prescrizionale allungato». Torna anche a questo proposito a constatarsi la radicale distonia tra il rilievo discriminatorio che l'art. 10 cit. attribuisce all'avanzamento processuale (avvenuta apertura del dibattimento) alla data dell'8 dicembre 2005 e la ratio complessiva che illuminava e illumina l'istituto della prescrizione: in generale, nella disciplina «a regime», il termine allungato di prescrizione, decorrente dalla commissione del reato, era (col vecchio art. 160 u.c. c.p.) e rimane (col nuovo art. 160, comma 3, in relazione al nuovo art. 161, comma 2, c.p.) inidoneo a subire dilatazioni ulteriori per effetto di momenti qualificati di avanzamento procedimentale o processuale; che anzi quegli avanzamenti (cause interruttive) presuppone proprio come fattori determinanti l'operativita' del medesimo termine allungato. In buona sostanza, se il legislatore della novella ha ridimensionato «a regime» (come per il reato ex art. 372 c.p.) dei «termini ultimi» di prescrizione, con cio' ha inteso escludere il permanere dell'interesse punitivo dopo il decorso di quel dato tempo dal fatto/reato e ha inteso attribuire proprio al decorso di quel ridimensionato «tempo massimo» efficacia estintiva del reato a prescindere dalla qualita' e dalla quantita' degli avanzamenti processuali. Su queste premesse appare incomprensibile la ragione per la quale lo stato d'avanzamento del processo alla data dell'8 dicembre 2005 possa determinare, a parita' di data di commissione del reato, in alcuni casi un interesse dello Stato perseguire un reato entro 15 anni dalla commissione di esso e in altri il medesimo interesse nel limite di 7 anni e 6 mesi. In realta' i 15 anni costituivano nella previgente normativa quel termine dalla commissione del reato che non poteva essere oltrepassato mediante avanzamenti processuali di sorta in quanto segnava il superamento della soglia temporale di sensibilita' dell'ordinamento al disvalore penale di quel fatto criminoso. Attraverso la nuova disciplina «a regime» della stessa materia il legislatore, riducendo per identici fatti criminosi il termine quindicennale a 7 anni e 6 mesi e continuando a ritenere irrilevante anche per detto ultimo termine ogni genere di avanzamento processuale, ha abbreviato l'arco temporale di oggettiva sensibilita' dell'ordinamento al disvalore dei reati di quel comparto prescrizionale. Chiarito che con la vecchia e con la nuova disciplina a regime, allo spirare del termine allungato, l'estinzione del reato per prescrizione matura non per la stasi o per la lentezza procedimentale/processuale, bensi' esclusivamente per la cessazione del disvalore penale, appare indifendibile, sotto il profilo della razionalita', qualsiasi differenziazione dei termini di prescrizione allungata per fattispecie criminose che siano identiche sotto il profilo sostanziale e diverse solo nel risvolto dell'avanzamento processuale. Si puo' affermare, esprimendo in altro modo lo stesso concetto, che nella materia in esame l'esigenza di salvaguardare processi in avanzato stadio non puo' razionalmente valere come temperamento al principio di uguaglianza quando i processi la cui sopravvivenza si intenda tutelare riguardino vicende criminose che la sensibilita' aggiornata del legislatore ritiene ormai «estinte» sotto il profilo del disvalore penale. Essendo tipicamente il procedimento/processo penale «strumento» finalizzato all'accertamento di quel disvalore, non pare aver senso logico istituire fasce di salvaguardia sul «mezzo» senza raccordare quella salvaguardia a un razionale perseguimento del fine. Essendo stato mantenuto in vita, da parte del legislatore della novella, il sistema della prescrizione allungata, non puo' non prendersi atto che detta tipologia di estinzione del reato e' ancorata a elementi di valenza sostanziale. Gli sviluppi processuali possono ostacolare il corso ordinario della prescrizione, ma soltanto nella cornice ed entro quel «tempo massimo dal reato» che era e resta il limite oltre il quale, consumandosi l'interesse punitivo e maturando, conseguentemente l'estinzione del reato, non puo' essere ragionevolmente difeso l'interesse alla salvaguardia di un processo anziche' di un altro in ragione del differente avanzamento di essi all'entrata in vigore di una legge. In conclusione, pare a questo tribunale che l'art. 10, legge n. 251/2005, lungi dal sancire una differenziazione di trattamento costituzionalmente necessitata: avendo sostanzialmente duplicato il regime complessivo dei termini prescrizionali, con l'attribuzione dell'intero regime piu' sfavorevole ai reati il cui processo abbia visto l'apertura del dibattimento prima dell'8 dicembre 2005; non avendo mediato razionalmente tra l'esigenza di salvaguardia dei processi giunti in avanzato stadio nel rispetto dei termini precedenti e l'esigenza di non creare (come in relazione al ns. caso) enormi discrepanze tra previsioni prescrizionali parallele, particolarmente in tema di termini allungati di prescrizione; ha rapportato la prorogatio di termini cosi' tanto gravosi (da raggiungere, come in questo processo, il doppio del nuovo termine prescrizionale) a elementi/«spartiacque» del tutto avulsi dalla ratio e dalla disciplina della prescrizione; cosi' determinando ragguardevoli quanto ingiustificate disparita' di trattamento ai sensi dell'art. 3 Cost. Ritenuta per quanto esposto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa dell'imputato;
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e 24 1egge n. 87/1953, questo tribunale procedente solleva, in relazione all'art. 3 Cost., la questione di legittimita costituzionale dell'art. 10, comma 3, legge n. 251/2005 nella parte in cui esclude, per reati puniti con pena edittale massima di 6 anni e in relazione al cui processo non sia stato aperto il dibattimento alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 251, il termine allungato di prescrizione, come piu' favorevolmente stabilito, rispetto alla disciplina pregressa, dagli artt. n. 157, comma 1, 160, comma 3 e 161, comma 2 c.p. nella versione novellata dall'art. 6 della legge n. 251 cit.; Dichiara la sospensione del processo; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza e copia degli atti alla stessa pertinenti (tutti i verbali, i decreti e gli altri atti processuali menzionati in motivazione) siano trasmessi alla Corte costituzionale, previa notificazione di questo provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri e previa comunicazione del provvedimento medesimo ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Bologna, addi' 12 gennaio 2006 Il giudice: Rubichi 06C0287